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Aspettando la primavera: riflessione sui processi di composizione collettiva

Alessandra Anceschi

La costruzione dei processi di apprendimento nella scuola è spesso posta in relazione a due logiche di pensiero che lo studioso Jerome Bruner definisce in questo modo:

    • il pensiero narrativo, che costruisce la comprensione attraverso uno dei principali strumenti che utilizziamo per “dare senso” a ciò che facciamo, cioè il racconto, fondato su criteri di verosimiglianza e di sequenzialità discorsiva;
    • il pensiero logico-scientifico, che assume il paradigma della verità scientifica e della razionalità.

 

Rimane spesso discosta, rispetto a queste due direttive, una terza modalità di pensiero, che il pedagogista Marco Dallari definisce metaforico-analogica. Si tratta di un pensiero che si radica nella dimensione connotativa della metafora e che non si esprime solo attraverso il linguaggio verbale, ma sfrutta appieno altri apparati simbolici: immagini, suoni, gesti, movimenti … Un diverso tipo di cognizione (che amo definire “sensibile” per l’alta qualità esplorativa che i sensi sono chiamati ad attivare) e che si avvale delle competenze emotive.
La promozione di processi creativi e inventivi si colloca pienamente all’interno di questa importante area, decisiva per la formazione delle identità di studentesse e studenti e altrettanto fondante per la costruzione di un pensiero critico.
Di tutto ciò ne danno riscontro alcune riflessioni condotte in una classe terza di scuola secondaria di I grado. Pensieri e parole smozzicate, dette a metà, frammentarie, disorganiche, parziali, ma che portano alla luce – ancorché in pillole – temi che sembrano di interesse per una “pedagogia dell’invenzione”:

    • Come vivono i processi di invenzione musicale ragazzi e ragazze? Quali difficoltà trovano? Quali soddisfazioni e insoddisfazioni?
    • Quali contesti predisporre per l’invenzione? Quali sono i modelli musicali utili a supportare i loro processi?
    • La composizione/invenzione in gruppo cosa favorisce? Cosa limita?

 

La conversazione, che nasce in primo luogo come condivisione e restituzione interna al contesto classe dei processi attivati al termine di una breve esperienza compositiva, non ha l’ambizione di consegnare risposte. Il riascolto di questi pensieri ha avuto il merito, almeno per la sottoscritta, di risvegliare attorno ai temi portanti poc’anzi citati ulteriori quesiti. Così vorrei immaginare che la conversazione potesse far scaturire interrogativi anche in un ascoltatore esterno, nella convinzione che la ricerca delle “giuste domande” – come affermava il matematico Georg Cantor – sia forse più importante (e difficile) delle corrette risposte.

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