Vent’anni dopo la psicosi del “Baco del millennio”
Chi si ricorda il cambio di millennio rammenterà anche l’apprensione destata in tutto il mondo da quello che era stato denominato “Baco del Millennio”, una potenziale falla nei sistemi informatici che, nelle preoccupazioni di molti, dalla mezzanotte del 1 gennaio 2000, avrebbe mandato in tilt tutti i sistemi informatici del mondo, dando potenzialmente il via ad una serie di eventi a catena impossibili da prevedere e da controllare.
A venti anni di distanza ho riunito il lavoro che avevamo scelto di realizzare in quell’anno scolastico, a partire da alcune idee e invenzioni dei ragazzi, che possiamo leggere sia come una forma di esorcizzazione collettiva del potenziale pericolo, sia come rilettura preadolescenziale di quegli eventi, intessuta di ironia e di senso di liberazione per il pericolo comunque scampato.
Il lavoro in effetti era cominciato in ottobre quando la preoccupazione era abbastanza viva, ma si è poi sviluppato nel corso dei primi sei mesi del 2000 per essere rappresentato a inizio giugno, quando ormai ogni timore era svanito e la psicosi già archiviata.
Così per un intero anno scolastico con due classi di terza media a Tempo Prolungato (in quegli anni felici ciò significava avere un’ora settimanale in più di Musica sia nelle classi Prime che nelle Terze), abbiamo lavorato alla realizzazione di una rappresentazione multimediale per video, azioni teatrali e musica.
Incipit: due ragazze portano in scena un televisore su sui verranno proiettate le immagini che è possibile vedere nel video allegato (in realtà, per questa pubblicazione, ne è stata fatta una sintesi che ha portato la durata originale di quasi cinquanta minuti a poco più di trenta).
Il pubblico osserva il filmato mentre l’orchestra lo interpreta e sonorizza, posizionata alle spalle degli spettatori. In mezzo, davanti e dietro, si snodano alcune brevi azioni teatrali, sospese tra realtà e virtualità.
Questo gioco tra reale e virtuale è messo in scena già dall’inizio quando, come in un gioco di specchi, le due studentesse portano realmente in scena un televisore su cui scorrono le immagini di loro stesse, impegnate nella stessa azione, cioè mentre portano in scena un televisore su cui scorrono le immagini di loro stesse che nello stesso luogo, vestite uguali e coi medesimi tempi portano in scena un televisore su cui scorre la stessa immagine all’infinito… Una sensazione di straniamento coglie quindi il pubblico già dal primo momento e lo accompagnerà per tutto il tempo a seguire fino al termine, tra eventi più divertenti e altri che richiedono maggior concentrazione.
Il protagonista della rappresentazione è il “Baco”, personaggio di finzione, donnaiolo, falsamente pericoloso, che si è deciso di mettere in scena solo attraverso una presenza in video (chi lo interpreta, Stefano, è nella realtà presente in sala solo per suonare).
Il nostro protagonista virtuale è inseguito da quattro personaggi reali e presenti in scena: i due fratelli Blues Brothers, Jake ed Elwood, vestiti ovviamente in nero con cappello e occhiali scuri, decisamente intenzionati a farlo desistere dai suoi nefasti obiettivi di distruzione globale e due belle ragazze (una bionda e una mora), talvolta ammiccanti, talvolta scandalizzate dalle avances poco garbate del Baco, ma sempre puntualmente decise a respingerlo, anche a suon di ceffoni (ceffoni dati al televisore, ma che causano sul monitor alcune reazioni di caduta preregistrate e sincronizzate del protagonista).
Nel corso della rappresentazione sono diverse le interazioni tra il Baco, che agisce dal video, e i personaggi reali che intervengono in sala, e si snodano attraverso brevi gag inserite come intermezzi a separare alcune composizioni/improvvisazioni musicali. Anche per questo motivo diverse scene sono state omesse dal video allegato a questo articolo per la difficile comprensibilità che ne sarebbe conseguita nell’impossibilità di assistere alla rappresentazione nella sua complessità[1].
I filmati proiettati risultavano ispirati dall’occorrenza narrata e sono stati predisposti in classe attraverso un complesso lavoro di selezione e montaggio d’immagini, catturate dai videoregistratori domestici dei ragazzi ai vari palinsesti televisivi del tempo. Sarà probabilmente piacevole per lo spettatore odierno far riemergere dalla propria memoria alcune immagini passate, a partire dai vecchi simboli delle emittenti fino ad alcune sequenze di film e pubblicità ricordate, e cogliere insieme il senso di un lavoro tecnologico che sembra molto lontano nel tempo, ben più dei venti anni cronologici che ci separano dall’evento.
I brani musicali che si snodano sotto i video montati e trasmessi dalla televisione in scena sono tutti composti dai ragazzi, attraverso processi di composizione e improvvisazione collettiva che il docente ha supportato con consigli e qualche intervento di riorganizzazione delle strutture musicali. Alle composizioni e alle performances improvvisate si alternano le esecuzioni integrali o semplici citazioni di due brani estratti dalla colonna sonora del film The Blues Brother, in particolare Everybody Needs Somebody to Love e Peter Gunn Theme.
Composizioni ed esecuzioni coinvolgono gli alunni delle due classi, disposte intere o a gruppi, che si alternano sul palco, dietro al pubblico.
In una scena, omessa nel presente video, Jake ed Elwood si recano lentamente verso il televisore, con in bocca una sigaretta, e danno letteralmente fuoco al Baco con la fiamma prodotta da due accendini. Nonostante le sofferenze, il protagonista riesce a resistere alle vampate di un incendio che lo avvolge. Poco prima i due fratelli Blues lo avevano fatto volare in aria, azionando un mantice da camino applicato ad un lato del televisore. Il Baco aveva resistito anche ad un ulteriore tentativo di annientamento quando i Blues Brothers, muniti di due innaffiatoi, si erano avvicinati al televisore svuotandone il contenuto virtuale, mentre l’effetto preregistrato di graduale riempimento d’acqua dello schermo scorreva sul televisore. Ma come già il fuoco e l’aria, neanche l’acqua era riuscita a mettere definitivamente fuori combattimento il Baco.
La multimedialità è stata ulteriormente amplificata attraverso l’incremento di alcune percezioni tattili e olfattive messe in atto a supporto dell’azione audio-visiva, arricchendo in questo modo il potenziale intersensoriale della rappresentazione. Nella scena delle onde, per esempio, in corrispondenza del salto del delfino fuori dall’acqua, il pubblico presente in sala viene raggiunto “direttamente” dagli spruzzi del tuffo del cetaceo, grazie all’entrata in scena di otto ragazzi con nebulizzatori che diffondono acqua vaporizzata sugli astanti. In altri momenti vengono diffusi in aria dei profumi, anche grazie all’aiuto di alcuni ventilatori posti agli angoli della sala. Lo stesso accade per lo spargimento di bolle di sapone, sopra la testa del pubblico, in corrispondenza alla scena della risata del Baco, qui riportata solo brevemente, in realtà riprodotta volutamente lunghissima, attraverso un montaggio improbabile e innaturale, utile per lasciare il tempo alle bolle di sapone di riempire ogni spazio della sala.
Il valore principale del lavoro resta comunque quello musicale. La riduzione operata dal video originale a quello che viene presentato a corredo di questo scritto è costruita proprio per lasciare il più possibile intatto il valore musicale del lavoro. Le composizioni e le improvvisazioni musicali, nella loro interazione con l’immagine, a volte ricercata a volte volutamente casuale, rimandano a precise scelte estetiche ed etiche condivise in classe. Raramente nei miei lavori passati ho lasciato sia l’elaborazione musicale che la regia del processo così tanto in mano ai ragazzi, in un processo che sono venuto apprezzando sempre di più solo nel corso degli anni.
Ecco allora una breve guida al suono e all’immagine del video,
Dopo un’iniziale e dovuta introduzione, con accenno alla futura presenza risolutiva dei Blues Brothers, il ciclo di suoni e musiche si apre con una prima composizione che ha il compito d’introdurre il tema del pericolo del Baco del millennio per l’umanità. Abbiamo una composizione in stile jazzistico per flauto solista, flauti con funzione di supporto al tema, piano elettrico, basso, batteria e percussioni. La melodia si sviluppa per ampi intervalli generando uno spazio di sonorità modale su cui un alunno affronta una lunga improvvisazione in cui via via vengono meno gli accompagnatori, fino a trovarsi in una situazione di solo completo.
Il secondo ciclo di immagini, dal messaggio insieme drammatico e ironico, supporta una composizione musicale dalle tinte fosche, intessuta di ironia tragica, che guarda dal punto di vista preadolescenziale il mondo che lo circonda: una civiltà che si “trastulla” davanti alla televisione (siamo riportati completamente ad un immaginario di fine ‘900) mentre accumula immondizie di ogni tipo. Il tema dinoccolato e volutamente stonato dei flauti (un estremo intonativo forzato e sbandato come in un approccio di art brut) accresce il potere comunicativo e di denuncia di una realtà inadeguata.
La scena del candelotto di dinamite posto sotto i computer in aula informatica è supportata da un’improvvisazione alla batteria di un alunno che introduce il tema della distruzione che verrà diluito come in una lunga ballata, realizzata a partire da un giro di basso su cui si innesta un tema ripetuto, quasi minimalista. Le micro variazioni che vanno accumulandosi, accrescendo gradatamente il senso del disastro irreparabile, mantengono comunque in essere una certa sensazione di leggerezza, pur nella chiara ineluttabilità e irreversibilità degli eventi narrati.
Siamo al punto massimo di connotazione negativa del messaggio, dove anche la natura sembra favorire lo spirito autodistruttivo dell’uomo. La composizione musicale si sviluppa qui per strumenti a percussione che vanno a costruire una poliritmia che a sua volta introduce, attraverso una sequenza di tre note al sintetizzatore, uno sviluppo musicale fatto di micro melodie ripetitive. Ma, anche grazie al supporto di un’immagine di natura potenzialmente benigna, cominciano a intravvedersi possibilità per una fine diversa. La battaglia col Baco è nel suo pieno svolgimento.
Questo potere benigno della natura, che per estensione diventa anche dell’uomo, si esprime in una musica che rimanda fortemente al senso purificatore dell’acqua, simbologia che in musica viene evidenziata da una composizione che valorizza principalmente la dimensione timbrica dei singoli suoni e un tema cantabile, prima dal flauto da solo e poi dall’insieme di flauti, su un tappeto di suoni elettronici e percussivi. La linea ascendente della melodia rimanda a questa ricerca di purezza incontaminata, quasi una ricerca spirituale. Le percussioni giocano su un accompagnamento realizzato con effetti di rimbalzo su cui il tema sobbalza continuamente, evocando ampi scenari attraverso spazi disegnati anche grazie ad un utilizzo moderato di effetti del mixer.
Dopo il buffo intermezzo, col tentativo di annegamento del Baco da parte dei Blues Brother, riprende la grande celebrazione musicale. La purificazione passa ancora attraverso gli elementi naturali: prima il fuoco e il calore, con un tema fortemente atonale ammorbidito dal suono del basso elettrico, che rinvia a sua volta ad un secondo tema eseguito all’unisono da flauto e tastiera, che a loro volta “lanciano” l’elemento terrestre. La terra viene descritta musicalmente con ritmo e velocità attraverso sonorità africane leggere e rapide, mentre l’immagine guida ad una sorta di identificazione col mondo animale, principalmente animali che corrono (questa parte risulta quella maggiormente tagliata nel filmato a causa di problemi tecnici). Il rapporto con il mondo animale e naturale si rafforza con la tessitura minimalista finale in cui alcuni temi si sovrappongono seguendo il principio dell’aumento della velocità esecutiva e generando situazioni di diversa densità sonora che introducono al tema finale dei Blues Brother.
Ecco: il finale. Scelta tra le molte possibili e fantastiche proposte dai ragazzi, la conclusione del film vede il Baco (all’apparenza immortale) immobilizzato come in un film Western, in quelle scene di tortura in cui i personaggi vengono seppelliti vivi con tutto il corpo ad eccezione del capo, per essere lasciati finire sotto l’influsso degli eventi naturali.
Le domande volutamente ambigue lasciate agli spettatori di allora ci sembra possano essere le stesse anche per lo spettatore odierno. Quale sarà stata la fine del Baco? Sarà stato sconfitto? Ce ne saremo liberati per sempre? Osservando bene la smorfia dell’ultimo fotogramma si potrebbe nutrire più di qualche dubbio. A vent’anni di distanza siamo quindi potenzialmente ancora sotto il pericolo delle sue funeste minacce? Non lo sappiamo, ma mantenendo l’irriverenza e la provocatorietà di questo lavoro didattico ci verrebbe da dire di sì. In ogni caso meglio rimanere attenti e vigili, considerata l’innata tendenza del genere umano ad escogitare sempre nuove soluzioni per cercare di garantirsi l’estinzione.
[1] Il materiale originale è composto dalla sequenze filmica e dalle riprese in sala dell’evento che non vengono riprodotte per mancanza di permessi all’utilizzo delle immagini. Solo il protagonista mi ha fornito il consenso all’utilizzo delle sue immagini… l’ho incontrato di recente in quanto oggi è papà di una mia alunna.