Promosso da SIEM e Accademia Filarmonica di Bologna
La SIEM e l’Accademia Filarmonica di Bologna organizzano nel biennio 2013-2014 il quarto “Corso di perfezionamento in Metodologia della ricerca per l’Insegnamento Musicale”. In allegato pdf: il bando e il modulo per l’ammissione al corso.
Abbiamo rivolto alcune domande a Luca Marconi, coordinatore del corso unitamente a Mario Baroni e Johannella Tafuri.
MUSICHERIA: Questo è il quarto corso che attivate. I corsi precedenti che frequenza hanno avuto e che risultati hanno ottenuto? Avete prodotto anche pubblicazioni al riguardo?
MARCONI: i corsi precedenti sono stati frequentati soprattutto da laureati dams o di scienze della formazione, diplomati di conservatorio (spesso avevano seguito i corsi di didattica) e insegnanti di musica, ma c’è stato anche un frequentante che insegna in conservatorio. Molti dei frequentanti hanno presentato una relazione o un poster negli ultimi tre convegni dell’ISME (l’associazione internazionale per l’educazione musicale della quale fa parte anche la siem), tenutisi quattro anni fa a Bologna, due anni fa a Pechino e quest’anno a Salonicco. Le relazioni delle loro ricerche sono state pubblicate in due volumi: L’insegnamento come scienza. Ricerche sulla didattica della musica, a cura di Mario Baroni, LIM, Lucca, 2009, e Contributi di ricerca per l’innovazione della didattica musicale, a cura di Mario Baroni e Johannella Tafuri, EdT, Torino, 2011, quest’ultimo pubblicato nella collana dei “Quaderni della SIEM”. Anche nel quaderno della SIEM più recente, Prima la pratica poi la teoria. Aspetti di apprendimento “informale” in musica (EdT, Torino, 2012), due saggi presentano le relazioni di due ricerche condotte frequentando questo corso.
MUSICHERIA: Nel bando fate riferimento alla necessità di «sottrarre l’insegnamento musicale al suo statuto di disciplina esclusivamente pratica». Non ritenete un po’ riduttiva questa affermazione, visto che ormai da decenni anche in Italia sono state prodotte numerose e importanti riflessioni di carattere pedagogico, psicologico, antropologico in merito all’educazione musicale?
MARCONI: La formula utilizzata nel bando in effetti non fa esplicito riferimento all’esistenza (innegabile) in Italia di riflessioni in merito alle pratiche di educazione musicale, ma in quel contesto l’opposizione pertinente non è “pratica vs riflessione“, ma “pratica con la riflessione teorica corrispondente (che spesso non consiste in una ricerca empirica né viene ricavata da essa) vs ricerca empirica sulla pratica“. Peraltro, non si ha alcuna intenzione di sminuire la riflessione teorica sulla pratica a favore della ricerca empirica su di essa, ma semplicemente di sostenere la necessità di sviluppare quest’ultima, per trarne vantaggi nella riflessione teorica e (quello che più conta) nella pratica stessa.
MUSICHERIA: Tra i docenti delle precedenti edizioni figurano diversi studiosi europei. Cosa può ricevere la ricerca italiana dall’apporto degli altri paesi?
MARCONI: Può ricevere soprattutto un gran numero di esempi di ricerche di diverso tipo sull’insegnamento musicale, esercitati nei più svariati contesti, e dotati spesso di utili spunti sia per chi vuole sviluppare riflessioni teoriche sull’educazione musicale che per chi opera in questo ambito. Dalla riflessione su tali esempi di ricerca è auspicabile che se ne sviluppino altre sull’educazione musicale praticata in Italia, realizzate non necessariamente con gli stessi metodi, ma traendone aspetti utili per la ricerca italiana. E’ quanto già è in parte successo con le ricerche effettuate dai frequentanti dei corsi precedenti.
MUSICHERIA: Quali sono i paradigmi di riferimento su cui avete progettato il corso? Pensate di sviluppare anche la prospettiva della cosiddetta “ricerca qualitativa” o puntate soprattutto alla “scientificità” della misurazione e valutazione statistica e quantitativa?
MARCONI: La prospettiva della cosiddetta “ricerca qualitativa” viene spesso assunta nell’ambito dei paradigmi di riferimento del corso: ad essa sono riconducibili alcune delle ricerche presentate come esempi di riferimento ai corsisti, sia dagli studiosi europei che da quelli italiani intervenuti come docenti del corso. Più in generale, sia l’opposizione “ricerca quantitativa vs ricerca qualitativa” che il concetto di “scientificità” della ricerca sull’insegnamento musicale non sono stati accettati acriticamente da questo corso, ma sono invece stati spesso problematizzati dai suoi docenti, presentando le misurazioni, le valutazioni statistiche e tutti gli altri aspetti “quantitativi” di una ricerca non come elementi necessari per rendere “scientifica” un’indagine in questo ambito, ma come strumenti metodologici che in alcuni casi risultano indispensabili per perseguire gli obiettivi della ricerca in atto, mentre in casi di ricerche che perseguono altri obiettivi possono risultare assai meno cruciali.
In questo momento, purtroppo, in Italia il riconoscimento attribuito a coloro che fanno ricerche empiriche utili sull’insegnamento musicale è assai inferiore a quello che dovrebbe essere dato loro. Mi sembra però di interpretare adeguatamente l’intenzione della SIEM se affermo che uno degli obiettivi che all’interno di questa associazione stiamo perseguendo è quello di far sì che la frequentazione di corsi di questo tipo e la conseguente produzione di ricerche capaci di avere proficue ricadute sulla riflessione teorica e sulla pratica dell’insegnamento musicale ottengano al più presto sempre maggiore riconoscimento a tutti i livelli.
Abbiamo rivolto alcune domande a Luca Marconi, coordinatore del corso unitamente a Mario Baroni e Johannella Tafuri.
MUSICHERIA: Questo è il quarto corso che attivate. I corsi precedenti che frequenza hanno avuto e che risultati hanno ottenuto? Avete prodotto anche pubblicazioni al riguardo?
MARCONI: i corsi precedenti sono stati frequentati soprattutto da laureati dams o di scienze della formazione, diplomati di conservatorio (spesso avevano seguito i corsi di didattica) e insegnanti di musica, ma c’è stato anche un frequentante che insegna in conservatorio. Molti dei frequentanti hanno presentato una relazione o un poster negli ultimi tre convegni dell’ISME (l’associazione internazionale per l’educazione musicale della quale fa parte anche la siem), tenutisi quattro anni fa a Bologna, due anni fa a Pechino e quest’anno a Salonicco. Le relazioni delle loro ricerche sono state pubblicate in due volumi: L’insegnamento come scienza. Ricerche sulla didattica della musica, a cura di Mario Baroni, LIM, Lucca, 2009, e Contributi di ricerca per l’innovazione della didattica musicale, a cura di Mario Baroni e Johannella Tafuri, EdT, Torino, 2011, quest’ultimo pubblicato nella collana dei “Quaderni della SIEM”. Anche nel quaderno della SIEM più recente, Prima la pratica poi la teoria. Aspetti di apprendimento “informale” in musica (EdT, Torino, 2012), due saggi presentano le relazioni di due ricerche condotte frequentando questo corso.
MUSICHERIA: Nel bando fate riferimento alla necessità di «sottrarre l’insegnamento musicale al suo statuto di disciplina esclusivamente pratica». Non ritenete un po’ riduttiva questa affermazione, visto che ormai da decenni anche in Italia sono state prodotte numerose e importanti riflessioni di carattere pedagogico, psicologico, antropologico in merito all’educazione musicale?
MARCONI: La formula utilizzata nel bando in effetti non fa esplicito riferimento all’esistenza (innegabile) in Italia di riflessioni in merito alle pratiche di educazione musicale, ma in quel contesto l’opposizione pertinente non è “pratica vs riflessione“, ma “pratica con la riflessione teorica corrispondente (che spesso non consiste in una ricerca empirica né viene ricavata da essa) vs ricerca empirica sulla pratica“. Peraltro, non si ha alcuna intenzione di sminuire la riflessione teorica sulla pratica a favore della ricerca empirica su di essa, ma semplicemente di sostenere la necessità di sviluppare quest’ultima, per trarne vantaggi nella riflessione teorica e (quello che più conta) nella pratica stessa.
MUSICHERIA: Tra i docenti delle precedenti edizioni figurano diversi studiosi europei. Cosa può ricevere la ricerca italiana dall’apporto degli altri paesi?
MARCONI: Può ricevere soprattutto un gran numero di esempi di ricerche di diverso tipo sull’insegnamento musicale, esercitati nei più svariati contesti, e dotati spesso di utili spunti sia per chi vuole sviluppare riflessioni teoriche sull’educazione musicale che per chi opera in questo ambito. Dalla riflessione su tali esempi di ricerca è auspicabile che se ne sviluppino altre sull’educazione musicale praticata in Italia, realizzate non necessariamente con gli stessi metodi, ma traendone aspetti utili per la ricerca italiana. E’ quanto già è in parte successo con le ricerche effettuate dai frequentanti dei corsi precedenti.
MUSICHERIA: Quali sono i paradigmi di riferimento su cui avete progettato il corso? Pensate di sviluppare anche la prospettiva della cosiddetta “ricerca qualitativa” o puntate soprattutto alla “scientificità” della misurazione e valutazione statistica e quantitativa?
MARCONI: La prospettiva della cosiddetta “ricerca qualitativa” viene spesso assunta nell’ambito dei paradigmi di riferimento del corso: ad essa sono riconducibili alcune delle ricerche presentate come esempi di riferimento ai corsisti, sia dagli studiosi europei che da quelli italiani intervenuti come docenti del corso. Più in generale, sia l’opposizione “ricerca quantitativa vs ricerca qualitativa” che il concetto di “scientificità” della ricerca sull’insegnamento musicale non sono stati accettati acriticamente da questo corso, ma sono invece stati spesso problematizzati dai suoi docenti, presentando le misurazioni, le valutazioni statistiche e tutti gli altri aspetti “quantitativi” di una ricerca non come elementi necessari per rendere “scientifica” un’indagine in questo ambito, ma come strumenti metodologici che in alcuni casi risultano indispensabili per perseguire gli obiettivi della ricerca in atto, mentre in casi di ricerche che perseguono altri obiettivi possono risultare assai meno cruciali.
In questo momento, purtroppo, in Italia il riconoscimento attribuito a coloro che fanno ricerche empiriche utili sull’insegnamento musicale è assai inferiore a quello che dovrebbe essere dato loro. Mi sembra però di interpretare adeguatamente l’intenzione della SIEM se affermo che uno degli obiettivi che all’interno di questa associazione stiamo perseguendo è quello di far sì che la frequentazione di corsi di questo tipo e la conseguente produzione di ricerche capaci di avere proficue ricadute sulla riflessione teorica e sulla pratica dell’insegnamento musicale ottengano al più presto sempre maggiore riconoscimento a tutti i livelli.