Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Luca Marconi ci ha lasciato, inaspettatamente e incredibilmente

La redazione

Pensieri in ricordo di un amico

È estremamente difficile per tutti noi trovare in queste ore parole adatte ad esprimere lo sconcerto, il dolore e lo smarrimento che proviamo di fronte a questa notizia. Amico e collega di studi e passioni, abbiamo condiviso molto nei tanti anni di conoscenza e collaborazione che ci legano a lui, in primis un modo di osservare le arti e la musica da un punto di vista legato alla formazione semiotica che ci è arrivata, a partire dagli anni del DAMS, dagli sguardi di Umberto Eco e di Gino Stefani, suoi e nostri maestri.

In questo momento non possiamo fare altro se non ricordarlo così, mentre abbracciamo idealmente Valentina e Giulia, i suoi parenti, e ci abbracciamo tutti tra noi, così vicini e così lontani.

Questa pagina accoglie i pensieri e le parole (eventualmente anche suoni e immagini) di chi vorrà ricordare Luca nel modo che più riterrà opportuno.


Francesco Spampinato

Caro Luca,
ho ancora davanti agli occhi il tuo sorriso e il tuo sguardo determinato che mi colpirono tanto il giorno che venni a trovarti in ospedale dopo una brutta caduta. Eri bloccato a letto, ma i fogli volanti di quello che sarebbe presto diventato uno splendido libro sulle emozioni in musica erano dappertutto, coperti da annotazioni, e tradivano quel tuo dinamismo per nulla intaccato dall’incidente. Mi vengono poi in mente quei pomeriggi passati insieme a discutere di popular music, prestandoci poi CD da ascoltare, o a parlare delle più recenti ricerche sull’ascolto musicale, per poi organizzare insieme un convegno a Bologna nel 2006 e curarne gli atti usciti nel 2008. In te ho sempre ammirato tante cose, ma se dovessi citarne solo alcune direi la passione per la ricerca, più forte di tutti gli ostacoli che la vita può porci davanti, il rigore intellettuale, che ti dotava di una finissima capacità d’analisi, e il profondo senso dell’amicizia, che ti ha portato qualche settimana fa a chiamarmi e, dopo una lunga e piacevole chiacchierata come quelle di una volta, a dirmi “dai, sentiamoci più spesso”…
Ci mancherai tanto.

Susanna Pasticci

Caro Luca,
mi ci sono voluti un po’ di giorni per metabolizzare l’idea che non ci sei più. L’idea che adesso non c’è più nessuno che potrà farci sempre vedere l’altra faccia della luna. Sono andata a frugare nel computer, che in fondo è un po’ come una scatola dei ricordi. Ho trovato decine di file di progetti fatti insieme. In gran parte illeggibili perché anche i computer sono fallaci, e io mi sono sempre rifiutata di salvare i miei file in rete. Mi prendevi sempre un po’ in giro per questa diffidenza nei confronti delle “nuvole”: dicevi che le nuvole sono bellissime, e che funzionano.
Adesso che sei tra le nuvole, chissà come ci vedi da lassù. Chissà se l’altra faccia della luna è come te l’immaginavi. E chissà se da lì sarà più facile realizzare tutti i progetti visionari che abbiamo discusso insieme, nelle nostre interminabili telefonate. Tutti quei progetti che quaggiù non hanno mai trovato accoglienza: troppo visionari, troppo fuori dagli schemi. Per fortuna rimangono le mail, almeno quelle degli ultimi anni. Ne ho ritrovate un paio, molto diverse tra loro, come diversi erano i mille rivoli della tua straripante mobilità di pensiero. Nella prima, del 5 settembre 2015, c’è tutto il Luca visionario, coltissimo, idealista e sognatore:

Cara Susanna, 
come va?
ricordi quando, 2 anni fa, dopo che avevo detto che sentivo delle campane nel Notturno op. 27 n. 1 di Chopin, mi hai raccontato della passione di tuo figlio per le campane veneziane?
Guarda caso, ho trovato una pista che mi fa pensare che le campane di quel notturno siano proprio quelle di Venezia: Chopin non le ha sentite, ma penso gli siano bastati, tra gli altri, Delavigne, Donizetti e certe pagine di Byron nelle quali sembra di sentire Sofferte onde serene…
Non è che ti sei imbattuta in qualcuno che parla dell’evocazione delle campane veneziane nella musica o in altre arti?

Ma non c’erano solo sogni e visioni in libertà, nel tuo orizzonte di pensiero. Dietro l’intuizione più spericolata c’era sempre e comunque un principio di realtà, anzi un forte bisogno di ancoraggio alla realtà che talvolta, nelle nostre conversazioni, poteva anche assumere le sembianze di un severo richiamo all’ordine. Come nella mail che mi hai mandato il 13 marzo 2017. Un monito amichevole ma deciso, appena stemperato dall’evocazione di una metafora folgorante:

La leggenda del calabrone che non può volare sembra nascere negli anni 30 del 1900 all’Università di Göttingen: durante una cena, uno scienziato svizzero che allora conduceva studi sulla dinamica dei gas sembra abbia posto questo problema: “che proprietà aerodinamiche hanno le ali del calabrone per permettere loro di volare?”.
Dopo alcuni rapidi calcoli, lo scienziato si accorse che, per quanto il calabrone possa volare, l’aerodinamica suggeriva che non potesse farlo.
Questa leggenda mi è venuta in mente perché se qualcuno cerca di dimostrare teoricamente l’impossibilità di fare una certa cosa, senza tener conto che invece qualcuno fa quella cosa, c’è qualcosa che non va nella sua teoria: può essere anche un punto di vista alternativo, però non si preoccupa minimamente di confrontarsi con la realtà…

Non c’è niente di facile, o di scontato, nell’essere veramente alternativi. Tu sapevi esserlo come nessun altro, un sognatore con i piedi saldamente ancorati alla realtà del suolo. Peccato che adesso la realtà con cui dobbiamo confrontarci sia solo questa: non ci sarà più nessuno capace, come Luca, di farci sempre vedere l’altra faccia della luna.

Roberto Agostini

Luca, caro amico, da quando ti conosco c’è un’immagine che spesso mi viene in mente e che mai come in questi giorni ritorna a farsi largo nei miei pensieri. E’ l’immagine di quando scomparivi in quella stanza-armadio nel salotto della tua nonna, dove tenevi i tuoi libri e tante altre cose. Era in quel salotto che, nei primi anni che ci frequentavamo, discutevamo di musica e di tante altre cose, passando senza soluzione di continuità dai massimi sistemi alle nostre passioni. E lì che abbiamo intrecciato inestricabilmente i nostri percorsi musicali, le nostre smanie intellettuali, i nostri progetti, i nostri sogni. Ed era lì che ogni tanto ti si illuminavano gli occhi, ti alzavi e sparivi  in quel bugigattolo per tornare con un libro, un articolo, un foglio o anche solo un’idea che ci faceva andare avanti. E sì, perché con te si andava sempre avanti, con le tue inesauribili trovate, sempre così originali, imprevedibili, geniali. Avevi una curiosità infinita e l’entusiasmo di un bambino, discutevi animatamente come se dalle nostre parole dipendesse l’immediato futuro del mondo, sapevi trovare subito la chiave delle cose, sapevi mettere in ordine le idee in un battibaleno, e non ti accontentavi mai: neanche tu riuscivi a controllare la tua sconfinata creatività e la tua smisurata intelligenza. Ma non ti bastava: tu volevi agire. Avevi sempre dei progetti in testa, e li perseguivi tenacemente,  incurante degli ostacoli, indifferente alle formalità, affrontando con coraggio ogni difficoltà. Amavi metterti alla prova. E ti spendevi. Ti spendevi con altruismo per tutto e per tutti. Ti piaceva collaborare e condividere senza pregiudizi e senza scoraggiarti mai. Ogni conflitto era per te una sfida che affrontavi caparbiamente, cercando il terreno comune che quel conflitto lo rimuovesse, mostrando sempre una incrollabile fiducia in te stesso e nel prossimo. Luca, da te ho imparato tanto. Ti ho sempre ammirato e ti ringrazio per l’amicizia che mi hai regalato: la porterò sempre nel mio cuore.

Francesco Stumpo

Lo incontravo sempre in bicicletta nel centro di Bologna, ero sempre stravolto dal lungo viaggio in treno dalla Calabria. Lui frenava e si fermava per salutarmi con affetto e cordialità, era come se ci fossimo visti il giorno prima, non c’era nessuna distanza. Ci vedevamo spesso ai convegni in cui si trattava di popular music e didattica musicale, nostri comuni interessi. Oltre alle sue originalissime idee, ci mancherà il suo sorriso dolce e sornione, la sua aria disincantata. Ciao Luca, sei nei nostri cuori.

Maurizio Disoteo

Una tristezza enorme. E sentire una grande perdita, umana e culturale. Luca ci mancherà.

Philip Tagg

Such sad news. Luca was the most accomplished music semiotician I have met. There was a sharpness to his lateral thinking and a refreshingly uncompromising intelligence in his observations about music’s meanings and functions. The fact that Luca was not leading research activities in a prestigious Italian university at the time of his sudden and tragic death is an indictment of the system that marginalised him.

Una notizia tristissima. Luca era il semiologo della musica più compiuto che io abbia mai incontrato. C’erano un grande acume, un grande intuito e una grande creatività nel suo pensiero laterale; e un’intelligenza gradevolmente intransigente nelle sue osservazioni sui significati e le funzioni della musica. Il fatto che al momento della sua tragica e improvvisa scomparsa Luca non stesse dirigendo attività di ricerca in una prestigiosa università italiana costituisce di per sé un atto d’accusa al sistema che lo aveva marginalizzato.

Giordano Montecchi

È così difficile scrivere un pensiero a proposito di Luca. Però due cose mi hanno sempre colpito di lui, nei suoi scritti, ma soprattutto nelle tante occasioni (meno numerose, purtroppo, di quanto sarebbe stato giusto) che abbiamo avuto di parlare e discutere. La prima era lo spessore e la coerenza teorica che lui cercava sempre come presupposto di ogni discorso. Ma questa virtù non è poi così rara. Molto di più invece mi colpiva il suo approccio affettuoso, per così dire, o addirittura “amorevole” alla musica, a qualsiasi tipo di musica. Nella musica Luca cercava e sentiva soprattutto la parte “buona”. Questo era l’insegnamento più prezioso che mi forniva ogni volta: grazie a Luca percepivo il limite di quel cercare soprattutto “difetti”, chiamiamoli così, quel tipico abito mentale che è forse una malattia della critica e da cui, come tanti, ero affetto e in fondo lo sono ancora.

Egidio Pozzi, presidente GATM (Gruppo Analisi e Teoria Musicale)

Il 15 Settembre ci ha lasciati il caro amico Luca Marconi, musicologo, semiologo e didatta. Luca si occupava di pedagogia, di analisi e teoria musicale ed era membro del Comitato Scientifico del GATM. La notizia è giunta inaspettata e ci addolora profondamente per aver perso un amico, un collega validissimo e un compagno che ha sempre contribuito con generosità e passione alle tante iniziative intraprese insieme. Siamo affranti e uniamo le nostre condoglianze a quelle dei tanti colleghi, musicisti e studiosi che lo conoscevano e lo stimavano. Come studioso e come uomo lascerà un grande vuoto. In ricordo della sua figura professionale e umana il GATM si impegnerà a promuovere delle iniziative in sua memoria e gli dedicherà i prossimi numeri delle riviste.

Maurizio Spaccazocchi

La vita scorre e ognuno che è dentro e presente col sul battito in ogni secondo dà per scontato che tutte le altre vite scorrono come la propria. Tu sei presente nel tuo tempo e quindi anche gli altri sono per te presenti, sì, in questo proprio istante.
Ma quando il tempo si rompe per qualcuno che sapevi certamente vivo questa tua illusione si muta in una dolorosa realtà. Un messaggio al cellulare, lo leggi, ma tu non riesci a crederci. Fai un telefonata a un amico comune e tu, a quel punto devi crederci, convincerti: Luca è morto!
Era da circa un anno che non vedevo più Luca, ma Luca era sempre presente e vivo sia con il suo corpo da gigante-bambino-fragile e sia con la sua mente stracolma di sinapsi che si intrecciavano nei suoi felici e più che vivaci neuroni. La sue elucubrazioni mentali sulla musica in particolare e sulla cultura in generale, erano così prorompenti ed e-saltanti che sembrava non andare in sintonia con le movenze “pesanti e goffe” del suo corpo.
Questa sua grande dote intellettuale lo faceva volare, volare in alto, e ci aiutava a volare anche a noi, ad e-saltare per quello che potevamo le nostre menti molto più limitate.
A conferma di ciò che vado dicendo di Luca mi ricordo le tante volte che con Gino Stefani camminavamo da soli per le vie di Pesaro o per quelle di Casalecchio o di Bologna, e lui, un maestro per tutti noi, era solito ripetermi: Maurizio le capacità di analisi musicali semiologiche che Luca è in grado di fare, sono davvero sorprendenti, molto complesse per quanto precise, e ti assicuro, che nemmeno io riesco a farle. Luca è un grande. Luca è il futuro della semiologia musicale italiana.
Ecco chi era Luca Marconi: una mente pensante, ordinata e logica, chiara e nitida, dalla dote di quelle che poche persone hanno, perché quando lo si ascoltava anche in un dibattito amichevole ti faceva sentire felice e arricchito, perché ad ogni suo concetto esternalizzato, fra me e me pensavo: Osteria! Così non c’avevo mai pensato!
Si Luca aveva la dote di aprirti la mente a nuove visioni, a considerazioni che non erano così comuni come quelle che potevano fare noi tutti.
Ciao Luca, ci hai superato con la tua intelligenza e con il tuo dolce sorriso, ma ora l’hai fatta più grossa ancora: ci hai pure superato nella velocità dell’esistenza offertaci su questa terra.
Luca. il grande umorista e scrittore Marcello Marchesi è autore di questo aforisma: «È importante che la morte ci trovi vivi» e tu sei stato certamente vivo e vivacissimo da un punto di vista intellettuale e la morte, anch’essa, sarà rimasta di stucco di questa tua dote non comune.
Se ti avessi fatto conoscere questo aforisma di Marchesi, sono certo, anzi certissimo che tu avresti subito citato Heidegger per le sue riflessioni sulla morte, sostenendo che questa non si risolve mai nel suo semplice perire, perché nessuno potrà mai morire se in vita ha lasciato quei grandi “segni” che i tuoi amici e conoscenti non potranno fare a meno di portare nella loro mente e nel loro cuore, per ridarli ad altri ancora, a quelli che non hanno avuto la fortuna di conoscerti.

Antonella Talamonti

Un mese fa mi hai telefonato.
Era tanto che non eravamo più in contatto e la tua voce, allegra, mi ha ricondotto alle tante, ricche  esperienze vissute insieme. Seminari al DAMS, la scuola estiva di Lecco, le riunioni pieni di progetti, con l’entusiasmo del capire e del fare.
La musica per te era un luogo costante di indagine, di relazioni e di connessioni. Ho pensato che avremmo costruito altre occasioni per condividere il pensare ed il fare. Non sarà così.
Abbraccio tutti gli amici con il cuore pesante
Ciao Luca

Serena Facci

Ho conosciuto Luca diversi anni fa, dopo aver letto alcuni dei suoi primi scritti. I nostri incontri non sono certo stati assidui, ma a loro modo continuativi. Da ognuno, che fosse un convegno, una riunione o qualche altra occasione di lavoro, ho sempre ricevuto qualcosa di stimolante su cui riflettere, oltre alla conferma di comuni intenti, reciproca stima e simpatia. È veramente difficile e doloroso credere che questo compagno di viaggio non ci sia più.

Rubén López-Cano

Un urlo strepitoso fece scuotere l’intero auditorium dal Centro de las Artes della Città del Messico. Il pubblico si teneva alle poltrone, mentre la polizia entrava freneticamente per risolvere il problema. Eppure non accadeva niente. C’era solo Luca Marconi che spiegava a viva voce un concetto dal primitivismo musicale. Così era Lui, modesto e silenzioso per la maggior parte del tempo, ma ogni tanto insolitamente esplosivo. Luca sempre fu di un’intelligenza brillante. Nel svolgere le sue ricerche aveva la pazienza di un monaco benedettino per raccogliere documenti, libri antichi e teorie sperdute nella notte dei tempi. Poi metteva tutto insieme con la dimestichezza di un artefice. La sua scrittura era come un meccanismo d’orologeria, dove gli argomenti, le idee e le ipotesi venivano articolati assieme fino a diventare delle tesi inconfutabili.
Si occupò di retorica del Barocco, di popular music italiana, di opera, di cover, di rock e della musica tra i ragazzini, tutto con una ragguardevole profondità di conoscenza. Nella sua tesi di Dottorato lavorò delle antiche teorie degli affetti sotto il punto di vista della semiotica di Umberto Eco (chi fu il suo relatore) arrivando a delle conclusioni sorprendenti. Il suo libro Musica Espressione Emozione (2001) abbina metodi empirici con filosofia speculativa. In questo libro l’autore introdusse una collaborazione tra semiotica, teorie del gesto, musical agency, filosofia della musica di ambito anglofono e teorie della embodied mind. Le sue scoperte hanno preceduto i libri che su questi argomenti furono pubblicati dai nostri colleghi e professori americani.
Luca era un umanista classico ma senza toga. Aveva un cipiglio scontroso ma un’anima generosa. Mettermi in contatto con lui è stato senz’altro il dono migliore che mi abbia mai fatto il nostro caro Gino Stefani. Condividemmo varie passioni, tra i quali il rock progressivo italiano degli anni ‘70. Trascorremmo delle serate interminabili a parlare di band, dischi e storie. Eravamo come un paio di ragazzini che si scambiano figurine, dischi e poster. Imparai tanto di lui. Forse tra un po’ ci rivedremo, amico. E ti farò arrabbiare ricordandoti mille volte che tu non conoscevi la band napoletana Il balletto di bronzo e Io sì. Grazie di tutto!

Franco Nanni

Da quando ho ricevuto la notizia della scomparsa di Luca un’ombra scura è calata sulle mie giornate. Incredulità poi sgomento poi tristezza e tanti pensieri. La mia frequentazione con Luca risale a anni molto lontani tra la fine degli 80 e l’inizio dei 90. I contatti non si sono mai interrotti ma si fecero molto rarefatti per lo sviluppo delle rispettive vite. Quello che ricordo è Luca giovane, entusiasta, curioso, con una nota di ingenuità talvolta disarmante che ben lungi dall’essere un difetto impreziosiva la ricchezza organica e viva dei suoi interessi. Credo che in qualche modo avesse conservato in sé la parte migliore di quello che i bambini sanno essere. In pochissime, limitate circostanze l’ho visto fragile e un po’ indifeso, ma finora capace di riprendersi e tornare alla sua consueta vitalità. Ora inevitabilmente dopo questa sua scomparsa inattesa il pensiero corre a questa fragilità che ci coinvolge tutti.

Roberto Caterina

Gli intervalli musicali (un pensiero per Luca Marconi e Gino Stefani)

Sembra lontano
Il tempo del raccolto virtuale
Fatto di likes e cuori e hugs

Ma
Esistono
I versi d’amore del crepuscolo
Le lacrime di gioia e di dolore
In cerca di accoglienza
Sottile
Nella campagna dove i concerti
Hanno più note
Come acini di uva

E se tutto
Oggi si anticipa
Non lascia la musica
Il tempo delle pietre ciclopiche
Per trovare il giusto attacco
E brio

E
Sento quella piccola porzione
Di tempo
O intervallo
O minima melodia d’amore
Da voi studiata

Massimo Privitera

Ogni volta che ti sentivo parlare, Luca, riconoscevo in te l’impronta di Gino Stefani; la stessa che ritrovo, indelebile, dentro di me, e che mi faceva sentire tuo sodale. Ma mi arrivava anche, prepotente, qualcosa di tutto tuo: il soffio di un’intelligenza vibrante, speciale, che ammiravo moltissimo, e “que me ha dado tanto”.
Non avrei voluto, dopo aver detto addio a Gino, doverlo dire anche a te; e fatico a trovare le parole. Mi mancherà moltissimo il confronto con la tua intelligenza. E se anche potrò risentirne l’eco nelle cose che hai scritto, resterà il profondo silenzio della tua assenza. Grazie di tutto, Luca – e “che la terra ti sia (finalmente) lieve”

Giovanna Guardabasso

Alcuni mesi fa Luca mi aveva parlato della sua idea di organizzare un evento per il quarantennale della nostra iscrizione al Dams. Avevo realizzato così quanto tempo fosse passato, quanta vita, quanti cambiamenti, quanta storia avevamo alle nostre spalle.
Oggi lo saluto con una tristezza indicibile e lo ricordo per la sua acutezza, originalità, profondità di pensiero e per l’entusiasmo con cui ha affrontato ogni progetto e ogni nuova impresa.

Maurizio Vitali

Ciao Luca, il percorso della nostra vita, da quando ci siamo incontrati almeno 35 anni fa al DAMS, è stato un contrappunto di appuntamenti, scambi e reciproci rinforzi. Tu, certamente più concentrato sui tuoi studi, attento ad ogni nuova idea e teoria da rimettere in moto nella riflessione comune, io forse (soprattutto in passato) più coinvolto nell’attività organizzativa in campo educativo, culturale e sociale. Ho sempre percepito questa diversità come una grande ricchezza, sei sempre stato attento, curioso, disponibile verso quanto realizzavo, allo stesso tempo ti ricordo tenace e accalorato nel sostenere le tue idee, ma mite, quasi timido nel condividerle. La tua presenza gioviale, premurosa e gentilmente critica, mi è stata cara. Ti lascio in questo ricordo che si scioglie in dolcezza per un amico che se ne va, purtroppo troppo presto.

Lelio Camilleri

Quando un caro amico e un grande studioso come Luca ci lascia, è difficile riuscire a pensare razionalmente. Vengono in mente tanti momenti in cui abbiamo parlato di progetti, partecipato a convegni e concerti oppure di cose della vita quotidiana, sempre con il suo entusiasmo, contagioso e propositivo.
Luca è, non riesco a parlarne al passato, uno studioso importante e singolare, perché il suo campo di studi ha spaziato in molti settori e stili musicali, cogliendo gli aspetti importanti e individuando sempre delle prospettive di analisi interessanti e originali. Anche se il suo lascito intellettuale sarà imprescindibile per chi si vorrà occupare di certi argomenti, è un grande rimpianto che non possa aver continuato a esplorare i suoi territori di ricerca.
Lo studioso e l’amico mancherà a tutta la nostra comunità, sarà insostituibile per i suoi cari a cui va il mio abbraccio caloroso. Non riesco ancora a capacitarmi che non riceverò più una mail o una telefonata in cui Luca mi diceva “Lelio mi è venuto in mente questo progetto ….”.

Marco Beghelli

Un pensiero senza parole, ma intonato sull’intervallo di sesta maggiore ascendente, che tanto ti piaceva.

Dario Martinelli

Caro Luca,
All’inizio eri “quello che ne sapeva a pacchi”. Facevi capolino nei corsi di Gino, e dissertavi con la tua voce sempre molto alta ma mai aggressiva, con poche pause.
Soprattutto, si notava la tua passione.
Sembrava sapessi tutto, e a me studentello sembrava di sapere ancora meno di quanto sapessi. Menzionavi en passant nomi di studiosi che io sentivo per la prima volta, e che mi toccava far finta di conoscere, per non sembrare il più sprovveduto della classe. Poi in realtà veniva fuori che non li conoscevano manco gli altri, e che l’unico che poteva permettersi di darli per scontati eri tu. Erano studiosi e studi di quelli “pesi”, e non erano quasi mai letture facili. Capii che i nomi che citava Gino mi sarebbero serviti per fare l’alternativo – quelli che citavi tu per fare l’autorevole.
Di quell’autorevolezza, e di quel saperne a pacchi, mi sono sempre fidato. Ricordo quando ti chiesi di “Kid A”: non avevo ancora deciso se quella svolta artistica mi convincesse o meno. Così quella sera che ci incontrammo a Bologna chiesi a te: la tua risposta (affermativa) mi fece riascoltare l’album con tutt’altro piglio. Manco a dirlo, è oggi il mio preferito dei Radiohead.
E poi c’è stata quella giornata a casa mia, a Trani, poco prima che mi trasferissi all’estero. Con ospitalità tipicamente pugliese (quella sì, aggressiva), ti gonfiai di focaccia, mozzarelle e burratine come se non ci fosse un domani, finché non mi dicesti “Mi arrendo!”, e ci spostammo in salotto. Notasti il piano, ti accomodasti, ti lanciasti in una cover di “Changes”. Anche lì, a voce alta. Altissima. E pestando sui tasti che Jerry Lee Lewis te spicciava casa.
Soprattutto, si notava la tua passione.
Forse avevi bisogno di sentirtele dire più spesso, queste cose. Ti ammiravamo tutti, ma ti abbiamo dato un po’ per scontato, come facevi tu con i grandi autori, talmente grandi che bastava menzionarne il nome senza elaborare più di tanto.
E invece no, dovevamo elaborare.
Dovevamo dirtelo chiaramente che ne sapevi a pacchi.
Che ci fidavamo della tua autorevolezza.
Che si notava la tua passione.
***

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