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Tra formazione e ricerca l’animazione musicale si fa progetto

La Redazione

Le linee guida del CSMDB

Maurizio Di Benedetto era un giovane lecchese innamorato della musica e impegnato nel sociale. Come altri ragazzi della sua generazione, mentre seguiva i corsi universitari del D.A.M.S. Musica di Bologna, era coinvolto in iniziative del volontariato locale.

Aveva appena concluso il servizio di obiettore di coscienza presso una casa di riposo del territorio quando fu colto dalla morte sull’autostrada del sole; era l’11 Novembre 1991 e, destino, anche quella volta era lì per prestare aiuto ad una persona. Il suo nome è oggi ricordato da un Centro Studi che ha la finalità statutaria di: “promuovere e diffondere la conoscenza in campo musicale ed educativo, in prospettiva di un intervento sociale attento alle problematiche della prevenzione, dell’animazione e della solidarietà”. La volontà dei promotori è quella di ricercare collegamenti e integrazioni tra il campo del musicale, della pedagogia musicale e l’ambito dei servizi alla persona, del lavoro educativo e di animazione sociale, sviluppando, in un unico progetto di ricerca e formazione, questi due importanti tratti della personalità di Maurizio.
Tra le diverse iniziative realizzate e gestite dal Centro Studi Musicali e Sociali Maurizio Di Benedetto c’è la Scuola di Animazione Musicale di Lecco, un’esperienza che si realizza ogni anno nella seconda parte del mese di agosto e giunta ormai al suo quarto anno di vita La Scuola si pone principalmente l’obiettivo di favorire l’acquisizione di capacità di progettazione e intervento di animazione musicale come strumento di promozione nei diversi contesti e situazioni sociali.
La sua proposta formativa si realizza attraverso un corso triennale estivo (350 ore) con 13 insegnamenti. Al termine del triennio gli iscritti sono invitati a progettare, realizza e documentare un intervento di animazione musicale nel proprio territorio di provenienza, che viene presentato pubblicamente in fase di verifica. Un colloquio finale interdisciplinare accerta il livello di maturazione professionale raggiunto e dà diritto ad un Diploma in Animazione Musicale. Al termine del terzo anno di attività la Scuola raccoglie circa ottanta iscritti, provenienti da tutte le regioni italiane, in maggioranza già in possesso di un diploma superiore o di una laurea. Si tratta in primo luogo di giovani musicisti in cerca di lavoro in campo sociale e culturale, di insegnanti, di educatori e animatori sociali interessati ad una proposta formativa organica che li metta in condizione di lavorare in campo musicale con consapevolezza e competenza metodologica.
Al fianco dell’attività formativa la Scuola arricchisce la sua azione con un’attività di ricerca-azione sul tema dell’animazione musicale, realizzata da una qualificata équipe di esperti del Centro Studi, provenienti da università, conservatori, centri di ricerca, scuole italiane e straniere e supportata dalla consolidata esperienza di una cooperativa sociale, “La linea dell’arco” di Lecco, da anni impegnata sul territorio con progetti e interventi educativi, di prevenzione e promozione socio-culturale. Il lavoro di ricerca è attualmente svolto nella scuola grazie ad un metodo che valorizza il percorso “dall’esperienza alla teoria”, che lavora quindi sull’incontro, sul confronto e sulla modellizzazione di vissuti, storie, operatività.
Per sostenere questo processo una commissione interna al Comitato Scientifico del Centro Studi ha prodotto un documento base che questo articolo intende presentare nelle sue linee essenziali. La commissione, coordinata da Rosi Granata e Maurizio Vitali, è formata da Giuseppe Colombo, Claudio Bonanomi, Betty Lazzarotto, Enrico Strobino e Mario Piatti; in fase di stesura del documento sono stati integrati contributi di alcuni membri del Comitato Scientifico del Centro Studi.

PROPOSTA DI DEFINIZIONE DI ANIMAZIONE SOCIO-CULTURALE
Ci si potrà chiedere perché lavorare ad una definizione di Animazione Socio-Culturale, la risposta che ci si è dati riguarda la possibilità di costruire uno sfondo in cui collocare la nostra idea di animazione musicale.
Un’idea condivisa di Animazione Socio-Culturale può disegnarsi nella dialettica tra la visione di animazione di Ellena (pratica sociale) e quella di Regoliosi (metodo), cioè nella ricomposizione tra una visione più indeterminata e una più funzionale (cfr. note in calce). Rispetto alle articolazione e al confronto tra “stili di animazione” crediamo che la dialettica possa essere costruita tra una concezione centrata su aspetti ludico-creativi, in cui rientra storicamente la nostra esperienza musicale, e su una centrata sulla crescita e il cambiamento sociale. E’ comunque utile rilevare come tecniche e modalità espressive abbiano spesso generato disattenzione alla relazione, i cambiamenti sono stati considerati quali automatismi generati dal semplice “fare”. Il fare musica non è sufficiente a promuovere un cambiamento individuale e sociale, occorre che tale cambiamento sia assunto come obiettivo e che si mettano in atto corrette procedure di definizione dei risultati da conseguire e adeguati processi di valutazione.
Per la Scuola di Animazione Musicale di Lecco, l’Animazione Socio-Culturale si connota come una progettualità sociale che si articola in processi, azioni e pratiche, aventi come protagonisti persone, gruppi e comunità. L’Animazione Socio-Culturale è quindi finalizzata allo sviluppo dei potenziali di tali soggetti per la loro crescita (cambiamento evolutivo positivo), promuovendo la presa di coscienza delle dinamiche dell’espressione e della comunicazione e il potenziamento del tessuto connettivo sociale.
Sono state a questo punto individuate alcune “parole chiave” di riferimento per una definizione di animazione socio-culturale: “Crescita”. Intesa come temine sostitutivo di cambiamento, sottende un cambiamento evolutivo, positivo e partecipato. “Reciprocità”. Accettazione della dialogica del cambiamento che riguarda oltre all’animato/a, l’animatore/a pur nella differenza di ruolo. “Piacere” (Creatività, Desiderio). L’animazione assume la dimensione del piacere, del divertimento, anche dell’evasione in una prospettiva di crescita, senza perdere di vista le proprie finalità e il proprio metodo. “Intenzionalità” – “Consapevolezza”. Sviluppo di progettualità ed esercizio di funzione metaoperativa, di riflessione consapevole su sé, sui propri limiti e sulle proprie potenzialità. Presuppone una spiccata sensibilità autoformativa. “Sinergia”. Il contesto (sistema) dell’animazione supera la funzione individuale dell’animatore/a e si estende al territorio e alla comunità, avvalendosi dell’approccio del lavoro di rete.

VERSO UN’IDEA DI ANIMAZIONE MUSICALE
La musica non è una tecnica o uno strumento dell’animazione musicale. Ciò che attiene a questo campo è la relazione persona-musica, che interessa tanto il piano delle attività che quello della definizione degli obiettivi.
L’animazione musicale trova il suo ambito privilegiato nel gruppo di dimensione adeguata ai soggetti e ai contesti, nel quale le persone sono risorse l’una per l’altra e va via via diminuendo la propria specificità sia spostandosi verso la relazione duale sia verso un pubblico, una massa.
L’animazione musicale sceglie: – l’integrazione tra teoria e prassi (secondo il processo prassi-teoria-prassi), contro la separazione di teoria e prassi. – il coinvolgimento attivo in contrapposizione alla fruizione passiva – l’apprendimento come opportunità piuttosto che come finalità/obiettivo dominante – la rappresentazione simbolica dell’esperienza piuttosto che l’esibizione – la relativizzazione di tecniche e tecnologie rispetto alla loro assolutizzazione – la reciprocità relazionale contro l’individualismo – la valorizzazione di ogni capacità/potenzialità musicale delle persone in vece dell’imposizione dell’insegnamento del codice musicale. Sono stati a questo punto individuati gli ambiti di intervento specifici dell’animazione musicale nei seguenti settori: – culturale (es. centri culturali, biblioteche, circoli, Pro Loco, ecc.) – educativo (es. ludoteche, centri di aggregazione, centri di rieducazione, università della terza età, centri estivi, carcere, ecc.) – assistenziale (es. centri territoriali per la prevenzione, strutture residenziali, case di riposo per anziani, ecc.) – sanitario (es. ospedali, centri per lungodegenti, centri di salute mentale, ecc.) – scolastico (es. scuole di ogni ordine e grado, laboratori didattici territoriali, scuole di musica, ecc.)
Per favorire lo sviluppo di una ricerca condivisa è stata quindi definita una griglia dei possibili indicatori per un’analisi delle attività di animazione musicale – Tipo di rapporto instaurato col sapere musicologico e con le competenze musicali comuni e specifiche – Ruolo dell’animatore, ruolo del gruppo, ruolo dei singoli, qualità delle relazioni – Obiettivi dell’intervento – Metodo: stili di conduzione, modalità di comunicazione, caratteristiche del laboratorio – Attenzione alle storie personali, alle motivazioni, alle emozioni e alle loro trasformazioni – Attenzione posta alle relazioni interpersonali e alle dinamiche di gruppo – Attenzione posta al contesto (sfondo integratore) – Valorizzazione delle differenze personali e culturali – Grado di flessibilità nella programmazione e gestione degli interventi – Criteri di verifica e valutazione degli interventi – Tipo di rilievo conferito alle tecniche – Tipo di rapporto coi materiali

LA MUSICA D’INSIEME NELL’ ANIMAZIONE MUSICALE (questa parte è stata redatta col contributo di Enrico Strobino)
La pratica della musica d’insieme (MDI), che in maniera particolare declina l’animazione musicale (AM), necessita di essere ripensata attraverso le parole chiave individuate sopra e una ricerca da condurre all’interno della scuola che utilizzi il sistema di premesse e gli indicatori presentati. L’applicazione delle parole chiave porta per esempio a definire che: – la MDI non ha come obiettivo primario l’apprendimento ma deve determinare una “crescita” dei partecipanti, comprendendo tra questi l’animatore/a (“reciprocità”). In essa il “piacere” è elemento centrale: è compito dell’animatore /a costruire le condizioni perché esso si determini, per esempio calibrando le attività sui reali potenziali musicali del gruppo, per evitare vissuti di inadeguatezza e di frustrazione che impedirebbero la possibilità di comunicare attraverso la musica. – nella MDI il ruolo dell’animatore/a non è di insegnare, ma di proporre materiali e spunti adeguati e intervenire “in situazione” in modo da permettere e favorire lo scambio e l’interazione musicale tra i partecipanti e l’equilibrio tra due momenti: l’esperienza di crescita comune interna al gruppo e la comunicazione con l’esterno (“intenzionalità”- “consapevolezza” = “!progettualità”). La MDI, nella prospettiva dell’AM, si propone ai soggetti come esperienza di gioco non finalizzata all’apprendimento (né allo spettacolo). In altre parole chi suona non si propone in primo luogo né di imparare, né di rappresentare, ma vuole vivere un’esperienza esteticamente gratificante, pensando alla dimensione dell’estetico come connotante il gioco dei sensi.
La MDI, nella prospettiva dell’AM, svolge principalmente le seguenti FUNZIONI: – sviluppa le capacità di fare e produrre musica, promuovendo il coinvolgimento attivo e potenziando l’intelligenza musicale individuale e di gruppo – propone occasioni per esplorare e sperimentare modelli relazionali personali e di gruppo, favorendo l’integrazione e la cooperazione. – favorisce evasione-divertimento-scarico-compensazione in relazione dialettica con le altre funzioni. Rientra quindi anche la MDI come spazio-tempo di festa. – promuove le dimensioni del creativo, del simbolico e del fantastico. – fa esprimere comportamenti multiculturali e favorisce un approccio aperto ai diversi linguaggi musicali.
Conseguentemente a quanto affermato si identifica nell’idea di LABORATORIO il contesto specifico per l’attuazione di un’attività di MDI nell’ottica dell’AM. – Il laboratorio è un concetto, un’idea, un metodo; – Il laboratorio è uno spazio/tempo in cui il lavoro convive con, o meglio produce, o, ancora meglio, si identifica con le dimensioni del piacere, del desiderio, del gioco. – Il laboratorio è uno spazio/tempo ecologico, in cui le dinamiche relazionali e lo star bene sono valori fondamentali; – Il laboratorio si fonda su una visione unitaria di corpo e mente, su una dimensione plurisensoriale della musica e della cultura, attivando, a partire dalla relazione persona-musica, percorsi/esperienze di ricerca, esplorazione, attivazione di tracce, segni, simboli; – Il laboratorio è uno spazio/tempo che riconosce, accetta e valorizza la compresenza di musiche, punti di vista, progetti, competenze, gusti, vissuti musicali, promuovendo identità e autonomie; Il laboratorio privilegia una “progettualità in situazione”, che non si difende e arrocca dietro un sapere disciplinare, che non rinuncia ad affrontare le dimensione della casualità, dell’imponderabilità, del dubbio, che non pone in secondo piano i contenuti ma tenta di aprirli – e quindi trasformarli, ripensarli, riconvertirli, condizionarli – alle relazioni, alla quotidianità, alle risorse e ai desideri.

NOTE: DEFINIZIONI DI ANIMAZIONE SOCIO-CULTURALE
Guido Contessa 1983 (da Animazione Sociale): “L’animazione è una pratica sociale finalizzata alla presa di coscienza ed allo sviluppo del patrimonio represso, rimosso e latente di individui, piccoli gruppi e comunità” La definizione di Contessa, molto diffusa in questi anni, resta un punto di riferimento storico e culturale per chi si occupa di animazione, anche se evidenzia un carattere ideologico che oggi può apparire un po’ riduttivo. Il concetto di patrimonio represso, rimosso e latente identifica un campo limitante per le finalità potenziali del lavoro in animazione. . Aldo Ellena: 1997 (dal Seminario nazionale sull’animazione promosso da Animazione Sociale) “L’animazione è una pratica sociale finalizzata al cambiamento attraverso la partecipazione, con due funzioni: – la presa di coscienza dei dinamismi interiori del nostro agire – il potenziamento del tessuto connettivo sociale ” La definizione di Ellena può essere condivisa per l’orizzonte sociale e culturale che mette alla base del lavoro di animazione. Forse il suo limite sta proprio nell’ampiezza di tale orizzonte che non sempre riesce a coniugarsi con lo specifico di un’esperienza quotidiana che è anche un lavoro professionale. . Luigi Regoliosi 1997 (da Animazione Sociale): “L’animazione è un metodo, una modalità di intervento” Punti qualificanti: – approccio attivo e maieutico (alla persona/comunità) – il gruppo come strumento e ambito privilegiato di lavoro – l’accento posto sull’esperienza concreta, fisica, soprattutto non verbale – attenzioni alle dimensioni creative, espressive, comunicative – stimolo alla partecipazione e al protagonismo – attenzione al processo – esperienza che si compie, relazioni che si sviluppano, cambiamenti che si costruiscono – più che al prodotto” La definizione di Regoliosi è forse troppo sbilanciata sul piano operativo, quindi un po’ riduttiva sul piano dei significati, del senso sociale e politico del lavoro di animazione sociale. E’ invece sicuramente condivisibile sul versante dell’accentuazione metodologia data alla quotidiana concretezza del lavoro professionale dell’animatore.

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