Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

L’animation: une force au sein du système social de la musique

François Delalande

Convegno “Animazione musicale: un binomio ancora fantastico?” 

Relazione di François Delalande. Traduzione in Italiano di Manuela Filippa, in allegato la versione originale in francese.

Oggi, più che mai, siamo in un momento in cui le pratiche sociali musicali si stanno riorganizzando, si stanno strutturando in forme amatoriali, forme di creazione musicale, ove il rapporto fra i musicisti e il pubblico è tutto da stabilire, in situazioni che non sono né concerti, né forme pedagogiche: qualunque sia il nome che si voglia dare a tali pratiche musicali, sono forme di “animazione musicale”.

L’animazione in Francia negli anni ’70
Quando sono stato invitato per la prima volta a lavorare per il Centro Studi di Lecco alla scuola di Animazione Musicale sono stato un po’ sorpreso dal fatto che l’espressione “animazione musicale” fosse ancora usata in Italia. Conclusi che, se tale termine poteva sembrare l’esatto equivalente del francese animation musicale non aveva, tuttavia, le stesse connotazioni nelle due lingue. Questo perché in francese tale espressione aveva un’immagine negativa e non era ormai più utilizzata.

Dunque in questa introduzione traccerò rapidamente le linee della storia dell’animazione musicale in Francia; questa storia non può che essere in rapporto con ciò che sta succedendo oggi in Italia.
L’animazione musicale si è sviluppata soprattutto dopo la cosiddetta rivoluzione del ‘68, maggio ‘68.
Prima di allora c’erano forme di azione culturale, quali “le case della cultura”, poi “le case dei giovani e dalla cultura”, che tentavano di portare la cultura e la musica alla portata del pubblico. Tuttavia l’animazione musicale si è veramente sviluppata nel solco del movimento del 68.
Nel maggio 68, nel cortile della Sorbonne c’era un pianoforte da concerto e, al termine dei dibattiti sul futuro della società e del mondo, un pianista suonava Chopin o un Klavierstück di Stockhausen.
La prima idea dell’animazione musicale era di far uscire la musica dai luoghi a lei consacrati: la sala da concerto e il conservatorio. .
Una seconda idea era di far incontrare la musica con un pubblico che non l’avrebbe mai cercata nei luoghi in tali luoghi consacrati.
Una terza idea era di immaginare delle nuove forme di rapporto e di scambio tra i musicisti e il pubblico. Era uno degli slogan del ‘68 “l’immaginazione al potere”.

Esaminiamo ora quali sono state le prime forme di animazione musicale apparse negli anni settanta.
In primo luogo si tenevano concerti nelle scuole, sia nelle aule che nei cortili, o si facevano presentazioni degli strumenti: qualcuno entrava nelle classi, suonava per esempio un violino; i bambini potevano porre alcune domande, ma non potevano certamente suonare lo strumento.
I concerti, sono anche arrivati nelle strade: ad esempio ad Aix en Provence, città in cui si tiene un festival lirico molto borghese, dove artisti di fama mondiale sono pagati profumatamente e dove i posti a sedere costano molto cari, è stato creato nel 1970 un contro-festival che si chiamava “musique dans la rue” (musica nella strada): artisti un po’ meno rinomati e meno cari suonavano per le strade, nei cortili ed i concerti erano gratuiti.
Ci sono molti altri esempi fantasiosi. In un piccolo paese di montagna in Alsazia, situato in fondo a una valle, tre fanfare, poste sulle colline attorno al villaggio, suonavano in alternanza o insieme e la valle stessa diventava la sala del concerto. Questi sono tutti esempi suggestivi di concerti fuori dei luoghi e dei circuiti abituali.
Ci sono state molte altre forme d’azione di questo tipo. Per esempio, nel 1970, il GRM, centro per cui lavoro, ha organizzato la “notte bianca” alla “Maison de la Radio”, non nelle sale da concerto, ma gratuitamente nell’ingresso, sdraiati a terra, si potevano ascoltare percussioni iraniane o indiane o un’improvvisazione jazz o di musica elettronica dal vivo, in una gioiosa mescolanza.
Questi sono tutti esempi suggestivi di concerti fuori dei luoghi e dei circuiti abituali.

Una seconda forma d’azione molto importante erano gli stages musicali estivi, che si tenevano nel sud della Francia in luoghi sempre molto belli; si mescolavano molti generi ed esperienze musicali: canto corale, iniziazione alle musiche etniche, musica elettroacustica e altro. Tutto questo in un clima molto gioioso di vacanza.
Queste diverse iniziative di animazione musicale avevano molto successo e lo stato ha voluto aiutare e coordinare tali azioni. Per questo fu fodato nel 1976 un “centro nazionale d’animazione musicale” (CENAM) e una rivista i “Quaderni dell’animazione musicale” (ero personalmente molto impegnato in queste iniziative e facevo parte del consiglio di amministrazione del CENAM.
Tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli ‘80 è arrivato il momento di valutare ciò che stava succedendo. Ci si rese conto che l’animazione musicale era certamente molto gioiosa, ma sovente un po’ superficiale.
Per esempio, feci una serie di trasmissioni radiofoniche, forma di intervista, sul tema dell’animazione musicale, nelle quali si poteva comprendere che le motivazione di animatori e degli “animati” non erano solamente musicali: il contatto fra gli animatori, che spesso erano uomini sui trent’anni, e le stagiaires, che invece erano spesso ragazze di vent’anni, era particolarmente facile e molti musicisti sui trent’anni si sentivano uno spirito di animatore.
Per esempio la pubblicazione, di una foto in cui un noto direttore di coro faceva il bagno nudo in un fiume con diversi ragazzi e soprattutto ragazze, anch’esse nude, ha modificato un po’ l’immagine che il grande pubblico aveva dell’animazione musicale.

È seguito, poi, negli anni ’80, il periodo di approfondimento. Il CENAM è divenuto Centro Nazionale di Azione Musicale, e la parola Animazione è andata perduta.
Ho personalmente criticato molto anche alcune modalità superficiali di “azione musicale” realizzate nelle scuole, quali la semplice presentazione di strumenti musicali che i bambini non potevano neppure toccare; ho sempre sostenuto invece una pedagogia delle condotte musicali, basata sull’esplorazione la creazione, i cui obiettivi erano meglio definiti. Al posto di fare concerti negli ospedali psichiatrici si è sviluppata la musicoterapia, e ai concerti nelle prigioni si è preferito coinvolgere i detenuti in progetti che duravano un anno, dunque un’azione musicale più profonda e di più lunga durata.
Proprio di queste azioni “in profondità” è necessario fare adesso un bilancio. Che le si chiami “animazione musicale” o altrimenti, non ha importanza se si sanno definire i loro obiettivi e la loro necessità nella società contemporanea. Non paliamo quindi più solo della Francia, ma anche dell’Italia, dell’Europa e della maggior parte dei Paesi occidentali.

Il ruolo dell’animazione musicale
La necessità dell’esistenza dell’animazione musicale deriva da un vuoto istituzionale: le società di concerto, i Conservatori, le Scuole di Musica, la Scuola e l’Università hanno le proprie organizzazioni musicali, ma fra queste istituzioni esiste un vuoto.
Un vuoto istituzionale che non significa che, al di fuori di esse, non vi siano altre pratiche musicali amatoriali, che invece si sviluppano rapidamente.
Si potrebbe pensare che esse siano libere e lasciate a se stesse. In realtà, questo tipo di attività è oggi abbandonata dalle istituzioni, ma non dalle industrie, o meglio è gestita proprio dalle industrie, discografiche, mediatiche, tecnologiche e delle attrezzature digitali (sintetizzatori, campionatori, strumenti elettronici) nonché dei programmi per computer. Questo significa che le pratiche amatoriali che sono in piena espansione, (in Francia è stimato in un milione il numero di coloro che compongono sul proprio computer a casa ) , sono di fatto sottomesse alle leggi di mercato, che non sono certo le migliori guide sul piano artistico.
Si assiste così a una situazione paradossale e piuttosto nuova , in cui una grande parte, per non dire quella essenziale, della vita musicale sfugge all’influenza delle istituzioni culturali ed educative ed è consegnata alle leggi del mercato.
Questo fenomeno rende più che mai importante la riflessione sull’animazione musicale in un’ottica capace di coinvolgere tutto il sistema sociale-musicale.

Gli obiettivi
Il ruolo principale dell’animazione musicale si trova, a mio avviso, in questo vuoto istituzionale.
Credo che la differenza tra l’animazione e il concerto, la scuola o il conservatorio sia che essa non si propone di educare, né di diffondere delle opere, bensì di far vivere un’esperienza musicale. Anche l’ascolto di un concerto è un’esperienza musicale. Tuttavia penso sia il caso piuttosto di proporre e d’impegnarsi in un’attività continuativa. Vivere un’esperienza musicale in modo attivo e guidato interroga sul senso della vita.
Ecco perché l’animazione musicale ha trovato una funzione ancora più profonda laddove le problematiche di vita si fanno più urgenti: le prigioni, gli ospedali, i quartieri in cui vivono giovani in difficoltà, dove c’è la necessità di ridare un senso alla vita attraverso la musica.
Tutto ciò mi richiama alla mente le riflessioni condotte attorno allo studio sui giovani che fanno musica a casa con il proprio computer: dalle interviste è risultato che costoro fanno musica non per mestiere o per soldi, ma per dare senso alla propria vita.

Le forme d’intervento
Quando penso alle periferie, mi viene in mente che il Rap si è sviluppato da solo, senza il bisogno di animatori e così accade anche per i compositori dilettanti. Con l’animazione musicale, invece, abbiamo la presenza di un animatore, dunque esistono modalità di intervento e motivazioni da cui scaturiscono volontà politiche in grado di bilanciare le influenze del mercato.
E’ impossibile fare l’elenco delle forme d’animazione musicale, perché queste vengono continuamente reinventate, ma si possono analizzare le forme di complementarietà possibili fra l’animazione musicale extra istituzionale e, in particolare, le istituzioni educative quali il Conservatorio e la Scuola.
Nel Conservatorio si formano musicisti che in parte diventano professionisti ed in gran parte restano ad un livello amatoriale: questo ultimi dopo 3-5-7 anni di pratica musicale lasciano il Conservatorio. Si considera spesso questo abbandono come una sconfitta, ma se il giovane lascia lo studio musicale è spesso perché non esiste un adeguato accompagnamento che favorisca l’attività musicale dopo gli studi. Occorre dunque organizzare forme di animazione musicale per loro: occorre che ci sia
-la possibilità di suonare insieme ad altre persone
-un’ulteriore formazione laddove richiesta
-uno studio di registrazione e l’aiuto di un tecnico, anche per fare copie di cd
-occasionalmente la consulenza di un musicista
-un prestito degli spartiti musicali
-un aiuto logistico all’organizzazione dei concerti (microfoni, luci)
Un aiuto, cioè, di transizione dal Conservatorio al mondo esterno. Lo stesso possiamo pensare per la scuola: la scuola media per esempio, in cui si comincia ad utilizzare il computer per fare musica. Questi ragazzi andranno ad aggiungersi a quei compositori “dilettanti” di cui si parlava ed avranno bisogno di una guida. Occorre immaginare, dunque, il passaggio fra l’interno e l’esterno delle istituzioni.

Come realizzare un intervento politico in materia di animazione musicale?
La caratteristica principale dell’animazione musicale è la varietà che esiste al proprio interno: è impossibile dunque pensare a un’organizzazione, a un coordinamento centralistico, verticalizzante. E’ più realistico, al contrario, pensare ad un’organizzazione di tipo orizzontale, una rete orizzontale che favorisca il collegamento fra le realtà esistenti che devono assolutamente avere una certa visibilità, in modo che ogni animatore possa essere risorsa e stimolo per l’altro. Occorre inventare “dispositivi” che favoriscono la creazione di tale rete: e il pensiero corre ovviamente ad Internet.
Ad esempio il Centro Studi di Lecco potrebbe capitalizzare il proprio lavoro formativo, cercando di collegare tutti coloro che sono usciti dalla scuola di animazione musicale attraverso, per esempio, un tipo di web radio in cui vengono pubblicate interviste, musiche, foto ed eventualmente qualche video per costruire un fondo di esperienza che possa diventare una vetrina delle forme possibili di animazione.
Proviamo a riassumere per punti le idee principali: esiste un vuoto istituzionale in cui si sviluppano pratiche musicali molto importanti per numero e qualità e il compito dell’animazione musicale, che sia con questo o con un altro nome poco importa, ma mi sembra che il termine funzioni benissimo, è di:
– evitare che tutte queste forme musicali siano in mano esclusivamente al mercato e ai media;
– favorire la creazione di una rete di organizzazione con visibilità orizzontale;
– fornire consulenze da un punto di vista artistico per favorire tutte quelle esperienze che nascono e restano al di fuori delle istituzioni musicali;
– creare dispositivi per sostenere tutte queste forme variegate e sparse di azioni musicali, dando loro una coerenza e una visibilità.
Accanto alle forme tradizionali di azione culturale, l’animazione ha la vocazione di costituire un altro polo nell’equilibrio delle istituzioni che strutturano la società musicale.

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