In ricordo di Philip Tagg
Giovedì 9 maggio 2024 è morto Philip Tagg, musicologo, fondatore della IASPM (la International Association for the Study of Popular Music); aveva compiuto ottant’anni a febbraio. L’impatto rivoluzionario che ha avuto sullo studio della popular music in tutto il mondo è stato riconosciuto da subito come essenziale nello sviluppo di una disciplina che, fino alla seconda metà degli anni Settanta, in buona sostanza non esisteva. Fu dal 1981, con la prima conferenza di studi sulla popular music e la conseguente fondazione della IASPM (nonché della rivista Popular Music edita da Cambridge University Press), che lui e altri pionieri del campo hanno dato vita a un ambito di studi che, da allora, non ha fatto altro che ampliarsi (in alcuni paesi più che in altri).
L’analisi musematica (un musema è l’unità minima di significazione musicale, termine coniato da Charles Seeger nel 1960), da lui ampliata nella sua tesi di dottorato sulla sigla del telefilm Kojak (1979) e nella successiva analisi di «Fernando» degli Abba (1992), è diventata uno dei metodi fondamentali per l’analisi della popular music (fino ad allora considerata quasi esclusivamente dal punto di vista sociologico e non musicale, in quanto “inferiore” e musicalmente “povera”). L’influenza che il suo lavoro ha avuto su più di una generazione di studiosi è dichiarata ed evidente.
In Italia i suoi saggi sono stati tradotti sia su riviste scientifiche che su volume: i due lavori citati in precedenza, insieme ad altri, furono pubblicati nel 1994 da Clueb, in una traduzione di Luca Marconi e Roberto Agostini; il suo volume di teoria della popular music, La tonalità di tutti i giorni, è uscito in italiano nel 2011, mentre il suo ultimo tomo di semiotica della musica, Music’s Meanings (2013), è stato tradotto ma non ancora pubblicato nel nostro paese.
Instancabile e appassionato, come può confermare chiunque lo abbia conosciuto, non ha limitato la sua produzione alla “sola” scrittura, anzi: alcuni dei suoi lavori più brillanti sono video (pubblicati inizialmente su YouTube e poi, per ragioni di diritto d’autore, su quella caverna dei tesori che è il suo sito). Video di music edutainment che con grande cultura, senso dell’ironia, chiarezza espositiva e brillantezza comunicativa sviscerano temi centrali riguardanti la musica di tutti i giorni ancora oggi negletti. Un tentativo, a dire il vero non tra molti, di sviluppare non solo una musicologia del popular, ma una musicologia popolare.
Quanto Tagg ha fatto e ha significato per gli studi sulla popular music e la semiotica della musica, però, non può essere compreso appieno se non si tiene conto del suo percorso umano e professionale, del quale rende conto all’inizio di Music’s Meanings. Egli è stato, prima di ogni altra cosa, un didatta. Il suo lavoro è sempre stato quello dell’insegnante – prima di inglese in Svezia, poi di musica nelle università di Göteborg, Montréal e Liverpool. Il suo primo scritto “formale” è una dissertazione per il diploma in didattica della musica ottenuto dall’Università di Manchester nel 1966, dal titolo «Pop Music as a Possible Medium in Secondary School Education» (disponibile per il download gratuito sul suo sito).
In un contesto molto conservatore, in cui l’educazione musicale consisteva essenzialmente in esercitazioni corali, Tagg faceva ascoltare il terzo movimento della Musica per archi, percussioni e celesta di Bartók facendo immaginare ai ragazzi scenari horror (quattordici anni prima di Kubrick con Shining) – un lavoro che, nelle intenzioni, anticipa le conclusioni sulle competenze non formalizzate di ascolto (oggi le chiamiamo così, ma nel 1966 questi termini non esistevano) di un altro fondamentale studioso a lui vicino, Gino Stefani, in particolare il suo La competenza musicale del 1982. L’influenza tra i due è stata proficua e abbondante negli anni.
Quale che sia il lavoro di Tagg con cui si ha o si ha avuto a che fare, sono la sua cristallina capacità comunicativa e l’appassionata volontà di raggiungere quante più persone possibili (quanti studiosi mettono a disposizione gratuitamente i propri video e, a offerta libera, i propri libri?) i punti che lo rendono così importante e d’esempio per chiunque si occupi di musica. Era ciò di cui c’era e c’è bisogno non solo negli studi sulla popular music, ma negli studi sulla musica e nella didattica della musica in generale. Al di là di conclusioni e metodologie, il suo è stato un esempio di cui tutti devono e dovranno tenere conto.