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Il coro del Liceo Scientifico

Giovanni Del Vecchio

Esperienza corale

Fin dalla sua nascita (nel 1997) il Coro del Liceo Scientifico “Dini” di Pisa (http://www.liceodini.it/) ha fondato il proprio lavoro, finalizzato allo sviluppo della cultura musicale attraverso la pratica del canto corale, su tre direttrici musicali:

1) il repertorio popolare, in particolare toscano, come elemento caratterizzante e con il preciso intento di recuperare alle nuove generazioni un patrimonio quasi completamente perduto
2) il repertorio classico (sacro, profano, lirico, dal Rinascimento ai giorni nostri), come momento di crescita culturale, per le sue valenze formative e per le innumerevoli opportunità di collegamento con tutte o quasi le discipline curricolari del Liceo
3) il repertorio “leggero” (jazz, pop, musical, ecc.) come momento di divertimento.
E’ sempre stata cura del Direttore del Coro, (sia del M° Del Vecchio che lo ha guidato dal 1997 al 2002 e lo ha poi ripreso dal Settembre 2005, sia del M° Pasqualetti nel periodo intermedio) “bilanciare”, nella difficile scelta dei brani da proporre via via ai coristi in relazione alle occasioni di esibizioni pubbliche, le tre linee-guida senza che nel complesso delle attività l’una prevalesse sull’altra. Naturalmente in genere le occasioni migliori sono quelle in cui cultura, formazione e divertimento riescono a fondersi in un unico progetto, come è stato nel 1999 per l’Opera da tre soldi di Brecht , la vittoria nel 2000 del Concorso per Cori scolastici di Terni, nel 2001 i Carmina Burana di Orff, la Messa in Sol di Schubert nel 2004, la realizzazione della Sinfonia di Salmi di Stravinsky nel Maggio 2006, ed il concerto-spettacolo tenuto nel Gennaio scorso presso L’Auditorium del Polo Tecnologico di Navacchio dedicato interamente alla tradizione popolare toscana. Per celebrare degnamente il decennale dalla fondazione, il Coro del Dini, in collaborazione con la Società Filarmonica Pisana e patrocinato dalle Istituzioni Comunali , Provinciali ed Ospedaliere pisane, ha eseguito nuovamente e con straordinaria partecipazione di pubblico (oltre 1200 spettatori complessivamente) i Carmina Burana di Orff in due luoghi cittadini dal fascino irresistibile: il palcoscenico del Teatro Verdi il 29 Maggio e la Corte degli Spedaligni (chiostro storico all’interno dell’ospedale di S. Chiara di cui ricorre il 750° anniversario dalla fondazione, a pochi metri in linea d’aria dalla Torre Pendente) il 1° Giugno.
Ci preme sottolineare l’importanza di un’esperienza come la nostra (certo non rara nelle scuole italiane, ma assente negli altri istituti della città e della provincia) capace di dare una risposta parziale ma dignitosa al vuoto culturale determinato dall’assenza del sapere musicale dall’offerta formativa liceale. Cantare è il modo più semplice per fare musica, si potrebbe definire un mezzo espressivo “primario”. Il canto corale permette di avvicinarsi così al linguaggio musicale riuscendo a farne percepire la complessità e la diversità rispetto a tutti gli altri linguaggi. Misurarsi con un testo musicale per eseguirlo fa crescere la consapevolezza delle sue caratteristiche costruttive, non sempre semplici, e affina una coscienza estetica più matura perché costruita percorrendo il testo dall’interno e non solo tramite l’ascolto.
Il canto corale, come del resto la “musica d’insieme” in genere, costituisce una pratica fondamentale della educazione e della formazione musicali professionali. In particolare la tecnica contrappuntistica richiama gli Autori di brani corali, più che nella scrittura per strumenti, al rispetto di un rigore razionale ‘severo’ che, al di là degli aspetti estetici ed espressivi, può costituire un positivo fattore integrativo nella formazione dei ragazzi che vi si dedicano. I più grandi compositori hanno scritto per questo organico: ciò permette allora di avvicinarsi anche ad altre opere di questi Autori. L’esecuzione di un repertorio abbastanza diversificato offre l’opportunità, fra l’altro, di suggerire una molteplicità di collegamenti con altre aree culturali, per esempio con le letterature e le arti figurative.
Il canto parla, unisce, accomuna. Col canto si racconta una storia, ci si racconta, ci si incontra. Attraverso il canto la comunicazione è diretta e sincera: esibizione a parte, cantando in gruppo per il puro piacere di farlo, ci si guarda negli occhi, per darsi la nota, mantenere il ritmo, certo, ma soprattutto per far spazio a quel tipo di comunicazione che non necessita di alcuna mediazione aggiunta. Per il tempo in cui le voci si uniscono in un modo armonioso, il resto delle sollecitazioni cessa di farsi sentire.

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Ecco la relazione che i ragazzi del coro hanno letto (appunto a due voci) al convegno di Castiglioncello del settembre scorso: INVENZIONE A DUE VOCI
Durante la nostra lunga attività all’interno del coro del Liceo Scientifico U. Dini abbiamo sperimentato come sia importante sviluppare un programma musicale nell’ambito scolastico. Questa importanza non è data soltanto dal fatto che la musica è formativa nei confronti della persona e dello studente, ma anche perché offre grande occasione di svago [e di perdita di tempo con l’apparenza di fare qualcosa di sensato].
Nella nostra carriera di coristi abbiamo sperimentato numerosi generi musicali. Questa vastità di repertorio consente in genere di contentare la maggior parte dei gusti musicali degli studenti, anche se talora, in caso di programmi particolarmente impegnativi, lo scontento [delle masse cantanti] porta al fatto che alcuni coristi decidano di abbandonare l’attività [, esodi cui finora non è stata trovata cura]. Questi abbandoni non sono mai stati tali da mettere in crisi la riuscita dello spettacolo, e sovente non sono definitivi [ma fanno girare le balle].
Il repertorio classico (cui appartengono lavori quali la Messa in Do maggiore di Schubert e i Carmina Burana) è senza dubbio quello più importante per la formazione culturale e canora del coro, ma d’altra parte non è gradito a tutti [siamo una scuola non un convento di cappuccini], anche a causa della nostra giovane età e della nostra proverbiale intolleranza al latino. Inoltre non è possibile materialmente eseguire più di un grosso lavoro classico all’anno, e questo rende necessaria l’introduzione di pezzi di minore impegno e di maggiore gradimento [al volgo incolto]; senza considerare il fatto che il nostro coro partecipa spesso a iniziative benefiche in cui è indicato un repertorio meno pesante.
Conseguentemente abbiamo sviluppato anche altri settori musicali quali un repertorio leggero con una certa impronta jazzistica e un repertorio popolare toscano volto al recupero delle tradizioni della nostra regione [tipo l’alto valore morale di canti come la Rosina der Salvini, dove si fanno doppi sensi relativi all’orologio]. Questi repertori sono più apprezzati, in generale, dagli studenti; nei concerti con fine benefico i due repertori sono stati mescolati in modo da ottenere, insieme allo svago della platea, come dire, la sua educazione. È tuttavia importante non solo l’educazione dell’uditorio ma anche quella degli stessi coristi. Mentre si imparano le partiture non si lavora soltanto sul piano della musica [mah…] ma anche su quello del testo [capire di cosa si canta], come opportunità di avvicinarsi ad altre lingue e culture [tipo quella lucchese]. Cantare un testo in tedesco, per esempio, consente l’avvicinamento a questa lingua non solo agli studenti della sezione di tedesco ma anche a quelli che non lo studiano [dè, e la fai facile, imparà ‘r tedesco con una canzone]. L’appartenenza ad un coro, inoltre, porta ad una maggiore assunzione di responsabilità nei confronti dei propri impegni [intanto l’unici a venire sempre s’è io e Silena]. Un terzo aspetto positivo dell’attività nel coro sta nel fatto che il lavoro è comune e ognuno dà equamente il proprio contributo alla riuscita collettiva, ed inoltre non vi è un rapporto frontale tra professori e studenti, come sarebbe in un’aula scolastica, bensì un lavoro comune delle due parti senza le nette divisioni classiche: un lavoro democratico! [Si basa, cioè, su qualcosa che somiglia al principio stalinista della dittatura del popolo, cosa che a me, personalmente, mi va di molto a fagiuolo].
Non sempre, però, il coro riesce ad impartire la sua parte di educazione all’individuo; comunque il tentativo è nobile [anche se è come mettere la cravatta al maiale]. L’impegno che viene richiesto allo studente è di due ore a settimana, generalmente il venerdì pomeriggio; a detta di pochi studenti e molti professori [quelli di matematica e fisica, tipo la Mentozzi e il Grandomini] questo va a svantaggio dell’apprendimento scolastico, perché toglierebbe tempo alle materie curricolari. A quello che abbiamo potuto osservare [siamo nettamente Galileiani] in realtà le persone che partecipano al coro non hanno più problemi a scuola di chi non vi partecipa. Ben più problematica diviene la situazione verso la fine dell’anno quando la scuola tira le somme e gli studenti [che generalmente hanno sbagliato qualche addizione] devono anche impegnarsi maggiormente per il coro, con prove anche serali e talora al di sopra delle quattro o cinque ore, [il che dovrebbe essere proibito dalla Convenzione di Ginevra] tuttavia concentrate nell’ultima settimana prima del concerto finale.
A compensare i peraltro ridotti aspetti negativi rimane sempre il fatto che il coro è un’attività incredibilmente divertente [ed offre incredibili occasioni di provarci con i contralti e i soprani, perchè le donne vengono per cantare, gli uomini, a parte il Langeneck che è scemo, per provarci con le donne]. Per esempio, al lato propriamente ludico appartengono le osservazioni delle facce del maestro durante la direzione, l’introduzione di un testo alternativo alla maggior parte delle canzoni, senza risparmiare nemmeno What a wonderful world e i Carmina Burana, e la conseguente necessità di impegnarsi, durante i concerti, a non cantare la parte alternativa [tanto io, il più delle volte, la canto lo stesso].

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