Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Il metodo Justine Ward

 

Intervista a Dario de Cicco.

 
E’ uscito recentemente un interessante volume di Dario de Cicco, docente di Pedagogia musicale al conservatorio di Cuneo, con un’ampia documentazione su un metodo spesso citato ma forse poco conosciuto: il “metodo Justine Ward”.
Il volume “Il metodo Ward per l’educazione musicale. Genesi, lineamenti ed esperienze” (ed. Libreria Musicale Italiana, Lucca 2016, pp. 369) è articolato in cinque capitoli:
1. Justine Bayard Cutting Ward (1879-1975) – profilo biografico.
2. Il metodo Ward.
3. La realtà europea e italiana.
4. Le esperienze applicative italiane del metodo Ward.
5. La produzione editoriale.
Il volume è poi corredato da numerose appendici e da un’ampia bibliografia.
Ringraziamo Dario de Cicco per aver accettato di rispondere ad alcune nostre domande.
In allegato il sommario, la prefazione dell’Autore e il paragarafo “La recezione italiana del metodo Ward” tratti dal volume.


Musicheria: Cosa l’ha spinta ad occuparsi di una figura spesso citata velocemente in pochi testi di didattica della musica e della quale è molto difficile trovare materiali? Ha trovato delle difficoltà nella sua ricerca?

Dario de Cicco: Sono diversi anni che studio il metodo didattico-musicale elaborato da Justine Ward Bayard. Ho incontrato la sua figura e la sua opera nello studio del canto gregoriano. La sua modellizzazione fu elaborata nei primi decenni del secolo scorso, negli Stati Uniti, proprio per l’insegnamento del canto sacro nelle scuole private cattoliche e nelle comunità monastiche.
L’approdo del metodo in Europa e specificatamente in Italia ne ha stemperato la componente ‘confessionale’ per farne proposta di formazione musicale estensibile ai vari contesti territoriali e alle varie identità.
I materiali da me considerati in questo lavoro sono eterogenei – testi, relazioni, dispense, ecc. – e il loro reperimento non è stato sempre agevole in quanto la loro dislocazione era davvero varia. Ho potuto beneficiare però della collaborazione di molte persone.

M.: Come e dove è stato praticato e diffuso il metodo Ward in Italia?

DdC.: Il metodo Ward è stato applicato con varia cronologia in diverse località italiane tra cui in modo particolare: 1) il casentinese (dal 1922 al dopoguerra); 2) Firenze (varie iniziative formative derivate dalla precedente a partire dal 1924) ; 3) Il Trentino Alto Adige e la Venezia Giulia (in collaborazione con l’Opera Nazionale Assistenza all’Italia Redenta, ispettrice Rosa Agazzi, dalla fine degli anni Venti); 4) L’Agro Pontino (in collaborazione con il Ministero dell’Educazione Nazionale per le Scuole Elementari Rurali a partire dalla fine degli anni Venti). Negli anni più recenti vi sono state varie applicazioni italiani tra cui segnalo quella portata avanti dal m° Walter Marzilli.

M.: Quali sono gli aspetti del metodo che possono essere ancora oggi considerati validi o comunque utili da riprendere e da attualizzare nel nostro contesto socioculturale ben diverso da quello in cui ha operato la Ward?

DdC.: Il metodo Ward presenta un aspetto di originalità che ne fa un unicum nel panorama dei metodi didattici per l’educazione musicale: l’educazione ritmica non è centrata sul ritmo ‘mensurato’, sulla pulsazione, ma su quello libero ovvero quello proprio dei repertori medievali. Pertanto esso offre da questo punto di vista delle linee guida importanti e consente ai docenti di utilizzare questi repertori in una maniera agevole e stilisticamente corretta avvalendosi di una speciale chironomia ritmica.
Ulteriori caratteristiche sono: l’impiego della notazione numerica e di una correlata chironomia centrata sull’altezza dei suoni, l’esperienza motoria associata all’educazione percettiva ritmica e melodica completa poi il percorso.

M.: Le proposte e le iniziative della Ward furono accolte con un certo entusiasmo e ben valutate anche a livello ministeriale, ma poi, per ragioni che lei esplicita nel libro, furono bloccate e si interruppero. Anche oggi l’educazione musicale nelle scuole, pur essendo abbastanza diffusa per merito di bravi e volonterosi insegnanti e per le iniziative di numerose associazioni del terzo settore, sembra far fatica a trovare dispositivi normativi, soprattutto nella formazione iniziale delle educatrici e delle maestre, per far sì che a tutti i bambini e le bambine possa essere garantito il “diritto” a una buona e duratura esperienza musicale. Qual’è il suo punto di vista in proposito?

DdC.: La diffusione dell’esperienza della Ward fu segnata dal divenire degli eventi storici intercorsi nel periodo tra le due guerre. La forte correlazione con la fede cattolica fu poi un ulteriore elemento di criticità. Per quanto riguarda la situazione della formazione musicale attuale io vedo ‘il bicchiere mezzo pieno’ nel senso che colgo il notevole sforzo fatto da parte di tanti soggetti (istituzioni, organismi associativi, studiosi, ecc.) negli ultimi venti anni a favore di un ampliamento dell’offerta formativa musicale. Il tutto è avvenuto sulla base di vari slanci e non all’interno di alcun disegno condiviso. Auspico future azioni di sistema, maggiormente condivise, che non siano frutto di logiche individualiste.

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