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Intervista a Benedetta Nofri

Benedetta Nofri

Benedetta Nofri è insegnante di scuola primaria dal 2008. Laureata in scienze della formazione primaria e diplomata in Direzione di coro

 
Oltre a fare la maestra, Benedetta dirige attualmente il coro di voci bianche “Piccole Note” di Monte San Savino, l’ensemble vocale “LuxHarmonica” dell’Associazione “Crome e Cromatismi” di cui è anche direttore artistico, e il coro parrocchiale “Andrea Lippi” (www.benedettanofri.com).
Nel Festival di primavera organizzato a Montecatini dalla Feniarco nello scorso mese di aprile, ha condotto l’atelier “Storie capovolte” rivolto a cantori dai 6 ai 13 anni (cfr. https://www.youtube.com/watch?v=FoSq0vEzYRk). Svolge attività di docenza in vari corsi e seminari, oltre che alla Scuola superiore per direttori di coro presso la Fondazione “Guido d’Arezzo”. Recentemente è stata incaricata di dirigere il Coro Giovanile Regionale Toscano che si formerà nell’ambito del progetto Feniarco “Officina corale del futuro”. Il coro riunirà una trentina di giovani coristi (cfr. il modulo di adesione sul sito dell’Associazione Cori della Toscana).
Ringraziamo Benedetta per aver accettato di rispondere ad alcune nostre domande.

L’intervista è riportata anche nel file pdf allegato.

Musicheria: La realtà della coralità in Italia sembra abbastanza positiva, sia per i cori di voci bianche sia per cori giovanili. Qual è la tua impressione e quali sono le problematiche maggiori per chi, come te, è impegnata nella direzione di un coro di voci bianche e un ensemble vocale di adulti?

Benedetta Nofri: Mi pare di notare una crescita globale della coralità italiana negli ultimi anni, in quantità e qualità di realtà che sorgono e si rendono note nel panorama nazionale, anche in virtù della crescita professionale di tanti direttori, che quotidianamente nutrono con il loro lavoro i propri contesti, facendoli divenire realtà di alta formazione. Questo fermento è particolarmente evidente nell’ambito dei cori scolastici, come testimonia il costante aumento della partecipazione ad un’iniziativa specifica come quella del Festival di Primavera, o il moltiplicarsi di rassegne, concerti e concorsi riservati esplicitamente al mondo della scuola. A più di quindici anni dalla sollecitazione ministeriale “Un coro per ogni scuola”, pur rimanendo molto distanti dall’obiettivo, possiamo essere orgogliosi per quanto è stato fatto e si sta facendo.
Parlando però di una coralità infantile e giovanile che possa oltrepassare il livello scolastico, il panorama si fa forse meno roseo. Le realtà italiane che curano la formazione dei giovani coristi lamentano diffusamente la difficoltà estrema di “trattenerli” e “passarli” nei cori misti costituiti da adulti. Come se tutto il lavoro di anni (di decenni) fatto con i cori di voci bianche e giovanili, fosse poi inadeguato o insufficiente a creare un corrispondente “ricambio dal basso” per i cori misti: credo che questa sia una problematica attuale molto forte in ambito corale.

M.: Recentemente ti sei cimentata anche nella composizione di brani per coro, come ad es. il brano “Hanc para ab hac” (https://youtu.be/iOq44Cke4KY). Come giudichi la situazione del repertorio dedicato specificamente ai cori di voci bianche?

B.N.: La volontà di cimentarmi nella composizione per voci bianche nasce proprio dalla constatazione della scarsità di repertorio specifico. Le “voci bianche” costituiscono una tipologia di organico molto particolare, che si differenzia da tutti gli altri non solo per il colore così speciale del suono, ma anche e soprattutto per possibilità e potenzialità.
Con “possibilità” intendo quelle caratteristiche fisiche (come l’estensione e la potenza sonora, ad esempio) peculiari in quella fascia di età, che impongono un rispetto assoluto al compositore e al direttore, a discapito di altre esigenze. Ma intendo anche le capacità di ascolto, apprendimento di una linea melodica e di mantenimento della stessa, contemporaneamente ad altre: ad esempio, come ci insegna la tradizione popolare, il controcanto più semplice per un adulto è la progressione per intervalli di terze rispetto alla melodia principale; viceversa, questo è con le voci un traguardo che si conquista gradatamente, mediante un percorso che proceda mediante approcci diversi alla polifonia. Ed anche questa è una consapevolezza non sempre sicura per i compositori, che poco approfittano di espedienti come canoni, ostinati,…
Parallelamente, le voci bianche posseggono un ventaglio di “potenzialità” diverse e particolari rispetto agli adulti, che non sempre vengono “sfruttate” al meglio dai compositori: citerò come esempi l’adesione istintiva a dei modelli ritmici, melodici (e vocali), la memorizzazione spontanea di grandi porzioni di repertorio, la rapida interiorizzazione di sicurezze armoniche (laddove siano trattate e proposte con consapevolezza).
Dando una rapida occhiata oltreoceano, ci si accorge di quale sia l’attenzione dedicata a questo specifico organico: esistono case editrici specializzate, che offrono proposte corali per voci bianche differenziate per genere, tipologia di coro, numero di voci, livello di difficoltà, estensione, che consentono un’immediata possibilità di orientamento tra le innumerevoli possibilità, pur non potendosi sostituire all’intelligenza selettiva del direttore (/educatore). Tali proposte non esistono nel nostro paese e non sono sempre utilizzabili (se non come spunto didattico) a causa della distanza linguistica e talvolta culturale.
In sintesi, credo che ancora molto sia da fare in termini di creazione di un repertorio specifico e adeguato all’attuale situazione delle voci bianche in Italia; personalmente, sono sempre alla ricerca di quello che i compositori italiani attuali stanno scrivendo e ho cercato di spronare anche chi non si era mai cimentato nella scrittura per voci bianche a farlo, nel rispetto di alcune esigenze che come direttori e didatti sentiamo.

M.: Il “Festival di primavera” ha visto la partecipazione di più di un migliaio di ragazzi. Quali aspetti positivi ritieni abbiano queste manifestazioni? Per i ragazzi è solo un diversivo giocoso o l’esperienza degli atelier è particolarmente formativa?

B.N.: Il 2016 ha visto per il Festival un’edizione da record, per i grandi numeri mai raggiunti, e per la conseguente varietà degli atelier che sono stati proposti e frequentati dai ragazzi: un picco di oltre 1800 partecipanti e 14 atelier di approfondimento di repertori sempre nuovi e peculiari!
Il Festival fa sperimentare ogni anno la sensazione di una vera “primavera corale”, che feconda di nuovi entusiasmi chiunque vi partecipi, adulti e ragazzi. Credo che per i ragazzi l’esperienza contenga in sé tutto il gusto di una gita scolastica, momento irripetibile per la vita di un gruppo, il cui valore è però moltiplicato dal quel “fare”, fare musica, fare musica insieme, incontrare chi è più avanti in una passione che si è appena sperimentata, e sentirla magari crescere in sé.
Quest’anno, oltre ad essere tra i docenti degli atelier, ho portato anche i ragazzi del mio coro di voci bianche, che hanno avuto l’opportunità di lavorare con il Maestro Dario Piumatti. L’entusiasmo di cui si sono caricati in quei tre giorni è stato un vento che ha gonfiato le nostre vele fino alla fine dell’anno. E questo dipende certamente dall’impatto energetico del docente, ma anche dall’irripetibile possibilità di vedere centinaia di coetanei appassionarsi al canto.
Credo che questo sia il punto di forza del Festival, difficilmente raggiungibile con l’attività didattica quotidiana che ciascuno svolge con i propri gruppi.
Sicuramente, la qualità artistica che si raggiunge non è sempre inappuntabile: il lavoro che si propone deve “venir su” nell’arco di poche ore, pur nel rispetto delle possibilità e dei tempi di attenzione dei ragazzi. Ma il risultato è secondo me sempre di grande valore formativo.

M.: Tu insegni in una scuola elementare e sicuramente ti avranno affidato il compito di realizzare il curricolo di musica. Quali sono gli aspetti problematici che ti trovi ad affrontare con le classi e come hai organizzato l’attività corale nel contesto scolastico?

B.N.: In questi anni non ho potuto progettare iniziative a medio termine in quanto ho girato parecchie scuole come precaria. Da quest’anno, essendo entrata di ruolo, potrò finalmente cercare di strutturare bene le attività corali nella scuola in cui andrò a insegnare.

M.: Bene. Allora auguri per il ruolo e magari ci risentiremo il prossimo anno. Hai qualche suggerimento da dare a chi volesse formarsi come direttore di cori scolastici o di voci bianche?

B.N.: Le proposte di formazione, fino a qualche anno fa sporadiche, si stanno fortunatamente moltiplicando: sto pensando al corso ormai storico “Dirigere il coro di voci bianche” della Scuola di Musica di Testaccio, alla sua 18° edizione con il M°A.Scutiero, all’instancabile attività di formazione specifica portata avanti dal M°N.Conci, al corso specifico del Campus Ars Musicalis del M°J.M.Sciutto, alle iniziative di formazione proposte dal Concorso per voci bianche “Il Garda in coro” o dai “Piccoli Cantori” di Torino,…; ma anche alle lodevoli iniziative delle Associazioni corali regionali (o addirittura delle singole Associazioni corali), che invitano i grandi nomi del panorama internazionale per formare i propri direttori, fino ad arrivare al corso specifico organizzato dalla Feniarco negli ultimi due anni, di cui è direttore artistico il M° Carlo Pavese, denominato “Corolab”, a testimoniare la volontà di sperimentazione nella promozione della coralità infantile e giovanile.
Ed è proprio questo il suggerimento che sento di lanciare: sperimentare, sperimentarsi, in un ambito che è “speciale” per tanti aspetti; cercare magari un dirigente scolastico sensibile a tale sperimentazione, mettersi in cerca di chi è più avanti di noi nel cammino e imparare alla scuola dei grandi, per portare semi nuovi nei propri terreni!

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