Relazione tenuta al convegno “Rompere gli schemi. A quarant’anni dalla pubblicazione della ‘Grammatica della fantasia’ di Gianni Rodari”. Pontedera, 16 novembre 2013
I pedagogisti, si sa, sono un po’ sognatori. Cercherò quindi di descrivervi il sogno di una scuola fantastica prendendo spunto da alcune letture e da esperienze personali.
Permettetemi però, come premessa, di leggervi alcuni passi dell’intervento che Marcello Argilli, amico e biografo di Rodari, fece nel 1991 a Orvieto in occasione del convegno “Le provocazioni della fantasia” ; mi sembrano parole di una attualità sconvolgente:
Sono trascorsi 11 anni dalla scomparsa di Rodari – e quali anni. Oggi, crollato il mito del socialismo rea-le, entrata in crisi, anche per un suo autolesionistico silenzio, la cultura di sinistra, dilagata la sudditanza a modelli culturali d’oltreoceano, assistiamo a un’impressionante confusione di valori. Tutti i gatti sembrano diventati bigi. Di fronte a un’irragionata apologia del mercato e del profitto, allo sfrenamento dell’individualismo e dell’opportunismo, al frantumamento corporativo e lobbystico della società, al degrado del sistema politico e istituzionale, molto poco ci soffermiamo a considerare le conseguenze che tutto ciò ha sulla condizione e la formazione dell’infanzia, a cominciare dal preoccupante clima morale che essa respira. […] La crisi che attraversa il paese, e per quello che qui più direttamente ci riguarda, la situazione dell’infanzia, della scuola, della letteratura infantile, della complessiva industria culturale per l’infanzia, sol-lecitano un’alternativa in primo luogo naturale, e l’elaborazione di analisi, progetti e politiche aggiornati. Questo, se da una parte comporta liberarci di molti elementi ideologici ormai obsoleti, dall’altra comporta recuperare e utilizzare contributi teorici e culturali, inspiegabilmente accantonati, e fra questi anche quelli di Rodari. […] Confinare Rodari in un limbo apologetico, farne un santino buono per tutte le parrocchie, signi-fica anzitutto falsare il fondamentale messaggio presente in tutta la sua vita e la sua opera e valido ancora oggi: un messaggio anzitutto di libertà non astrattamente proclamata, ma praticata, imperniato sul nesso fra fantasia e realtà, fra cultura e politica in senso lato, fra presente stato di cose e sua trasformazione. […] La scuola che Rodari vagheggiava era quella – parole sue – che «possa insegnare al bambino a guardare e criti-care il mondo senza pregiudizi e senza paura», nella quale «il ragazzo non sta più come un consumatore di cultura e di valori, ma come produttore di valori e di cultura».
>>> continua nel pdf allegato
Permettetemi però, come premessa, di leggervi alcuni passi dell’intervento che Marcello Argilli, amico e biografo di Rodari, fece nel 1991 a Orvieto in occasione del convegno “Le provocazioni della fantasia” ; mi sembrano parole di una attualità sconvolgente:
Sono trascorsi 11 anni dalla scomparsa di Rodari – e quali anni. Oggi, crollato il mito del socialismo rea-le, entrata in crisi, anche per un suo autolesionistico silenzio, la cultura di sinistra, dilagata la sudditanza a modelli culturali d’oltreoceano, assistiamo a un’impressionante confusione di valori. Tutti i gatti sembrano diventati bigi. Di fronte a un’irragionata apologia del mercato e del profitto, allo sfrenamento dell’individualismo e dell’opportunismo, al frantumamento corporativo e lobbystico della società, al degrado del sistema politico e istituzionale, molto poco ci soffermiamo a considerare le conseguenze che tutto ciò ha sulla condizione e la formazione dell’infanzia, a cominciare dal preoccupante clima morale che essa respira. […] La crisi che attraversa il paese, e per quello che qui più direttamente ci riguarda, la situazione dell’infanzia, della scuola, della letteratura infantile, della complessiva industria culturale per l’infanzia, sol-lecitano un’alternativa in primo luogo naturale, e l’elaborazione di analisi, progetti e politiche aggiornati. Questo, se da una parte comporta liberarci di molti elementi ideologici ormai obsoleti, dall’altra comporta recuperare e utilizzare contributi teorici e culturali, inspiegabilmente accantonati, e fra questi anche quelli di Rodari. […] Confinare Rodari in un limbo apologetico, farne un santino buono per tutte le parrocchie, signi-fica anzitutto falsare il fondamentale messaggio presente in tutta la sua vita e la sua opera e valido ancora oggi: un messaggio anzitutto di libertà non astrattamente proclamata, ma praticata, imperniato sul nesso fra fantasia e realtà, fra cultura e politica in senso lato, fra presente stato di cose e sua trasformazione. […] La scuola che Rodari vagheggiava era quella – parole sue – che «possa insegnare al bambino a guardare e criti-care il mondo senza pregiudizi e senza paura», nella quale «il ragazzo non sta più come un consumatore di cultura e di valori, ma come produttore di valori e di cultura».
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