Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Educazione musicale e pace

Contributi di vari autori

Nel 1991 eravamo più giovani, e forse avevamo dei principi più chiari. Di internet, di mobilitazioni via social network, di autoconvocazioni internettare, di tutto ciò che oggi rende un movimento “moderno” e pubblicizzato dai grandi media non se ne parlava. Non ricordo che nessuno avesse, allora, un telefonino con cui mandare SMS.

C’erano ancora i giornali, i volantini, i manifesti e i telefoni erano rigorosamente fissi. Ricordo tuttavia che quando iniziò la prima guerra umanitaria all’Iraq cominciarono a girare fogli volanti e giornaletti improvvisati con “canzoni per la pace” da far cantare a scuola, ci si telefonava tra colleghi, per mettere in scena concerti, spettacoli e iniziative per la pace. Erano cose ingenue, improvvisate, ma il loro valore etico era alto. Si cantava Le déserteur di Boris Vian, nella versione italiana di Fossati, poi Dylan, Baez, Savona-Rodari, Pete Seeger, Jean Ferrat e parecchi altri.
Più o meno la stessa cosa accadde nel 1999, quando ci fu un’altra guerra umanitaria, questa volta contro la Jugoslavia. L’unico cambiamento fu che qualcuno (per fortuna pochi) che appoggiava il governo di centro-sinistra non volle più condividere i canti per la pace. Capita, a volte, che l’opposizione alla guerra sia a sovranità limitata.
Poi vennero le guerre, sempre umanitarie, contro l’Afganistan e l’Iraq 2, anche se si dovrebbe ricordare la Somalia e qualche altro lancio di bombe, sempre umanitario, s’intende.
Allora internet era già in tutte le case e questo rese più facile un grande scambio, con i colleghi, di canzoni e idee, talvolta composizioni originali ed esperienze realizzate sul tema della pace. Ogni sera ricevevo delle mail con aggiornamenti e materiali e anche io ne mandavo in rete.
Ora che è iniziata un’altra guerra umanitaria, contro la Libia, mi sento a disagio. Nessuno mi ha mandato un rigo di musica da cantare a scuola. Non so perché questo sia successo. Forse la stanchezza, forse che una parte di coloro che erano contro la guerra senza “se” e senza “ma”, ora qualche condizionale lo mettono. E questo mi costerna.
Un’altra spiegazione che mi sono dato è che, con le numerose guerre degli ultimi vent’anni, ormai tutti hanno un ricco repertorio. Ma purtroppo non mi sembra questa la ragione. Invece so perché, sino al momento in cui ho scritto queste righe, non sono riuscito a esprimermi. E’ stato perché ho avvertito una grande stanchezza a dover ribadire ancora una volta la mia opposizione alla propaganda di guerra che, invece, ripete infaticabile, dal 1914, le stesse cose. E’ così: quelli per la guerra, non hanno alcun ritegno a ripetere le loro frasi arroganti e a inculcarle nella mente degli uomini e delle donne. Forse non abbiamo più la forza di opporci, perché ci hanno sfiancati. Per lunghi giorni sono rimasto seduto davanti al computer, seguendo le notizie sempre più desolanti che si susseguivano, incapace di prendere un’iniziativa personale e di buttare giù qualche riga. Che il pensiero unico ci abbia vinti?
Io spero di no e se scrivo queste righe è proprio perché sono convinto che nell’animo e nella memoria di Musicheria ci sia l’idea di un’educazione musicale che non è neutrale e che contesta la risoluzione dei conflitti attraverso la guerra. Per questo credo che dobbiamo vincere la stanchezza e il disgusto, legittimo, che proviamo di fronte all’ennesima commedia della propaganda di guerra per rimetterci in cammino su una strada che non abbiamo mai abbandonato, ma sulla quale temo a volte abbiamo fatto delle soste.
Ripercorrendo la storia di Musicheria ho trovato diverse cose che ci possono aiutare a ricostruire tale memoria di lotta per la pace. Anzitutto, i contributi, direi storici, già presenti nella rivista, che provengono da un dossier di MUSICASCUOLA del 1988, più che mai attuale, curato da Gino Stefani: si può leggere qui. Inoltre, l’articolo di Mario Piatti Pace e non violenza (qui)
A questi contributi aggiungiamo tre articoli pubblicati in Progetto Uomo-Musica, e precisamente “Per una carta dei diritti umani musicali” di Gino Stefani e “Fermare la de-umanizzazione” di Jaroslav Jiranek (vedi file pdf allegato), e “Generale, posso cantare?” di Daniele Barbieri (vedi file pdf allegato).
Alla pubblicazione di questi contributi che ripercorrono alcune tappe della storia del movimento che si è interrogato sui rapporti tra musica e pace e tra educazione musicale e pace, si aggiunge il nuovo contributo inedito di Franca Zagatti in cui propone per i lettori di Musicheria una riflessione su una propria esperienza di un laboratorio di danza sul tema del conflitto. leggi qui
Concludiamo con una filastrocca di Gianni Rodari (da Filastrocche in cielo e in terra, Einaudi, Torino 1972, p. 88) – tra le tante che questo Autore ha dedicato al tema della pace – augurandoci che quanto prima qualche giornalista sia in grado di dare davvero questa bella notizia.

Il giornalista

O giornalista inviato speciale
quali notizie porti al giornale?
Sono stato in America, in Cina,
in Scozia, Svezia ed Argentina,
tra i Sovieti e tra i polacchi,
Francesi, Tedeschi, Sloveni e Slovacchi,
ho parlato con gli Eschimesi,
con gli Ottentotti, coi Siamesi,
vengo dal Cile, dall’India e dal Congo,
dalla tribù dei Bongo-Bongo…
e sai che porto? Una sola notizia!
Sarò licenziato per pigrizia.
Però il fatto è sensazionale,
merita un titolo cubitale:
tutti i popoli della terra
han dichiarato guerra alla guerra.

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