Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Gino Stefani: un amico, un maestro

La Redazione

Gino Stefani ci ha lasciato il 7 aprile 2019.

 

Per il Centro Studi musicali e sociali Maurizio Di Benedetto e Musicheria.net Gino è stato amico e maestro di vita, oltre che guida appassionata nella ricerca dei fondamenti di una pedagogia musicale antropologica e semiologica, con al proprio centro di interesse il binomio ‘Uomo-Musica’, in stretta connessione con i contesti socio-culturali di appartenenza, ma anche con una apertura verso altre forme e altre manifestazioni culturali.

Le sue idee e proposte continueranno a essere per noi una guida impareggiabile, da Insegnare la musica. Proposte di animazione e di didattica (Guaraldi, Rimini-Firenze 1977) a Capire la musica (L’Espresso 1978 e Bompiani 1985), Perché la musica (La scuola 1979), Progetti sulla musica (Ricordi 1980), Competenza musicale e cultura della pace (Clueb 1985), Musica con coscienza (Paoline 1989), Intense emozioni in musica (Clueb 1996), Musica: dall’esperienza alla teoria (Ricordi 1998), La parola all’ascolto (Clueb 2000), fino alle ultime pubblicazioni in collaborazione con Stefania Guerra Lisi sulle tematiche della Globalità dei linguaggi e della MusicArTerapia.

Non possiamo fare a meno poi di segnalare i suoi puntuali e sostanziali interventi nell’ambito dei Colloqui di pedagogia musicale del Centro Educazione Permanente – Sezione Musica della Pro Civitate di Assisi, ideati e organizzati insieme a Mario Piatti, dal primo sugli “Orizzonti dell’educazione musicale” (1987) all’ultimo del 1996, “Educazione, musica, emozioni”. Come pure, sempre nell’ambito del Centro assisano, va ricordato il Progetto Uomo-Musica. Educazione/Animazione/Terapia/Ricerca, di cui Gino Stefani è stato convinto promotore e animatore, con la pubblicazione dei dieci numeri della rivista. Parallelamente a Lecco, città che ha molto frequentato tra la fine gli anni 80 e gli anni 90, in collaborazione anche col CRAMS, Gino Stefani è stato promotore e animatore di diverse iniziative formative e di tre importanti convegni che sono diventati anche dei libri nella collana Cultura musicale di tutti che ha diretto con Maurizio Vitali: Musica nella scuola e cultura dei ragazzi (1988), Suono appropriato. Imparando uno strumento (1990) e Verso un’operatività musicale di base (1991). Sempre a Lecco Gino Stefani ha sostenuto nel 1994 la nascita del CSMDB come spazio di confronto e di azione, in particolare con la Scuola di Animazione Musicale e con la collana editoriale Idee e Materiali musicali, e ne è stato il primo Direttore scientifico.

Ci piace ricordarlo con le parole finali del commiato sull’ultimo numero di Progetto Uomo-Musica (luglio 1996), sottoscritto da Mario Piatti, Pier Luigi Postacchini, Gino Stefani, Maurizio Vitali e le Edizioni Musicali PCC: «Forse le strade si dividono. Esprimiamo tuttavia la speranza che, pur crescendo la specializzazione, si possa mantenere una visione globale unitaria di quella relazione che vede gli uomini e le donne del 2000 impegnati a realizzare anche con la musica quella prospettiva di un futuro più umano, più democratico, più comunitario, più condiviso, più rispettoso dei diritti di tutti, più godibile».

Ciao Gino.

I primi due scritti sono di Chiara Stefani e Sefania Guerra Lisi. Seguono i pensieri di chi l’ha conosciuto. 

Chiara Stefani

Anagraficamente sono figlia unica, ma nella vita reale non lo sono mai stata. Ho tanti fratelli e sorelle a cui voglio bene e di cui vado fiera: Johannella Tafuri, Maurizio Spaccazocchi, Franca Ferrari, Luca Marconi, Maurizio Vitali, Franco Fabbri, Mauro Carboni, Marco Ventura, Massimo Privitera, Mario Molinari, Roberto Agostini, Roberto Bolelli, Salvatore Panu…

RICERCA

Con lui non è studiare,
è vita insieme.
Continua ricerca
di nuove domande
per nuove risposte
per nuove domande…

DIDATTICA

Fare – saper fare – saper far fare,
consapevolezza
di saper far fare
ciò che si sa fare
e si fa…

FORMAZIONE

Coscienza
di formarsi
nel formare coscienze
che continueranno a formarsi
formando coscienze…

SAPERE

Non si in-segna (non si in-scrive il Sapere)
si e-duca (si ex-duce il Saputo).
Si impara il Sapibile
da chiunque sempre e ovunque
e solo convivendo,
condividendo l’esperienza
si Sa davvero…

GUIDA

Per i miei allievi e le mie allieve
sono stata e sono
la guida che vorrei sempre aver avuto
e che in fondo ho avuto davvero
anche se non lo chiamo maestro
ma papà.

Stefania Guerra Lisi

A GINO STEFANI Con Meraviglia, Dedizione, Gratitudine
Aver incontrato Gino, per me è stato un Segno, cioè, qualcosa che preme contro qualcosa, sempre ‘risuonando’. Questo Sound del contatto fra i nostri sound diversi, è quello che insieme abbiamo potuto riverberare con allievi, amici, conoscenti. Questi, spesso stupiti di come fossimo diversi, cioè, complementari: Gino di acqua ed io di fuoco, abbiamo avuto la felicità di assaporare questo accordo, quest’armonia, nella condivisione di principi, valori, obiettivi sociali pedagogico-terapeutici.
Soprattutto, mi sento di dire che abbiamo potuto ‘dare corpo’ all’affermazione di Gino della ‘competenza musicale comune’, che consiste nella Globalità dei Linguaggi, nell’esperienza universale degli indelebili psicofisici ‘vissuti sulla Pelle’ nel Grembo Materno, che sono gli Stili Prenatali. Questi imprinting (che avevo elaborato autotelicamente per superare il dolore dell’aborto), spiegavano l’origine psicofisica delle teorie di Gino sulle origini della musicalità umana, sull’ascolto corporeo, nelle ‘prese di suono’, nelle Emos-Azioni, evocative del dialogo primario emo-tonico-fonico con la Madre, in sincronia, sintonia, sinfonia (competenza innata dei neuroni specchio).
Tutto questo ci ha portati a elaborare il ‘Dizionario di Musica nella Globalità dei Linguaggi’, ed ancora, il ‘Corpo Matrice di Segni’ alla radice di una estetica psicofisiologica che fa della MUSIca la musa che sinestesicamente promuove le altre MUSE, trasducendo un linguaggio negli altri, rivendicando l’esperienza comune della Sinestesia (Stefania Guerra Lisi, Gino Stefani, Sinestesia: struttura che connette linguaggi e comportamenti, Franco Angeli, 2016) come flusso costante di immagini di tutti i sensi, anche nella stimolazione di uno.
Per la GdL la sinestesia è flusso continuo: nella veglia, nel sogno, negli stati modificati di coscienza nelle metafore implicite nel linguaggio e nelle spontanee EVOC’azioni musicali del Placet. La ricerca promossa da Gino al DAMS in dialogo con G. Lapassade, P. Fumarola, A. Ponzio, su ‘Musica e Transe’ ha trovato applicazione pratica (da me condotta presso la clinica ‘Villa Verde’, di Lecce), sugli ‘stati modificati di coscienza’ nella tossicodipendenza, nell’Alzheimer, nel Coma (Stefania Guerra Lisi, MusicArTerapia, Alzheimer, Coma e Stati Modificati di Coscienza, ETS, Pisa, 2009).
Questo per dare un’immagine di un Gino, socialmente coinvolto nella realizzazione delle sue teorie negli orizzonti dell’ Integrazione e della Cura. Lo stesso “Premio per i Diritti Umani”, che sono orgogliosa di aver ricevuto da Giorgio Antonucci, è stato il riconoscimento della ricerca con il DAMS sull’applicazione MusicArTerapeutica nella GdL nel Manicomio di Imola e al Roncati (con il prof. V. Volterra), con la costituzione, con Salvatore Panu, della Banca Roncati, degli studenti del DAMS.
Degli stessi anni è la Ricerc’Azione con convenzione tra il DAMS e l’ODA di Diacceto, in cui si svolgeva sotto la mia supervisione, l’applicazione della MusicArTerapia con Graziano Parrini, per ‘dar Senso ai Comportamenti Insensati’: Stereotipie e Sensorismi’.
Gino ha sempre compartecipato a tutte le iniziative sull’Integrazione, insieme con Andrea Canevaro ed Ivan Illich, dedicando convegni alla Psicologia della Musica.
Voglio testimoniare, avendo avuto il ‘DONO’ della nostra Vita Insieme, di un Gino a ‘tuttotondo’, dalla ‘Pratica alla teoria’ della MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi nei vari ambiti della Cura: dalla preparazione al parto, alla ricerca psicopedagogica dell’essere umano con le sue diversità (nell’Integrazione scolastica e sociale) dalla riabilitazione ai risvegli dal coma, alle cure terminali.
E’ in questo studio del ‘potenziale musicale autotelico’, che Gino ha realizzato concretamente il suo sogno di ‘Musica per la Pace’, una pace come innata nost’algia in ogni uomo, delle ‘carezze vibrazionali placentari’, che ci hanno plasmato, quindi, della attitudine all’Accordo, alla tenerezza, come bagaglio di piacere, con il quale la natura ha difeso la Vita, e al quale ricorriamo nelle stereotipie consolatorie.
Gino ha potuto osservare nella nostra ricerca musicale negli ambiti della Cura, gli effetti della psicologia del Ritmo, delle Prese di Suono, di un ‘Corpo Tripartito’: melodia, dalle ascelle in su, della bramosia, come Musica Apollinea, comparata, nella GdL, al disegno e alla prosodia poetica; nel plesso solare la risonanza delle emosAzioni, come colori e sfumature della Musica-Panica, e infine, la catarsi, dai genitali in giù, come ‘musica Dionisiaca’, scaricando e attingendo contemporaneamente da terra nuova vitalità nell’ ARMONIA del flusso bioenergetico.
Così nel ‘Progetto Uomo Musica’ di Gino hanno ‘preso corpo’ i diritti dell’ Uomo, attraverso il potere della Musica, come contenimento, come risveglio emotonicofonico delle Memorie affettive, in una realizzazione pedagogico-terapeutica con tutti i linguaggi.
Questo fa sì che fra esseri umani ci si può sempre accordare. È questa transpersonalità, implicita nella musicalità e nella predisposizione alla semiotica, che Gino ha trasmesso a tutti noi la ‘Musica con Coscienza’, contro la disumanizzazione.
L’ultimo convegno (Università Tor Vergata, ottobre 2019), già preparato con Gino Stefani, sarà sulla ‘Non violenza nella GdL’, poiché sentiva l’urgenza, come pacifista, di richiamare l’attenzione sulla mancanza di Ascolto e sull’indifferenza, anche nei luoghi della Cura.
Dobbiamo a Gino il suo impegno nel coinvolgere il mondo accademico delle Università, non solo italiane (Finlandia, Scandinavia, Francia, Germania, Lituania, Grecia, Messico, Belgio, Spagna, Inghilterra), sul riconoscimento delle professionalità dei MusicAr Terapeuti con la sua partecipazione alla stesura della norma, al tavolo dell’ UNI, che riconosce il titolo a livello europeo e in Italia nella iscrizione all’AIMAT (Associazione Italiana MusicArTerapeuti nella GdL), per la quale ha promosso personalmente il Comitato Scientifico, attivo nella ‘formazione permanente’ dei Convegni.
Storicamente, per capire la ‘Coscienza di Gino’ come abbiamo intitolato l’escursus dei suoi Principi, Valori, Obiettivi Umani, dobbiamo ricordare la continuità nella sua vita del Progetto ‘Uomo-Musica’, dalla composizione dei canti liturgici, alla traduzione dal latino, nell’intento comunicativo della partecipazione ecumenica popolare, dei Salmi, con i quali iniziò l’intesa alla Cittadella di Assisi, con Don Giovanni Rossi e con Nora Cervi, responsabile della Sezione Musica, che affiancò nella strutturazione della Scuola di Musicoterapia, nella quale siamo stati insegnanti per 18 anni, fino al 1995. Le nostre dimissioni, sia da questa, come dal ‘Centro di Studi Musicali e Sociali Maurizio di Benedetto’ di Lecco, che aveva fondato e diretto, ci hanno permesso di dedicarci alla cre’azione dell’UPMAT – Università Popolare di MusicArTerapia nella GdL, creata per la formazione di professionisti specializzati in questa disciplina in scuole riconosciute dal MIUR, della quale Gino ha strutturato il Paradigma, ottenendo nel 2001 il riconoscimento presso l’Università di Roma ‘Tor Vergata’, di un Master (tutt’ora attivo), che garantisce agli allievi il riconoscimento dei crediti formativi e punti in graduatoria nei concorsi.
In questo senso, Gino, non a caso, tanto amato dagli studenti, sensibile come sempre ai problemi sociali, ha sostenuto, con la sua Identità di studioso, come garanzia scientifica, il riconoscimento di un titolo spendibile a livello lavorativo.
La mia, la nostra, riconoscenza a Gino, è per questa sua coerenza fra ideali, studi, ricerca, e pratiche, sempre improntate all’Ascolto dei bisogni politico-sociali culturali dell’Uomo-Musica.
Grazie Gino per averci in-segnato, con il tuo esempio, che ‘la Vita non si allunga ma si allarga’, transpersonalmente!
con Te, per sempre.

Dario Martinelli

Oggi, 7 Aprile, Gino ci ha salutati. È stato, assieme a Eero Tarasti, il mio principale mentore, e colui che ha guidato i miei primi passi nella professione che amo, comprendendo che ne ero incline ben prima di me e incoraggiandomi ad intraprenderla quando ancora pensavo di voler fare altro. Ci lascia un patrimonio immenso in semiotica, musicologia, arti-terapie e pacifismo. Più tanta umanità, integrità e un catalogo di battute irresistibili.

Ho scelto una foto non particolarmente nitida, ma che lego a un mese di bellissimi ricordi e qualche avventura surreale. C’entrano un grande congresso organizzato assieme, lo stesso Eero, Lina, tanti amici, un camper verde, le leggendarie cicoriette ripassate da Luciano, un mazzo di fiori dentro una macchina della polizia, e uno struggente tema di Ennio Morricone, ascoltato CON Ennio Morricone. Condivido anche il testo che scrissi dieci anni fa per il suo Festschrift, per chi abbia voglia di capire quanto ha significato per me:
https://www.facebook.com/notes/dario-martinelli/lo-strano-caso-del-dottor-s-e-del-signor-g/10156297591181134/

Gino era entrato in coma pochi giorni fa. Sono corso in Italia oggi sperando di poterlo salutare un’ultima volta. Non ce l’ho fatta: è morto mentre ero in aereo. Forse voleva essere lui a salutarmi – chissà, se avessi guardato dal finestrino…

Enrico Strobino

«Noi pensiamo infatti la musica come un sistema culturale, un piano di espressione sonora che ritaglia, secondo certi percorsi, delle sue porzioni nel campo semantico globale (l’universo di senso) della nostra società. In questo ritagliare e percorrere si incontrano e si attraversano i confini di molti altri sistemi culturali: la lingua, le convenzioni gestuali, i sistemi grafici, le strutture politiche, le regole cerimoniali… […] Ogni evento sonoro mette in moto una catena di interpretanti, un processo di semiosi infinita. Questo processo, inoltre, si è visto che non lascia intatti i confini incontrati, ma li sposta; ogni lavoro interpretativo cosciente e attivo è un intervento che modifica il codice, e con ciò anche i limiti delle discipline, le quali altro non sono che codici». (Gino Stefani, Insegnare la musica. Proposte di animazione e didattica, Guaraldi, 1977, p. 18.)

Il libro è completamente sfatto, le pagine si staccano, occorre maneggiarlo con cura, a rischio di far cadere a terra disordinatamente interi capitoli, sparpagliandone le pagine sul pavimento. Apro cercando un brano fra quelli sottolineati ma non è facile scegliere, i fogli sono pieni di segni, di matite di vario colore sotto le righe, appunti e segni a margine, frecce, punti esclamativi. Insegnare la musica: questo forse è stato il primo libro che lessi di Gino, forse ancor prima di incontrarlo al DAMS di Bologna. Sicuramente è stato un inizio importante per dar forma al mestiere che ancora faccio, appunto, insegnare la musica. Poi non ho più smesso: i suoi libri, le sue teorie, la sua visione etica della musica e dell’insegnamento mi accompagna ancora oggi. Accade spesso che ritorni ad aprire qualcuno dei suoi libri cercando risposte, cercando consolazione, cercando visioni aperte, cercando il piacere di un pensiero pedagogico e musicologico emozionante e profondo. Ricordo con piacere tutti gli anni in cui ci si è incontrati una volta finita l’Università, ad Assisi, nei convegni e al Corso di Musicoterapia, e a Lecco, per la Scuola di Animazione Musicale, di cui per molti anni è stato direttore. Non me lo farò mancare: di sicuro continuerò a frequentare lo scaffale dove stanno in fila tutti i suoi libri, compresi quelli scritti con Stefania Guerra Lisi. So per certo che lì c’è ancora molto da scavare, c’è progetto da attuare, c’è pensiero da pensare. Ciao Gino, buon viaggio.

Roberto Neulichedl

Di Gino Stefani ho alcuni ricordi, in parte fugaci (qualche esame, qualche rincorsa per parlargli mentre passava da una lezione all’altra o mentre correva a prendere un treno). Ogni occasione era contrassegnata da dardi d’intelligenza penetrante, a volte quasi tranchant, che credo abbiano segnato tanti di noi (studenti, colleghi o amici che si fosse).
Ripensavo proprio sabato al suo fondamentale lavoro a livello semiologico e metodologico, del quale gli siamo un po’ tutti debitori e che credo rappresenti ancora una base imprescindibile per futuri sviluppi e riflessioni. Il suo lavoro è infatti un lascito di idee, provocazioni, pensieri, teorie, che rimane e rimarrà (per sempre, penso) una presenza viva e vivace per chi si occupa di musica e di educazione musicale.

Angela Freno

La scomparsa di Gino Stefani mi ha profondamente colpita e rattristata. Vorrei ricordarlo come il professore che mi ha aperto la mente, che ha rotto i muri dell’accademismo e dello studio elitario, che ha suscitato in me l’ansia della ricerca, musicologica e non solo, non autoreferenziale e supponente ma concretamente “utile” per il bene comune. Con lui ho inseguito l’idea che “Gli universali in musica”, titolo della mia tesi di laurea, potessero costituire un tesoro da indagare e scoprire, per connotare quanto più umanamente possibile la musica. Nel mio piccolo cerco di far tesoro di tutti i suoi insegnamenti, espliciti e impliciti, umani e culturali, che sono diventati parte del mio modo di fare ma soprattutto del mio modo di essere insegnante, musicista, persona.

Riccardo Nardozzi

I miei primi esami all’Universita, Musicologia, corso di Semiologia della Musica, a Roma (Torvergata). Ricordo che uno dei primissimi giorni, il primo anno, ancora un po’ spaesato entrai in aula per seguire la sua lezione, lui chiese subito: “Allora, mi serve un pianista, chi suona il pianoforte?” un altro paio ed io alzammo timidamente la mano. Mi chiese di sedermi e di suonare quello che volevo, accennai timidamente Chopin. Lo scopo era che gli altri guardassero la mia espressione facciale mentre suonavo. La lezione, lo capii solo un attimo dopo il semi schock iniziale, era interessantissima, oserei dire geniale. Cominciai a capire dentro di me subito pian piano cosa volevo fare da grande. Dopo il liceo mi dicevano: ma sei sicuro che con questi voti vuoi andare a studiare la musica ? Sei bravo! (Naturalmente non c era la musica al liceo, figuriamoci…). Anche grazie a lezioni come quelle di Gino Stefani capii subito che sì, ero sicuro. Ero proprio nel posto giusto, finalmente. Grazie …

Mauro Carboni

Ho saputo ora che Gino Stefani ci ha lasciato, sento e sentirò la sua assenza anche se non lo vedevo da anni, sento e sentirò la sua presenza costante come ho fatto in tutti questi anni e nei prossimi a venire, fino a che ne avrò. Un abbraccio alla famiglia e a tutti gli amici.

Annamaria Freschi

Mi dispiace molto. Proprio pochi giorni fa parlavo con un collega del Conservatorio e ci dicevamo quanto il suo punto di vista fosse stato importante e quanto fosse ancora oggi vivo e attuale. Ha lasciato un’impronta fondamentale, non c’è alcun dubbio.

François Delalande

Gino est parti: c’est une partie de moi-même qui s’en va. Il n’y a pas grand monde, dans le milieu universitaire, qui voit dans la recherche théorique sur la musique, sur la sémiotique, sur l’analyse des conséquences pour la pédagogie. Il y a quelques personnes en Italie. Il y a un petit cercle à Bologne, et Gino était de ceux-là. Nous avions la même vision du fait musical qui inclut les enfants et la société. J’ai perdu une âme sœur. Fort heureusement, Gino a formé beaucoup de disciples, qui sont maintenant mes amis. Il reste avec nous par ce réseau qu’il a créé.

Gino se n’è andato: è una parte di me che va via. Non c’è molta gente nel mondo accademico che vede nella ricerca teorica sulla musica, la semiotica e l’analisi delle conseguenze per la pedagogia. Ci sono alcune persone in Italia. C’è un piccolo cerchio a Bologna e Gino era uno di quelli. Avevamo la stessa visione del fatto musicale che include i bambini e la società. Ho perso un’anima gemella. Per fortuna, Gino ha formato molti discepoli, che ora sono miei amici. Rimane con noi attraverso la rete che ha creato.

Sandro Sposito

Apprendo da una collega della morte di Gino Stefani, per me sempre il Prof. Stefani. Mi collego alla rete e leggo. Anche attraverso voi cari amici di Musicheria. I miei ricordi del lavoro sulla mia tesi di laurea al DAMS di Bologna con Gino Stefani sono sempre stati nitidi. Al contrario di quanto leggo nei vostri preziosi commenti io non avuto molti rapporti professionali nei successivi anni post universitari. Dopo la laurea nel 1994 l’ho seguito e frequentato negli appuntamenti di Assisi del Progetto Uomo-Musica, continuando così la mia “formazione” musicale e di vita. Al termine di quella esperienza, innovativa e fondamentale, non ho avuto altri contatti, seguendolo a distanza nei suoi scritti e nei nuovi percorsi di ricerca e di docenza. Ma la mia esperienza, come quella di molti altri ex studenti, credo sia significativa proprio perché la distanza temporale dall’ultimo incontro di Assisi (o forse a Roma sul finire degli anni novanta) non ha minimamente indebolito il ricordo e la gratitudine per i suoi insegnamenti. Sono sempre stato convinto, ed oggi ancor di più, che il mio modo di pensare la musica e l’educazione musicale sia stato segnato in modo indelebile dalle sue lezioni e dai suoi scritti. Coniugare la musica con l’umano, ricercare in ciascuno la propria musicalità, ricordare che questa ricerca uomo-musica può dare un significativo contributo alla convivenza, all’educazione civica, all’accoglienza, all’inclusione, alla pace, al fare e essere comunità, sono ancora oggi lezioni di musica e di vita. E se dopo venticinque anni di lavoro nella musica e nell’inclusione conservo tutta la passione dei primi giorni, e se ancora sono in grado di commuovermi lavorando con bambini, ragazzi e adolescenti, alcuni dei quali con bisogni educativi speciali, lo devo in gran parte alle sue lezioni. Grazie Prof. Gino Stefani.

Luca Marconi

Gino, carissimo straordinario maestro di vita, ti sono grato per tutto ciò che mi hai e ci hai insegnato, infinito mare nel quale continueremo a sentire la tua voce. Qui ti ricordo con un elenco di parole che hai usato per sottolineare alcune delle idee che ti stavano più a cuore: non violenza, cultura della pace, educazione democratica, scienza e musica con coscienza, progetto uomo-musica, diritti umani musicali, homo musicus, competenza musicale comune, identità musicale (essere qualcuno musicalmente), dall’esperienza alla teoria, la parola all’ascolto, intense emozioni in musica, semiotica della musica come ricerca democratica

Maurizio Disoteo

Credo che Gino Stefani sia stato colui che più di tutti ha contribuito a una rivoluzione dell’educazione musicale in Italia. Questo perché non si è limitato a proporre dei cambiamenti efficaci nelle tecniche della didattica, ma ha proposto quel nuovo paradigma di cui si discusse tanto negli anni ottanta e novanta. Un nuovo paradigma che, per definizione stessa, cambiò tutto: campi di ricerca, obiettivi, metodi, pratiche. In questa rivoluzione Gino fu un punto di riferimento per tutti coloro che, allora giovani animatori o insegnanti, avvertivano l’esigenza di un radicale rovesciamento politico ed etico nella loro professione, ma faticavano a dargli concretezza. Gino sapeva rendere evidente come tradurre nell’agire quotidiano la convinzione che né la musicologia né la pedagogia fossero neutre e nei suoi anni al corso in DAMS di Bologna formò una generazione di insegnanti, animatori, ricercatori che fu a lungo protagonista dell’animazione-educazione musicale. Sono contento di essere uno di questi, anche se oggi molti nell’educazione musicale sembrano tornare a guardare in altre direzioni, probabilmente meno interessanti. Ma sono anche certo, per dirla con Gino, che il suo insegnamento tenderà sempre a ri-emergere e a non essere sommerso. Grazie di cuore, Gino.

Marco Bricco

È stato, insieme a Gian Luigi Zucchini, il relatore della mia tesi di laurea al DAMS di Bologna: un’esperienza che ha segnato profondamente il corso della mia vita e mi ha insegnato tanto.
È stato intorno alla metà degli anni ottanta. Gli avevo parlato per proporgli una tesi sul rapporto tra suono, musica e bambini da zero a tre anni e lui, col suo sguardo un po’ burbero che incuteva un certo timore ad un giovane universitario, mi ha risposto netto – cosa non di poco conto – che non ne sapeva niente, ma visto l’argomento interessante potevo cercarmi qualcun altro che mi seguisse. Mi mandò dal Prof. Canevaro e lui mi disse di rivolgermi al Prof. Zucchini.
Non rividi quasi più il Prof. Stefani fino alla discussione della tesi, vari anni dopo, nel 1994. È ancora emozionante ricordare il suo grande interesse e la sua curiosità per ciò che avevo raccolto e scritto sull’argomento, tra saggi vari e frequentazioni negli asili nido. Ed ancora di più appassionante è ricordare il breve ed intenso confronto che ho avuto con lui, poco dopo la discussione, sull’origine del rapporto tra uomo e suono spaziando dai primi anni di vita alle antiche culture sciamaniche. Mi fatto l’onore di chiedermi di conservare copia della tesi nella biblioteca del DAMS, ma soprattutto mi ha fatto l’onore di aprire la mia mente a nuovi e più ampi orizzonti sul suono e sulla musica. Grazie Gino.

Sonia Peana

La perdita di Gino Stefani ci lascia un grande vuoto, mi rimane il suo ricordo ai tempi dell’Università in cui feci i due esami di semiologia e metodologia dell’educazione musicale, con la mia professione attuale, rileggere i suoi libri ora ha un altro senso…. Grazie Professore!

Roberto Agostini

La notizia del decesso di Gino Stefani mi rattrista molto. Ho iniziato a leggere i suoi scritti ancor prima di iniziare l’Università.  Ero solo un chitarrista autodidatta curioso: non sapevo ancora che esisteva qualcosa che si chiamava musicologia; tantomeno avevo incontrato il termine semiologia. Eppure le pagine della mia copia di “La competenza musicale” sono piena di frasi sottolineate, molte delle quali ricordo ancora a memoria. Da allora ho continuato a leggere gli scritti di Gino Stefani sia negli anni della mia formazione, sia nel periodo in cui ho avuto l’onore di aiutarlo nella sua attività di docente, sia collaborando con lui in varie attività da lui promosse,  sia negli anni seguenti, quando i percorsi professionali mi hanno allontanato dalla sua attività.
Per me, come credo per tanti altri, Gino è stato un vero maestro nel senso nobile e profondo del termine, un punto di riferimento in grado di tirare fuori dagli allievi le loro potenzialità e i loro interessi, aiutandoli e incoraggiandoli nel trovare la propria strada. Per questo, oggi come allora, Gino è per me una presenza costante: come insegnante, come studioso, e come uomo. E lo sarà anche domani.

Leonello Conficoni

E’ nel ricordo di Gino Stefani che trovo il ponte che ci univa con Assisi. Con la musica e i suoi intervalli, le chiacchierate e i dixieland con il suo clarinetto.
Un abbraccio e una preghiera.

Pierluigi Postacchini

Quel giorno eravamo andati insieme a Genova per un convegno.  Essendo l’ora di desinare andammo a cena e, con grande sconcerto della ristoratrice, Gino Stefani per sé ordinò pane e vino. Era sobrio nel corpo; francescano. Lo fece per un atto di cortesia nei miei confronti e per farmi compagnia, perché se fosse stato per lui non avrebbe avuto bisogno di cenare. Come avvenuto durante il viaggio, come avveniva sempre nei viaggi verso Assisi per il Corso di musicoterapia, o a casa sua, mi parlò dell’abduzione e della competenza musicale comune. Spesso ci vedevamo, a quel tempo, e la sua costante preoccupazione era coinvolgermi per trasformare le mie competenze ‘specialistiche’ in competenze umane. Il dialogo era sempre molto fitto, impegnativo, affascinante. Provò a spiegarmi come l’incontro tra l’uomo e la musica, o l’esperienza musicale, o il suono, producessero senso. Mi parlava dei suoi libri: quello sugli intervalli, sulla melodia, sul ritmo, spesso accompagnando gli esempi al pianoforte, cantando Schubert su un giro di Paoli o Paoli su un giro di Schubert, e spiegandomi in tal modo le prove di commutazione.

Una volta volle provare il mio clarinetto, era un Selmer, ma lo trovò stonato, lui che aveva l’orecchio assoluto. Mi consolò suggerendomi una diteggiatura alternativa. Mi rimproverava perché il mio pensiero si rivolgeva alla mente degli ascoltatori. Non mi giudicava, sembrava solo lo constatasse, ma aveva ragione. Poi, un giorno, le nostre strade si divisero, più per una incomprensione dovuta ai nostri rispettivi caratteri, che non per divergenze su contenuti. Da allora il rapporto con l’uomo mi è sempre mancato, ma quello con il pensatore mi ha sempre accompagnato. Del resto, come amava ricordare Angelo Paccagnini: I suoi allievi – che Angelo come docente al Conservatorio e poi come direttore spesso incontrava – erano sempre preparatissimi.

Maurizio Spaccazocchi

Ho vissuto con Gino anni e anni, tutto il periodo della sua presenza al Conservatorio Rossini di Pesaro, giravamo le Marche per dar vita a un progetto per lui molto caro: Dare alla gente la parola sulla musica. Era per Gino, e lo divenne subito anche per noi tutti suoi studenti, amici e collaboratori, un imperativo forte, deciso, era un tema-problema di alto valore democratico. Era l’Homo Musicus, quello delle musicalità più comuni e quotidiane, quello presente in tutti gli esseri umani, che doveva pro-muoversi e ri-emergere soprattutto nelle sue ricerche di semiologica musicale. Ricerche, indagini, saggi e pubblicazioni che lo resero unico e originale, e sempre più noto a livello europeo. Le mie prime pubblicazioni fatte assieme a Gino, a Johannella Tafuri e a Franca Ferrari, nascevano sempre da dialoghi, dibattiti, indagini, prove, confronti, analisi musicali tutte cariche di quella pertinenza e priorità che ti imparavano a raddrizzare il pensiero, a scoprire ciò che davvero aveva senso in tutte le pratiche musicali umane.

Con Gino passare un’ora, un giorno, un mese, un anno e tanti anni ancora era un costante esercizio utile per uscire dalla propria mente musicale e andare alla ricerca delle altre menti musicali, confondersi con queste per rileggerle in termini semiologici e non solo, per dar vita a quella che lui definiva con i termini di Musica con coscienza, di Competenza musicale di base, ecc. Tutti importanti concetti che poi ha materializzato in importanti pubblicazioni. E la sua vita di semiologo e creativo analizzatore è una ricca e brillante costellazione di pubblicazioni che ora non è il momento per indicare. L’antropologa americana Nancy Sheper Hugues ha definito l’essere umano con questo termine: Mindful Body, intendendo così l’essere umano come una mente piena di corpo o un corpo pieno di mente. Ecco, tutti quei tanti anni che sono stato accanto a Gino ho avuto davvero l’impressione di essere davanti a una mente piena di corpo: tutto quello che conosceva lo traduceva in esperienza diretta, tutto quello che sapeva fare in musica lo sintetizzava in teoria. Insomma Gino era una persona davvero sorprendente.

Queste poche righe non vogliono essere il rimpianto di una perdita, ma il ricordo felice di un ricco dono ricevuto dall’uomo Gino. Un amico che amorevolmente mi diceva a quattrocchi: Vedi Maurizio non possiamo andare davanti alla gente comune per insegnar loro la musica; dobbiamo andare davanti alla gente comune per dire cose che permettano a loro di capire che la musica la sanno già!

Grazie Gino

Questi due ricordi personali sono solo un piccolo pensiero che si unisce al più ampio ricordo che tutta la Scuola di Musicoterapia di Assisi, tutti i suoi docenti e tutti i suoi allievi vogliono fare a Gino Stefani.

Roberto Bolelli

Gino Stefani, semiologo della musica, uomo di cultura e di pace, fu mio docente ai corsi DAMS, e relatore della mia tesi di laurea, ma fu anche molto più di questo. Anche se dopo che se ne andò da Bologna non l’ho più rivisto, Gino ha continuato ad ispirare il mio rapporto con la musica: grazie a lui ho imparato a capire la musica, anzi, come direbbe Stefani, “l’esperienza musicale”; ho cominciato a capire come e perché si canta e si suona, come si ascolta la musica e come ci si ascolta mentre la si fa, come la si studia e analizza, e anche come la si può insegnare. Grazie a Gino ho imparato a rispettare e apprezzare la competenza musicale comune, ho cominciato ad approfondire l’enorme potenziale terapeutico dell’elemento sonoro-musicale, e Stefani per primo mi ha suggerito che l’indagine musicologica potesse e dovesse essere estesa anche al pop rock, introducendo nel mio universo di studioso nomi come Blacking, Tagg, Delalande. In sostanza, se oggi il mio rapporto con la musica è umanamente fluido e armonico, a 360 gradi, e se il chitarrista da spiaggia rockettaro che ero in gioventù può tranquillamente continuare a convivere col musicista, musicologo e musicoterapeuta di oggi, ebbene tutto questo lo devo soprattutto a Gino Stefani.

Salvatore Panu

Sono contento di aver reincontrato Gino in questi ultimi anni, almeno una volta all’anno, e gli sono grato per la sua maieutica, per il filo che non ho mai perso della sua umanità, del suo elogio continuo per la consapevolezza e della coscienza, per i suoi insegnamenti, per il suo coraggio, per le sue grandi conversioni nella vita, per la sua determinazione schietta ed essenziale, per la sua apertura alla cultura popolare come alla sperimentazione più ardita, per la sua capacità di ascoltare, perchè mi ha iniziato alle pratiche dell’autogestione collettiva, alla vera partecipazione responsabile, perché amava aprire i cancelli, amava la Banda Roncati, la Scuola Popolare di Musica Ivan Illich, le pratiche di autoeducazione, perché era capace di immaginare sempre un altro mondo possibile e migliore, perché c’era quella sera a Bologna insieme a Georges Lapassade e Ivan Illich, perché si emozionava alzandosi in piedi fino alle lacrime sentendo e cantando insieme “Dove vola l’avvoltoio” e “Oltre il ponte” di Italo Calvino. Nella speranza di reincontrare presto persone interessate a riflettere insieme sull’eredità umana e intellettuale che ci ha lasciato, voglio condividere un abbraccio e un saluto a un mio raro Maestro di vita.

Maria Silvia Tasselli

Gino Stefani ha donato alla mia vita, fin da studentessa universitaria, il ‘segno della musica’. I suoi scritti, le sue lezioni, i rari e per me preziosissimi colloqui fatti di parole sempre sintetiche, taglienti, profonde, ironiche, che tanto e tanto mi facevano poi pensare, la sua ‘presenza’ forte,  destabilizzante,  geniale, umana, negli incontri formativi e nei convegni, hanno segnato la mia musicalità e la mia vita di insegnante. E continuano ad accompagnarmi.

Elisabetta Piras

Conservo ricordi preziosi del prof. Gino Stefani…è stato uno dei primi professori con cui mi sono confrontata all’inizio del percorso universitario al DAMS di Bologna; dal primo corso, ho colto l’opportunità di seguirlo per l’intero periodo di studi, e la considero una grande fortuna! Nel segno della vitalità e dell’imprevedibilità ha fatto scoprire ed esplorare a noi studenti temi inaspettati della musica e della musicalità, offrendo stimoli importanti che hanno lasciato un segno importante per ogni esperienza musicale che mi trovo a vivere. Ci lascia grandi doni….

Roberta Recchia

“Sono le intense esperienze emotive a rivelare i limiti, anzi i non-limiti dei potenziali umani. La scommessa è riuscire a non perdersi.”
Potrei sceglierne molte di frasi, di pensieri così profondamente ricchi di riflessioni sulle qualità e sul sentire umano, le esperienze musicali e artistiche. Ogni singola parola o pensiero tratti dai suoi libri, dall’ascolto e dalla partecipazione diretta alle sue lezioni e confronti sono custodite e radicate nel mio ‘saper essere e fare’ professionalmente e umanamente, grazie a Gino e a Stefania Guerra Lisi. Dal Dams, al Master di Tor Vergata alla Scuola Triennale di MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi, ogni singolo convegno, corso, incontro ha avuto la sua partecipazione così viva e intrisa di preziosi insegnamenti, sempre elargiti con amorevolezza, dedizione e gratitudine. Ne ricorderò la sensibilità e la commozione, ma anche la fermezza e la convinzione in quanto credeva, rivoluzionando modi di pensare e idee radicate, stimolando il sentire e le potenzialità di ognuno.

Elena Ferrara

Dal 1980 la semiotica musicale ha ispirato il mio approccio didattico e risale a quell’anno l’adozione del libro Musica di cui era co-autore Gino Stefani che avevo avuto l’onore di conoscere personalmente in corsi di Guida all’ascolto organizzati ad Assisi e a Milano. Mi affascinò il tema delle competenze musicali di base che, oltre ad ispirare il mio lavoro didattico, incoraggiò il mio desiderio di iscrivermi al DAMS. Lì trovai in lui una guida sicura nella stesura del piano di studi e, successivamente, nella redazione della mia tesi di laurea sui finali in musica. I ricordi sono tantissimi e non posso non citare un importante convegno organizzato dalla SIEM di Novara sui Diritti in musica.
Ancora oggi i suoi allievi si riconoscono … “Ti sei laureato con Stefani?” è la domanda che sancisce una comune appartenenza culturale.
Un grazie è poca cosa, ma sarà per sempre questo sentimento di gratitudine ad accompagnare il suo ricordo.

Emanuele Pappalardo

Quando scompare un Maestro, si è più soli e tristi. Gino era un Maestro, riconosciuto come tale da tanti: dai suoi ex allievi, da quelli attuali della scuola di formazione in Musicarterapia nella globalità dei linguaggi, di cui era presidente, dai tanti amici e colleghi. Un intellettuale indiscusso, ma anche un uomo prattico. I suoi testi di pedagogia, didattica, semiotica sono fondamentali per chiunque abbia a cuore queste aree del sapere e, sono certo, rimarranno a lungo come riferimenti per generazioni di studenti e di studiosi. Ho avuto la fortuna di conoscere Gino personalmente e di frequentarlo, con una certa assiduità, quando si trasferì a Roma nella centralissima casa vicino al Colosseo, per stare più vicino alla sua compagna, Stefania Guerra Lisi e a Elvira, la figlia di Stefania che tutti hanno conosciuto. Eravamo vicini di casa. Ci separavano poche centinaia di metri. Ma ho avuto anche l’onore di insegnare nei corsi della scuola di formazione che dirigeva insieme a Stefania. Ho visto molte volte sia Stefania che Gino gestire attività formative, con studenti di tutte le età, ma anche condurre laboratori con disabili, alcuni veramente gravi, come nel caso di Diacceto: esperienze che lasciano tracce indelebili. Gino mi mancherà. Grazie Gino.

Nicola Cisternino

Buon camminatore non lascia tracce.

Non tracce ma semi tanti, ha lasciato l’opera di Gino Stefani nel suo lungo viaggio in questo mondo. Semi conficcati in profondità e con perseveranza in terreni aridi e anche in crepe rocciose. Fu grande la sorpresa, ancora qualche anno fa, scoprire di come nella dettagliata voce Wikipedia sul Dams bolognese, non fosse neanche citato il suo nome, non parliamo della sua opera. Fatto sta che, per chi ne fu testimone in quei suoi primi anni di arrivo a Bologna, la sua aula era sempre gremita fino ai corridoi di studenti che arrivavano da ogni dove, che si riprendevano il sorriso e le risate, tante, durante le sue lezioni. Maestro gentile e col sorriso, qualcosa che in ambito accademico, è imperdonabile. Per questo, nella nebbia delle istituzioni che se si dirada lo fa solo per poco, fu breve quella stagione e al suo saluto anagrafico accademico nel 2001 Gino Stefani, che aveva rifiutato con motivazioni etiche in una lettera al Consiglio di Facoltà a diventare professore ordinario ( ‘considerata l’attuale congiuntura, i contribuenti davano già abbastanza soldi ai professori universitari, e dall’altra che contestavo il regime feudale delle ‘caste’ universitarie’) , restando nel ruolo di professore associato a vita, non ha lasciato alcuna eredità accademica, sapendo di appetiti voraci sulla porta che da tempo attendevano la sua dipartita. E così è stato. Ma ad una porta che si chiude un portone si apre, recita il detto popolare, e così fu nel nuovo corso di magistero di Gino Stefani : ‘Le mie teorie hanno trovato un corpo nell’incontro con Stefania e la GdL’ disse in una occasione di fortuito reincontro bolognese dopo il quale ritrovai uno degli amati maestri alle prese con l’Arte di Vivere che in realtà, da sempre, ci aveva insegnato. Gino Stefani è stato un artista della conoscenza, semplice e gentile, umile e paziente con il dono di avere con se il rasoio di Occam, per la semina. Che la terra gli sia lieve.

Giovanna Guardabasso

Come molti altri, anch’io ho conosciuto Gino Stefani all’Università di Bologna negli anni ’80: un periodo straordinariamente fecondo, al quale gli studi sulla semiotica musicale diedero un grande impulso, producendo un’apertura verso molte direzioni di sviluppo teorico e pratico e importanti ricadute nei modelli di insegnamento della musica a scuola.
Ricordo e saluto Gino, verso cui sento di avere un grande debito di riconoscenza per avermi insegnato sorprendenti punti di vista sulla musica,  per essere stato un relatore disponibile e discreto, per avermi fatto conoscere François Delalande e avermi generosamente coinvolto nel progetto per la cura e la traduzione italiana dei saggi sulle condotte musicali.
Dei suoi tanti scritti voglio qui ricordare “Tempo: scansioni e durate”, uno dei miei preferiti!

Massimo Privitera

“Caro Gino ti scrivo, e così mi consolo un po’ / perché ora sei molto lontano, e mai più ti rivedrò”.
Una delle tantissime cose che (mi) hai insegnato, Gino, è “l’arte di arrangiarsi in musica”. Così seguo il tuo esempio e manipolo questi versi di Dalla per dirti addio dal profondo del mio cuore (e con una canzone, come sarebbe piaciuto a te); per dirti grazie di tutto quello che mi hai dato; per dirti quanto l’impronta che hai impresso in me (prima tuo studente e poi avido frequentatore di casa tua) sia sempre rimasta viva e profonda (puntualmente la ritrovo ogni volta che mi guardo dentro per interrogarmi su chi sono e cosa sto facendo).
Ti voglio salutare, Gino, ricordando quello che mi hai raccontato sulla prima volta in cui mi hai notato, mentre entravo in aula, a lezione iniziata, con una lunga barba nera, con ai piedi i sandali e in mano un pacco del latte. Mi hai raccontato divertito di esserti detto: “ecco uno da cui posso imparare qualcosa”. Perché, vedi, Gino, la tua capacità di imparare da tutti, la tua disponibilità (anche verso uno studentello pieno di passioni e di curiosità, ma con tanta confusione, e la testa un po’ tra le nuvole) è una delle cose più preziose di cui ci hai fatto dono. Benché talvolta non ci riesca, tento sempre di farlo anch’io.
Addio, Gino, ovunque tu sia.

Roberto Caterina

Ho conosciuto Gino Stefani tanti anni fa in occasione dei primi corsi che ho fatto di Psicologia della Musica e, grazie a lui ho appreso quanto di musicale ci fosse nella psicologia e quanto di psicologico  nella musica, universi non necessariamente paralleli e sostenuti da quel concetto di competenza musicale che ho sempre apprezzato. Grazie a Gino ho potuto vedere con più competenza la relazione tra musica ed emozioni e ho scoperto le grandi potenzialità della musicoterapia. Attraverso i suoi allievi Luca Marconi e Dario Martinelli ho potuto seguire le molteplici iniziative di Gino dopo la pensione e il suo trasferimento a Roma. E’ stata una presenza significativa nella mia vita e mi fa piacere qui ricordarlo.

Mario Molinari

Forse è il momento di condividere un ricordo di tanti anni fa con tutti voi che l’avete conosciuto e per i quali, grazie a Gino, provo un senso di fratellanza. L’episodio risale a fine degli anni ottanta, Gino aveva l’età che io ho adesso. Il luogo è la casa dove abito ora con la mia famiglia, in un paesino ligure di campagna. Mi ero laureato con Gino, poi l’amicizia era continuata ed era venuto ospite nella casa dei miei nonni per fare un po’ di vacanza e continuare le chiacchiere e i progetti.  Mio padre, ritornando dalla campagna – noi abitavamo poco distante -, passa a vedere se tutto va bene e se serve qualcosa; poi rientra raccontandoci questo fatto per lui sconvolgente ma che dice bene chi era Gino e qual era la sua pratica della pace. “C’era la casa piena di formiche, un’invasione – raccontava mio padre esterrefatto – e Lui (Gino) non aveva trovato di meglio che stendere un sottile filo di miele che dalla cucina portava alla finestra sul balcone nella convinzione di indurle a uscire tutte senza colpo ferire!”. Un abbraccio a tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.

Sebastiano Scollo

Sono uno dei peggiori allievi di Gino Stefani, nel senso che nonostante i diversi anni trascorsi attivamente nei suoi gruppi di lavoro, insieme ad altri amici e colleghi che con piacere leggo qui (e nonostante le sue esortazioni benevolmente spazientite) non mi sono mai laureato, e la tesi di per la quale avrei avuto l’onore della sua relazione è rimasta incompiuta.
Nonostante ciò torna adesso, a distanza di quasi trent’anni, la piena consapevolezza che quel che di buono (anche se poco, e questo per responsabilità solo mia) ho fatto con la musica in seguito, non avrebbe potuto aver luogo senza il suo insegnamento (parola che Gino non amava ma che voglio usare qui ad esplicito tributo), senza la formidabile esperienza di quegli anni.
Erano anni strani quelli, i Settanta erano alle spalle e alla scorpacciata di “politico” nel mondo scientifico seguiva l’ansia di riportarsi su territori “specialistici” che apparivano più congrui alla ricerca. In questo panorama non si deve avere paura a dire che Gino Stefani è stato una figura di intellettuale e studioso decisamente controcorrente,  la cui visione umanistica unita al rigore scientifico ha tenuto vivace il dibattito con il resto del mondo accademico, dotando a un tempo  i suoi studenti e allievi di strumenti analitici, dialettici, scientifici originali e inediti nell’ambito della musicologia italiana.
Non voglio riportarne i contenuti che, insieme ai successivi sviluppi, sono stati qui illustrati meglio di quanto io potrei fare, voglio solo ricordare quella circostanza per affermare quanto risultino attuali, direi profetiche, quelle istanze oggi. Quanto quegli strumenti si rivelino appropriati ad analizzare la complessità del presente. Da oggi Gino Stefani potrà essere ricordato e potremo dire che ci mancherà come Pasolini, De André, Eco, ma anche Iannacci, Flaiano, Testori, Fo… la lista è lunga grazie a Dio.
Nello specifico della mia vicenda mi resta la consapevolezza che l’esperienza musicale non divide l’umanità in chi la genera e chi la riceve, che il mestiere del formatore in musica non è quello del talent scout, e che il concetto di “talento”, nell’ambito della “competenza comune”, risiede nella motivazione , nel pensiero che porta all’azione, senza di cui non c’è musica, perché non c’è produzione di senso, non c’è linguaggio.

Betty Lazzarotto

Pur essendo di Lecco, l’ho saputo solo stasera, dopo 4 mesi. Ho avuto un presentimento e in Internet la conferma. Mi spiace avere avuto così questa notizia. Gino Stefani è nella mia storia, di vita e di formazione. Il suo rigore mi ha aiutata. Gli ho voluto bene. Ciao anche da me, Gino, sei della leva di  mio papà, l’hai raggiunto in Cielo, sicuramente ti ha chiesto tutto quello che nei tuoi libri l’ha incuriosito e interessato. Vi penso insieme, con commozione.

Antonello Colimberti

Il 7 aprile scorso, all’età di 89 anni, è venuto meno Gino Stefani, colui che altrove abbiamo definito “un acuto e brillante outsider della musicologia italiana”. Lo abbiamo conosciuto durante i nostri studi al DAMS di Bologna e con lui abbiamo discusso una tesi sperimentale su una ricerca interdisciplinare sui codici di rappresentazione temporale, condotta in quegli anni con una équipe diretta da Albert Mayr. Negli anni successivi, quando preparavamo presso l’Università di Salerno una tesi di dottorato sull’antropologia del gesto del gesuita francese Marcel Jousse, scoprimmo che Stefani era tra i pochi, in Italia, a conoscere l’opera di questo importante personaggio del Novecento, di cui era venuto a conoscenza durante gli anni Sessanta del secolo scorso, quando studiava e viveva a Parigi.
Fu cosa immediata l’invito da parte sua a presentare l’opera joussiana presso l’Università di Tor Vergata a Roma, dove svolgeva il suo insegnamento dopo gli anni bolognesi. Ma l’incrocio fra Stefani e il mio cammino culturale era solo agli inizi. Quando con Claudio Lanzi decidemmo che, dopo un primo libretto, era giunta l’ora di pubblicare due importanti volumi del musicologo francese Jacques Viret (Musica medievale e Musicoterapia), l’autore ci informò della sua conoscenza con Stefani e del suo desiderio di aggiungere nell’edizione italiana un riferimento alla MusicArTerapia nella Globalità dei Linguaggi, disciplina fondata inizialmente da Stefania Guerra Lisi, ma successivamente condotta insieme al suo compagno di vita Gino Stefani.
Non era finita, l’incrocio fra Stefani e me riservava ancora una sorpresa finale. Quando nel 2017, in occasione del convegno Schneider. Musica, arte e conoscenza, svoltosi presso Simmetria, preparai un lavoro su Marius Schneider e la cultura italiana (la relazione è leggibile negli Atti del convegno), scoprii che Stefani era stato tra i primi e rari ad occuparsi del Nostro, facendolo con una grande competenza, da noi classificata come “attenzione rispettosa”. Ancora una volta, giù il cappello!

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