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Grammatica dell’Armonia Fantastica

Luca Baldi

La forza visionaria di Gianni Rodari può essere utilissima anche al mondo degli studi musicali superiori

 
“Grammatica dell’Armonia Fantastica” è il titolo di un libro di Luca Baldi, docente di composizione al Conservatorio di Castelfranco Veneto. L’autore ci ha gentilmente concesso di pubblicare alcune parti del libro (vedi allegati in pdf) e nelle stesso tempo di rispondere ad alcune nostre domande. In allegato anche una nota di Rossella Caso, Dottore di ricerca in Scienze pedagogiche, Cultrice della materia in Letteratura per l’infanzia – Università di Foggia: “La Grammatica della Fantasia e le sue applicazioni: tra parole e note musicali”.

Musicheria: Il titolo del tuo libro rimanda in qualche modo alla Grammatica della fantasia di Gianni Rodari. Immagino che la tua ricerca creativa ti abbia portato a incontrare gli scritti di Gianni Rodari. Come è avvenuto questo incontro?

Luca Baldi: Da dieci anni, oltre alla mia attività di compositore ‘serio’, che comprende lo scrivere musica per il cinema e la danza, per orchestra e per gruppi di musica da camera, mi occupo anche di mondi fiabeschi. Tengo molto a questa definizione, perché credo che le fiabe, e soprattutto le fiabe in musica, almeno così come io le concepisco, si rivolgano ad un pubblico di tutte le età, dai zero ai cento anni e oltre, e non siano quindi unicamente dirette ai bambini.
Ho cominciato col desiderio di scrivere e comporre qualcosa per mia figlia, come tante volte succede, ma ho finito col considerare questa attività, apparentemente secondaria, come essenziale per il mio mestiere di compositore. Oggi che ho scritto cinque fiabe in musica, tre raccolte di racconti e due romanzi, non saprei più distinguere tra lo stile che utilizzo per la musica cosiddetta seria e quella per i mondi fiabeschi. Può sembrare paradossale ma è così.
Per chi si è formato musicalmente negli anni Settanta e Ottanta, anni in cui melodia e armonia erano ancora un tabù, ricercare l’essenzialità, la semplicità, la trasparenza, la cantabilità e la leggerezza ha costituito una scuola importantissima. Io ho letteralmente re-imparato la musica attraverso questo percorso, e scrivere musica per mondi fiabeschi ha costituito per me una vera e propria scuola di melodia. Le melodie che ho scritto ad esempio per La trilogia del viaggio sono tra le più belle che abbia mai composto. Ho scoperto in me un mondo che non conoscevo e che mai avrei conosciuto, senza questa esperienza così diversa da tutto quanto avevo fatto prima.
Lungo questo cammino ho inevitabilmente incontrato Rodari, anche grazie ad alcune studiose dell’Università di Foggia, della cattedra di Letteratura per l’infanzia, che si sono interessate al mio lavoro. In particolare è stata Rossella Caso che mi ha spinto a leggere un libro straordinario come La grammatica della fantasia. Il titolo del mio libro è chiaramente un omaggio alla Grammatica di Rodari…

M: Di solito si pensa a Rodari come a uno scrittore per l’infanzia, e anche il suo libro Grammatica della fantasia lo si considera per lo più un testo che si rivolge agli insegnanti delle scuole di base. Tu invece hai tratto ispirazione da quel testo per innovare metodi e contenuti di una disciplina, la composizione musicale, che è considerata il top delle discipline dei Conservatori di musica. Cosa ti ha appassionato di più in questo tentativo di elaborazione di una “Grammatica dell’Armonia Fantastica”?

LB: Comprendere l’importanza della fantasia e della creatività e quindi conoscere gli ultimi sviluppi delle scienze neurologiche dovrebbe interessare tutti coloro che si dedicano all’educazione e all’istruzione, a qualsiasi livello. Purtroppo le innovazioni e le scoperte della pedagogia moderna mi sembra che non riescano a filtrare in alcuni ambienti particolarmente chiusi, come i conservatori e le università. Continuiamo a dimenticarci di un’idea fondamentale, che affascina tanto ma poi sfugge come una farfalla che non riusciamo ad afferrare nel momento in cui cerchiamo di metterla in pratica, e cioè che l’immaginazione non è semplicemente una dote della nostra mente, ma il suo modo stesso di operare e di rapportarsi col mondo, come dice già Vigotskij nel 1931, nel suo libro Immaginazione e creatività nell’età infantile, testo ripetutamente citato da Rodari. Creativo ed immaginifico dovrebbe essere allora qualsiasi approccio al sapere, anche se sono in “ballo le matematiche severe”, come dice Rodari stesso. Tanto più in un corso di composizione… Eppure spesso non è così. Il cerchio infernale di apprendere passivamente e mnemonicamente e di ripetere, senza una propria partecipazione profonda, senza la possibilità di esercitare il proprio arbitrio, costituisce ancora la base degli studi di composizione.
Ed è l’andare a scardinare questo cerchio infernale la cosa che mi ha appassionato di più.
Troppe volte ci si concentra sul cosa si deve studiare in un corso di composizione, più raramente sul come.
Che sia il vecchio basso da realizzare dei corsi d’armonia, che siano libere composizioni, l’importante è l’atteggiamento, che deve essere radicalmente diverso. Un allievo non deve sentire di trovarsi di fronte ad un linguaggio fatto da regole ferree, che deve semplicemente apprendere, anche perché queste regole non esistono…
Deve trovarle dentro di sé le regole, o apprenderle attivamente attraverso l’ascolto e l’esecuzione.
Ci sono una serie di principi fondamentali, che sono stati assenti nell’educazione del passato, e che oggi invece sono imprescindibili. Il primo fra tutti è il rispetto per l’individualità dell’allievo, l’ascolto e l’attenzione del suo mondo. L’apprendimento non è un tesoro nascosto in una torre che bisogna raggiungere, e che solo pochi riusciranno a scalare.
Anzi, a volte è l’insegnante che deve scalare la torre per arrivare all’allievo…

M: Nelle parti del libro che gentilmente offri ai lettori di Musicheria (vedi gli allegati) esponi alcuni principi e alcuni criteri metodologici attinenti all’insegnamento della composizione. Come hanno recepito e recepiscono i tuoi studenti di Conservatorio le tue proposte?

LB: Dopo essere stato a Bari per dodici anni, sono a Castelfranco da un anno e mezzo, un piccolo conservatoro, ma dove si lavora veramente molto bene. L’uscita del mio libro è coincisa con un gruppo nuovo di allievi. Ho avuto prima di tutto la necessità di rispettare il lavoro fatto da chi c’era prima di me, e quella di preparare gli allievi agli esami. Per questo ho cominciato con discrezione, interessandomi prima di tutto al mondo dei miei nuovi allievi ed invitandoli a rendermi partecipe di ciò che amano e di ciò che scrivono. Ci vuole molto tempo per rivoluzionare un percorso didattico.
Penso di essere riuscito oggi ad instaurare un rapporto di fiducia, di stima e di affetto con loro. Certo può essere rischioso, perché a volte mi sembra che l’insegnante autoritario e distaccato riesca ad ottenere di più. Mentre una parte della mia classe tende oggi a portarmi e a coinvolgermi con lavori che niente hanno a che fare con gli esami, come arrangiamenti per canzoni, libri musicali per bambini, sigle di cartoni animati, composizioni dal carattere popolare. Può sembrare senza senso, ma spero sia l’esatto contrario: dare senso al fatto di trovarsi in conservatorio, una motivazione profonda. La mia scommessa sta nel comunicar loro prima di tutto l’amore e la passione per la scrittura e per la musica. Fare soltanto ‘i compiti’ rischia di spegnere questi ragazzi.
Poi quest’anno ho cominciato un progetto, il Laboratorio armonico: con un gruppo di allievi strumentisti, ci ritroviamo un paio di volte al mese e suoniamo cose molto diverse, che preparo di volta in volta. Il fine è quello di imparare l’armonia attraverso l’ascolto e l’esecuzione. Suoniamo gli accordi, gli esercizi fatti (bassi e contrappunti), suoniamo Bach, Haendel, ma anche i Manhattan Transfer e Faurè, e ultimamente ci siamo concentrati su alcuni autori come Frescobaldi, Dowland e Purcell. Eseguire con l’occhio del compositore è molto interessante e molto utile. Per me sono delle vere e proprie lezioni pratiche di armonia. Vorrei poi raccogliere nel secondo volume della Grammatica dell’armonia fantastica, queste esperienze. Il primo libro ha come sottotitolo Appunti e interludi, ed è in un certo senso una dichiarazione di intenti, oltre che un percorso di riflessione. Il secondo dovrebbe portare il sottotitolo di Quaderni di lavoro, e vorrebbe essere un tentativo di suggerire tutta una serie di strategie pratiche, per applicare il pensiero divergente e la fantasia anche nei primissimi passi dello studio della composizione e dell’armonia, e un atteggiamento diverso lungo tutto il percorso…

M: Immagino che la tua ricerca non sia conclusa. Quali nuovi percorsi stai esplorando?

LB: Oltre alla seconda parte della Grammatica dell’armonia fantastica, che vorrei realizzare con il contributo dei miei allievi e anche di alcuni colleghi, sto lavorando ad una specie di manifesto che si ispira a Calvino e alle sue Lezioni americane… Appunti per un manifesto delle arti del terzo Millennio. Più che un manifesto programmatico veramente è piuttosto un’opera di poesia e di invenzione fantastica… Ce n’è un primo abbozzo nel mio sito http://www.gianlucabaldi.it/, così come i vari testi di cui ho parlato. Cerco di fare il punto sulla mia ‘rotta’, dopo tanti anni di navigazione ‘a vista’.
Ad esempio, partendo dal primo dei sei valori scelti da Calvino per essere traghettati nel terzo millennio, la Leggerezza, cerco di delineare e mettere a fuoco cosa comporti questo ideale nelle mie scelte linguistiche musicali. Leggerezza vista anche negativamente, come fragilità e precarietà. Ad esempio, pensando alla precarietà e alla società liquida di Baumann, ho teorizzato la tonalità liquida, il recupero cioè dell’idea di tonalità e di centro tonale, dopo l’ostracismo assoluto di tante avanguardie del Novecento, ma irrimediabilmente effimero, sfuggente, fragile, per cui nelle mie composizioni recenti c’è uno slittamento continuo, senza una vera direzione, un senso di smarrimento e di vertigine, pur utilizzando accordi tradizionali.
Infine sto collaborando ad un progetto con alcune classi di quarta e quinta elementare di una scuola di Foggia, insieme a Rossella Caso e Adele De Paolis, dedicato ad una lettura e riscrittura del Piccolo principe.
A me è sempre mancato il lavoro con l’infanzia, insegnando una materia che si rivolge fondamentalmente agli adulti, e sono felicissimo di colmare questa lacuna. Questi bambini mi stanno dando moltissimo, sono dei veri maestri per me, sono straordinari, tanto che, lavorando con loro, e a contatto diretto con la loro fantasia, ho cominciato a scrivere un’altra serie di racconti, anzi di miniature di una o due pagine, Piccole storie di altri pianeti – Favole marziane, che in qualche modo prendono a riferimento sia Le città invisibili di Calvino, sia, ancora una volta, l’opera di Rodari. Ma questa è tutta un’altra storia… (in parte). Grazie!
 
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