Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Il blog a scuola: un libro di testo partecipato

Leo Izzo

Intervista al prof. Leo Izzo.

Curiosando sul web ci siamo imbattuti nel blog http://aulodies.wordpress.com/, gestito dal prof. Leo Izzo, docente di musica nell’Istituto Comprensivo di Borgonuovo Sasso Marconi (BO). Allora lo abbiamo contattato per scambiare con lui alcune riflessioni. Ecco il nostro dialogo.

Musicheria: Cosa ti ha spinto ad aprire un blog funzionale alla tua attività d’insegnante?
L.Izzo: La molla iniziale è stata la necessità di mettere a disposizione dei miei studenti un insieme di materiali sonori che sui libri di testo non avrei mai trovato. Il problema si poneva ad esempio dopo aver affrontato un argomento di carattere storico. Poiché ho sempre concepito la didattica della storia della musica come una guida all’ascolto di alcuni capolavori del passato, mi chiedevo: “come posso pretendere che uno studente riesca a descrivere un brano musicale se non ha l’opportunità di ascoltarlo autonomamente?”. L’attuale disponibilità di risorse on-line (il ché non implica necessariamente la violazione dei diritti d’autore) ha permesso di aggirare questo problema. Da questo primo passo, la risposta entusiastica degli studenti mi ha quindi incentivato a sfruttare il più possibile le opportunità offerte dalla piattaforma del blog. Il sito che ho realizzato ora mi permette di arricchire l’offerta di attività e materiali, consentendo ad ogni studente, entro certi limiti, di scegliere il grado di approfondimento da dedicare ai diversi argomenti: dai materiali didattici (brani ascoltati in classe, spartiti e schemi), ai software per l’educazione dell’orecchio, ai programmi di notazione o editing musicale, alle presentazioni on-line. Inoltre ho capito che la vera “chiave di volta” in un progetto di questo tipo risiede nel grado di partecipazione degli utenti. Per questo motivo spesso la lezione in classe costituisce solo il momento iniziale delle attività, che successivamente si sviluppano e si diramano attraverso il web e la partecipazione dei ragazzi: in questo modo gli studenti possono collaborare attivamente alla realizzazione del sito, inserendo, ad esempio, commenti agli articoli o proponendo i brani musicali composti da loro stessi.

M.: Ci sono dei principi psicopedagogici che ritieni fondamentali nel lavorare anche con lo strumento informatico?
L.I.: A mio parere le finalità che l’insegnante si prefigge, così come i principi pedagogici fondamentali, non possono certo cambiare per il semplice fatto di utilizzare anche un computer. D’altro canto però, l’insegnante deve riconoscere i rapidi mutamenti che stanno trasformando le relazioni sociali e le forme comunicative con la diffusione radicata dei cosiddetti social network. Nel descrivere il sistema comunicativo delle nuove generazioni, lo studioso dei nuovi media Henry Jenkins parla di “cultura partecipativa”, “transmedialità”, “appropriazione”. A mio parere la scuola, invece di trincerarsi dietro ad un colpevole disinteresse verso le nuove tecnologie, dovrebbe comprendere e padroneggiare queste nuove forme di comunicazione sociale, in modo da poter svolgere appieno una delle sue finalità fondamentali: educare i giovani alla cittadinanza, anche attraverso un uso consapevole dei nuovi media.

M.: Da quando utilizzi il blog, hai notato nei ragazzi dei cambiamenti in relazione all’insegnamento/apprendimento della musica?
L.I.: In generale gli studenti sono molto più partecipi e talvolta lavorano in modo sorprendente per svolgere le consegne assegnate. Il blog vuole anche favorire lo scambio delle esperienze e la cooperazione. Alcuni dei compiti che assegno attraverso il blog devono essere realizzati in gruppo e, nel caso di composizioni realizzate dai ragazzi, la possibilità di ascoltare e commentare i lavori altrui rende il percorso più avvincente. Al termine del percorso molti studenti hanno apprezzato proprio le attività di composizione musicale di gruppo, strutturate in modo che ognuno avesse un compito e una chiara responsabilità per l’esito finale del lavoro.

M.: Ci sono stati commenti dei colleghi e/o dei genitori a proposito?
L.I.: Ci sono state molte reazioni positive su questa iniziativa. Tuttavia mi piacerebbe che lo scambio di idee tra insegnanti, attraverso lo stesso blog o siti analoghi, fosse maggiore. Per questo motivo ho chiuso l’anno scolastico con un post dedicato specificamente ai docenti di musica, una sorta di guida riassuntiva a tutti gli strumenti on-line che ho utilizzato nel corso dell’anno.

M.: Nel blog ci sono alcune playlist con materiali composti dai ragazzi. Che ruolo pensi possa avere il lavoro compositivo dei ragazzi nella scuola media?
L.I.: L’attività compositiva è stata un fattore determinante per il successo del blog tra i miei studenti. Credo che per acquisire dimestichezza con un linguaggio sia necessario metterne in pratica le regole e i meccanismi attraverso l’esperienza diretta. Solitamente utilizzo la composizione come punto di arrivo di un percorso che inizia con l’ascolto e l’osservazione. Vi sono molti motivi per i quali l’esercizio della composizione musicale è, di fatto, praticamente assente dalla scuola Italiana. Ancora una volta alcuni software possono, se adeguatamente adoperati, aiutare a superare le numerose difficoltà legate alla conversione del pensiero musicale in segno e di quest’ultimo in suono. Nella mia esperienza personale quindi l’uso del computer è diventato indispensabile nella didattica della composizione.

M.: Con gli strumenti informatici pensi che sia superata la funzione del libro di testo?
L.I.: Il libro è uno strumento meraviglioso, la cui longevità nell’ambito della trasmissione del sapere è sorprendente, rispetto alla volubilità delle cosiddette ‘nuove tecnologie’. Detto questo credo tuttavia che, nell’ambito specifico della mia materia, il mezzo cartaceo non sia lo strumento più efficace per parlare di musica. Il termine ‘multimedialità’ è usato sempre più spesso come etichetta lessicale per promuovere nuovi prodotti editoriali, dimenticando che è la natura stessa del ‘far musica’ ad essere multimediale: un equilibrio continuo tra segno, suono e gesto. Per questo motivo, credo che sia venuto il momento di concepire nuovi strumenti didattici che presentino caratteristiche di interattività e una forte sinergia audio/video. Qualcosa si sta muovendo nell’editoria scolastica, ma, almeno a mio parere, siamo ancora a risultati piuttosto rudimentali. A mio parere i prodotti editoriali per lo studio della musica a scuola dovrebbero esser costruiti attorno ad un’idea centrale di “educazione all’ascolto”: gli studenti dovrebbero avere a disposizione tutti gli strumenti per riprendere o approfondire i concetti emersi in classe. Si pensi, ad esempio, ai capolavori della storia della musica. Si dovrebbe dare allo studente la possibilità di “sfogliare” liberamente un brano musicale (con l’eventuale integrazione tra partitura, riprese video di un’esecuzione, schemi grafici di guida all’ascolto, eccetera). I mezzi tecnici già disponibili permetterebbero di ottenere risultati eccellenti, come è accaduto in alcuni DVD-Rom prodotti negli USA.
Per contrasto, nella mia piccola esperienza personale, il blog mi fornisce la flessibilità necessaria per costruire il mio “libro di testo” ad hoc, che realizzo selezionando materiali di approfondimento o utilizzando, ad esempio, piattaforme on-line per l’esercizio dell’orecchio o per la composizione.

M.: Sul tuo blog c’è anche la sezione “Musicologia” in cui sono riportati alcuni tuoi saggi su vari argomenti. Che rapporto c’è tra i tuoi studi e le tue ricerche musicologiche e l’insegnamento?

L.I.: Credo che ogni docente trasmetta, nella propria azione didattica, la memoria delle proprie esperienze e passioni. Nel mio caso potrei forse dire che la ricerca musicologica è proprio al centro del mio insegnare. Quando presento un brano musicale o un nuovo argomento, agli studenti chiedo di risolvere problemi, di mettere in relazione ciò che è conosciuto con ciò che è nuovo e, eventualmente, di reperire informazioni autorevoli e verificabili. Chiaramente la richiesta è calibrata sull’età e sulle competenze, ma, dal punto di vista del metodo, si tratta, in fin dei conti, del medesimo criterio con cui svolgo il mio lavoro di ricerca che si tratti di Edgard Varèse o di storia del jazz.
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