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Può esistere un inno che parli della vita e non di morte?

Considerazioni in merito all’inno nazionale

Negli ultimi tempi, il ministro Bianchi è presente quasi ogni giorno, con le sue dichiarazioni, sui giornali e nei siti specializzati. Parla un po’ di tutto, dal reclutamento dei docenti ai giovani che non vogliono il posto fisso, dalle meraviglie della scuola digitale alla necessità di non formare classi poco numerose. È quindi normale che sia inciampato in uno degli argomenti che periodicamente riemergono nella scuola italiana: l’inno nazionale. Più precisamente, il Ministro ha dichiarato che sarebbe contento di essere accolto, nelle sue visite alle scuole da cori d’ alunni che cantano l’inno nazionale. Non tornerò qui sull’annosa polemica sull’opportunità o la necessità che i nostri giovani conoscano l’inno nazionale, poiché vorrei piuttosto concentrarmi su quali messaggi e quali valori può contenere un inno da insegnare nelle scuole.

Come è noto, il nostro inno nazionale, il testo del Canto degli italiani fu scritto nel 1847 da Goffredo Mameli e in seguito musicato da Michele Novaro e porta tutti i segni storici e linguistici del tempo in cui fu concepito. Nel 1946 dopo la proclamazione della Repubblica, fu adottato come inno provvisorio della Repubblica. Questo poiché la Marcia Reale d’Ordinanza che era l’inno italiano sino a quel momento, non poteva più, per ragioni evidenti, rappresentare il nostro paese. Quel provvisorio però la dice lunga: evidentemente i costituenti, affaccendati in questioni più importanti, come la stesura della nostra bella ma inapplicata Costituzione, ritenevano che la questione dell’inno potesse essere risolta con un’adozione provvisoria da ridiscutere; anzi, ancor meglio, indissero un concorso pubblico per un nuovo inno che esprimesse compiutamente i valori della Repubblica. Purtroppo come spesso accade in Italia, il provvisorio diventa, per pigrizia, disattenzione, inerzia politica, definitivo, e il Canto degli italiani è rimasto al suo posto di inno, mentre il concorso, ancora formalmente aperto, mai veramente espletato.  

Dopo questa rapida spiegazione storica passo, mi sia consentito, a un mio sentire personale, che non pretendo sia razionale, ma che sento il bisogno di comunicare. Le frasi di Bianchi sono state accompagnate sui social da un filmatino di un coro scolastico che canta l’inno italiano. Ebbene, sarà forse per il momento tragico che stiamo vivendo, ma sentire dei bambini e bambine che intonano “siam pronti alla morte” mi ha profondamente infastidito. Questo anche perché l’Italia è pronta alla guerra, avendo già indossato “l’elmo di Scipio”.  Prima ancora che un ragionamento razionale, ciò che mi ha colto è stato un improvviso rigetto emotivo e  spontaneo. Sarò forse accusato di demagogia oppure di populismo – adesso è frequente prendersi questa accusa – ma i bambini devono essere pronti alla vita e non alla morte. Soprattutto in una Repubblica che ripudia la guerra.
Un altro fatto che si nota facilmente in tutte le esecuzioni dell’inno, è che esse si arrestano tutte dopo la prima parte, sia in ambito scolastico che sportivo, politico ecc. Si dovrebbe forse indire un sondaggio per sapere quanti italiani conoscano il testo integrale, di interpretazione difficile e pieno di riferimenti storici ormai anche obsoleti, tanto che il Quirinale ha avvertito la necessità di pubblicare sul proprio sito una sinossi storica esplicativa. (https://www.quirinale.it/allegati_statici/inno/InnoTesto.PDF). 
Nel testo dell’inno si sostiene che i popoli debbano seguire le vie del “Signore”, frase che evidentemente contrasta con il fatto che un gran numero di italiani nel Signore non ci crede. In seguito si esalta lo spennamento dell’ “Aquila d’Austria” che brinda con il cosacco col sangue polacco. Riferimento storico, nel 1847, comprensibile, ma oggi adatto solo a prendersela con i nostri vicini austriaci, notoriamente pacifici e neutrali per Costituzione. Ogni strofa termina, infine, con il ripetuto  richiamo a essere pronti  alla morte.

È noto che da più parti e in momenti diversi sono state sollevate proposte di  sostituzione dell’inno nazionale. Tra i tanti, ci provò la Lega, quando Bossi, prima della svolta nazionalista di Salvini, voleva “mettere nel cesso” tutto, bandiera tricolore compresa. Posizione, quella di Bossi, abbastanza singolare, se si pensa che nel Canto degli italiani si cita la battaglia di Legnano. Ma ciò avviene nella quarta strofa e si sa che alla Lega non amano le letture lunghe. In tempi più recenti il compositore Giorgio Moroder propose provocatoriamente un nuovo inno, per  ricordare che il concorso è ancora aperto, ma non ottenne un grande successo. Nel frattempo la Rai, diplomaticamente, continua a chiudere le sue trasmissioni con la versione orchestrale. Dal punto di vista delle istituzioni, peraltro, l’attuale inno non sembra destare particolare affezione, se si è consentito a un partito, tra l’altro quello certamente meno vicino ai valori costituzionali, di appropriarsi dell’invocazione iniziale “Fratelli d’Italia”, che non dovrebbe essere consentito sfruttare a fini di parte. 
Sono certo che alle mie osservazioni qualcuno risponderà che, alla fine, quasi tutti gli inni nazionali hanno una componente nazionalista – aggettivo diverso da patriottico – poiché il proprio popolo viene visto come migliore e, magari, in lotta contro un nemico più o meno agguerrito. Provò a sfuggire a tale regola  l’URSS post-rivoluzionaria che adottò come inno l’Internazionale, ma al suono sordo degli stivali delle armate naziste che invadevano il paese il governo sovietico sentì la necessità di un inno più “nazionale” (quello di Aleksandrov che, con parole cambiate, è ancora l’inno della Russia). Tuttavia credo sia lecito chiedersi se non sia possibile sfuggire a tale non esaltante tradizione.

Forse, sarò un inguaribile sognatore, ma non mi spiacerebbe che gli alunni e le alunne delle nostre scuole potessero cantare un inno, magari non marziale o militaresco, il cui testo, laico, parli di un popolo italiano che non è superiore e che vuole vivere in pace e in spirito cooperativo con tutti gli altri, che ripudia la guerra e che rispetta l’ambiente e tutte le forme di vita del pianeta. Forse sarebbe un inno adeguato alla Costituzione repubblicana e ai tempi odierni e in cui l’assoluta maggioranza  degli italiani potrebbe riconoscersi. E non metterebbe in bocca ai bambini parole che non capiscono e che parlano di morte. In Italia non mancano buoni letterati e altrettanto bravi compositori. Infine, il concorso è ancora aperto.

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