Presentazione
a cura di Giada De Fabritiis e Laura D’Ippolito in collaborazione con Filippo Tomasi
L’esperienza collettiva che desideriamo condividere è una narrazione senza unità di luogo, tempo e azione, che si manifesta ora in prima, ora in terza persona e celebra vite e città prive di un evidente legame, ma che è intrisa di tutte le emozioni che ci hanno accompagnato in quest’ultimo anno.
Nel seminario formativo online “Radio-Scuola-Comunità” siamo stati guidati attraverso voci, epoche, stili, paesaggi sonori, memorie emotive, racconti fantastici e di interesse storico, che ci hanno svelato una moltitudine di possibilità comunicative ed esigenze espressive, che elevano il fare radio ad arte.
Il desiderio di realizzare questo lavoro è nato nell’ambito della lezione “Grammatiche fantastiche in radio”, nella quale gli insegnanti Mario Piatti ed Enrico Strobino hanno proposto di realizzare “un’intervista impossibile” a Gianni Rodari.
I due insiemi grammatiche fantastiche e interviste impossibili in combinazione, diventano una vera e propria miscela esplosiva che rotea nella mente e muta in “interviste fantastiche su grammatiche impossibili” oppure “fantasie impossibili per interviste grammatiche”. Un connubio dunque, che libera energia ed apre all’arte rodariana di creare storie attraverso il “gioco simbolico del facciamo finta che”…
Il primo passo è stato quello di ricercare aspetti della produzione e della vita di Rodari tali da costituire un contenuto da poter sviluppare ed un messaggio da veicolare. Da subito si sono affacciati i due piani temporali: quello dell’oggi, dell’attualità vicina, riferibile alla lettura di Rodari da parte del maestro Stornaiuolo fra i vicoli dei quartieri spagnoli a Napoli, e vicinissima con le manifestazioni di piazza degli studenti in tutta Italia, e il piano del passato con le osservazioni del Rodari relative alla pubblicazione di “Lettera ad una professoressa” di Don Lorenzo Milani del 1967.
Trait d’union fra eventi apparentemente così distanti è la scuola in costante sofferenza e il ruolo centrale che possono assumere i docenti come promotori del cambiamento. La narrazione dunque non poteva essere diacronica ma in un certo senso episodica. Per collegare i fatti in modo organico e al contempo accattivante si è fatto ricorso all’elemento magico, la rediviva voce del poeta, e alla suspense che lascia all’ascoltatore l’incombenza di riannodare i fatti, restituendo loro un senso compiuto solo alla fine.
Una voce narrante e un po’ recitante, accompagna lo svolgimento degli eventi, urlando dalle strade, annunciando le voci nei vicoli, facendo la radiocronaca delle manifestazioni di piazza; così conduce l’ascoltatore da un episodio all’altro collocandolo in una cornice temporale e spaziale, fornendo le informazioni essenziali necessarie alla comprensione. Il salto temporale all’indietro è sancito dal cambio di persona che interpreta l’intervistatrice. La voce del poeta, l’unica maschile, prende fattezze multiformi: ora una presenza dall’alto invisibile ma udibile, ora si impersona nelle parole del maestro di strada, ora risponde alle domande dell’intervistatrice per concludere, in versi, conferendo senso al tutto.
Già scrivendo e registrando le voci l’immaginazione ci ha trasportato in un ambiente, un contesto sonoro e fisico. Si trattava a questo punto di renderlo udibile agli ascoltatori per evocare in loro analoghe immagini. Abbiamo lavorato per quadri, attraverso la scelta delle musiche, dei paesaggi sonori e manipolando i suoni (con Audacity), per creare una dimensione verticale e spaziale.
Il primo quadro è quello della città di Napoli, con le sonorità della strada e la voce trattata con l’effetto di riverbero creando l’illusione di uno spazio ampio, per stringere poi l’inquadratura sonora nei vicoli. Qui abbiamo scelto una musica che creasse un tappeto sonoro, un certo mistero, introducendo le frasi di Rodari tratte da vari suoi componimenti. Ne abbiamo lavorato il suono con molto riverbero, sovrapponendole per creare la suggestione di echi nell’aria e in più luoghi simultaneamente. La breve intervista al maestro Stornaiuolo è introdotta dall’ingresso della darabuka, a risuonare di napoletanità, con ritmi e melodie turche che accompagnano la sua risposta in versi con la voce del poeta.
Il secondo quadro ci trasporta alla fine degli anni sessanta ed è scandito da una musica jazz-blues che accompagna tutta l’intervista. Sia la musica che le voci sono state trattate con effetti per ricreare un timbro compresso, un po’ “inscatolato”, appositamente per riportarci indietro nel tempo, così come l’inflessione composta e formale tanto dell’intervistatrice quanto dello scrittore.
Il terzo quadro torna nelle piazze, con i cori, gli slogan degli studenti e aleggia fino a Napoli dove risuonano, a concludere, didascalici versi prestati al Rodari, sfumando nelle voci di strada da cui tutto è cominciato…
Grazie all’intramontabile lezione rodariana abbiamo potuto fare una “denuncia” sociale e politica evocando nella narrazione una terza dimensione temporale futuribile volta ad un profondo rinnovamento della scuola necessario ieri come oggi.