Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Comporre musica con bambini e ragazzi dentro e fuori la scuola

Indicazioni metodologiche

“Una volta chiesi timidamente al mio insegnante di Teoria il permesso di mostrargli alcune mie composizioni. Risposta: «Solo quando saremo pronti con lo studio dell’Armonia». Che questi fosse uno stupido, l’avrei compreso più avanti. Inizialmente il colloquio m’intristì, ma naturalmente continuai a comporre, anche senza aiuto. E ciò non va bene per niente“.

Il raccontino adolescenziale dell’illustre compositore e pubblicista tedesco Diether De La Motte suggerisce due domande preliminari sulla didattica della composizione, sia essa riferita ad ambiti supposti “specialistici”, come i corsi di composizione presenti nei Conservatori, o ad attività creative “di base”, inserite più o meno sporadicamente nella scuola dell’obbligo con finalità educative generali e nella recente scuola secondaria inferiore ad indirizzo musicale come supporto all’apprendimento della teoria/analisi e alle attività musicali d’insieme:

  • È necessario essere seguiti da un insegnante per apprendere la composizione?
  • Può esistere una pratica compositiva consapevole senza la conoscenza preliminare di teorie, regole e sistemi astratti, analiticamente ricavati nel corso dei secoli dall’opera della koinè artistica di appartenenza?

Questioni invero alquanto complesse e tali da non ammettere il ricorso a luoghi comuni.
La risposta negativa alla seconda domanda implica quasi necessariamente una risposta positiva alla prima (solo l’insegnante esperto può sintetizzare e interpretare il parco di regole la cui corretta applicazione “piega la mano” del giovane allievo-compositore), mentre, al contrario, ammettere che si possa comporre liberamente inventando e improvvisando o creandosi un codice privato, sia esso individuale o collettivo, rende marginale la figura del “maestro” (anche se non la esclude). Del resto, la musica praticata in Occidente negli ultimi cento anni, tanto per non scomodare culture ‘altre’, ha negli improvvisatori del Jazz e nei raffinati costruttori di codici privati della produzione colta, cosiddetta “contemporanea”, dei credibili rappresentanti di una concezione del comporre svincolata da regole, tecniche e strumenti esterni (e spesso estranei) alla volontà e all’atto creativo. […]

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