Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Lucia Festival

Redazione

Viaggio dentro le arti possibili delle storie audio

Questa settimana la redazione di Musicheria propone una sorta di  “guida all’ascolto” di alcune  audio-storie provenienti da tutto il mondo e andate in onda all’interno della quinta edizione del “Lucia Festival” a Firenze, lo scorso dicembre.  Questo particolare e affascinante Festival fa del mondo dell’audio e delle produzioni sonore un intreccio di saperi artistici, performances, dibattiti culturali e incontri di arte contemporanea sulle più sfaccettate declinazioni del suono, della radio e del podcast e – cosa ancora più importante –  cerca di mettere insieme professionist* del settore e comunità, pensando al coinvolgimento di tutte le generazioni che la rappresentano.

Nel nostro peregrinare all’interno di questo meraviglioso e insolito Festival, lo scorso dicembre, abbiamo potuto ascoltare e vivere la dimensione sonora di sorprendenti e complesse audio-storie ibridate alla dimensione cinematografica, dentro una sala al buio, con sottotitoli in inglese o in italiano che apparivano sullo schermo, a seconda della provenienza italiana o internazionale.

La quinta edizione del Lucia Festival, promossa da Radio Papesse si è svolta a Firenze, dal 12 al 15 dicembre, presso il Cango Cantieri Goldonetta e il cinema Astra. Un’esperienza estetica e comunitaria davvero coinvolgente che fa dell’ascolto di una produzione audio un dispositivo di arte contemporanea a tutti gli effetti.

In un’intervista ad Artibrune, le fondatrici Carola Haupt e Ilaria Gadenz, raccontano:

“L’idea di una radio legata a un centro per l’arte contemporanea ‘era nell’aria’, basti pensare che nel 2003 Alanna Heiss fonda Clocktower Radio (WPS1) per MoMa PS1a New York, nel 2006 al MacBa di Barcellona nasce RWMA…e in quegli stessi anni tra la fra fine degli anni ‘90 e inizio 2000 il discorso sulla sound art riacquista visibilità nel mondo dell’arte contemporanea e nel mondo esplodono le prime webradio. Per Radio Papesse nasce tutto da un incontro fortuito di tre ragazzi con un Centro per l’arte contemporanea e un direttore illuminato: a metà anni 2000 eravamo tre studenti dell’Università di Siena (Carola Haupt, Ilaria Gadenz e Cristiano Magi) con la passione per l’arte e per la ricerca sonora. Marco Pierini all’epoca era il direttore del Palazzo delle Papesse e – in modo forse un po’ folle – si è innamorato dell’idea di creare all’interno di un Centro per l’arte contemporanea una web radio dedicata alla dimensione sonora del contemporaneo e alla narrazione dell’arte e così, dopo un paio di anni di gestazione, nel 2006 viene lanciato il sito radiopapesse.org“.

Il Lucia Festival è la diretta emanazione di una tale scommessa, con l’ambizione di fare incontrare artisti e professionist* del settore con una comunità intergenerazionale (famiglie, bambini, adolescenti, giovani, operatori culturali, insegnanti, viandanti curiosi) attratta da eventi culturali sonori, considerati e presentati con la stessa cura delle Mostre d’arte,  attraverso una serie appuntamenti previsti, disseminati per la città di Firenze:  incontri e dibattiti con workshop e seminari, masterclass con la possibilità di realizzare le proprie produzioni radio seguiti dai mentori e professionist*di fama internazionale,  sessioni live di ascolto di podcast sperimentali o recuperati dagli archivi radio di tutto il mondo, soundwalks, spettacoli e performances con al centro oggetti sonori non sempre – fortunatamente – classificabili in una forma precisa.
Radio Papesse ha deciso di inserire nella piattaforma online del Festival la maggior parte di questi progetti sonori, nella loro versione integrale e originale.

Abbiamo deciso, come Musicheria, di “comporre” una guida all’ascolto recuperando le sinossi di tutte le audio-narrazioni, in modo che possiate orientarvi e scegliere cosa ascoltare. Essendo in lingua originale, vi sono diversi contributi con i sottotitoli in italiano che però nulla tolgono ad una intensa esperienza di ascolto, consigliata vivamente con l’ausilio di cuffie o auricolari e magari “al buio”, da soli o in compagnia, con la possibilità di poterne discutere insieme, ad ascolto ultimato.

Vale davvero il viaggio e l’ascolto di tutti i contributi che  – tra il recupero di una tradizione fiorente dell’audio-narrazione e soprattutto sperimentando vie di produzione profondamente innovative nella forma o nel contenuto, rendono artisticamente accessibili e sostenibili i tempi e gli spazi di un mondo che cambia e si trasforma, generando nuovi interrogativi sul senso di quello che ci accade come comunità interconnesse. Ascoltare storie di siffatta composizione e sensibilità artistica, fa davvero bene e ci mette in contatto anche con diversi temi e fuochi emersi durante il nostro trentennale come CSMDB, tra cui, in ordine sparso:

  • le connessioni sonore, ecologiche, filosofiche ed esistenziali con i regni organici e inorganici (animali, vegetali, minerali);
  • il recupero del suono come canale di apprendimento alla base di qualsivoglia epistemologia;
  • gli archivi orali contemporanei per ricostruire e restituire la Storia e le storie complesse delle comunità coinvolte, depotenziando il più possibile la narrazione in terza persona a senso unico e incrementando le polifonie di punti di vista e di ascolto;
  • la/le fonosfere come elemento cardine possibile di una narrazione audio, rivolta a tutte le generazioni;
  • l’importanza della composizione, in una narrazione sonora, che recuperi strutture e stilemi musicali, come il ritmo, la melodia e i giochi armonici tra suono, musica, parola, silenzio.

 

Buoni “nuovi” ascolti

Mappa degli ascolti

Reality looks back di Anne Jeppesen – Quando osserviamo una particella, questa si comporta come una particella.
Ma quando distogliamo lo sguardo, fa tutt’altro. E questo è un dato di fatto. È stato stabilito dai fisici quantistici più di cento anni fa e da allora è stato provato migliaia di volte. Le particelle reagiscono direttamente alla nostra percezione.
Possiamo dedurre che ciò significa che la realtà “sa” che stiamo guardando e che agisce di conseguenza? Cosa o chi fa sì che la realtà si comporti così? Che cos’è la “realtà”? In questo un documentario sul tessuto stesso della realtà, Anne Jeppesen ripercorre come un osservatore silenzioso i modi in cui noi umani diamo senso al mondo.
È una storia di particelle da salotto, di déjà vu e del paradosso di Schrödinger.The only animal that can speak? di Katie Revell –  Chi e cosa riteniamo capace di avere voce e degno di essere ascoltato? E come il nostro modo di ascoltare influisce sulla capacità di sentire le conversazioni che si svolgono intorno a noi? Samar Nasrullah Khan è un filosofo il cui lavoro si concentra sullo sviluppo di strategie per “ascoltare l’altro – l’umano, il non umano, la cosa”. Questo documentario creativo esplora il lavoro di Samar nell’ascoltare le mucche e con le mucche, e le esperienze che hanno plasmato il loro fascino sulle idee di voce.

La grande famiglia di Cristiano Barducci –  Anni ‘50, una radio di New York crea La grande famiglia, un programma per italoamericani sponsorizzato da un’azienda di pomodoro. Il meccanismo è semplice, ma geniale: in un mondo senza telefono chiunque, in cambio di dieci etichette come prova d’acquisto, può avere l’occasione di ascoltare le voci dei parenti rimasti in Italia.Nel 2022 Cristiano scopre che in America esistono migliaia di dischi con le registrazioni dello show, mandati in ricordo dalla radio alle famiglie partecipanti. Inizia così una ricerca che riannoda i fili di memorie personali e collettive, a partire da uno straordinario archivio sonoro.

Il paese dei pazzi di Michela Mancini – Questa è la storia di un antico manicomio e del luogo in cui è nato, Girifalco, un paese calabrese di seimila anime. L’ospedale psichiatrico, fondato nel 1881, e gli abitanti del borgo hanno da sempre avuto un rapporto simbiotico. Grazie alle pratiche di “open doors” avviate già nei primi del Novecento, i pazienti ritenuti meno gravi giravano liberamente per le strade del paese. Follia e normalità si sono così fuse in un particolare affresco che nei secoli ha fatto conoscere Girifalco in Italia e nel mondo come “Il Paese dei Pazzi”.Gli abitanti, ben lontani dal vivere come uno stigma quell’appellativo, vanno assai fieri delle loro identità. Cosa succede però a quel piccolo borgo quando il manicomio viene chiuso e i “i matti” se ne vanno? E poi un matto è sempre matto anche se nessuno lo chiama più così?Cosa siamo quando smettono di chiamarci con il nostro solito nome?

Potovanje na robu noči di Mojca Delač, Luka Hvalc, Saška Rakef Perko e Evgen Bavčar –  Il dottor Evgen Bavčar ha un rituale speciale. Da oltre quarant’anni, nelle notti di maggio, registra il canto dell’usignolo nella sua città natale di Lokavec, vicino ad Ajdovščina, in Slovenia. Al riparo della notte, come in duetto e in collaborazione con l’usignolo, la storia di Lokavec si trasforma nel racconto di come gli usignoli vengano accecati per farli cantare in perpetuo, una riflessione sulla cecità come castrazione sociale, sulle vicinanze e le distanze esistenziali, sulla posizione dei ciechi nel tempo e sulla domanda: perché il piacere della notte non dovrebbe essere uguale al piacere del giorno? L’usignolo dice al dottor Bavčar che non è solo al buio. Ma questa non è solo la storia della loro coesistenza. “Quando per molti anni ho registrato l’usignolo, qui e in altri luoghi, un amico mi ha indicato il libro Villa San Michele di Axel Munthe (1929). Sono rimasto colpito dal testo, ho iniziato ad ascoltare gli usignoli in modo completamente diverso; anche se sapevo già che in alcuni luoghi gli uccelli vengono accecati, sia usignoli che altre specie, per far loro credere che sia sempre notte”, racconta Evgen Bavčar, spiegando come sia stato ispirato da questo vecchio testo e come sia nato il suo interesse per gli uccelli. Il viaggio notturno verso il sorgere del giorno solleva profonde domande sull’esistenza umana, sulle differenze, sullo sfruttamento, sulla lotta per la giustizia, sull’ambiente, sulla libertà e sull’intimo desiderio di dualità, sul Sole e su una nuova primavera.

Et si Ganda s’était sauvé di Chloé Despax “Et si Ganda s’avait sauvé” (E se Ganda fosse scappato?) è una storia di fantasia basata sul passaggio (reale) di Ganda, un rinoceronte indiano, sull’isola di If nel 1516. Sulla base di questo sorprendente fatto storico e del viaggio forzato del rinoceronte, un gruppo di bambini di Marsiglia e le artiste Chloé Despax e Sarah Cheveau hanno immaginato che Ganda possa essere scappato e abbia scoperto le insenature di Marsiglia con i loro abitanti: cetrioli di mare, meduse, calamari… senza dimenticare i famosi gabbiani.

9999 Una grande vita lunga di Giovanni Cioni – “Mi auguravano una grande vita lunga”, dice Giovanni Farina. Fino al 31 dicembre 9999. Giovanni Farina è stato ergastolano. Fine Pena Mai. Giovanni Farina è sopravvissuto all’ergastolo al quale era stato condannato. Giovanni Farina è sopravvissuto alla sua leggenda, quella dell’imprendibile bandito Farina, indicato come la mente del sequestro di Giuseppe Soffiantini, uno degli ultimi e più clamorosi sequestri di persona, nel 1998. Gli avevano detto che non avrebbe più rivisto i suoi monti, i Monti della Calvana, gli chiedevano se non aveva capito che doveva morire in carcere. Questi Monti della Calvana dove Giovanni Farina è cresciuto, sono i monti dove il cineasta Giovanni Cioni è tornato a vivere, proprio negli anni del sequestro Soffiantini, che è stato nascosto qui.  È su questi monti, in una casa non lontana dalla sua casa abbandonata, che Giovanni Farina e Giovanni Cioni si ritrovano per questa conversazione –e si ritrovano proprio il giorno in cui Farina finisce di scontare la sua pena. Il giorno in cui sarebbe libero. Sarebbe, dice. Un viaggio sonoro e cinematografico –di immagini sonore come delle reminiscenze. Le parole ripercorrono una vita, la rivivono. Ci portano lontano nel tempo –la sua infanzia di pastore sardo in Toscana, il clima di sospetto e di criminalizzazione con il quale si scontra, i primi arresti e le fughe, la famiglia dispersa. Le parole ci portano lontano nello spazio – nella giungla del Venezuela, in Australia, nella caverna dei lunghi anni di isolamento. Le parole –negli anni di carcere per sopravvivere Giovanni ha iniziato a usare le parole, a scrivere testi, racconti, poesie, di uno splendore struggente per lottare contro l’oscurità. Nelle parole di Giovanni c’è l’ostinazione alla vita, una vita dispersa da ritrovare.

Theremin. Una storia segreta di Johann Merrich – Gli studiosi delle società antiche sono stati tra i primi a riconoscere l’importanza della cultura materiale: gli artefatti delle civiltà perdute si sono rivelati strumenti fondamentali per ricostruire la vita di popolazioni scomparse. Ma i metodi interdisciplinari dello studio della cultura materiale sono applicabili anche alle società moderne: tutti gli artefatti riflettono le convinzioni dei loro inventori, degli acquirenti, dei committenti e, per estensione, della società più ampia di cui fanno parte. Nato nella Russia post-zarista e commercializzato negli Stati Uniti durante la Grande Depressione, il Theremin è un artefatto che appartiene alla classe dei dispositivi, una categoria svantaggiata dello studio della cultura materiale contemporanea perché chi si occupa di storia dei dispositivi tende quasi sempre a concentrarsi su aspetti funzionali e meccanici, trascurando le interpretazioni culturali degli oggetti. Quella di questo racconto è la storia segreta del Theremin – il dispositivo musicale – o è  la storia segreta di Theremin, l’inventore dell’omonimo strumento? E siamo sicuri che sia possibile raccontare una storia senza sconfinare nell’altra? Per troppo tempo, la storia della musica tecnologica e dei suoi dispositivi è stata spinta a enfatizzare le classificazioni tassonomiche a scapito del contesto sociale. La mancanza di interesse per l’ambiente che circondava la genesi e lo sviluppo dei dispositivi musicali elettronici ha comportato la perdita di molti significati e storie importanti, come quelle del debutto di Clara Rockmore, di Paul Robeson o di Lavinia Williams. Theremin, una storia segreta esplora la storia sociale di un dispositivo, evidenziando la necessità di un approccio interdisciplinare nel racconto storico per ricordare che ricominciare a porsi domande può essere un buon modo per iniziare a scrivere una nuova storia.

Prima Persona Plurale di Perla Sardella. Nel 2022 Radio Papesse – in collaborazione con la Fondazione Archivio Diaristico Nazionale – ha lanciato la III edizione del PREMIO LUCIA per la produzione audio, dedicandolo a cinque diari che parlano di corpi, di identità multiple e mutevoli, di sconfinamenti, sfide e rotture. Tra i cinque diari proposti per l’adattamento audio, Perla Sardella ha scelto di lavorare sulla storia di Tania Ferrucci.
Nei miei okki è il diario di Tania Ferrucci da cui parte questo Prima Persona Plurale. È un diario che va letto e guardato, più che ascoltato.
Tania SCRIVE COSÌ e a volte kosì!!!!!!! A volte dimentica di chiudere le frasi con il punto, come invece ci insegnano a scuola. Tania scrive di un’esistenza senza regole e la sua scrittura lo riflette.
Come si traduce nella forma sonora questa sperimentazione di lettere strambe, di mancanza di punteggiatura e di maiuscoli decisi a sottolineare qualcosa? Tania è libera dalla punteggiatura, libera di usare il MAIUSCOLO se crede di dover urlare o di voler cambiare tono.
In Prima Persona Plurale – progetto con cui Perla Sardella ha vinto il Premio Lucia 2022 –  le sue parole diventano tante persone che le leggono e le interpretano, nei più disparati modi, ma tutte insieme in un’unica stanza: un grande spettacolo dal vivo, una gara di slam poetry in cui nessuno però vince, un’unica registrazione ininterrotta interpretata da sei performer e sonorizzata dal vivo.

Credits:

Lucia Festival

Intervista alle fondatrici di Radio Papesse su Artribune

 

 

 

Nel nostro peregrinare all’interno di questo meraviglioso e insolito Festival, lo scorso dicembre, abbiamo potuto ascoltare e vivere la dimensione sonora di sorprendenti e complesse audio-storie ibridate alla dimensione cinematografica, dentro una sala al buio, con sottotitoli in inglese o in italiano che apparivano sullo schermo, a seconda della provenienza italiana o internazionale.

La quinta edizione del Lucia Festival, promossa da Radio Papesse si è svolta a Firenze, dal 12 al 15 dicembre, presso il Cango Cantieri Goldonetta e il cinema Astra. Un’esperienza estetica e comunitaria davvero coinvolgente che fa dell’ascolto di una produzione audio un dispositivo di arte contemporanea a tutti gli effetti.

In un’intervista ad Artibrune, le fondatrici Carola Haupt e Ilaria Gadenz, raccontano:

“L’idea di una radio legata a un centro per l’arte contemporanea ‘era nell’aria’, basti pensare che nel 2003 Alanna Heiss fonda Clocktower Radio (WPS1) per MoMa PS1a New York, nel 2006 al MacBa di Barcellona nasce RWMA…e in quegli stessi anni tra la fra fine degli anni ‘90 e inizio 2000 il discorso sulla sound art riacquista visibilità nel mondo dell’arte contemporanea e nel mondo esplodono le prime webradio. Per Radio Papesse nasce tutto da un incontro fortuito di tre ragazzi con un Centro per l’arte contemporanea e un direttore illuminato: a metà anni 2000 eravamo tre studenti dell’Università di Siena (Carola Haupt, Ilaria Gadenz e Cristiano Magi) con la passione per l’arte e per la ricerca sonora. Marco Pierini all’epoca era il direttore del Palazzo delle Papesse e – in modo forse un po’ folle – si è innamorato dell’idea di creare all’interno di un Centro per l’arte contemporanea una web radio dedicata alla dimensione sonora del contemporaneo e alla narrazione dell’arte e così, dopo un paio di anni di gestazione, nel 2006 viene lanciato il sito radiopapesse.org“.

Il Lucia Festival è la diretta emanazione di una tale scommessa, con l’ambizione di fare incontrare artisti e professionist* del settore con una comunità intergenerazionale (famiglie, bambini, adolescenti, giovani, operatori culturali, insegnanti, viandanti curiosi) attratta da eventi culturali sonori, considerati e presentati con la stessa cura delle Mostre d’arte,  attraverso una serie appuntamenti previsti, disseminati per la città di Firenze:  incontri e dibattiti con workshop e seminari, masterclass con la possibilità di realizzare le proprie produzioni radio seguiti dai mentori e professionist*di fama internazionale,  sessioni live di ascolto di podcast sperimentali o recuperati dagli archivi radio di tutto il mondo, soundwalks, spettacoli e performances con al centro oggetti sonori non sempre – fortunatamente – classificabili in una forma precisa.
Radio Papesse ha deciso di inserire nella piattaforma online del Festival la maggior parte di questi progetti sonori, nella loro versione integrale e originale.

Abbiamo deciso, come Musicheria, di “comporre” una guida all’ascolto recuperando le sinossi di tutte le audio-narrazioni, in modo che possiate orientarvi e scegliere cosa ascoltare. Essendo in lingua originale, vi sono diversi contributi con i sottotitoli in italiano che però nulla tolgono ad una intensa esperienza di ascolto, consigliata vivamente con l’ausilio di cuffie o auricolari e magari “al buio”, da soli o in compagnia, con la possibilità di poterne discutere insieme, ad ascolto ultimato.

Vale davvero il viaggio e l’ascolto di tutti i contributi che  – tra il recupero di una tradizione fiorente dell’audio-narrazione e soprattutto sperimentando vie di produzione profondamente innovative nella forma o nel contenuto, rendono artisticamente accessibili e sostenibili i tempi e gli spazi di un mondo che cambia e si trasforma, generando nuovi interrogativi sul senso di quello che ci accade come comunità interconnesse. Ascoltare storie di siffatta composizione e sensibilità artistica, fa davvero bene e ci mette in contatto anche con diversi temi e fuochi emersi durante il nostro trentennale come CSMDB, tra cui, in ordine sparso:

  • le connessioni sonore, ecologiche, filosofiche ed esistenziali con i regni organici e inorganici (animali, vegetali, minerali);
  • il recupero del suono come canale di apprendimento alla base di qualsivoglia epistemologia;
  • gli archivi orali contemporanei per ricostruire e restituire la Storia e le storie complesse delle comunità coinvolte, depotenziando il più possibile la narrazione in terza persona a senso unico e incrementando le polifonie di punti di vista e di ascolto;
  • la/le fonosfere come elemento cardine possibile di una narrazione audio, rivolta a tutte le generazioni;
  • l’importanza della composizione, in una narrazione sonora, che recuperi strutture e stilemi musicali, come il ritmo, la melodia e i giochi armonici tra suono, musica, parola, silenzio.

 

Buoni “nuovi” ascolti

Mappa degli ascolti

Reality looks back di Anne Jeppesen – Quando osserviamo una particella, questa si comporta come una particella.
Ma quando distogliamo lo sguardo, fa tutt’altro. E questo è un dato di fatto. È stato stabilito dai fisici quantistici più di cento anni fa e da allora è stato provato migliaia di volte. Le particelle reagiscono direttamente alla nostra percezione.
Possiamo dedurre che ciò significa che la realtà “sa” che stiamo guardando e che agisce di conseguenza? Cosa o chi fa sì che la realtà si comporti così? Che cos’è la “realtà”? In questo un documentario sul tessuto stesso della realtà, Anne Jeppesen ripercorre come un osservatore silenzioso i modi in cui noi umani diamo senso al mondo.
È una storia di particelle da salotto, di déjà vu e del paradosso di Schrödinger.The only animal that can speak? di Katie Revell –  Chi e cosa riteniamo capace di avere voce e degno di essere ascoltato? E come il nostro modo di ascoltare influisce sulla capacità di sentire le conversazioni che si svolgono intorno a noi? Samar Nasrullah Khan è un filosofo il cui lavoro si concentra sullo sviluppo di strategie per “ascoltare l’altro – l’umano, il non umano, la cosa”. Questo documentario creativo esplora il lavoro di Samar nell’ascoltare le mucche e con le mucche, e le esperienze che hanno plasmato il loro fascino sulle idee di voce.

La grande famiglia di Cristiano Barducci –  Anni ‘50, una radio di New York crea La grande famiglia, un programma per italoamericani sponsorizzato da un’azienda di pomodoro. Il meccanismo è semplice, ma geniale: in un mondo senza telefono chiunque, in cambio di dieci etichette come prova d’acquisto, può avere l’occasione di ascoltare le voci dei parenti rimasti in Italia.Nel 2022 Cristiano scopre che in America esistono migliaia di dischi con le registrazioni dello show, mandati in ricordo dalla radio alle famiglie partecipanti. Inizia così una ricerca che riannoda i fili di memorie personali e collettive, a partire da uno straordinario archivio sonoro.

Il paese dei pazzi di Michela Mancini – Questa è la storia di un antico manicomio e del luogo in cui è nato, Girifalco, un paese calabrese di seimila anime. L’ospedale psichiatrico, fondato nel 1881, e gli abitanti del borgo hanno da sempre avuto un rapporto simbiotico. Grazie alle pratiche di “open doors” avviate già nei primi del Novecento, i pazienti ritenuti meno gravi giravano liberamente per le strade del paese. Follia e normalità si sono così fuse in un particolare affresco che nei secoli ha fatto conoscere Girifalco in Italia e nel mondo come “Il Paese dei Pazzi”.Gli abitanti, ben lontani dal vivere come uno stigma quell’appellativo, vanno assai fieri delle loro identità. Cosa succede però a quel piccolo borgo quando il manicomio viene chiuso e i “i matti” se ne vanno? E poi un matto è sempre matto anche se nessuno lo chiama più così?Cosa siamo quando smettono di chiamarci con il nostro solito nome?

Potovanje na robu noči di Mojca Delač, Luka Hvalc, Saška Rakef Perko e Evgen Bavčar –  Il dottor Evgen Bavčar ha un rituale speciale. Da oltre quarant’anni, nelle notti di maggio, registra il canto dell’usignolo nella sua città natale di Lokavec, vicino ad Ajdovščina, in Slovenia. Al riparo della notte, come in duetto e in collaborazione con l’usignolo, la storia di Lokavec si trasforma nel racconto di come gli usignoli vengano accecati per farli cantare in perpetuo, una riflessione sulla cecità come castrazione sociale, sulle vicinanze e le distanze esistenziali, sulla posizione dei ciechi nel tempo e sulla domanda: perché il piacere della notte non dovrebbe essere uguale al piacere del giorno? L’usignolo dice al dottor Bavčar che non è solo al buio. Ma questa non è solo la storia della loro coesistenza. “Quando per molti anni ho registrato l’usignolo, qui e in altri luoghi, un amico mi ha indicato il libro Villa San Michele di Axel Munthe (1929). Sono rimasto colpito dal testo, ho iniziato ad ascoltare gli usignoli in modo completamente diverso; anche se sapevo già che in alcuni luoghi gli uccelli vengono accecati, sia usignoli che altre specie, per far loro credere che sia sempre notte”, racconta Evgen Bavčar, spiegando come sia stato ispirato da questo vecchio testo e come sia nato il suo interesse per gli uccelli. Il viaggio notturno verso il sorgere del giorno solleva profonde domande sull’esistenza umana, sulle differenze, sullo sfruttamento, sulla lotta per la giustizia, sull’ambiente, sulla libertà e sull’intimo desiderio di dualità, sul Sole e su una nuova primavera.

Et si Ganda s’était sauvé di Chloé Despax “Et si Ganda s’avait sauvé” (E se Ganda fosse scappato?) è una storia di fantasia basata sul passaggio (reale) di Ganda, un rinoceronte indiano, sull’isola di If nel 1516. Sulla base di questo sorprendente fatto storico e del viaggio forzato del rinoceronte, un gruppo di bambini di Marsiglia e le artiste Chloé Despax e Sarah Cheveau hanno immaginato che Ganda possa essere scappato e abbia scoperto le insenature di Marsiglia con i loro abitanti: cetrioli di mare, meduse, calamari… senza dimenticare i famosi gabbiani.

9999 Una grande vita lunga di Giovanni Cioni – “Mi auguravano una grande vita lunga”, dice Giovanni Farina. Fino al 31 dicembre 9999. Giovanni Farina è stato ergastolano. Fine Pena Mai. Giovanni Farina è sopravvissuto all’ergastolo al quale era stato condannato. Giovanni Farina è sopravvissuto alla sua leggenda, quella dell’imprendibile bandito Farina, indicato come la mente del sequestro di Giuseppe Soffiantini, uno degli ultimi e più clamorosi sequestri di persona, nel 1998. Gli avevano detto che non avrebbe più rivisto i suoi monti, i Monti della Calvana, gli chiedevano se non aveva capito che doveva morire in carcere. Questi Monti della Calvana dove Giovanni Farina è cresciuto, sono i monti dove il cineasta Giovanni Cioni è tornato a vivere, proprio negli anni del sequestro Soffiantini, che è stato nascosto qui.  È su questi monti, in una casa non lontana dalla sua casa abbandonata, che Giovanni Farina e Giovanni Cioni si ritrovano per questa conversazione –e si ritrovano proprio il giorno in cui Farina finisce di scontare la sua pena. Il giorno in cui sarebbe libero. Sarebbe, dice. Un viaggio sonoro e cinematografico –di immagini sonore come delle reminiscenze. Le parole ripercorrono una vita, la rivivono. Ci portano lontano nel tempo –la sua infanzia di pastore sardo in Toscana, il clima di sospetto e di criminalizzazione con il quale si scontra, i primi arresti e le fughe, la famiglia dispersa. Le parole ci portano lontano nello spazio – nella giungla del Venezuela, in Australia, nella caverna dei lunghi anni di isolamento. Le parole –negli anni di carcere per sopravvivere Giovanni ha iniziato a usare le parole, a scrivere testi, racconti, poesie, di uno splendore struggente per lottare contro l’oscurità. Nelle parole di Giovanni c’è l’ostinazione alla vita, una vita dispersa da ritrovare.

Theremin. Una storia segreta di Johann Merrich – Gli studiosi delle società antiche sono stati tra i primi a riconoscere l’importanza della cultura materiale: gli artefatti delle civiltà perdute si sono rivelati strumenti fondamentali per ricostruire la vita di popolazioni scomparse. Ma i metodi interdisciplinari dello studio della cultura materiale sono applicabili anche alle società moderne: tutti gli artefatti riflettono le convinzioni dei loro inventori, degli acquirenti, dei committenti e, per estensione, della società più ampia di cui fanno parte. Nato nella Russia post-zarista e commercializzato negli Stati Uniti durante la Grande Depressione, il Theremin è un artefatto che appartiene alla classe dei dispositivi, una categoria svantaggiata dello studio della cultura materiale contemporanea perché chi si occupa di storia dei dispositivi tende quasi sempre a concentrarsi su aspetti funzionali e meccanici, trascurando le interpretazioni culturali degli oggetti. Quella di questo racconto è la storia segreta del Theremin – il dispositivo musicale – o è  la storia segreta di Theremin, l’inventore dell’omonimo strumento? E siamo sicuri che sia possibile raccontare una storia senza sconfinare nell’altra? Per troppo tempo, la storia della musica tecnologica e dei suoi dispositivi è stata spinta a enfatizzare le classificazioni tassonomiche a scapito del contesto sociale. La mancanza di interesse per l’ambiente che circondava la genesi e lo sviluppo dei dispositivi musicali elettronici ha comportato la perdita di molti significati e storie importanti, come quelle del debutto di Clara Rockmore, di Paul Robeson o di Lavinia Williams. Theremin, una storia segreta esplora la storia sociale di un dispositivo, evidenziando la necessità di un approccio interdisciplinare nel racconto storico per ricordare che ricominciare a porsi domande può essere un buon modo per iniziare a scrivere una nuova storia.

Prima Persona Plurale di Perla Sardella. Nel 2022 Radio Papesse – in collaborazione con la Fondazione Archivio Diaristico Nazionale – ha lanciato la III edizione del PREMIO LUCIA per la produzione audio, dedicandolo a cinque diari che parlano di corpi, di identità multiple e mutevoli, di sconfinamenti, sfide e rotture. Tra i cinque diari proposti per l’adattamento audio, Perla Sardella ha scelto di lavorare sulla storia di Tania Ferrucci.
Nei miei okki è il diario di Tania Ferrucci da cui parte questo Prima Persona Plurale. È un diario che va letto e guardato, più che ascoltato.
Tania SCRIVE COSÌ e a volte kosì!!!!!!! A volte dimentica di chiudere le frasi con il punto, come invece ci insegnano a scuola. Tania scrive di un’esistenza senza regole e la sua scrittura lo riflette.
Come si traduce nella forma sonora questa sperimentazione di lettere strambe, di mancanza di punteggiatura e di maiuscoli decisi a sottolineare qualcosa? Tania è libera dalla punteggiatura, libera di usare il MAIUSCOLO se crede di dover urlare o di voler cambiare tono.
In Prima Persona Plurale – progetto con cui Perla Sardella ha vinto il Premio Lucia 2022 –  le sue parole diventano tante persone che le leggono e le interpretano, nei più disparati modi, ma tutte insieme in un’unica stanza: un grande spettacolo dal vivo, una gara di slam poetry in cui nessuno però vince, un’unica registrazione ininterrotta interpretata da sei performer e sonorizzata dal vivo.

Credits:

Lucia Festival

Intervista alle fondatrici di Radio Papesse su Artribune

 

 

 

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