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La musica e ‘La buona scuola’: tra buone intenzioni e cambiamento reale

Qualche annotazione critica al rapporto del governo Renzi su “La buona scuola”, con riferimento all’educazione musicale

L’invito, contenuto nella presentazione on line del rapporto di Renzi, a «migliorare le proposte, a capire cosa manca, a decidere cosa sia più urgente cambiare e attuare» non trova certo impreparati tutti coloro che da anni sollecitano un’attenzione particolare alle problematiche dell’educazione musicale nelle scuole di ogni ordine e grado.

Prima di capire “cosa manca” nel rapporto, vediamo cosa c’è in merito alla musica.
(in corsivo i commenti)

1. Musica in corpore sano
Il termine compare la prima volta nell’indice, nel sottotitolo del capitolo 4 “Ripensare ciò che si impara a scuola”: 4.1 Cultura in corpore sano: musica, storia dell’arte e sport.
Non è male questo binomio: musica-corpo. Per chi si occupa abitualmente di educazione musicale il binomio non è una novità. Vederlo scritto in un documento ‘politico’ sì.

2. Musica parte del patrimonio storico e della sensibilità contemporanea
Nella presentazione (a pag. 8) si afferma: «Serve rafforzare l’insegnamento di quelle discipline, come la storia dell’arte e la musica, che sono al tempo stesso parte del nostro patrimonio storico e della sensibilità contemporanea».
Finalmente si riconosce che anche la musica, insieme all’arte, è “patrimonio storico” e non solo passatempo o momento ludico.

3. Docenti e offerta formativa
In merito alla assunzione di 148.100 docenti (tra GAE e concorso 2012) che dovrebbero essere assunti con l’a.s. 2015.2016, nel documento (a pag. 22) si afferma: «Questi nuovi docenti servono perché solo con loro si potrà realizzare un grande progetto di irrobustimento e rilancio della scuola. Come, esattamente? Tutti insieme costituiranno il futuro organico di diritto, ma alcuni copriranno posti attualmente scoperti, altri ricopriranno una posizione funzionale che consentirà di potenziare l’offerta formativa. […] Ci sono, poi, i docenti iscritti nelle stesse GAE per una delle classi di concorsi afferenti alle materie di musica, storia dell’arte e sport – complessivamente circa 18.800 docenti – che contribuiranno a rafforzare l’offerta formativa su questi tre fronti importanti (vedi Capitolo 4). In particolare ci sono circa: […] 5.400 musica».
Si tratta di capire quante classi e in quanti istituti (scuola dell’infanzia, primaria o secondaria?) potranno operare questi 5.400 docenti di musica, oltre a capire il tipo di competenza in possesso di questi docenti (chi è abilitato in A031/A032 potrà automaticamente insegnare anche nella scuola dell’infanzia e primaria?). La risposta sembra essere data più avanti a pag. 89.

4. Sensibilità e spirito critico
All’educazione musicale viene attributo anche un compito specifico (vedi pag. 23): «Grazie al piano straordinario di assunzioni sarà possibile intervenire in modo efficace sulla scuola dell’infanzia e primaria per avere una crescita sana dei nostri bambini (educazione fisica) e lo sviluppo della loro sensibilità e del loro spirito critico (musica, educazione artistica)».
Verrebbe da dire: ma perché finora la scuola dell’infanzia e primaria non intervenivano in “modo efficace” a garantire questa sensibilità e spirito critico? Verrebbe da rispondere, con Totò: ma ci facci il piacere!

5. 5402 docenti per la scuola primaria
A pag. 89 del rapporto, paragrafo 4.1, è presentata un’ipotesi per l’inserimento dell’”insegnamento pratico della musica” nelle classi IV e V della scuola primaria.
Vale la pena riportare il testo:
«Nel corso degli anni la scuola ha indebolito la sua capacità di trasmissione di un patrimonio storico, culturale e creativo unico al mondo. Un patrimonio che è molto di più di una semplice tradizione da ricordare: è ciò che contraddistingue la nostra identità, e che alimenta la nostra creatività. La conoscenza dell’arte e della cultura, così come la pratica della musica, devono essere più presenti tra gli insegnamenti che la scuola fornisce ai nostri giovani.
L’insegnamento pratico della musica va riportato nelle scuole primarie attraverso docenti qualificati, e rafforzato nelle scuole secondarie di primo grado attraverso la formazione dei docenti di musica già in servizio.
Per quanto riguarda gli istituti comprensivi, possono essere realizzate sinergie utilizzando i docenti già in servizio nelle scuole secondarie per affiancare i colleghi delle primarie nell’ora di musica.
Un’ipotesi dell’introduzione di 2 ore a settimana di educazione musicale nelle classi IV e V della scuola primaria, che a regime costerebbe 90 milioni di Euro (calcolati per l’assunzione di docenti a 24 ore settimanali di insegnamento con stipendio tabellare lordo base di insegnante di scuola primaria), potrà interamente essere coperta dalle nuove assunzioni. Gli iscritti nelle GAE per le varie classi di concorso afferenti all’educazione musicale (anche considerando quelle per gli istituti di istruzione secondaria) sono infatti 5.402, sufficienti per coprire un fabbisogno di circa 4.800 docenti per circa 53.000 classi.
Ma le scuole non saranno sole in questa sfida: al loro fianco sarà importante mobilitare tutte le istituzioni musicali del Paese, in primo luogo i conservatori ma anche gli enti lirici e sinfonici, bande militari e civili.
Per troppo tempo, su certi temi, abbiamo improvvisato, condannando queste discipline all’estemporaneità. Oggi è tempo di puntare sul valore della pratica e di chiedere a chi ha consacrato la propria carriera alla musica di entrare in classe».
Il testo risente ovviamente delle indicazioni fornite nei documenti del “Comitato nazionale per l’apprendimento pratico della musica”, anche se, a mio avviso, non tiene affatto conto della realtà già esistente.
Partiamo dall’ultima affermazione «… condannando queste discipline all’estemporaneità». Francamente mi sembra un’affermazione lesiva dell’impegno e della professionalità di tanti insegnanti di scuola dell’infanzia, primaria e secondaria che in questi anni hanno cercato di applicare quanto i Programmi (1979, 1985 e 1991) indicavano, e le nuove Indicazioni per il curricolo (2010) per l’educazione musicale prevedono. Non credo che tali insegnanti non abbiano “puntato sul valore della pratica” quando hanno fatto cantare e suonare i bambini e i ragazzi, o quanto hanno cercato di sviluppare, attraverso le attività di ascolto, quello “spirito critico” per altro richiamato più sopra dal rapporto stesso.
In quanto poi a «chiedere a chi ha consacrato la propria carriera alla musica di entrare in classe», beh!, è un’affermazione per lo meno da chiarire: se si intende che i musicisti di professione (solisti, professori d’orchestra, cantanti, performer nei vari generi musicali – jazz, rock, ecc. -) possono “entrare in classe” per incontrare i ragazzi, raccontare e far conoscere la propria esperienza, offrire l’ascolto dal vivo di brani musicali, ecc., ben vengano; se diversamente s’intende che “chi ha consacrato la propria carriera alla musica” può trasformarsi ipso facto in insegnante, su questo ho le mie perplessità. Le competenze metodologiche e didattiche per l’insegnamento non sono “dono di natura” del bravo strumentista o cantante.
La penultima affermazione («le scuole non saranno sole in questa sfida: al loro fianco sarà importante mobilitare tutte le istituzioni musicali del Paese, in primo luogo i conservatori ma anche gli enti lirici e sinfonici, bande militari e civili») risuona solo come un buon auspicio, per altro già praticato dagli enti ricordati (anche dalle dimenticate associazioni corali). Da anni le associazioni musicali private del cosiddetto “terzo settore” offrono alle scuole, spesso gratuitamente, occasioni d’incontri, seminari, concerti. Sarà importante capire se il governo intende sostenere questa azione delle istituzioni musicali con opportuni interventi normativi, come, per citare un esempio banale, prevedendo agevolazioni fiscali per le prestazioni dei musicisti.
Ma veniamo all’indicazione specifica relativa all’impiego dei «5.402 docenti, sufficienti per coprire un fabbisogno di circa 4.800 docenti per circa 53.000 classi» classi di IV e V della scuola primaria.
Secondo la previsione di Renzi un docente dovrebbe svolgere 2 ore a settimana in ogni classe per un totale di 24 ore a settimana. Il che significa che ogni docente potrà seguire al massimo 12 classi (è infatti le previste 53.000 classi divise per i circa 4.800 docenti fanno per l’appunto circa 12 classi).
Tali insegnanti sarebbero – secondo quanto scritto nel teso a pag. 89 – quelli attualmente «iscritti nelle GAE per le varie classi di concorso afferenti all’educazione musicale (anche considerando quelle per gli istituti di istruzione secondaria)». A parte il fatto che le classi di concorso delle GAE sono di fatto la A031/A032/A077 e quindi tutte e tre sono relative agli istituti di istruzione secondaria (non si capisce quindi quell’«anche considerando» – evidentemente gli estensori del documento non sono molto pratici di classi di concorso!), ci si chiede se gli abilitati per insegnare musica e/o strumento nelle scuole secondarie hanno ipso facto anche la competenza metodologico-didattica per insegnare nelle scuole primarie. So che questa domanda susciterà discussioni a non finire, ma rimango convinto che sia una domanda lecita, anche in considerazione di “cosa” dovrà essere insegnato. Anche perché, poco prima di questa affermazione, nel testo si sostiene che «L’insegnamento pratico della musica va riportato nelle scuole primarie attraverso docenti qualificati, e rafforzato nelle scuole secondarie di primo grado attraverso la formazione dei docenti di musica già in servizio».
Il dispositivo qui previsto (utilizzazione degli iscritti in GAE) sembra più una soluzione per ovviare alla necessità di assumere i precari storici, per non incorrere nelle sanzioni della corte europea.
Rimane comunque un mistero chi dovrà insegnare nelle due ore di musica nelle classi I, II e III, secondo quanto previsto dagli ordinamenti e dalle Indicazioni nazionali per il curricolo attualmente in vigore, ordinamenti e Indicazioni che sembrano anzi misconosciuti se si prende alla lettera quanto scritto a pag. 90: «Musica nella scuola primaria: due ore a settimana di educazione musicale nelle classi IV e V». Non sembra sufficiente la generica e imprecisa indicazione (imprecisa in quanto le ore di musica previste negli ordinamenti della primaria dovrebbero essere due e non una) contenuta nel testo: «Per quanto riguarda gli istituti comprensivi, possono essere realizzate sinergie utilizzando i docenti già in servizio nelle scuole secondarie per affiancare i colleghi delle primarie nell’ora di musica».
Risulta poi alla fine un po’ naif l’affermazione di pag. 91: «Con musica e storia dell’arte riportiamo la creatività in classe».

6. Cosa manca
Dopo aver analizzato velocemente cosa c’è nel testo, vediamo cosa manca, limitandoci ovviamente agli aspetti relativi a musica.
Manca innanzitutto un’indicazione precisa sull’insegnamento della musica nella scuola secondaria di II grado, questione nevralgica per la valorizzazione del «patrimonio storico e della sensibilità contemporanea» per altro richiamati dal documento a pag. 8.
Il tutto è lasciato alla buona volontà delle singole scuole che potrebbero utilizzare la “quota oraria di autonomia” per l’inserimento di discipline musicali, «utilizzando l’organico di cui l’istituto è dotato oppure attraverso docenti non nell’organico della scuola, retribuiti attraverso risorse accessorie (come il MOF o i Fondi 440)». Ma, come riconosce lo stesso documento (pag. 100), «La riduzione di questi fondi negli ultimi anni non ha però permesso a molti istituti scolastici di utilizzare lo strumento dell’autonomia, anche per la difficoltà di reclutare docenti competenti su materie diverse da quelle della struttura ordina mentale tradizionale». Certamente musica rientra tra queste discipline. Nel documento si parla d’investimenti, riconoscendo che «la scuola ha perso costantemente risorse negli ultimi anni, in particolare per l’offerta formativa» (pag. 104). Non viene specificato però quanto il governo riuscirà a mettere a disposizione delle scuole nei prossimi anni per potenziare l’offerta formativa. Siamo agli annunci, agli auspici, ma senza decisioni concrete.
Manca poi una chiara presa di posizione in merito alle nuove classi di concorso per i licei musicali, questione di non poco conto, visto le problematiche che si sono aperte in questi ultimi anni. Ci si augura che in vista dell’annunciato concorso per la primavera del 2015 (vedi punto 1.4) tale questione sia risolta.
In definitiva manca a mio avviso una visione d’insieme delle problematiche legate all’insegnamento e alla pratica musicale scolastica, una visione che sappia anche collegare la musica agli altri saperi artistici, che andrebbero considerati nucleo fondamentale della formazione dei cittadini, anche nella prospettiva di sbocchi lavorativi relativi al potenziamento e allo sviluppo del patrimonio culturale e artistico.
Se, come indicato nel paragrafo 6.1 “le risorse pubbliche che servono”, il governo intende destinare alla scuola «risorse pubbliche più ingenti e più certe», potenziando il MOF (Miglioramento Offerta Formativa) e le risorse della legge 440, si dovrà porre particolare attenzione appunto alla attivazione di specifici laboratori musicali in tutti gli ordini di scuola, al potenziamento dei corsi a indirizzo musicale nelle scuole secondarie di I grado, alla implementazione di un maggior numero di Licei musicali adeguatamente distribuiti sul territorio, alla completa attuazione della legge 508 di riforma del Conservatori di musica, alla revisione della formazione iniziale e in servizio per i docenti di musica nelle scuole dell’infanzia e primarie, all’elaborazione di un piano per il sostegno e la diffusione di attività culturali musicali rivolte in particolare ai giovani, sostenendo le iniziative del terzo settore, anche con la defiscalizzazione delle spese sostenute dalle famiglie per la formazione musicale e artistica in genere.

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