Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Le parti ‘sane’ della musica

Daniela Canitano

La ricerca, la didattica e la metodologia musicali, in Italia, sono vive e attive da almeno 40 anni

Ho letto il documento che il governo Renzi ha sottoposto all’attenzione del popolo per quanto riguarda la Riforma della scuola: confesso che non l’ho analizzato in modo puntuale, ma mi sono soffermata sulla parte che mi riguarda personalmente e che è quella relativa alla musica. D’impulso mi sento di dire che sono un po’ stanca della considerazione, ciclicamente ricorrente, dell’area non verbale nella scuola del primo ciclo. Grazie ma, questa volta, almeno questa, si possono tenere intelligentemente in conto i progressi e le conquiste già conseguite?
Non mi è sembrata una reale innovazione quel “riportare la musica nella Primaria”: è necessario fare riferimento puntuale ai programmi (risalenti all’85) e alle infinite circolari e decreti che suggeriscono interventi musicali nella Primaria? Che, perlomeno, riguardavano tutti gli anni della primaria e non solo gli ultimi due; dei tre precedenti chi se ne occupa? O non è importante che se ne occupi qualcuno? Da diverso tempo si sa che l’essere umano e il suono hanno un rapporto privilegiato che risale al concepimento, si sa anche che è opportuno cominciare l’educazione al suono e alla musica… praticamente da sempre, dalla gestazione e per tutta la vita; questo, per chi si occupa di didattica e pedagogia musicali non è una novità!
Quindi, sarebbe realmente innovativo se si concretizzasse: insegnare alle future mamme un fare musica ‘prenatale’ che poi continuerebbe negli Asili Nido, nelle Scuole dell’Infanzia e su su fino alla secondaria di II grado dove, invece, è stata bellamente cancellata.
Chiarisco subito che non voglio assumere l’atteggiamento da criticona delle innovazioni, anzi, ne sono una sostenitrice occupandomi di formazione proprio nel settore e anche di musicoterapia da quasi trent’anni, e perciò plaudo alla formazione dei docenti della secondaria di I grado (finora scarsamente considerati o pochissimo; l’ultima iniziativa si titolava Innovamusica, che ho frequentato e che si è rivelata una delusione veramente enorme!); mi alletta molto l’idea della collaborazione, nei Comprensivi, fra i docenti di musica e i maestri (eccellente soluzione per utilizzare il personale che deve completare l’orario).
È altrettanto lodevole la possibilità di collaborare con i Conservatori, gli enti lirici e sinfonici, bande… ma, capiamoci, la collaborazione potrebbe riguardare partecipazioni a concerti, progetti in comune, manifestazioni in sinergia, incentivazione di corsi a indirizzo musicale; non credo che s’intenda utilizzare le persone che appartengono a una delle strutture menzionate come docenti. Essere un bravo musicista non significa essere anche un bravo insegnante, i percorsi sono diversi perché le finalità sono diverse e in questo caso davvero la musica diventerebbe un’attività estemporanea (non aggiungo anche improvvisata, come riportato nel testo del governo, perché in termini musicali l’improvvisazione è una competenza molto elevata).
Bisognerebbe informare il governo che la ricerca, la didattica e la metodologia musicali, in Italia, sono vive e attive da almeno 40 anni e che esistono persone che potrebbero realmente contribuire ad un salto di qualità, penso ad esempio ad alcuni professionisti che ho avuto il piacere di conoscere personalmente, come Delfrati, Stefani, Spaccazocchi, Piatti e tantissimi altri che saprebbero davvero consigliare e definire il modo migliore per fare musica nella scuola.
È una realtà indiscussa che molti docenti di Musica non sono così all’avanguardia e non hanno saputo utilizzare questo patrimonio culturale, che ci sono ancora miei colleghi che fanno solfeggio, un noiosissimo iter storico e quant’altro, ma per fare un esempio molto banale, non tutti gli insegnanti di lingua inglese mi risulta abbiano una pronuncia da Oxford College! O che tutti gli insegnanti, pur dichiarandolo su programmazioni e progetti realizzino veramente attività di cooperative learning, role playing, peer tutoring.
Allora la formazione, a tutti i livelli, affidiamola a persone competenti e sfruttiamone la presenza per poter inserire come si deve la musica nella scuola. In tutta, intendo, per poter riconoscere, ad ogni età, che la musica fa parte di noi, ci caratterizza, ci informa e ci forma. Molto volentieri, in questo caso, potremmo aprire le porte “a chi ha consacrato la sua vita alla musica”, conoscendo nel dettaglio la sua valenza educativa e formativa che non si riduce alla pratica!

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