Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

A Pierre Boulez

In ricordo

Il 6 gennaio 2016, e morto Pierre Boulez, noto compositore, direttore d’orchestra e competente saggista che, assieme a Stockhausen, Berio e Nono, ha rinnovato il concetto stesso del far musica, cercando di allontanarsi il più possibile da tutto ciò che poteva essere inteso come tradizione musicale occidentale europea.

Musicheria, per ricordarlo, riporta di seguito alcune righe tratte dal suo libro Note di Apprendistato (Einaudi, Torino 1968, pp. 31-32-33) a dimostrazione del suo forte bisogno-desiderio di rinnovare l’azione teorica e pratica del far musica dell’uomo del XXI secolo.

Il grande sforzo, nel campo che ci è proprio, consiste nel ricercare attualmente una dialettica che si instauri in ogni istante della composizione fra un’organizzazione globale rigorosa e una struttura momentanea sottomessa al libero arbitrio. Facciamo un paragone acustico abbreviato; il timbro di un suono è dovuto principalmente alla distribuzione dei suoni armonici: questi ultimi si ripartiscono per gruppi più o meno importanti a seconda dei loro rapporti di intensità e d’altezza con il suono fondamentale; si chiamano i “formanti” di un timbro. Perché non prendere in considerazione i “formanti” di un’opera? Legati naturalmente all’organizzazione dell’universo sonoro proprio a quest’opera, senza però affatto dipendere da essa? Nulla somiglierebbe di meno al “tema”, poiché il tema consiste di particolarità già integrate; eppure, questo “formante” – particolarità non integrate – sarebbe responsabile della fisionomia dell’opera, del suo carattere unico. Mentre ci si affida all’organizzazione si arriva soltanto al caso… secondo la legge dei grandi numeri.

Allo stesso modo che certi pittori non vedono nella tela soltanto una superficie piatta da ricoprire con segni non figurativi ma ci insegnano a scoprire una nuova nozione corrispondente alla “prospettiva” abolita, così la musica deve scoprire una nuova maniera di distribuire gli sviluppi di un’opera senza per questo ricorrere alle nozioni formali e alla “architettura” del passato. […]

Auguriamo all’opera musicale di non essere quel seguito di compartimenti da visitare senza scampo gli uni dopo gli altri; sforziamoci di pensarla con un campo dove si possa, in un certo senso, scegliere la propria direzione.

Utopie? Ci si lasci realizzare… appena il tempo di polverizzare certe abitudini già vecchie.

In quanto alla grammatica e alle pedanterie, d’ora innanzi ce ne asterremo – il proselitismo non è esasperante?

Segnaliamo due video interessanti.

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