Come funziona l’attività? Ad inizio dell’anno assegno un capitolo diverso del libro di testo ad ogni studente, che ha poi un paio di mesi per trasformare il proprio studio in una puntata del podcast. Tutti i lavori vengono condivisi sulla piattaforma scolastica e seguendo un calendario prefissato li ascoltiamo, ognuno individualmente a casa propria (con precisa richiesta di farlo in cuffia). Tornati in classe discutiamo insieme i temi salienti che abbiamo rilevato all’ascolto, mentre da parte mia integro eventuali elementi omessi, che ritengo essenziali per una conoscenza sufficientemente completa e approfondita dell’argomento.
Il libro che ho in adozione da anni è “Officina dei suoni” dell’editore Fabbri-Rizzoli, la cui autrice principale è stata Rosalba Deriu, al cui ricordo questo podcast è dedicato. Con lei avevano collaborato per l’ultima edizione Marco Ventura e Roberto Agostini.
Per lavorare gli studenti, oltre al libro, hanno a disposizione tutti i file audio delle opere che fanno parte del kit offerto dall’editore al docente. È importante segnalare come ognuno di loro sia già in possesso di minime competenze nell’utilizzo del software per il montaggio[1].
Nella puntata numero zero sono presenti alcuni frammenti di discussioni e interviste sul significato che ha avuto per i ragazzi studiare in questo modo; sono osservazioni spontanee che ho ritenuto interessante mettere a disposizione degli ascoltatori prima di cominciare con le puntate vere e proprie, momenti in cui studenti e studentesse hanno potuto offrire una propria valutazione dell’esperienza.
Tutti i materiali del podcast sono produzioni originali dei ragazzi, ovviamente con qualche mio ritocco in fase di post-produzione, generalmente minimo, e comunque rigorosamente rispettoso di materiali e idee offerte dagli studenti.
Nella fase finale di rifinitura mi sono confrontato con Enrico Strobino e Matteo Frasca, che con l’occasione ringrazio sentitamente; insieme abbiamo rilevato e discusso anche in merito al valore pedagogico e didattico della proposta, evidenziandone alcune qualità specifiche.
Il mezzo radiofonico è risultato ancora una volta un dispositivo particolarmente efficace e “affordante”, sia per sviluppare una competenza estetica nel montaggio e nel mixaggio, sia per offrire un valore pratico e compositivo a quello che normalmente è uno studio mnemonico, tendenzialmente ripetitivo e spersonalizzato.
Una prima riflessione riguarda l’opportunità che abbiamo colto di valorizzazione della voce che legge. L’esperienza ha messo in risalto modalità di lettura ad alta voce interpretate espressivamente e arricchite da stili comunicativi anche molto diversi. In gioco, ancora una volta, c’è un diritto di esprimersi che porta con sé continue sfide per gli studenti e che la grande maggioranza di loro ha affrontato con coraggio. Ne sono uscite delle dimensioni personali fatte di qualità poetiche e dettagli anche di pregevole fattura, insieme a qualche errore o imprecisione. A volte, in particolare in alcuni momenti, ci è sembrato che queste trasmissioni potessero confrontarsi con prodotti professionali, senza sfigurare troppo. Il tutto poi facilitando l’acquisizione di nuove conoscenze, anche con una certa efficacia, a fronte di argomenti tra i più faticosi e nozionistici proposti dall’educazione musicale.
Le competenze di lettura a voce alta rilevate ci sono apparse spesso eccellenti e decisamente superiori a quelle generalmente diffuse nel mondo adulto, il che oltre a rappresentare un valore aggiunto per il lavoro svolto, è risultato essere anche un riconoscimento per alcune prassi scolastiche che si vorrebbero uscite dalla realtà della comunicazione contemporanea e che invece rappresentano un baluardo contro il diffuso analfabetismo di ritorno.
Di fronte al problema rappresentato della pronuncia di alcuni nomi stranieri o in latino sconosciuti, i ragazzi hanno preferito, ad un meticoloso lavoro di ricerca dell’esatta dizione, recuperabile tramite un qualunque traduttore on line (operazione puntualmente suggerita in classe al momento della consegna), buttarsi e rischiare in proprio, spesso sbagliando. Matteo Frasca mi ha però ricordato e in parte rincuorato di come in fondo questo atteggiamento rappresenti un rischio sempre presente per tutti coloro che lavorano in radio. Anche in presenza di un margine di esperienza molto maggiore, adulti competenti del mestiere si assumerebbero spesso un grado di “irresponsabilità” un po’ simile a quello dei nostri giovani autori. Ne prendiamo atto anche se credo che questo aspetto risulti ampiamente migliorabile e che rappresenti comunque una competenza da non trascurare.
Al fianco delle voci, protagoniste del lavoro svolto da ragazze e ragazzi sono state le musiche di volta in volta proposte, scelte ora in modo pertinente e funzionale al discorso, ora per interesse, curiosità o semplice piacere personale. L’aspetto che più ci ha colpito ha riguardato gli spazi lasciati per farle risuonare nel tempo in modo ampio, aperto e mai scontato. Sono stati in effetti molti i casi in cui, per riportare la trasmissione all’interno di un tempo radiofonico ragionevole, sono stato costretto a proporre intervenuti di taglio di musiche che i ragazzi avrebbero altrimenti lasciato fluire lungamente, nel piacere dell’ascolto e della scoperta di qualcosa che, per la maggior parte di loro, risultava comunque poco famigliare. Anche questa opera di taglio, sempre analizzata e discussa insieme, ha assunto un significativo valore formativo per tutti, insegnandoci come l’operare compositivo non si sviluppa solo per aggiunta di materiale, ma anche per interventi di riduzione, per sottrazioni efficaci. In questo modo possiamo dire che, al pari della materia vocale, anche la materia musicale ha parlato, dicendo di sé in un incontro sempre denso e di qualità.
Per Enrico Strobino molti errori sono risultati anche gradevoli, aggiungendo un ulteriore sorriso ai tanti che sorgono spontanei durante l’ascolto. Tutto questo non impedisce di cogliere il valore di un’adesione al progetto da parte di tutti i ragazzi seria e motivata, di una verità autenticamente adolescenziale che traspare dai percorsi realizzati con impegno e fatica, mista certamente ad un gusto artigianale per la costruzione di un artefatto digitale che si sente alla propria portata, quale il podcast ha certamente dimostrato di essere.
Come si diceva, nelle puntate compaiono degli errori che abbiamo reputato più interessante mantenere piuttosto che cancellare o modificare, nel rispetto anche di un lavoro che i ragazzi ci hanno restituito come finito e che, come abbiamo più volte sottolineato, è colmo di tracce che trasudano bellezza, con qualche piccolo difetto che in fondo non fa che rendere ancora più unica la qualità.
Sul lavoro di post-produzione che ho svolto in qualità d’insegnante che interviene sulle produzioni finali, abbiamo riflettuto constatando come, considerata l’età e l’esperienza maturata dai ragazzi, anche questa fase, in futuro, potrebbe essere lasciata alla loro autonomia. In effetti, sia da un punto di vista tecnico che estetico, ci appare utile ed interessante l’idea di promuovere questo tipo di lavoro in classe, facendo ricorso per esempio ad una metodologia di cooperative learning per promuovere un approfondimento di competenze insieme da “registi” e da “tecnici del suono”.
La grande maggioranza di puntate del podcast sono realizzate da un unico autore o autrice. In qualche raro caso ho optato per un montaggio a due voci, sia per dare spazio a più produzioni tra cui era difficile scegliere, sia perché nella propria scelta di sintesi, come ricordato sopra, alcuni temi essenziali erano risultati omessi da uno studente e invece valorizzati da un altro. Abbiamo in questo modo ricostruito a posteriori la dialettica che si era creata in classe nelle discussioni e che ha trovato una possibile sintesi proprio nel mix finale di due podcast realizzati sullo stesso tema. Nonostante ciò ci siamo fermati comunque ad un numero massimo di due studenti per puntata e a pochi casi, per non snaturare il senso complessivo che abbiamo voluto dare all’esperienza.
La presentazione del podcast “Le storie della musica raccontate dai ragazzi” viene proposto su RadioMusicheria in quattro movimenti. Nel primo troviamo la puntata numero 0, accompagnata da quella sul canto sacro medioevale, che introducono l’opera e ne esplicitano il senso complessivo. Negli altri tre vengono presentati altrettanti blocchi, ognuno contenente diverse puntate. Il secondo, che vuole soffermarsi sul tema della “modernità”, parte con l’esperienza colta del ‘900 e propone poi alcune altre forme della contemporaneità musicale, per espandersi poi coi due blocchi successivi sia in senso spaziale che temporale. Il terzo movimento invita infatti l’ascoltatore a visitare l’espressione musicale di alcuni popoli e culture lontane dalla nostra, mentre il quarto, attraverso una ricostruzione a ritroso del percorso storico della cultura musicale occidentale, traccia un decorso temporale che dall’‘800 europeo ci riporta di nuovo al medioevo, cioè al punto da cui eravamo partiti.
Buon viaggio quindi con “Le storie della musica raccontate dai ragazzi” e soprattutto buon ascolto, meglio se in cuffia, ma anche in auto può risultare gradevole.
STRUTTURA DEL PODCAST
00. Presentazione del podcast “Le storie della musica raccontate dai ragazzi”
01. L’abbazia di Elia
02. La sala da concerto di Chiara e Matilde
03. Il jazz club di Jacopo e Samoel
04. Lo stadio di Arianna
05. Il cinema di Nicholas
06. La pubblicità di Alessandro
07. Le voci dal mondo di Alessandro
08. L’anima popolare di Nathan
09. Le musiche arabe di Tarik
10. Le musiche indiane di Winnie
11. Le musiche africane di Sofia
12. Il salotto borghese di Aurora
13. Il teatro musicale di Caterina e Tommaso
14. Il palazzo aristocratico di Arianna
15. La reggia di Samuele
16. La corte di Matteo
17. La basilica di Samuel
18. Il castello di Davide
[1] Utilizziamo il software open source Audacity rilasciato con licenza GNU General Public License.
(La foto utilizzata è tratta dalla copertina del libro, Officina dei suoni, di R. Deriu, M. Ventura, R. Agostini, Rizzoli Education s.p.a. per gentile concessione dell’editore)