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Ricerca e storia all’Istituto Ernesto De Martino

Intervista a Stefano Arrighetti

L’Istituto Ernesto De Martino per la conoscenza critica e la presenza alternativa del mondo popolare e proletario svolge da oltre cinquant’anni un ruolo imprescindibile   nel lavoro di ricerca e documentazione sulla cultura delle classi subalterne. Un’attività preziosa dal punto di vista scientifico ma anche politico, che si propone di valorizzare la visione del mondo delle classi popolari, spesso ignorata e denigrata nella società capitalista. Fondato a Milano, dalla metà degli anni novanta ha sede a Sesto Fiorentino. Per presentare ai lettori di Musicheria gli obiettivi e le attività dell’Istituto, abbiamo rivolto alcune domande a Stefano Arrighetti, che ne è l’attuale presidente.

Caro Stefano, ci puoi riassumere brevemente le ragioni della fondazione e la storia dell’Istituto De Martino?

Le radici della nascita del de Martino si trovano nelle vicende dell’Edizioni Avanti!, sotto la direzione di Gianni Bosio dal 1953 al 1964. E’ lì che si forma un nucleo di collaboratori, un’idea di fare cultura che spazierà in tanti campi della ricerca storica e dell’intervento sulla contemporaneità; in quella redazione si incontreranno personalità del mondo politico e culturale e ognuna porterà il suo contributo di interessi e specificità. Grazie all’incontro con Roberto Leydi, la casa editrice comincerà a pubblicare volumi sul canto sociale e di protesta fino a quando, nel 1962, non nascerà una piccola rivista dedicata alla riscoperta del canto sociale: Il Nuovo Canzoniere Italiano. Intorno alla rivista e al gruppo musicale omonimo si ritroveranno un numero di cantori e ricercatori, la cui attività di ricerca e riproposta confluiranno, a partire dal 1966, nell’Istituto Ernesto de Martino, fondato a Milano da Gianni Bosio e Alberto Mario Cirese. Lo scopo dell’Istituto è promuovere con ogni mezzo la ricerca delle varie forme dell’espressività popolare e proletaria; ordinare il materiale raccolto in un archivio; svolgere e promuovere ogni iniziativa collegata alla ricerca critica e alla presenza alternativa del mondo popolare e proletario.

Quali sono le attività che svolge oggi l’Istituto?

In 63 anni il de Martino ha vissuto fasi diverse: la crescita e la grande visibilità degli anni 60 e 70, grazie alla produzione di tanti spettacoli (tra tutti Bella Ciao e Ci ragiono e canto, con la regia di Dario Fo) e ai Dischi del Sole; la crisi degli anni 80 (“non abbiamo cantato più”, diceva Paolo Pietrangeli); il trasferimento (1996) e la ripresa delle attività a Sesto Fiorentino. Oggi l’Istituto pubblica una rivista Il de Martino arrivata al numero 28; produce cd musicali e di ricerca, attingendo dai propri archivi; produce spettacoli; organizza a Sesto Fiorentino da 24 anni la rassegna InCanto dedicata al canto di tradizione orale e di nuova espressività in Italia; collabora a Festival e Feste a Fosdinovo, a Piadena, a Roccatederighi, a Pisa; promuove presentazioni di libri, convegni, seminari.

Sappiamo che l’Istituto ha un vastissimo archivio, almeno in parte digitalizzato, di canti e musiche popolari. Ci sono anche testi di letteratura e storia orale, testimonianze autobiografiche ecc.? In che modo l’archivio dell’Istituto è accessibile ai ricercatori?

 

Tutti i materiali dei nostri archivi riguardano il mondo popolare e proletario. Per esempio la Biblioteca, consultabile anche “da remoto” attraverso il nostro sito, è piccola ma altamente specializzata in tradizioni popolari, canto sociale e storia del movimento operaio.
Oltre alla Biblioteca, noi abbiamo il Fondo Storico (documenti e corrispondenza) delle Edizioni Avanti!, poi Edizioni del Gallo, Edizioni Bella Ciao, Nuovo Canzoniere Italiano e Istituto Ernesto de Martino è ordinato e descritto dal 1953 al 1980; non è digitalizzato ma di facile e veloce consultazione.
La caratteristica però del de Martino è la nastroteca: migliaia di nastri e registrazioni sul campo (6 mila?), tutti i master dei Dischi del Sole, la storia del nostro paese vista con gli occhi e raccontata con le voci di contadini e operai. La nastroteca è il cuore dell’Istituto, è la nostra eterna incompiuta. Da quest’anno abbiamo avuto le risorse economiche per poter avviare l’inventario dei nastri e dotarci finalmente di uno strumento per rendere facile la ricerca accelerando anche la digitalizzazione dei nastri analogici.
E poi c’è una bellissima collezione di vinili (migliaia) dedicati al canto popolare e politico, una raccolta di manifesti originali delle nostra attività, un’emeroteca.
La nostra sede è aperta tutti i pomeriggi dal lunedì al venerdì ed è accessibile a tutti: sono circa 100 le persone che arrivano al de Martino per le loro ricerche o tesi di laurea, per realizzare uno spettacolo, un film, un disco o semplicemente persone curiose, appassionate di storia o di musica. L’unica cosa che chiediamo è di iscriversi alla nostra Associazione.

Nel lavoro dell’Istituto De Martino, collaborate con altri enti e associazioni che s’interessano alla ricerca sul mondo popolare? Avete collaborazioni con l’Università?

Esiste un “arcipelago” di Associazioni direttamente collegate alla ricerca sul mondo popolare: la Lega di Cultura di Piadena, il Circolo Gianni Bosio di Roma, la Società di Mutuo Soccorso Ernesto de Martino di Venezia, gli Archivi della Resistenza di Fosdinovo. Con loro la collaborazione e il fare è quotidiano e si concretizza in produzione di cd o pubblicazioni, in festival e rassegne.
Poi c’è un aspetto da sottolineare: uno degli obiettivi che, da subito, ci demmo nel momento del trasferimento dell’Istituto a Sesto Fiorentino, fu quello del radicamento territoriale, senza perdere il carattere nazionale della nostra azione; questo ha significato, nel corso di questi ultimi 23 anni, una continua ricerca di collaborazioni con tantissimi soggetti associativi, istituzionali, culturali, sindacali, politici, locali e non. Questa apertura reciproca ha reso possibili molte delle nostre iniziative pubbliche, a cominciare dalla nostra Festa del 1 Maggio, vero incontro popolare di massa.
Con l’Università e il mondo accademico in generale scontiamo una diffidenza comune, che risale a tanto tempo fa: la storia orale, per molto tempo, non è stata degna di diventare bagaglio per leggere e studiare e capire un periodo storico, non aveva valore di documento. Ora la situazione è diversa ma i rapporti con le Università, intese come Istituzione, sono ancora molto sporadici e legati a progetti singoli e a tempo, oppure a convenzioni stipulate per stage di formazione. Altro discorso invece quello con i professori universitari: ne circolano all’Istituto e alcuni sono soci del de Martino.

Quale è il senso, secondo te, di raccogliere e archiviare canti popolari e di lotta nel momento in cui questi sembrano essere dimenticati anche da chi dovrebbe esser loro più interessato? Anche nelle manifestazioni sindacali ormai si preferisce spesso il rap, oppure canzoni di musica pop

Peter Seeger diceva che la canzone di protesta esiste se c’è la protesta. E’ innegabile quanto il nostro lavoro dipenda dal clima politico che si respira nel paese e non parlo dei governi ma del nostro mondo, per semplificare parliamo di sinistra politica e dei ceti sociali che dovrebbe rappresentare. Oggi sinistra è una parolaccia che fa quasi pensare all’establishement, al potere e ai suoi salotti, non è più cambiamento, messa in discussione dello stato di cose esistenti, non è neanche forte e utile elettoralmente. Forte è il rischio di fare solo testimonianza, forte è il rischio di suscitare solo nostalgia di un tempo fiabesco in cui la lotta, il noi insieme ad altri, contribuivano a cambiare le nostre condizioni materiali di vita; un tempo in cui anche la canzone serviva ad esprimere e rappresentare ideali e aspirazioni, a raccontare un altro possibile mondo.
Eppure qualcosa si muove. In questi giorni mi stanno cercando, soprattutto dall’ANPI, per cercare di capire il fenomeno “Bella Ciao”, di questo canto che, e non per la prima volta, ritorna come colonna sonora di una stagione di protesta – e oggi il riferimento è al movimento delle Sardine; in questi ultimi anni stanno sorgendo un po’ in tutta Italia gruppi corali che riscoprono il canto popolare, sociale e di protesta. In sintesi questo patrimonio, quello che riempie il nostro archivio sonoro, viene riscoperto e riproposto. Io spero che serva anche e soprattutto per aiutarci a leggere il presente e magari contribuire a cambiarlo.

I nostri lettori sono in gran parte insegnanti e animatori musicali. Avete progetti per le scuole o nati con le scuole? Per quali ragioni secondo te un insegnante di musica dovrebbe essere interessato alle vostre attività ed eventualmente ad associarsi all’Istituto?

Abbiamo molte difficoltà a rapportarci col mondo della scuola anche se non sono mancate nel passato recente collaborazioni, anche ripetute negli anni, all’interno dei programmi scuola-lavoro. Nell’ultimo anno scolastico 2018/2019 abbiamo accolto studenti di Scuole Superiori di Sesto Fiorentino e di Follonica con programmi di catalogazione dei libri (in particolare abbiamo sistemato un importante fondo librario donatoci da Goffredo Plastino della Newcastle University). Il rammarico, anche per i nostri problemi organizzativi, è quello di non aver coinvolto gli studenti in percorsi di ricerca o di partecipazione attiva alle nostre iniziative. Il rammarico cresce, e di molto, se penso al patrimonio presente nei nostri archivi e alla possibilità concrete che avremmo di suscitare interesse e curiosità: la musica popolare e i suoi protagonisti raccontano un paese che è stato e che per certi aspetti non c’è più ma rappresentano le nostre radici e la nostra memoria e francamente non riesco a immaginare una navigazione nel presente senza l’ausilio della memoria e poi ci sono dei canti e delle storie bellissime che, conosciute, sono in grado di arricchirci anche umanamente.

Per saperne di più sull’Istituto Ernesto de Martino si può consultare il sito www.iedm.it oppure su Facebook “Il de Martino” o scrivere a iedm@iedm.it 

 

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