Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Generi e tecniche della soundscape composition sviluppati alla Simon Fraser University

Barry Truax

http://www.sfu.ca/~truax/

Pubblicato in Organised Sound, 7(1), 5-14, 2002.

Traduzione a cura di Nicola De Giorgi.

Pubblicazione e traduzione sono state autorizzate dall’autore.
Il saggio contiene diversi link attivi utili per un approfondimento dei temi trattati.

Il contesto

Il lavoro pioneristico del World Soundscape Project (WSP) alla Simon Fraser University (SFU), sebbene inteso prevalentemente come educativo e documentativo, tuttavia incoraggiò lo sviluppo di uno stile di musica elettroacustica che ho definito “soundscape composition” (Truax, 1984, 1996, 2000). Dapprima, l’intento fu di documentare e ripresentare registrazioni di vari ambienti sonori all’ascoltatore per incoraggiare la consapevolezza dei suoni che sono spesso ignorati, quindi di promuovere l’importanza del paesaggio sonoro nella vita della comunità. Il primo studio sistematico fu The Vancouver Soundscape, pubblicato nel 1973, consistente in un opuscolo e due dischi long-play.
Le tecniche di studio usate a quel tempo consistevano principalmente di editing trasparente e mixing di registrazioni originali non trasformate, scelte per il loro interesse uditivo e la rappresentatività del paesaggio sonoro in questione. Di eguale importanza tecnica fu l’attenzione prestata alle tecniche di registrazione, ed oggi l’archivio di nastri che rimane da quegli sforzi, come registrazioni attraverso sia il Canada che l’Europa tra il 1972 e il 1975, di eccellente qualità, essendo stati registrati con uno stereo Nagra IV-S e un paio di microfoni a condensatore AKG. Un catalogo completo e un indice per soggetto, sia cartaceo che sul sito web dello studio, rende questa collezione accessibile agli utenti per un’ampia varietà di usi.
Durante la produzione nel 1974 di una serie radiofonica in 10 puntate per la CBC intitolata Soundscapes of Canada, un cambio significativo occorse nell’uso del materiale registrato, in questo caso derivato da un tour di registrazioni attraverso il Canada nel 1973. Come con The Vancouver Soundscape continuavano ad essere assemblate opere colletivamente prodotte quali “Summer Solstice” dove brevi segmenti tratti da una registrazione effettuata ogni ora su un periodo di 24 ore, furono editati insieme in modo transparente per creare un’esperienza sintetizzata in un’ora di quello specifico paesaggio sonoro. Una tecnica simile fu usata nel 1975 con uno dei cinque villaggi europei che il WSP studiò, precisamente Cembra, in Italia. Comunque, molti programmi delle altre radio nella serie Soundscapes of Canada furono prodotti individualmente. In molti casi fu usato il format documentario per radio, sebbene con molti più esempi sonori che nell’approccio convenzionale. Tuttavia, in altri casi, furono usate trasformazioni più estensive con i suoni e le loro composizioni come Work e Games di Bruce Davis, Soundscape Study e Maritime Sound Diary di Barry Truax, A Radio Program About Radio Programs di Howard Broomfield, tutti composti nel 1974.
Dopo il 1975, quando Schafer lasciò la SFU, sia l’insegnamento che il lavoro di composizione continuavano su basi individuali, particolarmente con l’opera di Hildegard Westerkamp che comprendeva programmi radiofonici, che influenzarono Kits Beach Soundwalk (1989), fino ai brani da concerto come Fantasie for Horns (1978), A Walk Through The City (1981) e Cricket Voice (1987), tutti basati su suono ambientale e suo processamento in studio analogico. Eccetto per l’opera per testo e paesaggio sonoro, The Blind Man (1979), il lavoro elettroacustico di Barry Truax è centrato sulla sintesi digitale del suono fino al 1986 e sul processamento del segnale digitale di suoni campionati da allora in poi. Molti di questo primi lavori basati su sintesi ebbero un forte carattere ambientale, particolarmente quelli realizzati nel formato quadrifonico, culminante con Riverrun (1986), che fu realizzato interamente con sintesi granulare in tempo reale (Truax, 1988, 1990). I suoi lavori negli anni 1990 furono spesso basati su suoni ambientali processati con una tecnica di granulation – sintesi granulare (Truax, 1992a, 1994a, 1994b), come Pacific (1990), Basilica (1992) e Song of Songs (1992).
Nei primi anni 1990, la collezione di nastri del WSP si arricchì delle registrazioni su DAT dell’area di Vancouver, e nel 1996, con il patrocinio della Goethe Foundation, quattro compositori, due canadesi e due tedeschi, furono invitati a visitare la SFU e a lavorare con l’intera collezione di nastri. I risultati furono eseguiti nel primo concerto per studio ad otto canali alla CBC di Vancouver nel giugno del 1996 e pubblicati nel 1997 in due CD, The Vancouver Soundscape (1973) and Soundscape Vancouver (1996). I due CD documentano come il paesaggio sonoro di Vancouver sia cambiato durante quel periodo e come la soundscape composition si sia evoluta.
Durante i precedenti 5 anni, la soundscape composition sia alla SFU che altrove si è concentrata sull’approccio dell’assemblaggio multitraccia e del processamento del segnale digitale tipico della workstation audio digitale standardizzata. Alla SFU, si è sviluppato il controllo computerizzato della spazializzazione ad otto canali del suono ambientale (Truax, 1998), dapprima tramite un’unità prototipo chiamata DM-8 creata da Harmonic Functions di Vancouver, ed attualmente con il mixer a matrice di 16 canali Richmond Sound Design detto AudioBox, pure progettato da Harmonic Functions. Con questa unità si usa il software ABControl di Chris Rolfe che facilita le traiettorie dinamiche del suono in uno spazio con diffusori multipli. Sebbene questo sistema sia stato usato anche per altri tipi di musica elettroacustica, l’applicazione del suono surround alla soundscape composition sembra particolarmente efficace ed è diventata molto popolare. Si è costituito un ricco catalogo di compositori associati alla SFU ed altri (quelli associati al progetto Sound Travels di Darren Copeland) e loro concerti sono regolarmente eseguiti. In meno di 30 anni, la soundscape composition sembra avere un salto generazionale.

 

Approcci macro composizionali

Le soundscape compositions sono distintamente caratterizzate come quelle di ogni altro stile di musica elettroacustica. Tuttavia, se prendiamo la storia dei contributi della SFU al genere come esempi, possiamo vedere emergere modelli abbastanza semplici e pure molte differenze in dettaglio. Uno dei tratti più ovvi è non che i brani usino materiali del suono ambientale, ma piuttosto che molti pezzi possono essere posti in un continuum tra ciò che potrebbe essere detto “found sound” – suono trovato – e approcci “abstracted” – astratti. In altre parole, non può essere definita soundscape composition qualsiasi pezzo che usa registrazioni del paesaggio sonoro come sua fonte di materiali, soprattutto perché le tecniche di processamento del segnale contemporanee possono facilmente rendere tali suoni irriconoscibili e completamente astratti, p.e. con riferimento al mondo reale scarso se non del tutto assente.
La soundscape composition mantiene sempre un chiaro grado di riconoscibilità nei suoi suoni, anche se alcuni di loro sono di fatto pesantemente processati, al fine di rendere possibile per l’ascoltatore il riconoscimento di questi suoni e loro associazioni. O, anche più semplicemente, è sempre chiaro cosa la soundscape composition tratti, anche in assenza della visione e di altri suggerimenti contestuali, il compositore può assistere l’ascoltatore con un titolo esplicito e note di programma. Con materiali sonori altamente chiari e vividi, questa informazione è probabilmente non necessaria, ma in altri casi, un certo grado di ambiguità può esistere in una registrazione di paesaggio sonoro e l’ascoltatore può aver bisogno di essere orientato con un testo appropriato. Dove poco o nulla dei suoni ambientali usati in un brano è riconoscibile, l’ascoltatore probabilmente li udrà come in una organizzazione di suoni astratti, non come una soundscape composition con associazioni al mondo reale. Naturalmente, molti compositori amano creare un mondo immaginario con suoni processati di varia origine e se il risultato è sentito come un paesaggio sonoro coerente, anche se non realistico nei dettagli, si può fare una connessione con l’approccio alla soundscape composition. Un esempio potrebbe essere Red Bird di Trevor Wishart, con i suoi “paesaggi” di fabbriche e giardini realizzato quasi esclusivamente con suoni vocali, come descritto dal compositore (Wishart, 1986, 1996).
Ad un altro estremo, ci si potrebbe meravigliare se un collage apparentemente casuale di suoni ambientali potesse funzionare come soundscape composition, in particolare se molti o tutti i suoni fossero individualmente riconoscibili. Il problema qui è che la giustapposizione arbitraria dei suoni impedisce che si verifichi qualsiasi senso coerente di un ambiente reale o immaginario. Inoltre, lo stacco di apparente relazione semantica tra i suoni impedisce che si sviluppi nella mente dell’ascoltatore una sintassi, quindi è impossibile costruire una narrazione per il pezzo. Ciò non significa che questo montaggio non possa essere occasionalmente utile. Nel mio breve lavoro, Pacific Fanfare (1996), un insieme di segnali sonori di Vancouver sono composti insieme durante gli iniziali 30 secondi del pezzo, con transizioni tra loro abbastanza brusche. Comunque, questi sono tutti chiaramente percepiti come segnali sonori, e un Vancouverite potrebbe riconoscerli tutti come originali del luogo (alcune sono registrazioni storiche di segnali che non esistono più). Il collage che creano non è un paesaggio sonoro coerente, ma tutti gli elementi sono suoni unici della città. Inoltre, durante il resto del brano, questi stessi suoni che furono uditi non processati all’inizio sono uditi in versione time-stretched resonated che permettono all’ascoltatore di esplorare uditivamente sia il carattere armonico dei suoni che le loro associazioni simboliche. In altre parole, ascoltando la composizione non si riconoscono propriamente suoni specifici, ma è possibile meditare su di loro in profondità.
Per ritornare al continuum menzionato prima, precisamente dal suono trovato al suono astratto, possiamo vedere che è possibile una gamma di approcci nella soundscape composition, sia in un unico brano che tra pezzi diversi. L’approccio del suono trovato caratterizza il primo lavoro del WSP in cui non fu apportata nessuna trasformazione, solo editing e qualche volta mixing. Si noterebbe che ogni mixing usa solo suoni registrati nella stessa località, cioè, materiale che risulterebbe amalgamato insieme perché caratterizzato da stessi carattere acustico e prospettiva. In qualche caso, una registrazione originale fu usata nella sua interezza senza nessuna modifica, eccetto qualche possibile equalizzazione per il rumore del vento. Esempi lampanti di tale composizione di “suono trovato” sono le varie registrazioni del New Year fatte nel porto di Vancouver, uno dei quali (registrato da Hildegard Westerkamp) è incluso nel doppio CD Vancouver Soundscape. Tutte le barche ancorate nel porto di Vancouver suonano le sirene a mezzanotte, ognuna con il suo proprio ritmo e durata totale. Le montagne a nord del porto riflettono i suoni indietro e il risultato è un mix altamente coeso di intonazioni, timbri e durate, tutto in un contrappunto meravigliosamente stocastico. È omogenea anche la forma complessiva dell’evento acustico, che parte con un evento un po’ esitante, quando un grande chorus i cui componenti gradualmente si esauriscono nei successivi 10 minuti o più, dando all’evento un tipo di decadimento esponenziale che segue un attacco esplosivo. Quando terminano i clacson più vicini, si può sentire più piano i più distanti, per cui l’intera “composizione” è sia spazialmente che ritmicamente piuttosto complessa.
Ho definito come “astratta”, secondo Emmerson (1986) la fine del continuum. Questa proprietà riguarda sia il suono stesso come rappresentazione del mondo reale che la sua organizzazione o sintassi derivata dagli eventi del mondo reale e dai loro modelli. In altre parole, in una sintassi astratta, come quella ricercata dai compositori acusmatici, sono la proprietà del suono ed i modelli di suono usati che determinano come i suoni stessi sono organizzati. Egli distingue questa forma di sintassi dalla sintassi astratta dove suoni sono posti in relazioni arbitrarie basate su altri criteri o modelli di organizzazione. In termini di soundscape composition, un suono processato spesso crea un senso del suo essere astratto dalla sua origine del mondo reale. Per esempio, le tecniche di time stretching e resonating menzionate prima espandono i suoni a cui sono applicate non necessariamente impedendone il riconoscimento. Infatti, essi possono ancora sembrare riconoscibili ma “più convincenti che dal vivo”. Nel mio lavoro Basilica (1992), le campane della Basilica di Notre Dame a Quebec City sono elaborate nel tempo, trasposte un’ottava verso il basso e con l’aggiunta di una dodicesima acuta; il risultato è la trasformazione del suono delle campane in un ampio spazio risonante che ricorda l’interno della chiesa stessa.
In lavori che sono creati con suoni principalmente astratti, è particolarmente efficace che il pezzo ritorni, anche se momentaneamente, al materiale originale inalterato. Un classico esempio è Pentes (1974) di Denis Smalley, dove dopo una sostanziale esposizione di testure astratte e complesse gesture esplosive, strutturate finalmente in un ricco ronzio, lentamente emerge sullo sfondo una persistente melodia di cornamuse del Northumbrian. Ugualmente intrigante è il dopo-effetto di questa apparizione in cui lo spostamento nel contesto colora la percezione dei suoni successivi. Un simile esempio si sente in In Memoriam CPR (2000) una soundscape composition di Peter Manning, un omaggio ai suoni del treno transcontinentale della Canadian Pacific Railway . L’energia del treno è suggerita nella grande testura ottofonica dell’apertura che è stata astratta dalla sua sorgente, come fantasma surreale. Tuttavia, in due punti in questo paesaggio sonoro che si evolve, si sentono i modelli del suono originale del treno, sorprendenti nel loro realismo ma efficaci nel contrasto risultante.
Un simile grado di astrazione può essere trovato in Beneath the Forest Floor (1992) di Hildegard Westerkamp, prima nel suono grave, ripetitivo, martellante che diventa un motivo ricorrente nel pezzo. La compositrice ha rivelato in privato che il suono è una trasformazione estrema di un altro suono udito nel pezzo. Tuttavia, circondato dall’ambiente della foresta, questo suono ambiguo evoca una varietà di immagini nell’ascoltatore che sono strettamente correlate alla pioggia della foresta, come la percussione di un tronco cavo, impresso sul suolo poroso della foresta di cedri, forse un misterioso suono di sottofondo, o anche la proiezione di un suono umano interiore. Altri modelli di suono, non proprio suoni individuali, sono anche astratti nel pezzo. Per esempio, suoni con frequenze più alte dell’acqua e corse di scoiattoli attraverso il campo stereo in un modo che è letteralmente irrealistico ma anche decisamente evocativo. L’effetto, prima di tutto, è che un alto grado di attenzione è definito da questi suoni saltellanti, molto più che se essi fossero presentati più staticamente e “naturalmente”. In secondo luogo, è creata un’analogia con l’esperienza di suoni ad alta frequenza che appaiono e scompaiono improvvisamente nella foresta, a causa dell’alto grado di assorbimento di questi suoni in tale ambiente. Per esempio spesso si incontra improvvisamente una corrente, e raramente si sente da una certa distanza. È interessante notare che il compositore ottiene molti di questi effetti con una tecnica da “bacchetta magica” in cui il microfono è mosso rapidamente attraverso il campo stereo per creare un accentuato senso di movimento. Tuttavia, anche la tecnica di registrazione originale può astrarre un suono, essenzialmente esaltando il suono senza degradare la sua riconoscibilità.

 

Approcci strutturali

È probabilmente irrilevante ed impossibile tentare di classificare tutti gli approcci strutturali alla soundscape composition, ma ci sono pochi modelli normativi che possono servire chiaramente come punti di referimento. Questi possono essere distinti secondo il tipo di prospettiva uditiva su cui essi sono basati precisamente: (a) prospettive spaziali fisse che enfatizzano il flusso del tempo, o una serie discreta di prospettive fisse-fissate; (b) prospettive spaziali mobili o percorsi che enfatizzano un flusso spazio/tempo connesso continuo; (c) prospettiva spaziale variabile che enfatizza uno flusso spazio/tempo discontinuo.
Nell’approccio a prospettiva fissa, è il flusso degli eventi sonori nel tempo che determina la struttura del brano. Sebbene ci sia un ovvio senso in cui questo è vero per tutta la musica, l’importanza del flusso temporale in questo caso è che l’ascoltatore esperisce questo flusso creato dalle relazioni tra i suoni uditi, come distinti da lui essendo creato dal movimento apparente dell’ascoltatore. In breve, il tempo è creato dal movimento del suono, non da quello dell’ascoltatore. Abbiamo prontamente notato che il flusso del tempo può essere interamente inedito, o compresso da una durata più lunga. Può anche essere “densificato” stratificando vari segmenti dallo stesso ambiente, sia in stereo che in riproduzioni multi-canale. Nel mio lavoro, Pendlerdrøm (1997), tutte le sezioni realistiche nella versione ottofonica sono create con quattro registrazioni stereo non modificate nella stazione ferroviaria di Copenhagen prese da punti vicini nella registrazioni originale, ma stratificate come apparentemente simultanee in quattro paia di canali adiacenti nello spazio ottofonico. Bisogna ammettere, essi dipingono la stazione come qualcosa di più trafficata di quanto lo fosse realmente, ma in modo da non sembrare implausibile. Infatti, tale densificazione della registrazione può anche sembrare più realistica all’ascoltatore, dato che la memoria è noto abbrevi l’esperienza del tempo quando non prestiamo particolare attenzione a specifici eventi. Registrazioni con una ben definita prospettiva stereofonica poste in diffusori separati intorno all’ascoltatore, producono un’impressione altamente realistica di essere dentro quello spazio (Truax, 1998).
L’approccio della prospettiva fissa può essere grandemente aumentata dalla inclusione di una narrazione, poetica o storia orale. Se è accompagnata da un ambiente fisso (come il treno in Idea of North di Glenn Gould) o strati multipli di altri suoni, la componente narrativa àncora il pezzo ad una locazione fissa implicitamente. In The Hidden Tune di Sabine Breitsameter, sul CD del 1996 Soundscape Vancouver, la voce femminile e la voce Indian della West Coast danno commenti separati ma complementari sul paesaggio sonoro pre-industriale della città. Dallo stesso CD, Recharting The Senses di Darren Copeland usa le voci di persone non vedenti per comunicare il senso di orientamento uditivo (e disorientamento) che esperiscono nella società. La poesia di Norbert Ruebsaat similmente lega A Walk Through the City (1981) di Hildegard Westerkamp, nonostante l’uso innovativo di differenti prospettive uditive con la voce dello scrittore, che va da sospiri emessi vicinissimi al microfono a grida catturate col microfono lontano. In Arcade ’94, un breve lavoro di Andra McCartney, la vulnerabile sonorità delle voci dei teenagers missate con l’ambiente da videogioco violento stabilisce un chiaro commento sulla situazione sociale.
Finalmente, l’approccio della prospettiva fissa può includere una serie di tali prospettive in successione dove le transizioni tra loro sono troppo rapide o mal definite per creare un senso di viaggio. Il taglio del film può essere bene un riferimento qui, l’editing audio può essere egualmente improvviso, ma in pratica molti compositori soundscape sembrano preferire meno le transizioni drastiche, forse perché non hanno riscontro nel mondo acustico. Compositori acusmatici sono ben noti nel preferire porte e loro suoni associati come segnali di transizione, probabilmente perché creano l’esperienza di ascolto di una prospettiva acustica rapidamente mutevole. Data la familiarità dell’ascoltatore con la tecnica del cross-fade tra suoni e immagini nei media audiovisivi, le transizioni non sembrano porre un problema per molti ascoltatori, anche se non ci può essere nessuna apparente spiegazione razionale per loro.
In Talking Rain (1997) di Hildegard Westerkamp, le transizioni tra le scene aperte della foresta pluviale sono accompagnate da passaggi di un’automobile su asfalto bagnato che vaga attraverso il campo stereo. Ciò potrebbe sembrare dapprima incongruo, ma poi nell’opera, la scena uditiva cambia all’improvviso in una strada di città fradicia di pioggia con un prevedibilmente drammatico slittamento di carattere che è stato presagito tramite questi primi tagli. Il mio vasto lavoro, Island (2000), è costruito interamente attorno ad una serie di sei scene, con approssimativamente 30” di transizioni tra loro. La premessa generale è una visita ad un’isola magica della mente dove suoni altamente realistici (nel formato ottofonico descritto sopra) sono combinati con trasformazioni digitali di uno o più elementi di ogni ambiente per creare un senso di mistero e simbolismo. Le sei scene girano attorno a delicate onde su un litorale, una corrente rapidamente in movimento (la sola sezione in cui l’ascoltatore può sembrare essere attivamente in movimento), una cisterna risonante o una cantina, un lago montano ventoso, una foresta notturna piena di canto di grilli ed infine un litorale ventoso con una violenta ondata. Non sembra necessario definire ogni taglio uditivo come passaggio tra scene dato che le transizioni (particolarmente dalla cisterna al lago) sono arbitrarie quanto la durata totale della “visita” (19’).
In ogni scena, uno o due degli elementi del paesaggio sonoro realistico sono astratti attraverso trasformazione per creare il senso di magico nella scena. Per esempio, versioni low-pass e high-pass delle onde all’inizio e alla fine del pezzo sono usati per attivare un risuonatore con un alto grado di feedback, creando un drone per il suono grave e una delicate testura granulare alla fine dello spettro. Solo il macro ritmo delle onde che stimolano il risuonatore tradisce l’origine del suono. Simili risuonatori sono usati nelle scene del fiume e della cisterna per aumentare il timbro del suono dell’acqua, che nell’ultimo caso sono gocce che cadono in uno spazio naturalmente risonante (la registrazione originale è fatta in un pozzo). Una versione stretched di questi suoni risonanti creano una testura da corale nei punti chiave. Nella scena del lago montano, il verso di corvo è rallentato (e trasposto giù di una quinta) e quelli di alcuni scoiattoli sono similmente aumentati. Nella foresta notturna, analoghi trattamenti sono riservati ad un moscerino ed allo stridulo grillo rispettivamente. Avendo sentito il lento, low-pitched drone del moscerino transformato che si muove intorno allo spazio ottofonico per tre minuti, l’ascoltatore può essere allertato per sentire la registrazione originale del moscerino (che appare due volte) dove ronza rapidamente oltre i microfoni in una caratteristica traiettoria. Siccome ogni scena uditiva è essenzialmente statica (eccetto per il fiume dove sovrapposizioni di segmenti di 12 secondi di flusso di suoni d’acqua oltre l’ascoltatore su l’uno o l’altro lato), l’ascoltatore è libero di concentrarsi su come il flusso di suoni originali e trasformati crea il suo proprio sapore e il suo simbolismo. L’effetto può essere simile all’esperienza di meditazione in cui si abbandona ogni intenzionalità e la mente rimane aperta a tutto ciò che può succedere.

 

La prospettiva in movimento

La narrativa, l’epica, il mito, il romanzo hanno sempre introdotto la gente con l’esperienza di un viaggio, letterale nel senso di un’avventura, psicologico nel senso degli stadi di sviluppo della vita o simbolico nel senso di conflitto e risoluzione. La Soundscape composition che propone l’illusione di una prospettiva mobile può funzionare ad ognuno o a tutti questi livelli. Il Movimento è la base stessa del suono, prima a livello di vibrazione, poi a livello di gesto o modello, e finalmente al macro livello di cambiamenti a più lungo termine, ciclico o altrimenti. Il sistema auditivo è ben equipaggiato per il rilevamento sia del moto nell’ambiente che del moto dinamico dell’ascoltatore relativo all’ambiente. I filosofi hanno arguito che il senso dell’udito è largamente responsabile della nostra esperienza sia del tempo che dello spazio in modi che sono unici (e complementari) a quella creata con la nostra facoltà visiva. Tuttavia, il compositore che crea l’illusione di moto relativo tra l’ascoltatore e lo spazio auditivo ha una ricca paletta di immagini con cui disegnare.
Non può essere una coincidenza se ho identificato l’inizio della Soundscape composition alla SFU (Truax, 1996) con un progetto di registrazione sul movimento e un viaggio durante la preparazione della registrazione del 1973 del Vancouver Soundscape. Il soggetto era “Entry to the Harbour” la traccia che accompagnerebbe l’ascoltatore dall’entrata in Vancouver Harbour dove si trovava una storica sirena da nebbia (il Point Atkinson diaphone), sotto il Lions Gate ed il suo traffico, dopo molte boe e sirene più piccole, nel porto dove il viaggio finirebbe con l’attracco e lo scarico di una nave e i passeggeri che salutano gli amici in attesa. Infatti, a quel tempo era possibile tale corsa del traghetto, sfortunatamente interrotta oggi, che forniva uno spettacolare approccio alla città che si apriva. Una registrazione fatta su ogni corsa del traghetto era dominata dal rumore del motore della nave e quindi era proposta una simulazione del viaggio con i suoi caratteri e la sua durata usando tecniche quali il cross-fading e la riverberazione per produrre l’illusione dei vari suoni che si avvicinano e si allontanano. Ascoltata criticamente, la traccia presenta molte incongruenze come l’ambienza delle onde sciabordanti che suggerisce una prospettiva dalla costa, non quella di una imbarcazione. La transizione alla scena dell’attracco è piuttosto rapida e la durata totale del pezzo è anche troppo corta per lo spazio traversato. Comunque, molti ascoltatori sembrano capaci e desiderosi di sospendere l’incredulità, forse aiutati dall’esperienza di sequenze di film con inquadrature aeree stabilizzate prese da un aereo e con tagli e salti tra diversi momenti di un viaggio che dà allo spettatore un simile senso di viaggio rapido. Provvisto di un itinerario del percorso, un ascoltatore locale può facilmente seguire il giro e altri possono immaginare simili scene. Tuttavia, la traiettoria uditiva totale dell’opera, dal grande spazio aperto dell’eco della sirena dalle montagne, all’inizio, ai confini di un piccolo deposito di bagagli a mano, alla fine, permettono al pezzo di essere interpretato ad un livello simbolico, sia come l’evoluzione della città nel tempo (da cittadina manifatturiera a metropoli), sia rispetto la tensione geografica tra crescita urbana e incontaminate aree afforestate. Quale che sia l’interpretazione, con questo lavoro la mano del compositore diventa più evidente nella soundscape composition.
Le tecniche per simulare il moto non sono limitate a quelle che imitano il mondo reale, come il cross-fade da una sorgente verso un’altra (con un cambio del rapporto tra suono diretto e riverberato ulteriore elemento utile se appropriato), o il panning stereo per movimenti laterali (un elemento notoriamente instabile con la riproduzione di diffusori). Il moto apparente può essere da un suono realistico verso una sua versione astratta, o viceversa. Qui sono utili la classica tecnica di studio del circuito parallelo e le sue varianti. Nella pratica dello studio analogico, il circuito parallelo consiste nello splittare il segnale originale in copie identiche, ognuna delle quali potrebbe essere elaborata separatamente. Normalmente era preservata una copia non processata e ognuna delle versioni trasformate era reimmessa nel mixer su canali separati così che si sarebbe potuta missare ogni combinazione delle versioni independenti, di solito dinamicamente. Realizzare questo circuito oggi usando software multitraccia è fatto raramente a causa del grande numero di tracce richieste. Inoltre, creare un processamento dinamico del segnale su ogni versione e un mix dinamico di tutte le versioni insieme travalica le capacità della workstation audio digitale standard, sebbene potrebbe essere simulata con un mixer digitale che ha un gran numero di linee di uscita ausiliarie. Tuttavia potrebbe essere realizzata con una tecnica che provvede un modo efficiente di suggerrire “movimento” tra un suono originale ed una estensione astratta, potenzialmente complessa. La sequenza introduttiva del mio pezzo, The Blind Man, per esempio, trasforma le campane di Salzburg Cathedral come registrate dal WSP in una versione filtrata complessa che enfatizza le parziali sostenute mentre si modifica il loro attacco, quindi suggerendo un parallelo al titolo del poema di Norbert Ruebsaat, “already it has come / and is leaving again”. Il lavoro fu realizzato nello studio di musica elettroacustica di Bourges, Francia, dove banchi separati di filtri potevano essere assegnati independentemente ai segnali dei canale sia a sinistra che a destra, permettendo in tal modo di isolare e mixare su ogni canale un gran numero di parziali di campana, camuffando il suono originale ma in qualche modo richiamandolo.
Una variazione sull’approaccio del circuito parallello è di stratificare una parte del suono con l’intero. Una delle sfide più difficoltose nella soundscape composition si pone con le registrazioni di paesaggi sonori complessi che contengano molte sorgenti simultanee. Con buona ragione, l’approccio acusmatico evita questo problema usando “sound objects” microfonati molto da vicino ed isolati acusticamente in studio di registrazione. Chi registra il paesaggio sonoro può anche scegliere di microfonare certe sorgenti molto da vicino e quindi essere capace di lavorare con uno specifico suono indipendentemente dagli altri nell’ambiente. Il suono individuale processato può anche essere re-mixato con una registrazione ambientale dove con un’equalizzazione curata dei livelli di missaggio può integrarsi con un paesaggio sonoro coerente, così da essere individualmente controllabile. Il primo lavoro di Jack Body, Musik Dari Jalan (1974), basato su grida e segnali sonori dei venditori di strada indonesiani, che alterna intelligentemente il trattamento di questi suoni come oggetti sonori isolati e manipolati in studio, e l’innesto in un caratteristico ambiente di strada; le transizioni tra questi due trattamenti sono forse i momenti più affascinanti del pezzo.
Le tecniche tradizionali di elaborazione del segnale può solo isolare un suono componente da un intero complesso quando le componenti desiderate e le indesiderate occupano differenti ambiti di frequenza. Comunque, quando un particolare evento sonoro in un paesaggio sonoro è abbastanza forte, anche se momentaneamente, maschererà l’ambiente circostante e dunque può essere estratto tramite editing. Quando ciò avviene al micro livello della sintesi granulare, il breve campione sonoro è inviluppato per prevenire che sia introdotto un click da transiente, permettendo così arbitrariamente ricombinazione di grani per scopi di time stretching, per esempio. Al macro livello, un editing accurato permette un più lungo segmento di un suono da essere messo in loop senza un transiente apprezzabile. Queste due tecniche suggeriscono due possibili approcci per creare una transizione morbida tra un suono originale e la sua estensione transformata. Il primo è stratificare l’originale con un livello granulato che è sincronizzato ma non allungato; solo successivamente sarà allungato, per esempio durante lo stato di stasi e/o decadimento del suono. Il secondo approccio consiste nello stratificare il suono originale con un loop della “parte” che è elaborata successivamente.
Entrambi le tecniche sono usate nell’introduzione della mia soundscape composition, La Sera di Benevento (1999), un pezzo su un piccolo paese italiano vicino Napoli durante un caldo pomeriggio. Perché un loop rimanga plausibile, deve sfruttare la familiarità dell’ascoltatore con i suoni ripetitivi dell’ambiente, come gli esempi più ovvi di suoni prodotti dalle macchine. La Sera apre con un treno che arriva alla locale stazione. Suona il suo fischio (a 12”) e ad un certo momento nella registrazione originale (29” nel pezzo) c’è chiaramente udibile un suono stridente prodotto dal treno, ed è questo suono che ho messo in loop e mixato con la registrazione originale dove infatti lo stridio non si udiva ancora. Comunque, un suono ripetitivo associato al treno in movimento è abbastanza plausibile da convincere molti ascoltatori che è occorso naturalmente. Appena diventa stabile, si ode un’altra raffica del fischio del treno, ma siccome è breve, solo l’ascoltatore più attento noterà che è stato granularizzato ed ora ha una certa testura. Tuttavia, quando è ripetuto, è allungato drammaticamente (di un fattore 40) tanto che il suo pitch diventa parte di una testura stabile e tutti gli ascoltatori realizzeranno che è un suono elaborato. Infatti è la terza trasformazione, le prime due (il loop che squittisce ed il fischio granularizzato ma non allungato) essendo state integrate senza soluzione di continuità nel paesaggio sonoro. Lo scopo di questa “illusione” è rendere più morbida possibile la transizione al pasesaggio sonoro elaborato. L’elaborazione comporta di accordare il tono del fischio alle frequenze di risonanza imposta sul suono del treno che sono combinati con una versione allungata.
La prospettiva del movimento in La Sera di Benevento e Pendlerdrøm non è solo un movimento fisico nello spazio (dalla stazione ferroviaria ad una piazza con una fontana nel primo caso, e nella stazione ferroviaria su un treno locale di pendolari nel secondo caso), ma anche un movimento dell’attenzione dal mondo esterno alla dimensione interiore del sogno ad occhi aperti. Il confondere l’immagine dell’auditorio con suoni astratti trasformati, suggerisce facilmente questa transizione. Il contesto sociale più grande della siesta italiana, l’abitudine dei pendolari al viaggio giornaliero, suggerisce anche la naturalezza di questa sezione irreale. Con Pendlerdrøm fu usata una tecnica simile per le transizioni, specie un loop basato su caratteristici suoni di treno. Nella prima transizione (2:30 – 3:00), è il ripetitivo passaggio sinistra-destro delle carrozze del treno attraverso il campo stereo, tramite il caratteristico “thump-thump” ritmico delle ruote sui binari. Nella seconda transizione (7:00 – 7:30), il loop è ottenuto dallo stesso ritmo che accelera del treno dei pendolari registrato all’interno del compartimento. Mantenere alcuni degli ambienti realistici sul mix ad 8 tracce mentre queste transizioni sono acquisite, e lasciare che svaniscano lentamente sono dinamiche che accompagnano l’ascoltatore nel paesaggio sonoro trasformato.
Allo stesso modo, quando è tempo di emergere dal sogno ad occhi aperti e ri-entra il realistico paesaggio sonoro, c’è un altro periodo di sovrapposizione tra loro piuttosto lungo, le due transizioni che rispecchiano l’esperienza di “drifting off” – deriva e “waking up” – sveglia. Tale secondo e finale risveglio è innescato dall’annuncio della stazione dei pendolari sul sistema di amplificazione, ma in risposta una versione risonante ed altamente allargata di uno dei sbatacchiamenti di una porta del compartimento del treno udito prima nel pezzo, suggerisce l’esperienza di “waking with a start” – sveglia di soprassalto . Infatti, durante la seconda sequenza da fantasticheria in Pendlerdrøm, ciò che è detto “waterfall effect” – effetto cascata in memoria (p.e. eventi uditi di recente sono ripetuti nella propria testa) è imitato così bene. Frammenti di suono che erano sentiti inglobati nelle parti realistiche del paesaggo sonoro ritornano in loops risonanti, come la voce disincarnata degli annunci del sistema di amplificazione, i freni del treno, vari segnali elettronici. In breve, la soundscape composition tratta non solo con le abilità degli ascoltatori di identificare e creare senso dall’ambiente acustico e come cambia, ma anche con i modelli e gli abiti di ascolto e memoria. L’effetto è di immergere l’ascoltatore, particolarmente con il sistema ottofonico, nel paesaggio sonoro che attraversa dal plausibile all’altamente astratto con la possibilità di morbide transizioni tra loro.

 

Prospettiva variabile

Mediamente, i compositori di soundscape spesso partono dalle propettive fisse o di movimento che hanno chiare analogie nel mondo reale e inventano nuovi modi di organizzare e presentare i loro materiali. Talvolta le prospettive cambiano troppo rapidamente per suggerire movimenti realmente plausibili, oppure “scene” multiple sono presentate simultaneamente. Il fatto che l’ultimo approccio può funzionare nella soundscape composition è probabilmente dovuto in parte all’ascoltatore che è familiare con situazioni di ascolto “schizofoniche”, cioè dove uno o più suoni sono inglobati con un arbitrario paesaggio sonoro tramite diffusori (Truax, 1992b, 2000). Sebbene tale disarticolazione ancora una volta sembra provare “la magia della tecnologia”, e R. Murray Schafer puntualizza la “nervousness”, nervosismo-irritazione, di questa esperienza (Schafer, 1969, 1977), la sua familiarità, anche banalità nella vita quotidiana, è progredita al punto che il consumatore si suppone abile nello scegliere un ambiente audio in cui essere inglobato tramite tale “media di accompagnamento” come radio, lettore CD, Walkman o Discman. Inoltre, gli ascoltatori sono competenti nel decodificare inglobamenti multipli di tali suoni originati in tempi lunghi e luoghi diversi fino a che sembra esserci un ordine logico nella loro combinazione. Possono essere tollerati anche elementi che confliggono e si sovrappongono, pur se l’attenzione su ogni elemento è difficoltosa. In breve, in questi casi sembra non esserci nessun limite rispetto al grado di complicazione di ambienti audio contemporanei. Il problema che essi presentano al compositore è come evitare l’inevitabile risposta di “tuning out” – sintonizzazione, messa a punto – dell’ascoltatore, assumendo che è desiderato l’atteggiamento di ascolto opposto.
L’odierno approccio dell’editing multi-traccia standard facilita la creazione di livelli simultanei di eventi ed ambienti arbitrari di suono. Il fatto che essi non creano una singola immagine di un paesaggio sonoro coerente, ma piuttosto una complessa e di fantasia, non impedisce di produrre opere che hanno scopi simili a quelli di altre, più realistiche forme di soundscape composition. Un caso notevole in merito è Vancouver Soundscape Revisited (1996) di Claude Schryer che è composto di nove sezioni ognuna con propri titolo e tema. Lo schema dell’organizzazione totale comprende due gruppi di quattro sezioni, tutte prodotte con sorgenti sonore multiple, separate da una breve sequenza descritta come “quieti passi nella foresta”, presumibilmente per contrastare con le sezioni fortemente stratificate prima e dopo.
Lo stile compositivo di Schryer è posto tra l’acusmatico e l’approccio da paesaggio sonoro. Descrive il suo processo in questo pezzo come partenza con editing e catalogazione di varie sequenze dalla libreria del WSP secondo “spettro, categoria, funzione, tono e contesto”. Poi sperimenta con varie combinazioni e modificazioni del materiale sino a che, come precisa nelle note di programma pubblicate, “fu trovata un’interessante alchimia sonora”. Da ciò possiamo assumere che si sperimenta qualche connessione percettiva, concettuale, o forse solo intuitiva, per legare la vasta varietà di suoni trovati in ogni sezione. Per esempio, nella seconda sezione, la più lunga detta “Fire”, appena sotto 4 minuti di durata, sentiamo fuochi d’artificio cinesi, danze popolari, musicisti di Krishna, una partita di baseball, tennis, campane di chiesa, un piano meccanico, gabbiani nel porto, il segnale orario delle 9, il telefono elettronico, il bus di Main Street, un gran numero di sirene e trombe di imbarcazioni naturali ed elaborate. Come riusciamo a dare senso ad un repertorio così vario? Se prendiamo il titolo come un indizio, solo il primo suono, il fuoco d’artificio, è un referente letterale, e così potremmo sentire la sequenza come una corrente di associazioni con qualche sottile legame – festa per danzare, musica, sports, una deviazione nel porto, e dietro a vari suoni di mezzi di trasporto, tutti intonati e con caratteristici patterns ritmici. Il confronto di toni produce un giro umoristico nella sezione successiva, “Dronesong”, dove sirene di imbarcazioni completano la canzone di un cantante ubriaco la cui nota finale appare sulle prime registrazioni del Vancouver Soundscape. Troviamo una simile ironica giustapposizione in “Beans” dove il commentatore sulla gondola della Grouse Mountain riferisce della vista spettacolare di Vancouver e l’ascoltatore è sottoposto invece ad un bombardamento di rumore della città. Altre sezioni, come “Noise”, “Industry” e “Horn” seguono il tema acustico del titolo, ma in ogni mix c’è un intricato interplay tra suono ed immagine in cui giustapposizioni musicali si combinano con associazioni di paesaggio sonoro.

 

Conclusioni

La soundscape composition, come sperimentata pioneristicamente alla Simon Fraser University sin dai primi anni 1970, si è evoluta rapidamente per esplorare un completo raggio di approcci a partire dal “suono trovato”, ri-presentazione di ambienti acustici attraverso l’incorporazione di trasformazioni soniche altamente astratte. Gli approcci strutturali similmente variano dall’essere analoghi della esperienza del mondo reale, come l’ascolto da una prospettiva spaziale fissa o mobile attraverso una serie connessa di spazi acustici, a quelle che rispecchiano sia esperienze mentali non-lineari di richiamo di memoria, sogni, libere associazioni, sia costrutti sonici artificiali resi possibili e familiari tramite moderne tecniche audio “schizofoniche” di stratificazione e inglobamento dei suoni. Il formato di diffusione del suono panoramico ottofonico come usato nelle presentazioni contemporanee di paesaggio sonoro ha raggiunto un ragguardevole senso di immersione in un ambiente sonoro ri-creato o immaginario. Mediamente, la risposta del pubblico a tali concerti è stato marcatamente più entusiastico rispetto alle presentazioni stereofoniche convenzionali. L’interesse crescente dei compositori per questo genere, supportato dal continuo sviluppo di sofisticati strumenti audio digitali, sia per il sound design che per la progettazione, suggerisce che sono in cantiere molti sviluppi futuri. Oggi i compositori di soundscape si avvalgono di registrazioni di alta qualità di suoni ambientali come fonte di materiale, dato che nessun metodo di sintesi si pensa possa produrre suoni-ambiente realistici (a differenza del parlato e della sintesi di strumenti musicali che ha riscosso più attenzione). Tuttavia, seguendo l’approccio da micro-livello di sintesi granulare e i metodi di analisi/risintesi tramite wavelet, le direzioni di ricerca correnti possono provvedere molto bene in futuro le basi per un approccio diverso dal campionamento del mondo reale. Controllo di frequenza a micro-livello, proprietà temporali-spaziali possono integrarsi in specifici metodi di sound design, con ciò permettendo suoni complessi e ambienti sonori precisamente controllati e generati. La simulazione di paesaggi sonori arbitrari con realismo da mondo reale (e sue estensioni) andrebbe oltre ai propositi estetici. Per esempio, diventerebbe possibile simulare ambienti sonori per studiare e sperimentare attività adatte a persone con problemi di vista e di udito, così come le ovvie applicazioni educative e di intrattenimento che finora erano state dominate dagli aspetti visuali della “realtà virtuale”, simulazioni supportate da audio mediamente di basso livello, di solito sentito in cuffia. La Soundscape composition presenta una sfida interdisciplinare ai suoi sviluppatori, sia in termini di ricerca che le sue applicazioni. Ma rimane la questione se la sua pratica porterà ad isolare ulteriormente gli individui in realtà surrogate, o raggiungere gli obiettivi originali del World Soundscape Project di interessare gli ascoltatori all’importanza ed alla particolare complessità dell’ecologia acustica. È qui che i suoi adepti possono avere un’importante influenza.

 

Riferimenti bibliografici

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Il contesto

Il lavoro pioneristico del World Soundscape Project (WSP) alla Simon Fraser University (SFU), sebbene inteso prevalentemente come educativo e documentativo, tuttavia incoraggiò lo sviluppo di uno stile di musica elettroacustica che ho definito “soundscape composition” (Truax, 1984, 1996, 2000). Dapprima, l’intento fu di documentare e ripresentare registrazioni di vari ambienti sonori all’ascoltatore per incoraggiare la consapevolezza dei suoni che sono spesso ignorati, quindi di promuovere l’importanza del paesaggio sonoro nella vita della comunità. Il primo studio sistematico fu The Vancouver Soundscape, pubblicato nel 1973, consistente in un opuscolo e due dischi long-play.
Le tecniche di studio usate a quel tempo consistevano principalmente di editing trasparente e mixing di registrazioni originali non trasformate, scelte per il loro interesse uditivo e la rappresentatività del paesaggio sonoro in questione. Di eguale importanza tecnica fu l’attenzione prestata alle tecniche di registrazione, ed oggi l’archivio di nastri che rimane da quegli sforzi, come registrazioni attraverso sia il Canada che l’Europa tra il 1972 e il 1975, di eccellente qualità, essendo stati registrati con uno stereo Nagra IV-S e un paio di microfoni a condensatore AKG. Un catalogo completo e un indice per soggetto, sia cartaceo che sul sito web dello studio, rende questa collezione accessibile agli utenti per un’ampia varietà di usi.
Durante la produzione nel 1974 di una serie radiofonica in 10 puntate per la CBC intitolata Soundscapes of Canada, un cambio significativo occorse nell’uso del materiale registrato, in questo caso derivato da un tour di registrazioni attraverso il Canada nel 1973. Come con The Vancouver Soundscape continuavano ad essere assemblate opere colletivamente prodotte quali “Summer Solstice” dove brevi segmenti tratti da una registrazione effettuata ogni ora su un periodo di 24 ore, furono editati insieme in modo transparente per creare un’esperienza sintetizzata in un’ora di quello specifico paesaggio sonoro. Una tecnica simile fu usata nel 1975 con uno dei cinque villaggi europei che il WSP studiò, precisamente Cembra, in Italia. Comunque, molti programmi delle altre radio nella serie Soundscapes of Canada furono prodotti individualmente. In molti casi fu usato il format documentario per radio, sebbene con molti più esempi sonori che nell’approccio convenzionale. Tuttavia, in altri casi, furono usate trasformazioni più estensive con i suoni e le loro composizioni come Work e Games di Bruce Davis, Soundscape Study e Maritime Sound Diary di Barry Truax, A Radio Program About Radio Programs di Howard Broomfield, tutti composti nel 1974.
Dopo il 1975, quando Schafer lasciò la SFU, sia l’insegnamento che il lavoro di composizione continuavano su basi individuali, particolarmente con l’opera di Hildegard Westerkamp che comprendeva programmi radiofonici, che influenzarono Kits Beach Soundwalk (1989), fino ai brani da concerto come Fantasie for Horns (1978), A Walk Through The City (1981) e Cricket Voice (1987), tutti basati su suono ambientale e suo processamento in studio analogico. Eccetto per l’opera per testo e paesaggio sonoro, The Blind Man (1979), il lavoro elettroacustico di Barry Truax è centrato sulla sintesi digitale del suono fino al 1986 e sul processamento del segnale digitale di suoni campionati da allora in poi. Molti di questo primi lavori basati su sintesi ebbero un forte carattere ambientale, particolarmente quelli realizzati nel formato quadrifonico, culminante con Riverrun (1986), che fu realizzato interamente con sintesi granulare in tempo reale (Truax, 1988, 1990). I suoi lavori negli anni 1990 furono spesso basati su suoni ambientali processati con una tecnica di granulation – sintesi granulare (Truax, 1992a, 1994a, 1994b), come Pacific (1990), Basilica (1992) e Song of Songs (1992).
Nei primi anni 1990, la collezione di nastri del WSP si arricchì delle registrazioni su DAT dell’area di Vancouver, e nel 1996, con il patrocinio della Goethe Foundation, quattro compositori, due canadesi e due tedeschi, furono invitati a visitare la SFU e a lavorare con l’intera collezione di nastri. I risultati furono eseguiti nel primo concerto per studio ad otto canali alla CBC di Vancouver nel giugno del 1996 e pubblicati nel 1997 in due CD, The Vancouver Soundscape (1973) and Soundscape Vancouver (1996). I due CD documentano come il paesaggio sonoro di Vancouver sia cambiato durante quel periodo e come la soundscape composition si sia evoluta.
Durante i precedenti 5 anni, la soundscape composition sia alla SFU che altrove si è concentrata sull’approccio dell’assemblaggio multitraccia e del processamento del segnale digitale tipico della workstation audio digitale standardizzata. Alla SFU, si è sviluppato il controllo computerizzato della spazializzazione ad otto canali del suono ambientale (Truax, 1998), dapprima tramite un’unità prototipo chiamata DM-8 creata da Harmonic Functions di Vancouver, ed attualmente con il mixer a matrice di 16 canali Richmond Sound Design detto AudioBox, pure progettato da Harmonic Functions. Con questa unità si usa il software ABControl di Chris Rolfe che facilita le traiettorie dinamiche del suono in uno spazio con diffusori multipli. Sebbene questo sistema sia stato usato anche per altri tipi di musica elettroacustica, l’applicazione del suono surround alla soundscape composition sembra particolarmente efficace ed è diventata molto popolare. Si è costituito un ricco catalogo di compositori associati alla SFU ed altri (quelli associati al progetto Sound Travels di Darren Copeland) e loro concerti sono regolarmente eseguiti. In meno di 30 anni, la soundscape composition sembra avere un salto generazionale.

 

Approcci macro composizionali

Le soundscape compositions sono distintamente caratterizzate come quelle di ogni altro stile di musica elettroacustica. Tuttavia, se prendiamo la storia dei contributi della SFU al genere come esempi, possiamo vedere emergere modelli abbastanza semplici e pure molte differenze in dettaglio. Uno dei tratti più ovvi è non che i brani usino materiali del suono ambientale, ma piuttosto che molti pezzi possono essere posti in un continuum tra ciò che potrebbe essere detto “found sound” – suono trovato – e approcci “abstracted” – astratti. In altre parole, non può essere definita soundscape composition qualsiasi pezzo che usa registrazioni del paesaggio sonoro come sua fonte di materiali, soprattutto perché le tecniche di processamento del segnale contemporanee possono facilmente rendere tali suoni irriconoscibili e completamente astratti, p.e. con riferimento al mondo reale scarso se non del tutto assente.
La soundscape composition mantiene sempre un chiaro grado di riconoscibilità nei suoi suoni, anche se alcuni di loro sono di fatto pesantemente processati, al fine di rendere possibile per l’ascoltatore il riconoscimento di questi suoni e loro associazioni. O, anche più semplicemente, è sempre chiaro cosa la soundscape composition tratti, anche in assenza della visione e di altri suggerimenti contestuali, il compositore può assistere l’ascoltatore con un titolo esplicito e note di programma. Con materiali sonori altamente chiari e vividi, questa informazione è probabilmente non necessaria, ma in altri casi, un certo grado di ambiguità può esistere in una registrazione di paesaggio sonoro e l’ascoltatore può aver bisogno di essere orientato con un testo appropriato. Dove poco o nulla dei suoni ambientali usati in un brano è riconoscibile, l’ascoltatore probabilmente li udrà come in una organizzazione di suoni astratti, non come una soundscape composition con associazioni al mondo reale. Naturalmente, molti compositori amano creare un mondo immaginario con suoni processati di varia origine e se il risultato è sentito come un paesaggio sonoro coerente, anche se non realistico nei dettagli, si può fare una connessione con l’approccio alla soundscape composition. Un esempio potrebbe essere Red Bird di Trevor Wishart, con i suoi “paesaggi” di fabbriche e giardini realizzato quasi esclusivamente con suoni vocali, come descritto dal compositore (Wishart, 1986, 1996).
Ad un altro estremo, ci si potrebbe meravigliare se un collage apparentemente casuale di suoni ambientali potesse funzionare come soundscape composition, in particolare se molti o tutti i suoni fossero individualmente riconoscibili. Il problema qui è che la giustapposizione arbitraria dei suoni impedisce che si verifichi qualsiasi senso coerente di un ambiente reale o immaginario. Inoltre, lo stacco di apparente relazione semantica tra i suoni impedisce che si sviluppi nella mente dell’ascoltatore una sintassi, quindi è impossibile costruire una narrazione per il pezzo. Ciò non significa che questo montaggio non possa essere occasionalmente utile. Nel mio breve lavoro, Pacific Fanfare (1996), un insieme di segnali sonori di Vancouver sono composti insieme durante gli iniziali 30 secondi del pezzo, con transizioni tra loro abbastanza brusche. Comunque, questi sono tutti chiaramente percepiti come segnali sonori, e un Vancouverite potrebbe riconoscerli tutti come originali del luogo (alcune sono registrazioni storiche di segnali che non esistono più). Il collage che creano non è un paesaggio sonoro coerente, ma tutti gli elementi sono suoni unici della città. Inoltre, durante il resto del brano, questi stessi suoni che furono uditi non processati all’inizio sono uditi in versione time-stretched resonated che permettono all’ascoltatore di esplorare uditivamente sia il carattere armonico dei suoni che le loro associazioni simboliche. In altre parole, ascoltando la composizione non si riconoscono propriamente suoni specifici, ma è possibile meditare su di loro in profondità.
Per ritornare al continuum menzionato prima, precisamente dal suono trovato al suono astratto, possiamo vedere che è possibile una gamma di approcci nella soundscape composition, sia in un unico brano che tra pezzi diversi. L’approccio del suono trovato caratterizza il primo lavoro del WSP in cui non fu apportata nessuna trasformazione, solo editing e qualche volta mixing. Si noterebbe che ogni mixing usa solo suoni registrati nella stessa località, cioè, materiale che risulterebbe amalgamato insieme perché caratterizzato da stessi carattere acustico e prospettiva. In qualche caso, una registrazione originale fu usata nella sua interezza senza nessuna modifica, eccetto qualche possibile equalizzazione per il rumore del vento. Esempi lampanti di tale composizione di “suono trovato” sono le varie registrazioni del New Year fatte nel porto di Vancouver, uno dei quali (registrato da Hildegard Westerkamp) è incluso nel doppio CD Vancouver Soundscape. Tutte le barche ancorate nel porto di Vancouver suonano le sirene a mezzanotte, ognuna con il suo proprio ritmo e durata totale. Le montagne a nord del porto riflettono i suoni indietro e il risultato è un mix altamente coeso di intonazioni, timbri e durate, tutto in un contrappunto meravigliosamente stocastico. È omogenea anche la forma complessiva dell’evento acustico, che parte con un evento un po’ esitante, quando un grande chorus i cui componenti gradualmente si esauriscono nei successivi 10 minuti o più, dando all’evento un tipo di decadimento esponenziale che segue un attacco esplosivo. Quando terminano i clacson più vicini, si può sentire più piano i più distanti, per cui l’intera “composizione” è sia spazialmente che ritmicamente piuttosto complessa.
Ho definito come “astratta”, secondo Emmerson (1986) la fine del continuum. Questa proprietà riguarda sia il suono stesso come rappresentazione del mondo reale che la sua organizzazione o sintassi derivata dagli eventi del mondo reale e dai loro modelli. In altre parole, in una sintassi astratta, come quella ricercata dai compositori acusmatici, sono la proprietà del suono ed i modelli di suono usati che determinano come i suoni stessi sono organizzati. Egli distingue questa forma di sintassi dalla sintassi astratta dove suoni sono posti in relazioni arbitrarie basate su altri criteri o modelli di organizzazione. In termini di soundscape composition, un suono processato spesso crea un senso del suo essere astratto dalla sua origine del mondo reale. Per esempio, le tecniche di time stretching e resonating menzionate prima espandono i suoni a cui sono applicate non necessariamente impedendone il riconoscimento. Infatti, essi possono ancora sembrare riconoscibili ma “più convincenti che dal vivo”. Nel mio lavoro Basilica (1992), le campane della Basilica di Notre Dame a Quebec City sono elaborate nel tempo, trasposte un’ottava verso il basso e con l’aggiunta di una dodicesima acuta; il risultato è la trasformazione del suono delle campane in un ampio spazio risonante che ricorda l’interno della chiesa stessa.
In lavori che sono creati con suoni principalmente astratti, è particolarmente efficace che il pezzo ritorni, anche se momentaneamente, al materiale originale inalterato. Un classico esempio è Pentes (1974) di Denis Smalley, dove dopo una sostanziale esposizione di testure astratte e complesse gesture esplosive, strutturate finalmente in un ricco ronzio, lentamente emerge sullo sfondo una persistente melodia di cornamuse del Northumbrian. Ugualmente intrigante è il dopo-effetto di questa apparizione in cui lo spostamento nel contesto colora la percezione dei suoni successivi. Un simile esempio si sente in In Memoriam CPR (2000) una soundscape composition di Peter Manning, un omaggio ai suoni del treno transcontinentale della Canadian Pacific Railway . L’energia del treno è suggerita nella grande testura ottofonica dell’apertura che è stata astratta dalla sua sorgente, come fantasma surreale. Tuttavia, in due punti in questo paesaggio sonoro che si evolve, si sentono i modelli del suono originale del treno, sorprendenti nel loro realismo ma efficaci nel contrasto risultante.
Un simile grado di astrazione può essere trovato in Beneath the Forest Floor (1992) di Hildegard Westerkamp, prima nel suono grave, ripetitivo, martellante che diventa un motivo ricorrente nel pezzo. La compositrice ha rivelato in privato che il suono è una trasformazione estrema di un altro suono udito nel pezzo. Tuttavia, circondato dall’ambiente della foresta, questo suono ambiguo evoca una varietà di immagini nell’ascoltatore che sono strettamente correlate alla pioggia della foresta, come la percussione di un tronco cavo, impresso sul suolo poroso della foresta di cedri, forse un misterioso suono di sottofondo, o anche la proiezione di un suono umano interiore. Altri modelli di suono, non proprio suoni individuali, sono anche astratti nel pezzo. Per esempio, suoni con frequenze più alte dell’acqua e corse di scoiattoli attraverso il campo stereo in un modo che è letteralmente irrealistico ma anche decisamente evocativo. L’effetto, prima di tutto, è che un alto grado di attenzione è definito da questi suoni saltellanti, molto più che se essi fossero presentati più staticamente e “naturalmente”. In secondo luogo, è creata un’analogia con l’esperienza di suoni ad alta frequenza che appaiono e scompaiono improvvisamente nella foresta, a causa dell’alto grado di assorbimento di questi suoni in tale ambiente. Per esempio spesso si incontra improvvisamente una corrente, e raramente si sente da una certa distanza. È interessante notare che il compositore ottiene molti di questi effetti con una tecnica da “bacchetta magica” in cui il microfono è mosso rapidamente attraverso il campo stereo per creare un accentuato senso di movimento. Tuttavia, anche la tecnica di registrazione originale può astrarre un suono, essenzialmente esaltando il suono senza degradare la sua riconoscibilità.

 

Approcci strutturali

È probabilmente irrilevante ed impossibile tentare di classificare tutti gli approcci strutturali alla soundscape composition, ma ci sono pochi modelli normativi che possono servire chiaramente come punti di referimento. Questi possono essere distinti secondo il tipo di prospettiva uditiva su cui essi sono basati precisamente: (a) prospettive spaziali fisse che enfatizzano il flusso del tempo, o una serie discreta di prospettive fisse-fissate; (b) prospettive spaziali mobili o percorsi che enfatizzano un flusso spazio/tempo connesso continuo; (c) prospettiva spaziale variabile che enfatizza uno flusso spazio/tempo discontinuo.
Nell’approccio a prospettiva fissa, è il flusso degli eventi sonori nel tempo che determina la struttura del brano. Sebbene ci sia un ovvio senso in cui questo è vero per tutta la musica, l’importanza del flusso temporale in questo caso è che l’ascoltatore esperisce questo flusso creato dalle relazioni tra i suoni uditi, come distinti da lui essendo creato dal movimento apparente dell’ascoltatore. In breve, il tempo è creato dal movimento del suono, non da quello dell’ascoltatore. Abbiamo prontamente notato che il flusso del tempo può essere interamente inedito, o compresso da una durata più lunga. Può anche essere “densificato” stratificando vari segmenti dallo stesso ambiente, sia in stereo che in riproduzioni multi-canale. Nel mio lavoro, Pendlerdrøm (1997), tutte le sezioni realistiche nella versione ottofonica sono create con quattro registrazioni stereo non modificate nella stazione ferroviaria di Copenhagen prese da punti vicini nella registrazioni originale, ma stratificate come apparentemente simultanee in quattro paia di canali adiacenti nello spazio ottofonico. Bisogna ammettere, essi dipingono la stazione come qualcosa di più trafficata di quanto lo fosse realmente, ma in modo da non sembrare implausibile. Infatti, tale densificazione della registrazione può anche sembrare più realistica all’ascoltatore, dato che la memoria è noto abbrevi l’esperienza del tempo quando non prestiamo particolare attenzione a specifici eventi. Registrazioni con una ben definita prospettiva stereofonica poste in diffusori separati intorno all’ascoltatore, producono un’impressione altamente realistica di essere dentro quello spazio (Truax, 1998).
L’approccio della prospettiva fissa può essere grandemente aumentata dalla inclusione di una narrazione, poetica o storia orale. Se è accompagnata da un ambiente fisso (come il treno in Idea of North di Glenn Gould) o strati multipli di altri suoni, la componente narrativa àncora il pezzo ad una locazione fissa implicitamente. In The Hidden Tune di Sabine Breitsameter, sul CD del 1996 Soundscape Vancouver, la voce femminile e la voce Indian della West Coast danno commenti separati ma complementari sul paesaggio sonoro pre-industriale della città. Dallo stesso CD, Recharting The Senses di Darren Copeland usa le voci di persone non vedenti per comunicare il senso di orientamento uditivo (e disorientamento) che esperiscono nella società. La poesia di Norbert Ruebsaat similmente lega A Walk Through the City (1981) di Hildegard Westerkamp, nonostante l’uso innovativo di differenti prospettive uditive con la voce dello scrittore, che va da sospiri emessi vicinissimi al microfono a grida catturate col microfono lontano. In Arcade ’94, un breve lavoro di Andra McCartney, la vulnerabile sonorità delle voci dei teenagers missate con l’ambiente da videogioco violento stabilisce un chiaro commento sulla situazione sociale.
Finalmente, l’approccio della prospettiva fissa può includere una serie di tali prospettive in successione dove le transizioni tra loro sono troppo rapide o mal definite per creare un senso di viaggio. Il taglio del film può essere bene un riferimento qui, l’editing audio può essere egualmente improvviso, ma in pratica molti compositori soundscape sembrano preferire meno le transizioni drastiche, forse perché non hanno riscontro nel mondo acustico. Compositori acusmatici sono ben noti nel preferire porte e loro suoni associati come segnali di transizione, probabilmente perché creano l’esperienza di ascolto di una prospettiva acustica rapidamente mutevole. Data la familiarità dell’ascoltatore con la tecnica del cross-fade tra suoni e immagini nei media audiovisivi, le transizioni non sembrano porre un problema per molti ascoltatori, anche se non ci può essere nessuna apparente spiegazione razionale per loro.
In Talking Rain (1997) di Hildegard Westerkamp, le transizioni tra le scene aperte della foresta pluviale sono accompagnate da passaggi di un’automobile su asfalto bagnato che vaga attraverso il campo stereo. Ciò potrebbe sembrare dapprima incongruo, ma poi nell’opera, la scena uditiva cambia all’improvviso in una strada di città fradicia di pioggia con un prevedibilmente drammatico slittamento di carattere che è stato presagito tramite questi primi tagli. Il mio vasto lavoro, Island (2000), è costruito interamente attorno ad una serie di sei scene, con approssimativamente 30” di transizioni tra loro. La premessa generale è una visita ad un’isola magica della mente dove suoni altamente realistici (nel formato ottofonico descritto sopra) sono combinati con trasformazioni digitali di uno o più elementi di ogni ambiente per creare un senso di mistero e simbolismo. Le sei scene girano attorno a delicate onde su un litorale, una corrente rapidamente in movimento (la sola sezione in cui l’ascoltatore può sembrare essere attivamente in movimento), una cisterna risonante o una cantina, un lago montano ventoso, una foresta notturna piena di canto di grilli ed infine un litorale ventoso con una violenta ondata. Non sembra necessario definire ogni taglio uditivo come passaggio tra scene dato che le transizioni (particolarmente dalla cisterna al lago) sono arbitrarie quanto la durata totale della “visita” (19’).
In ogni scena, uno o due degli elementi del paesaggio sonoro realistico sono astratti attraverso trasformazione per creare il senso di magico nella scena. Per esempio, versioni low-pass e high-pass delle onde all’inizio e alla fine del pezzo sono usati per attivare un risuonatore con un alto grado di feedback, creando un drone per il suono grave e una delicate testura granulare alla fine dello spettro. Solo il macro ritmo delle onde che stimolano il risuonatore tradisce l’origine del suono. Simili risuonatori sono usati nelle scene del fiume e della cisterna per aumentare il timbro del suono dell’acqua, che nell’ultimo caso sono gocce che cadono in uno spazio naturalmente risonante (la registrazione originale è fatta in un pozzo). Una versione stretched di questi suoni risonanti creano una testura da corale nei punti chiave. Nella scena del lago montano, il verso di corvo è rallentato (e trasposto giù di una quinta) e quelli di alcuni scoiattoli sono similmente aumentati. Nella foresta notturna, analoghi trattamenti sono riservati ad un moscerino ed allo stridulo grillo rispettivamente. Avendo sentito il lento, low-pitched drone del moscerino transformato che si muove intorno allo spazio ottofonico per tre minuti, l’ascoltatore può essere allertato per sentire la registrazione originale del moscerino (che appare due volte) dove ronza rapidamente oltre i microfoni in una caratteristica traiettoria. Siccome ogni scena uditiva è essenzialmente statica (eccetto per il fiume dove sovrapposizioni di segmenti di 12 secondi di flusso di suoni d’acqua oltre l’ascoltatore su l’uno o l’altro lato), l’ascoltatore è libero di concentrarsi su come il flusso di suoni originali e trasformati crea il suo proprio sapore e il suo simbolismo. L’effetto può essere simile all’esperienza di meditazione in cui si abbandona ogni intenzionalità e la mente rimane aperta a tutto ciò che può succedere.

 

La prospettiva in movimento

La narrativa, l’epica, il mito, il romanzo hanno sempre introdotto la gente con l’esperienza di un viaggio, letterale nel senso di un’avventura, psicologico nel senso degli stadi di sviluppo della vita o simbolico nel senso di conflitto e risoluzione. La Soundscape composition che propone l’illusione di una prospettiva mobile può funzionare ad ognuno o a tutti questi livelli. Il Movimento è la base stessa del suono, prima a livello di vibrazione, poi a livello di gesto o modello, e finalmente al macro livello di cambiamenti a più lungo termine, ciclico o altrimenti. Il sistema auditivo è ben equipaggiato per il rilevamento sia del moto nell’ambiente che del moto dinamico dell’ascoltatore relativo all’ambiente. I filosofi hanno arguito che il senso dell’udito è largamente responsabile della nostra esperienza sia del tempo che dello spazio in modi che sono unici (e complementari) a quella creata con la nostra facoltà visiva. Tuttavia, il compositore che crea l’illusione di moto relativo tra l’ascoltatore e lo spazio auditivo ha una ricca paletta di immagini con cui disegnare.
Non può essere una coincidenza se ho identificato l’inizio della Soundscape composition alla SFU (Truax, 1996) con un progetto di registrazione sul movimento e un viaggio durante la preparazione della registrazione del 1973 del Vancouver Soundscape. Il soggetto era “Entry to the Harbour” la traccia che accompagnerebbe l’ascoltatore dall’entrata in Vancouver Harbour dove si trovava una storica sirena da nebbia (il Point Atkinson diaphone), sotto il Lions Gate ed il suo traffico, dopo molte boe e sirene più piccole, nel porto dove il viaggio finirebbe con l’attracco e lo scarico di una nave e i passeggeri che salutano gli amici in attesa. Infatti, a quel tempo era possibile tale corsa del traghetto, sfortunatamente interrotta oggi, che forniva uno spettacolare approccio alla città che si apriva. Una registrazione fatta su ogni corsa del traghetto era dominata dal rumore del motore della nave e quindi era proposta una simulazione del viaggio con i suoi caratteri e la sua durata usando tecniche quali il cross-fading e la riverberazione per produrre l’illusione dei vari suoni che si avvicinano e si allontanano. Ascoltata criticamente, la traccia presenta molte incongruenze come l’ambienza delle onde sciabordanti che suggerisce una prospettiva dalla costa, non quella di una imbarcazione. La transizione alla scena dell’attracco è piuttosto rapida e la durata totale del pezzo è anche troppo corta per lo spazio traversato. Comunque, molti ascoltatori sembrano capaci e desiderosi di sospendere l’incredulità, forse aiutati dall’esperienza di sequenze di film con inquadrature aeree stabilizzate prese da un aereo e con tagli e salti tra diversi momenti di un viaggio che dà allo spettatore un simile senso di viaggio rapido. Provvisto di un itinerario del percorso, un ascoltatore locale può facilmente seguire il giro e altri possono immaginare simili scene. Tuttavia, la traiettoria uditiva totale dell’opera, dal grande spazio aperto dell’eco della sirena dalle montagne, all’inizio, ai confini di un piccolo deposito di bagagli a mano, alla fine, permettono al pezzo di essere interpretato ad un livello simbolico, sia come l’evoluzione della città nel tempo (da cittadina manifatturiera a metropoli), sia rispetto la tensione geografica tra crescita urbana e incontaminate aree afforestate. Quale che sia l’interpretazione, con questo lavoro la mano del compositore diventa più evidente nella soundscape composition.
Le tecniche per simulare il moto non sono limitate a quelle che imitano il mondo reale, come il cross-fade da una sorgente verso un’altra (con un cambio del rapporto tra suono diretto e riverberato ulteriore elemento utile se appropriato), o il panning stereo per movimenti laterali (un elemento notoriamente instabile con la riproduzione di diffusori). Il moto apparente può essere da un suono realistico verso una sua versione astratta, o viceversa. Qui sono utili la classica tecnica di studio del circuito parallelo e le sue varianti. Nella pratica dello studio analogico, il circuito parallelo consiste nello splittare il segnale originale in copie identiche, ognuna delle quali potrebbe essere elaborata separatamente. Normalmente era preservata una copia non processata e ognuna delle versioni trasformate era reimmessa nel mixer su canali separati così che si sarebbe potuta missare ogni combinazione delle versioni independenti, di solito dinamicamente. Realizzare questo circuito oggi usando software multitraccia è fatto raramente a causa del grande numero di tracce richieste. Inoltre, creare un processamento dinamico del segnale su ogni versione e un mix dinamico di tutte le versioni insieme travalica le capacità della workstation audio digitale standard, sebbene potrebbe essere simulata con un mixer digitale che ha un gran numero di linee di uscita ausiliarie. Tuttavia potrebbe essere realizzata con una tecnica che provvede un modo efficiente di suggerrire “movimento” tra un suono originale ed una estensione astratta, potenzialmente complessa. La sequenza introduttiva del mio pezzo, The Blind Man, per esempio, trasforma le campane di Salzburg Cathedral come registrate dal WSP in una versione filtrata complessa che enfatizza le parziali sostenute mentre si modifica il loro attacco, quindi suggerendo un parallelo al titolo del poema di Norbert Ruebsaat, “already it has come / and is leaving again”. Il lavoro fu realizzato nello studio di musica elettroacustica di Bourges, Francia, dove banchi separati di filtri potevano essere assegnati independentemente ai segnali dei canale sia a sinistra che a destra, permettendo in tal modo di isolare e mixare su ogni canale un gran numero di parziali di campana, camuffando il suono originale ma in qualche modo richiamandolo.
Una variazione sull’approaccio del circuito parallello è di stratificare una parte del suono con l’intero. Una delle sfide più difficoltose nella soundscape composition si pone con le registrazioni di paesaggi sonori complessi che contengano molte sorgenti simultanee. Con buona ragione, l’approccio acusmatico evita questo problema usando “sound objects” microfonati molto da vicino ed isolati acusticamente in studio di registrazione. Chi registra il paesaggio sonoro può anche scegliere di microfonare certe sorgenti molto da vicino e quindi essere capace di lavorare con uno specifico suono indipendentemente dagli altri nell’ambiente. Il suono individuale processato può anche essere re-mixato con una registrazione ambientale dove con un’equalizzazione curata dei livelli di missaggio può integrarsi con un paesaggio sonoro coerente, così da essere individualmente controllabile. Il primo lavoro di Jack Body, Musik Dari Jalan (1974), basato su grida e segnali sonori dei venditori di strada indonesiani, che alterna intelligentemente il trattamento di questi suoni come oggetti sonori isolati e manipolati in studio, e l’innesto in un caratteristico ambiente di strada; le transizioni tra questi due trattamenti sono forse i momenti più affascinanti del pezzo.
Le tecniche tradizionali di elaborazione del segnale può solo isolare un suono componente da un intero complesso quando le componenti desiderate e le indesiderate occupano differenti ambiti di frequenza. Comunque, quando un particolare evento sonoro in un paesaggio sonoro è abbastanza forte, anche se momentaneamente, maschererà l’ambiente circostante e dunque può essere estratto tramite editing. Quando ciò avviene al micro livello della sintesi granulare, il breve campione sonoro è inviluppato per prevenire che sia introdotto un click da transiente, permettendo così arbitrariamente ricombinazione di grani per scopi di time stretching, per esempio. Al macro livello, un editing accurato permette un più lungo segmento di un suono da essere messo in loop senza un transiente apprezzabile. Queste due tecniche suggeriscono due possibili approcci per creare una transizione morbida tra un suono originale e la sua estensione transformata. Il primo è stratificare l’originale con un livello granulato che è sincronizzato ma non allungato; solo successivamente sarà allungato, per esempio durante lo stato di stasi e/o decadimento del suono. Il secondo approccio consiste nello stratificare il suono originale con un loop della “parte” che è elaborata successivamente.
Entrambi le tecniche sono usate nell’introduzione della mia soundscape composition, La Sera di Benevento (1999), un pezzo su un piccolo paese italiano vicino Napoli durante un caldo pomeriggio. Perché un loop rimanga plausibile, deve sfruttare la familiarità dell’ascoltatore con i suoni ripetitivi dell’ambiente, come gli esempi più ovvi di suoni prodotti dalle macchine. La Sera apre con un treno che arriva alla locale stazione. Suona il suo fischio (a 12”) e ad un certo momento nella registrazione originale (29” nel pezzo) c’è chiaramente udibile un suono stridente prodotto dal treno, ed è questo suono che ho messo in loop e mixato con la registrazione originale dove infatti lo stridio non si udiva ancora. Comunque, un suono ripetitivo associato al treno in movimento è abbastanza plausibile da convincere molti ascoltatori che è occorso naturalmente. Appena diventa stabile, si ode un’altra raffica del fischio del treno, ma siccome è breve, solo l’ascoltatore più attento noterà che è stato granularizzato ed ora ha una certa testura. Tuttavia, quando è ripetuto, è allungato drammaticamente (di un fattore 40) tanto che il suo pitch diventa parte di una testura stabile e tutti gli ascoltatori realizzeranno che è un suono elaborato. Infatti è la terza trasformazione, le prime due (il loop che squittisce ed il fischio granularizzato ma non allungato) essendo state integrate senza soluzione di continuità nel paesaggio sonoro. Lo scopo di questa “illusione” è rendere più morbida possibile la transizione al pasesaggio sonoro elaborato. L’elaborazione comporta di accordare il tono del fischio alle frequenze di risonanza imposta sul suono del treno che sono combinati con una versione allungata.
La prospettiva del movimento in La Sera di Benevento e Pendlerdrøm non è solo un movimento fisico nello spazio (dalla stazione ferroviaria ad una piazza con una fontana nel primo caso, e nella stazione ferroviaria su un treno locale di pendolari nel secondo caso), ma anche un movimento dell’attenzione dal mondo esterno alla dimensione interiore del sogno ad occhi aperti. Il confondere l’immagine dell’auditorio con suoni astratti trasformati, suggerisce facilmente questa transizione. Il contesto sociale più grande della siesta italiana, l’abitudine dei pendolari al viaggio giornaliero, suggerisce anche la naturalezza di questa sezione irreale. Con Pendlerdrøm fu usata una tecnica simile per le transizioni, specie un loop basato su caratteristici suoni di treno. Nella prima transizione (2:30 – 3:00), è il ripetitivo passaggio sinistra-destro delle carrozze del treno attraverso il campo stereo, tramite il caratteristico “thump-thump” ritmico delle ruote sui binari. Nella seconda transizione (7:00 – 7:30), il loop è ottenuto dallo stesso ritmo che accelera del treno dei pendolari registrato all’interno del compartimento. Mantenere alcuni degli ambienti realistici sul mix ad 8 tracce mentre queste transizioni sono acquisite, e lasciare che svaniscano lentamente sono dinamiche che accompagnano l’ascoltatore nel paesaggio sonoro trasformato.
Allo stesso modo, quando è tempo di emergere dal sogno ad occhi aperti e ri-entra il realistico paesaggio sonoro, c’è un altro periodo di sovrapposizione tra loro piuttosto lungo, le due transizioni che rispecchiano l’esperienza di “drifting off” – deriva e “waking up” – sveglia. Tale secondo e finale risveglio è innescato dall’annuncio della stazione dei pendolari sul sistema di amplificazione, ma in risposta una versione risonante ed altamente allargata di uno dei sbatacchiamenti di una porta del compartimento del treno udito prima nel pezzo, suggerisce l’esperienza di “waking with a start” – sveglia di soprassalto . Infatti, durante la seconda sequenza da fantasticheria in Pendlerdrøm, ciò che è detto “waterfall effect” – effetto cascata in memoria (p.e. eventi uditi di recente sono ripetuti nella propria testa) è imitato così bene. Frammenti di suono che erano sentiti inglobati nelle parti realistiche del paesaggo sonoro ritornano in loops risonanti, come la voce disincarnata degli annunci del sistema di amplificazione, i freni del treno, vari segnali elettronici. In breve, la soundscape composition tratta non solo con le abilità degli ascoltatori di identificare e creare senso dall’ambiente acustico e come cambia, ma anche con i modelli e gli abiti di ascolto e memoria. L’effetto è di immergere l’ascoltatore, particolarmente con il sistema ottofonico, nel paesaggio sonoro che attraversa dal plausibile all’altamente astratto con la possibilità di morbide transizioni tra loro.

 

Prospettiva variabile

Mediamente, i compositori di soundscape spesso partono dalle propettive fisse o di movimento che hanno chiare analogie nel mondo reale e inventano nuovi modi di organizzare e presentare i loro materiali. Talvolta le prospettive cambiano troppo rapidamente per suggerire movimenti realmente plausibili, oppure “scene” multiple sono presentate simultaneamente. Il fatto che l’ultimo approccio può funzionare nella soundscape composition è probabilmente dovuto in parte all’ascoltatore che è familiare con situazioni di ascolto “schizofoniche”, cioè dove uno o più suoni sono inglobati con un arbitrario paesaggio sonoro tramite diffusori (Truax, 1992b, 2000). Sebbene tale disarticolazione ancora una volta sembra provare “la magia della tecnologia”, e R. Murray Schafer puntualizza la “nervousness”, nervosismo-irritazione, di questa esperienza (Schafer, 1969, 1977), la sua familiarità, anche banalità nella vita quotidiana, è progredita al punto che il consumatore si suppone abile nello scegliere un ambiente audio in cui essere inglobato tramite tale “media di accompagnamento” come radio, lettore CD, Walkman o Discman. Inoltre, gli ascoltatori sono competenti nel decodificare inglobamenti multipli di tali suoni originati in tempi lunghi e luoghi diversi fino a che sembra esserci un ordine logico nella loro combinazione. Possono essere tollerati anche elementi che confliggono e si sovrappongono, pur se l’attenzione su ogni elemento è difficoltosa. In breve, in questi casi sembra non esserci nessun limite rispetto al grado di complicazione di ambienti audio contemporanei. Il problema che essi presentano al compositore è come evitare l’inevitabile risposta di “tuning out” – sintonizzazione, messa a punto – dell’ascoltatore, assumendo che è desiderato l’atteggiamento di ascolto opposto.
L’odierno approccio dell’editing multi-traccia standard facilita la creazione di livelli simultanei di eventi ed ambienti arbitrari di suono. Il fatto che essi non creano una singola immagine di un paesaggio sonoro coerente, ma piuttosto una complessa e di fantasia, non impedisce di produrre opere che hanno scopi simili a quelli di altre, più realistiche forme di soundscape composition. Un caso notevole in merito è Vancouver Soundscape Revisited (1996) di Claude Schryer che è composto di nove sezioni ognuna con propri titolo e tema. Lo schema dell’organizzazione totale comprende due gruppi di quattro sezioni, tutte prodotte con sorgenti sonore multiple, separate da una breve sequenza descritta come “quieti passi nella foresta”, presumibilmente per contrastare con le sezioni fortemente stratificate prima e dopo.
Lo stile compositivo di Schryer è posto tra l’acusmatico e l’approccio da paesaggio sonoro. Descrive il suo processo in questo pezzo come partenza con editing e catalogazione di varie sequenze dalla libreria del WSP secondo “spettro, categoria, funzione, tono e contesto”. Poi sperimenta con varie combinazioni e modificazioni del materiale sino a che, come precisa nelle note di programma pubblicate, “fu trovata un’interessante alchimia sonora”. Da ciò possiamo assumere che si sperimenta qualche connessione percettiva, concettuale, o forse solo intuitiva, per legare la vasta varietà di suoni trovati in ogni sezione. Per esempio, nella seconda sezione, la più lunga detta “Fire”, appena sotto 4 minuti di durata, sentiamo fuochi d’artificio cinesi, danze popolari, musicisti di Krishna, una partita di baseball, tennis, campane di chiesa, un piano meccanico, gabbiani nel porto, il segnale orario delle 9, il telefono elettronico, il bus di Main Street, un gran numero di sirene e trombe di imbarcazioni naturali ed elaborate. Come riusciamo a dare senso ad un repertorio così vario? Se prendiamo il titolo come un indizio, solo il primo suono, il fuoco d’artificio, è un referente letterale, e così potremmo sentire la sequenza come una corrente di associazioni con qualche sottile legame – festa per danzare, musica, sports, una deviazione nel porto, e dietro a vari suoni di mezzi di trasporto, tutti intonati e con caratteristici patterns ritmici. Il confronto di toni produce un giro umoristico nella sezione successiva, “Dronesong”, dove sirene di imbarcazioni completano la canzone di un cantante ubriaco la cui nota finale appare sulle prime registrazioni del Vancouver Soundscape. Troviamo una simile ironica giustapposizione in “Beans” dove il commentatore sulla gondola della Grouse Mountain riferisce della vista spettacolare di Vancouver e l’ascoltatore è sottoposto invece ad un bombardamento di rumore della città. Altre sezioni, come “Noise”, “Industry” e “Horn” seguono il tema acustico del titolo, ma in ogni mix c’è un intricato interplay tra suono ed immagine in cui giustapposizioni musicali si combinano con associazioni di paesaggio sonoro.

 

Conclusioni

La soundscape composition, come sperimentata pioneristicamente alla Simon Fraser University sin dai primi anni 1970, si è evoluta rapidamente per esplorare un completo raggio di approcci a partire dal “suono trovato”, ri-presentazione di ambienti acustici attraverso l’incorporazione di trasformazioni soniche altamente astratte. Gli approcci strutturali similmente variano dall’essere analoghi della esperienza del mondo reale, come l’ascolto da una prospettiva spaziale fissa o mobile attraverso una serie connessa di spazi acustici, a quelle che rispecchiano sia esperienze mentali non-lineari di richiamo di memoria, sogni, libere associazioni, sia costrutti sonici artificiali resi possibili e familiari tramite moderne tecniche audio “schizofoniche” di stratificazione e inglobamento dei suoni. Il formato di diffusione del suono panoramico ottofonico come usato nelle presentazioni contemporanee di paesaggio sonoro ha raggiunto un ragguardevole senso di immersione in un ambiente sonoro ri-creato o immaginario. Mediamente, la risposta del pubblico a tali concerti è stato marcatamente più entusiastico rispetto alle presentazioni stereofoniche convenzionali. L’interesse crescente dei compositori per questo genere, supportato dal continuo sviluppo di sofisticati strumenti audio digitali, sia per il sound design che per la progettazione, suggerisce che sono in cantiere molti sviluppi futuri. Oggi i compositori di soundscape si avvalgono di registrazioni di alta qualità di suoni ambientali come fonte di materiale, dato che nessun metodo di sintesi si pensa possa produrre suoni-ambiente realistici (a differenza del parlato e della sintesi di strumenti musicali che ha riscosso più attenzione). Tuttavia, seguendo l’approccio da micro-livello di sintesi granulare e i metodi di analisi/risintesi tramite wavelet, le direzioni di ricerca correnti possono provvedere molto bene in futuro le basi per un approccio diverso dal campionamento del mondo reale. Controllo di frequenza a micro-livello, proprietà temporali-spaziali possono integrarsi in specifici metodi di sound design, con ciò permettendo suoni complessi e ambienti sonori precisamente controllati e generati. La simulazione di paesaggi sonori arbitrari con realismo da mondo reale (e sue estensioni) andrebbe oltre ai propositi estetici. Per esempio, diventerebbe possibile simulare ambienti sonori per studiare e sperimentare attività adatte a persone con problemi di vista e di udito, così come le ovvie applicazioni educative e di intrattenimento che finora erano state dominate dagli aspetti visuali della “realtà virtuale”, simulazioni supportate da audio mediamente di basso livello, di solito sentito in cuffia. La Soundscape composition presenta una sfida interdisciplinare ai suoi sviluppatori, sia in termini di ricerca che le sue applicazioni. Ma rimane la questione se la sua pratica porterà ad isolare ulteriormente gli individui in realtà surrogate, o raggiungere gli obiettivi originali del World Soundscape Project di interessare gli ascoltatori all’importanza ed alla particolare complessità dell’ecologia acustica. È qui che i suoi adepti possono avere un’importante influenza.

 

Riferimenti bibliografici

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