In ricordo di Louisa Di Segni-Jaffé
Il 6 dicembre ci ha lasciato Luoisa Di Segni-Jaffé, insegnante, ricercatrice, formatrice in particolare del metodo Jaques-Dalcroze. La ricordiamo postando la dedica delle amiche dell’Associazione Italiana Jaques-Dalcroze che Louisa ha fondato e vivificato per tanti anni col suo prezioso contributo.
Riportiamo alcuni passi della “Introduzione” che Louisa aveva scritto per la pubblicazione del libro Il ritmo, la musica e l’educazione, pubblicato dal Dipartimento Scuola Educazione della RAI – Edizioni ERI nel 1986 (nuova edizione, EDT, 2008).
ESPERIENZE PERSONALI
Dopo aver conseguito, a Londra e a Ginevra, il diploma e l’abilitazione alla formazione di nuovi insegnanti, da 25 anni insegno il metodo in Italia. Mentre nei primi anni della mia attività la concezione dalcroziana era poco conosciuta e apprezzata nel nostro paese, il crescente interesse per la musica e l’introduzione dell’educazione musicale nelle scuole medie inferiori hanno richiamato, da qualche tempo, l’attenzione degli educatori su metodi alternativi a quelli tradizionali.
Pur non essendo questi metodi ancora adottati ufficialmente, un sempre maggior numero di persone cerca di approfondirne la conoscenza, consapevole della loro validità.
La mia attività mi ha portato a lavorare con allievi di ogni età (18 mesi in poi) e di ogni condizione sociale. Ho trovato in loro qualità musicali e creative, spesso latenti inizialmente, che si sono però sviluppate a contatto con un metodo basato sulla valorizzazione delle facoltà umane.
ESPERIENZE CON BAMBINI
Durante i primissimi anni della sua vita il bambino riceve un’impronta determinante per il suo futuro; perciò cominciando sin da allora a metterlo a contatto con la musica e con gli elementi che la costituiscono, gli si dà una maggior possibilità di assimilazione spontanea, tanto che essa entrerà a far parte non solo della sua educazione, ma addirittura della sua personalità.
Tutti i bambini partecipano spontaneamente ad un’attività nella quale è rilevante l’aspetto motorio, proprio perché questo elemento è per loro di ordine istintivo. Più sono piccoli, più la loro musicalità è genuina, non ancora condizionata dai mass-media e dal mondo degli adulti.
Il lavoro con bambini di età prescolare (nido e scuola materna) è estremamente delicato e faticoso, ma molto gratificante. E necessario stabilire un rapporto affettivo e di fiducia, basato sulla comunicazione non verbale, essere sensibili ad ogni sfumatura di umore, sia del singolo che del gruppo, tenere conto dei tempi di concentrazione e dimostrare una continuità didattica molto sicura. Proponendo esercizi adatti all’ età, i bambini si abituano, giocando, ad ascoltare e a reagire allo stimolo sonoro, ad individuare i parametri del suono – timbro, intensità, altezza – a cogliere cambiamenti di velocità e di durate e a prendere coscienza della frase musicale. Le filastrocche e le canzoni infantili tradizionali rappresentano un patrimonio vocale e spesso gestuale che consente al bambino di avvicinarsi a ritmi e melodie organizzati in forme musicali.
Ho osservato spesso che i bambini che hanno ricevuto un’educazione musicale di tipo sensoriale e motorio in età prescolare si trovano in condizione di particolare vantaggio nei confronti degli altri, in quanto la loro esperienza percettiva li ha già familiarizzati col suono e col ritmo.
L’età della scuola elementare è adatta a sviluppare non solo la sensazione percettiva della musica, ma anche quella cognitiva ed analitica. Nell’arco dei cinque anni il bambino attraversa una fase evolutiva estremamente importante per il suo futuro. In questo periodo, grazie alla sua disponibilità e curiosità, si dimostra molto ricettivo ed interessato a scoprire gradualmente il linguaggio sonoro; questa particolare condizione consente di svegliare e sviluppare la sua musicalità e di abituarlo a sentire la musica come parte di sé stesso. Il bambino riesce ad impossessarsi gradualmente degli elementi che compongono la musica, a manipolarli, a organizzarli, a individuarli in diversi contesti, per poi applicarli anche in situazioni differenti.
Mi risulta che nelle classi della scuola elementare molti bambini presentano problemi psico-motori e comportamentali, per cui, pur mantenendo come obiettivo l’educazione musicale, occorre anzitutto prender cura della formazione della personalità. La ritmica può costituire un valido mezzo per sviluppare una struttura spaziale e temporale più equilibrata, migliorare la coordinazione dei movimenti, aiutare la socializzazione, incanalare in maniera costruttiva la creatività, sviluppando al tempo stesso la memoria e la concentrazione.
Dando modo al bambino di conoscersi, controllarsi ed esprimersi egli imparerà a prendere iniziative, ad assumersene la responsabilità, ad effettuare collegamenti, a fare delle scelte, ad osservare e rispettare il prossimo formulando critiche costruttive e a vivere con sicurezza la propria personalità anche all’interno del gruppo.
Quando l’insegnante di scuola elementare non è in grado di impartire un’educazione musicale delega questo compito ad un esperto esterno; in questo caso occorre una stretta collaborazione fra i due operatori e soprattutto una concezione pedagogica omogenea. Nella trasmissione televisiva del DSE [NdR: si fa riferimento alla trasmissione televisiva “Vivere la musica” prodotta nel 1981 e replicata nel 1982 e 1985] si può constatare un’unità didattica nei vari interventi che pone al centro il bambino o il ragazzo, prendendo in considerazione le capacità reali esistenti in lui e presentando le proposte sotto forma di giuoco. In particolare, nel bambino, se il primo contatto è felice, sorge spontaneo il desiderio di approfondire la conoscenza e viene stimolata la curiosità di verificarnegli sviluppi; l’interesse nasce se, affrontando la nuova esperienza, egli si sente a proprio agio e coinvolto. I bambini, quando giocano esercitano un’attività che a loro piace, si impegnano e allo stesso tempo il gioco li aiuta a crescere, formarsi, confrontarsi con gli altri, verificare le proprie possibilità, creare, prendere decisioni e rispettare regole.
E’ per questo che il giuoco può essere assunto a normale attività didattico-educativa, presentando gli argomenti in maniera tale da mantenere sempre viva l’attenzione e da sollecitare una partecipazione attiva.
Nella scuola media inferiore l’educazione musicale è affidata a musicisti che hanno conseguito un diploma di conservatorio. È noto che solo in alcuni di questi istituti esistono cattedre di didattica musicale per cui, in genere, l’educazione musicale è impartita da persone diplomate in uno strumento, ma all’oscuro di nozioni pedagogiche.
In numerosi corsi di aggiornamento ho avuto occasione di lavorare con insegnanti che, trovandosi in questa condizione, erano alla ricerca di una valida metodologia.
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A qualsiasi livello di età il contatto che si crea tra insegnante e allievi costituisce un elemento prezioso che dà luogo ad uno scambio reciproco, stimolante per entrambi. personalmente da esso ho ricevuto un’esperienza costruttiva, sia dal punto di vista umano che professionale che mi ha maturata e per la quale sono grata a tutti gli allievi con i quali ho avuto occasione di lavorare.
Auguro al lettore di ritrovare nel testo, oltre agli aspetti tecnici, anche questa dimensione umana che rende vivo l’insegnamento.