Una mappatura delle esperienze in Italia
Il tema dell’inclusione è oggetto di riflessione a livello sociale, educativo e politico. Al centro del dibattito il diritto all’educazione per le persone con disabilità, occasione di promozione sociale e di pari opportunità. In campo musicale sono numerose le realtà italiane che si occupano di rendere accessibile a tutti il fare musica. Il lavoro di ricerca che ho recentemente condotto ha voluto rilevare le realtà italiane che in maniera virtuosa e competente sono riuscite a creare ambienti in cui la musica è stata resa accessibile a tutti. In questo contesto mi occuperò della buona pratica del Coro Mani Bianche.
Fondato nel 1995 in Venezuela da Jhonny Gomez e Naybeth Garcia, questo progetto –ispirato a El Sistema – usa canto, movimento corporeo e lingua dei segni per coinvolgere persone disabili e no, orchestrando tra loro, in un’unica espressione artistica, musica e diversi linguaggi espressivi in modo innovativo. Il coro ha l’obiettivo di fornire ai giovani con disabilità l’opportunità di fare musica. L’aspetto significativo è la presenza di persone sorde in una formazione corale e a tal proposito una domanda che sorge è come sia possibile per una persona sorda fare musica. La risposta la possiamo rintracciare nella bellezza del movimento delle mani capaci di dipingere nell’aria la frase musicale adoperando i segni che utilizzano le persone sorde per comunicare tra loro. Infatti, il Coro Mani Bianche non canta solo utilizzando la voce dal momento che racconta la musica tramite i movimenti delle mani e del corpo. I partecipanti usano la Lis e guanti bianchi per rendere i movimenti più visibili, realizzando uno spettacolo dove la musica diventa visibile. Si tratta di vedere la musica e percepirla attraverso l’espressione corporea. Questo progetto è un modello unico di inclusione. Inoltre, a differenza di molti altri progetti, che si concentrano sull’integrazione di persone con disabilità, il Coro Mani Bianche è stato pensato sin dall’inizio come un luogo in cui tutti – tipici e atipici – possono partecipare attivamente, ciascuno apportando contributi distinti ma di pari valore. Il Coro Mani Bianche non è limitato alle persone con disabilità uditiva, in linea con il concetto di inclusione. Questo progetto, nato in Venezuela, è un autentico coro. Esaminando i video delle esibizioni originali venezuelane, si può osservare che il coro di Manos Blancas è regolarmente accompagnato da un coro polifonico. La ricerca che ha condotto a una ricognizione a livello nazionale di tutti i Cori Mani Bianche ha fornito anche informazioni sulla realtà internazionale. È emerso che ogni Coro Mani Bianche in Italia possiede caratteristiche distinte.
Ma come nasce il Coro Mani Bianche in Venezuela? Quali sono le sue caratteristiche?
Per trovare risposte ho contattato Jhonny Gomez e Naybeth Garcia, i fondatori del coro in Venezuela. Grazie alla loro disponibilità, ho ottenuto nuove informazioni sulla fondazione del progetto Manos Blancas e sui concetti di Gestosemiografia e Planicoorgamma. Durante la mappatura dei cori, ho individuato tre modelli di traduzione: italiano segnato, traduzione in Lis e gestosemiografia. Mimma Infantino definisce quest’ultima come una traduzione poetica in Lis per cori. Gomez e Garcia sostengono che il modello originale è la gestosemiografia, che combina gesto, semiotica e grafia. Gomez evidenzia l’importanza dell’espressione facciale e del movimento delle mani, braccia o capo nel suonare un brano. La gestosemiografia deve essere sincronizzata con la musica, non è una vera traduzione. Per costruire un discorso gestuale, bisogna analizzare armonicamente e formalmente il brano prima di arrangiare la discorsività gestuale.
Un sistema per scrivere i movimenti della direzione del Coro delle Mani Bianche esiste; si chiama Planicoorgamma ed è un termine coniato dai fondatori delle Manos Blancas.
Spinta dalla curiosità e dal desiderio di comprendere più da vicino la realtà del Coro Mani Bianche, ho intrapreso un viaggio di scoperta per conoscere personalmente almeno uno dei Cori Mani Bianche fondati in Italia. Volevo osservare da vicino il loro operato, comprenderne le dinamiche relazionali e cogliere la ricaduta di tale pratica sulla vita di chi ne fa parte. Questo percorso non si è rivelato solo un’indagine accademica, ha costituito un’esperienza di crescita personale che ha rafforzato le mie convinzioni sull’importanza dell’inclusione e della condivisione attraverso la musica.
Ho conosciuto il Coro Mani Bianche Onlus Roma, il che mi ha spinto a esplorare la presenza di questo progetto in altre regioni italiane. Ho cercato informazioni su Google e svolto una ricerca su questi cori in Italia, a partire dalla nota informativa redatta nel 2015 da Mario Piatti su Musicheria, come richiesto dalla mia relatrice Maria Grazia Bellia in relazione alla stesura della tesi per il triennio di Didattica della Musica. La ricerca ha rivelato l’espansione di questa pratica dal 2010 a oggi e le caratteristiche di ciascun coro.
In Italia esistono cinquantadue Cori Mani Bianche, di cui trentanove ancora attivi e tredici non più. Le tabelle allegate non includono i progetti scolastici temporanei, come quelli della Compagnia Teatrale “Il Ciclope” di Palermo, l’Istituto Gucciardini di Roma, l’Istituto Paritario Sacro Cuore di Tivoli, il comune di Corinaldo nel 2016, l’Istituto comprensivo Pietrobono di Frosinone e l’associazione Oasi Cana Onlus di Palermo.
La ricerca è stata complessa. Le fonti consultate erano articoli e video, spesso incompleti, con informazioni limitate al nome dell’istituto o dell’associazione. Ho contattato numerosi istituti via e-mail e telefono, cercando di dialogare direttamente con i responsabili fino a rintracciare i direttori dei cori. Le risposte non sono state sempre immediate, soprattutto dagli autori di articoli datati o dai fondatori delle associazioni, molti dei quali non sono più attivi. Ho anche contattato i centralini di vari Comuni italiani che hanno finanziato il progetto. Grazie ai social network come Facebook e vecchie locandine con indirizzi e-mail o numeri di telefono, sono riuscita a ottenere i nomi dei direttori di Coro Mani Bianche. Non tutti i contatti si sono rivelati utili, ma ogni piccolo progresso è stato una conquista.
La raccolta di informazioni dai direttori dei cori ha fornito dati essenziali per comprendere le specifiche dinamiche di ciascun coro. In particolare, sono state poste le medesime domande a tutti i direttori e direttrici, e le risposte raccolte sono state organizzate in due tabelle. Nella Tabella 1 (vedi allegato) sono riportate le informazioni riguardanti la regione e la città, il nome del coro, chi e quando lo ha fondato, il nome del direttore o della direttrice, e lo stato di attività. La Tabella 2 (allegata) presenta le principali caratteristiche di ogni realtà corale, utilizzando come riferimento il nome del coro: organico, genere musicale, metodo Lis, ed un codice QR a testimonianza del progetto.
I risultati ottenuti suggeriscono una maggiore comprensione della gestosemiografia e del planicoorgamma. Ai direttori e alle direttrici dei cori contattati è stato somministrato un questionario utile a comprendere le differenze e le analogie tra i diversi cori e le metodologie usate. Solo le risposte a due domande non sono state inserite nelle due tabelle: Cosa l’ha incoraggiato/a a fondare un Coro Mani Bianche? Conosce altri Cori Mani Bianche in Italia?
La risposta alla seconda domanda è stata particolarmente sorprendente. Nessuna risposta dichiarava la conoscenza del direttore intervistato di altri cori italiani; a volte i direttori hanno dichiarato di conoscerne uno o due.
I dati in tabella sono attendibili, confermati da informazioni dirette dei direttori dei cori e documenti video ricevuti. La maggior parte delle direttrici e dei direttori del Coro Mani Bianche in Italia ha seguito il corso di formazione tenuto dai due fondatori venezuelani; altri hanno conosciuto il progetto tramite i social media e hanno deciso di promuoverlo nel loro territorio; mentre altri cori si sono formati grazie al lavoro di formazione organizzato dal Coro Mani Bianche Roma. Ho sostituito “normodotati” con “tipico” e “disabili” con “atipico” per un linguaggio più inclusivo nelle tabelle seguenti.
La ricerca effettuata non rappresenta soltanto il risultato di un anno di lavoro, ma mostra come l’impegno possa creare connessioni tra realtà diverse. Ogni scoperta, ogni contatto e ogni storia raccolti lungo il percorso hanno contribuito a evidenziare esperienze che meritano di essere conosciute e valorizzate.