Le dinamiche del canto e la costruzione dell’intonazione
Apparentemente l’essere intonato o stonato non è una variabile che cambia il destino dell’uomo. Ben altre sembrano le condizioni in grado di rendere la vita migliore e più soddisfacente. La prestanza fisica, l’intelligenza, la capacità di entrare empaticamente in contatto con gli altri sembrano infatti essere fattori naturali macroscopicamente più efficaci per la riuscita individuale. Raggiungere un adeguato grado di intonazione musicale sembra invece essere proprio un dato fra i più trascurabili. Eppure, nel destino personale di ogni singolo individuo, l’essere stonato pesa come un macigno. Esso appare come una maledizione piovuta dal cielo, un’anomalia, un handicap in grado di infliggere tante piccole infelicità. Il sentirsi dire dagli amici sulla spiaggia in età adolescenziale, mentre si canta accompagnandosi con la chitarra, «Mamma mia, quanto sei stonato!», o il sentirsi dire da bambino da un insegnante che sta preparando il coro scolastico «Zitto tu, che sei stonato» o, peggio ancora, «Fa’ finta di cantare», dà origine a tante piccole frustrazioni che insidiano l’autostima, minano il grado di inserimento sociale, minacciano lo sviluppo delle potenzialità espressive, compromettono, più specificatamente, la possibilità di fare della musica un proprio canale di estrinsecazione della personalità, vuoi sul piano amatoriale, che su quello lavorativo. […]
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