Lettera a proposito dell’aumento delle ore di didattica nelle scuole secondarie.
Nell’ambito delle manifestazioni nate per contrastare la recente proposta di aumentare di un terzo le ore di didattica per gli insegnanti della scuola secondaria, gli insegnanti della scuola “Il Guercino” di Bologna, dove insegno “Musica”, ritengono particolarmente importante informare l’opinione pubblica, a cominciare dai genitori. Quella che segue è la “lettera” che sarà distribuita ai genitori all’entrata e all’uscita da scuola dagli insegnanti stessi, che cercheranno di sfruttare quest’occasione per confrontarsi loro.
Roberto Agostini
Più ore di cattedra per gli insegnanti non significa miglior qualità della scuola, ma più classi per ogni insegnante. Più classi vuol dire calo della qualità dell’istruzione. Maggior carico di lavoro significa meno approfondimento ed attenzione per tutti, meno energie per il recupero degli svantaggiati.
Le ore di lezione sono solo la punta di un grande iceberg. E per far sì che quelle ore di lezione portino frutto, occorre fare molte altre cose, al di fuori di quelle ore passate in classe.
Arrivare in classe ed insegnare significa aver preparato prima la lezione. Arrivare in classe e distribuire il testo della verifica significa averla preparata prima e correggerla poi. Decidere quale voto dare ad un alunno significa valutare dal punto in cui è partito e il punto in cui è arrivato.
Aggiornamenti, progetti, riunioni, confronto tra colleghi della classe, colloqui con i genitori. Questo tempo è tempo di lavoro. Gli insegnanti non svolgono solo il lavoro in classe, ma anche prima di entrare in classe, e anche dopo esserne usciti.
Aumentare le ore di lezione significa aumentare il numero di alunni per ogni insegnante.
Il rapporto numero/qualità, dovrebbe essere evidente per tutti, è inversamente proporzionale: più aumenti le ore ed insieme gli alunni, più la qualità si abbassa.
Già oggi i prof di molte materie si ritrovano con 9 classi e 250 ragazzi, domani ne avranno 330 e sempre meno tempo da dedicare a ciascuno di loro; quando verrete ai ricevimenti, portatevi dietro una foto del vostro ragazzo.
Pensano ad una scuola dove i ragazzi stiano il tempo necessario per un sapere in pillole ed una valutazione basata sempre più solo sui test a crocette, ad una scuola dove tutto è misura, dimenticando che invece l’apprendimento è possibile solo dentro una forte relazione tra insegnati e studenti. Non conta più la qualità, conta solo la legge del risparmio.
A che servirebbe, a chi servirebbe una scuola così? Ai nostri ragazzi non è stato già tolto abbastanza futuro?
Non chiediamo di fare meno ore, ma di insegnare meglio.
Non chiedeteci di fare più ore, significherebbe insegnare peggio.
La posta in gioco è la funzione che la Costituzione assegna alla scuola pubblica: “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la liberta’ e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.
In questi anni abbiamo provato con scioperi, appelli, raccolte di firme, ma non è servito a niente. Ora ci riproveremo, rifiutandoci di far volontariato, di fare quello che non è strettamente di nostra pertinenza, sospendendo per il periodo di discussione della Legge di stabilità ogni attività didattica aggiuntiva ed il ricevimento individuale settimanale.
Può darsi che in alcuni casi creeremo una situazione momentanea di caos; ma lo facciamo nel tentativo di evitare una situazione permanente di caos, di difendere la scuola pubblica statale.
Non vi chiediamo scusa per ciò che facciamo ora, vi chiediamo scusa per non avere avuto il coraggio e la forza di farlo prima d’ora.
Speriamo ci capirete e ci sarete vicini