Rileggere in modo diverso le varie forme di eterofonia fono-musicale umana e animale, con lo scopo di comprendere che il bisogno bio-zoologico di entrare a far parte di un gruppo è prioritario rispetto al bisogno secondario di fare musica. Questa interpretazione dell’eterofonia vuol essere anche un invito, per gli educatori musicali, a proporre il maggior numero di forme spontanee di eterofonia di gruppo per far rivivere questo grande e antico bisogno di entrare nel gruppo dei simili.
Il termine musicale Eterofonìa (proveniente dal gr. ἑτεροϕωνία, composto da ἑτερο «etero» e ϕωνή «voce») potrebbe essere definito come quel procedimento consistente nella produzione simultanea di una qualsiasi melodia sovrapposta a una o più parti melodiche che, nello stesso momento, si realizzano tanto in termini di diversità (nei confronti di certi parametri musicali) quanto in termini di similitudine o uguaglianza (nei confronti di certi altri parametri musicali).
In altre parole, l’eterofonia (strumentale o vocale che sia) si esercita quando degli esecutori (cantanti o strumentisti), pur facendo riferimento ad alcuni aspetti fondamentali di una stessa struttura melodica, procedono indipendentemente l’uno dall’altro praticando delle possibili varianti ammesse sulla base di quelle costanti fondamentali da tutti più o meno rispettate.
Un altro esempio di eterofonia possiamo trarlo da una condotta molto frequente nella musica strumentale giapponese: diversi strumenti e/o voci eseguono in linea generale una stessa melodia, solo che ogni voce e/o strumento, in realtà, realizza, ad esempio, ritardi o anticipi di tempo, di intonazione, introducendo abbellimenti più o meno articolati, dando quindi vita ad un insieme eterofonico che inciderà tanto sull’asse della simultaneità quanto su quello della sequenzialità.
Ma questa definizione di eterofonia ci appare molto settoriale, cioè specifica per certe e sole prassi musicali umane che già implicano, a vari livelli, competenze musicali o comunque esperienze più o meno acquisite, interiorizzate.
Noi crediamo che si possa anche parlare di forme di eterofonia ad uno stadio più primitivo, più diffuso, più comune, più elementare e quindi anche molto meno specializzato. Addirittura, come vedremo subito di seguito, le pratiche di eterofonia sono diffuse tanto nella specie umana quanto in quella animale.
In altre parole, l’eterofonia (strumentale o vocale che sia) si esercita quando degli esecutori (cantanti o strumentisti), pur facendo riferimento ad alcuni aspetti fondamentali di una stessa struttura melodica, procedono indipendentemente l’uno dall’altro praticando delle possibili varianti ammesse sulla base di quelle costanti fondamentali da tutti più o meno rispettate.
Un altro esempio di eterofonia possiamo trarlo da una condotta molto frequente nella musica strumentale giapponese: diversi strumenti e/o voci eseguono in linea generale una stessa melodia, solo che ogni voce e/o strumento, in realtà, realizza, ad esempio, ritardi o anticipi di tempo, di intonazione, introducendo abbellimenti più o meno articolati, dando quindi vita ad un insieme eterofonico che inciderà tanto sull’asse della simultaneità quanto su quello della sequenzialità.
Ma questa definizione di eterofonia ci appare molto settoriale, cioè specifica per certe e sole prassi musicali umane che già implicano, a vari livelli, competenze musicali o comunque esperienze più o meno acquisite, interiorizzate.
Noi crediamo che si possa anche parlare di forme di eterofonia ad uno stadio più primitivo, più diffuso, più comune, più elementare e quindi anche molto meno specializzato. Addirittura, come vedremo subito di seguito, le pratiche di eterofonia sono diffuse tanto nella specie umana quanto in quella animale.
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