Riflessioni sull’uso della classe virtuale
Dal 2015, per la costruzione delle attività scolastiche, ho affiancato lo spazio didattico e relazionale della classe reale a quello di una classe virtuale. La mia scuola, una secondaria di primo grado, si è avvalsa – come tante – della possibilità di acquisire i servizi della cosiddetta “Google Suite for Education” (o “Google Apps”), definita da Wikipedia «una suite di software e di strumenti di produttività per il cloud computing e per la collaborazione».
Lo spazio adibito alla costruzione di una classe virtuale (Classroom) è tra le piattaforme messe a disposizione. Si tratta di uno spazio web, un ambiente per comunità di apprendimento, strutturato in forma di blog dove è possibile creare e condividere materiali, assegnare e valutare compiti.
La costruzione di classi virtuali è ormai da tempo sperimentata anche attraverso altri supporti in rete (si pensi al social network didattico Edmodo o alla piattaforma Moodle, tra le più frequentate anche nei corsi blended per studenti più adulti, dove si affiancano cioè attività didattiche in presenza e on line). Rispetto a queste diffuse modalità, il servizio web offerto da Classroom e dalle applicazioni ad esso collegate ha messo a disposizione degli insegnanti un “pacchetto” composito di strumenti di uso intuitivo, di efficiente interazione e integrabile sulla base delle specifiche necessità didattiche.
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