Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Dall’altra parte del mare

In ricordo di Gianmaria Testa

È morto Gianmaria Testa.

L’avevo conosciuto molti anni fa, quando mi fece il regalo di venire nella mia scuola, a Biella, invitato da me e da Daniele Albarello, allora mio collega di educazione musicale.

I ragazzi suonarono Un aeroplano a vela e lui, dopo averli ascoltati, disse: “venite voi a suonare stasera?”.

Poi cominciò il racconto della sua storia di uomo e musicista.

“I primi accordi che ho imparato sono stati il LA e il MI e con quelli ho scritto la mia prima canzone: parlava delle lucciole che muoiono quando arriva il sole. Ogni volta che avevo qualcosa ‘da dirmi’ mi mettevo a scrivere canzoni. Poi è arrivato il concorso del Centro Studi Leopardiano a Recanati, che ha creduto nella poesia delle mie canzoni. Ho vinto per due anni di seguito, fino al contratto con…la Francia”.

Dopo le parole la chitarra. In quell’occasione ci cantò La nave, una canzone di un maestro elementare di Bari: “È una canzone che non verrà trasmessa alla radio, ma che si perde nei sogni di una ‘stella brutta e buona’, una storia necessaria, di cui, forse, non si parlerà”.

“Da dove prendi spunto? Come scrivi? A chi dedichi le tue canzoni? Perché non c’è paradiso per i poveri?” – chiedono ragazzi e ragazze.

“Non scrivo mai se sono molto contento o molto triste – risponde – la felicità è bella in sé, la tristezza la tengo per me. Le canzoni sono come scatole con su scritto il titolo e che contengono un puzzle da comporre. Apertamente non le dedico a nessuno; in realtà lo faccio, ma senza dirlo. Il paradiso, anche per chi è ateo come me, non può non esistere per un muratore a cui tolgono la calce dalle unghie quando è morto, ma che non ha mai potuto usare le sue mani per fare una casa sua”.

So per certo che molti di quei ragazzi e ragazze hanno amato poi le canzoni di Gianmaria.

Io, da parte mia, ho continuato a cantarle a scuola, mischiandole con le mie, molto meno belle.

L’avevo contattato due anni fa, per raccontargli che, cantando in classe la sua canzone Nuovo, un ragazzino si era messo a piangere a dirotto, cosa che non mi era mai successa.

Lui mi rispose che merito era sicuramente anche mio, per come l’avevo saputa proporre.

Non so se fosse vero, certo è che ho cantato sempre con amore le sue canzoni.

Mi mancherà, ci mancherà, come artista e come uomo, uno dei pochi che sapeva raccontare con poesia le storie di chi arriva dall’altra parte del mare, qualsiasi mare sia.

 

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