Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Trame e percorsi sonori nell’oltretomba dantesco

Rossana Scalia
Contributo presentato in occasione del Convegno di Urbino, “I saperi dall’ascolto: percorsi educativi nel paesaggio sonoro”- 26 settembre – 1 ottobre 2022.
FKL | Associazione CSMDB | Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.

 

Il percorso che propongo è nato grazie a un lavoro realizzato in una quarta liceale, partendo dalle suggestioni offerte da un progetto sonoro di PCTO proposto dal Teatro La Fenice di Venezia che prevedeva al termine l’ideazione di un itinerario musicale sulla Commedia indirizzato ai bambini della scuola primaria.

Il lavoro è pertanto un tentativo appassionato di ricostruzione sonora del capolavoro dantesco, in particolare della prima cantica, condotto tra varie difficoltà e ostacoli con grande passione ed entusiasmo. Esso ci rivela che potremmo concepire il viaggio di Dante non solo come un passaggio dall’oscurità, dalle tenebre infernali alla luce intensa e abbagliante del Paradiso ma come un itinerario sonoro che guidi il lettore dagli stridori, dai rumori assordanti e dalle grida disperate dell’Inferno all’ineffabile armonia del Paradiso.


 

Durante l’anno scolastico 2021/22 nella quarta superiore del liceo dove insegno, ho lavorato sul sonoro, partendo dalle suggestioni offerte da un progetto sonoro di PCTO, Après une lecture de Dante: gli scenari musicali della Divina Commedia, proposto dal Teatro La Fenice di Venezia in collaborazione con l’Ufficio Scolastico provinciale di Treviso e da realizzarsi unicamente mediante otto incontri online.

Il percorso ha offerto agli studenti la possibilità di approfondire la figura di Dante musicus come ascoltatore e testimone della musica del suo tempo e, attraverso l’analisi di passi scelti dalle tre cantiche, di riconoscere quale importante ruolo la dimensione sonora rivesta all’interno dell’ambientazione scenografica del poema. Il progetto prevedeva al termine delle lezioni l’ideazione di un itinerario musicale sulla Commedia indirizzato ai bambini della scuola primaria.

Il percorso è stato molto interessante e ha permesso a tutti di approfondire il ruolo primario rivestito dalla musica nella vita di Dante e di conseguenza nel suo poema. Siamo partiti dalla collocazione geografica, Firenze, dalla condizione economica e sociale della famiglia d’origine, dagli studi condotti, dalla formazione musicale, dal ruolo primario rivestito dalla musica nell’educazione di un giovane dell’età medievale. Le arti liberali, infatti, costituivano durante il Medioevo il percorso di studio per chi non si dedicava alle arti meccaniche e comprendevano la grammatica, la retorica e la dialettica (il Trivio); l’aritmetica, la geometria, la musica, l’astronomia (il Quadrivio).

Proprio in riferimento a questo tema, Boccaccio, primo autorevole commentatore della Commedia dantesca, nel celeberrimo Trattatello in laude di Dante ci riferisce che il Sommo Poeta «tutta la sua puerizia con istudio continuo diede alle liberali arti, e in quelle mirabilmente divenne esperto» (1). Lo stesso Boccaccio precisa che Dante si dilettò molto in suoni e canti durante la sua giovinezza, testimoniandoci dunque quanto la musica sia stata importante nella sua vita.

Non si può certamente negare che la musica sia confluita nel suo capolavoro, anzi sarebbe opportuno ripensare il viaggio di Dante non solo come una ricerca della retta via illuminata dalla grazia divina, bensì come un itinerario che, attraverso i tre regni dell’oltretomba, conduce Dante dalle tragiche grida dell’Inferno all’armonia musicale che si effonde nel Paradiso.

Nel corso dei secoli, in particolare per tutto il Trecento, il Quattrocento, nella prima metà del Cinquecento e poi dal Settecento fino ai nostri giorni (2) numerosi artisti, affascinati dal poema dantesco, hanno ritratto, delineato i tre regni dell’oltretomba, lasciandoci opere pregevoli e originali: dalle miniature agli affreschi, dalle xilografie ai fumetti, dal cinema al teatro, in molti hanno tentato di mettere in scena la loro Commedia, ma nessuno ne ha proposto una rilettura in modalità sonora.

Eppure, come la Voragine infernale di Botticelli (Firenze, 1445 – 1510), raffigurante l’inferno a forma di imbuto rovesciato creato dalla caduta dal Paradiso di Lucifero, che si può riconoscere conficcato nel lago ghiacciato Cocito al termine del regno infernale, mostra l’importanza conferita all’illustrazione dall’artista e ci offre una splendida visione generale dell’Inferno, in grado di aiutare il lettore ad orientarsi rispetto alla geografia di questo regno dell’aldilà, altrettanto si potrebbe fare con una proposta di tipo sonoro, atta a ricostruire le tappe e i luoghi del viaggio dantesco mediante le informazioni ricavate dai riferimenti sonori copiosamente disseminati da Dante stesso nell’opera.

Sandro Botticelli, Voragine infernale, 1480-95. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana

 

Il viaggio nella Commedia intrapreso con la classe, infatti, ha messo in risalto come Dante abbia conferito grande attenzione alla sfera sonora, come l’Inferno sia luogo di dannazione e, dal punto di vista sonoro, di suoni sgradevoli, strazianti, inquietanti, disumani, il Purgatorio sia luogo di purificazione e di canto all’unisono, il Paradiso centro di perfezione e di polifonia.

Se poi da un lato nell’Inferno la musica è pressoché assente, dall’altro sono una miriade i suoni evocati dal poeta per descrivere le tenebre e il rabbioso dolore delle anime dannate.

La musica invece diventa sempre più presente nell’ascesa lungo i sentieri del Purgatorio e soprattutto nei cieli estatici del Paradiso. Nondimeno è stato proprio l’Inferno, e soprattutto la tragicità di alcune figure che incrociano il cammino del poeta in questa cantica, a fornire il terreno più fertile alla creazione musicale nei secoli scorsi (3).

Non sarebbe allora possibile o più propriamente doveroso cominciare ad affiancare alla copiosa tradizione di tradurre la Commedia in immagini visive una riscrittura generale dell’opera a partire dai suoni?

L’occasione per un ambizioso lavoro in tal senso ci è stata offerta dal Teatro “La Fenice” grazie al PCTO di cui ho prima parlato. Durante le lezioni online sono stati progressivamente presentati ai ragazzi gli strumenti musicali citati nel Poema dantesco, di cui riporto alcuni esempi: trombe, campane, tamburi e la cennamella (4), antico strumento a fiato, simile alla zampogna, composto di canne e usato negli eserciti, citato insieme agli altri strumenti per richiamare le azioni militari e gli esercizi per le feste e i tornei segnalati dal concorso di segnalazioni visive e uditive e adoperato in chiave parodica da Dante per ricollegarsi al cul di Barbariccia; il liuto nel canto XXX, a cui è paragonato il ventre di un dannato, falsario di moneta, maestro Adamo «Io vidi un, fatto a guisa di leuto/ pur ch’elli avesse avuta l’anguinaia/ tronca da l’altro che l’uomo ha forcuto» (5), affetto da idropisia, malattia che determina un enorme gonfiore del ventre e che pertanto sembrerebbe ricordare la cassa armonica di questo antico strumento musicale; sempre nello stesso contesto le percosse a opera di un altro dannato, il greco Sinone (indispettito per il fatto di essere stato nominato), sul ventre di maestro Adamo producono un suono simile a quello di un tamburo, «quella (l’epa croia) sonò come fosse un tamburo» (6); l’olifante, presente nel XXXI canto dell’Inferno «ma io senti’ sonare un alto corno,/ tanto ch’avrebbe ogne tuon fatto fioco,/che, contra sé la sua via seguitando, dirizzò li occhi miei tutti ad un loco»(7), il cui suono alto (attribuito per ipallage a corno) a paragone del quale il rumore del tuono sembrerebbe fioco, attrae l’attenzione di Dante e richiama alla mente del pellegrino il suono dell’olifante di uno degli episodi più famosi dell’epica medievale, la rotta di Roncisvalle «Dopo la dolorosa rotta, quando/ Carlo Magno perdé la santa gesta,/ non sonò sì terribilmente Orlando» (8); quindi la giga, strumento musicale a corde e l’arpa, non molto dissimile da quella moderna, strumenti descritti come in grado di produrre suoni soavi, «dolce tintinno», e usati come termini di paragone in una similitudine tendente a manifestare una melodia che rapiva in estasi Dante, senza che riuscisse a intendere il senso dell’inno, a eccezione delle parole Resurgi e Vinci (9); la cetra e la zampogna, utilizzate sempre come termini di confronto per descrivere il mormorio indistinto che sale attraverso il collo dell’aquila e diviene voce quando esce dal becco, nel cielo di Giove, il sesto, quello degli spiriti giusti, nel canto XX del Paradiso (10). In quest’ultimo caso, la precisione con cui è indicata la formazione del suono sui due strumenti sembra convalidare l’ipotesi di un Dante esperto di musica; l’organo, infine, presente nel canto IX del Purgatorio nella forma plurale «organi»(11), a indicare lo strumento a tastiera e canne che oggi tutti conosciamo e che troneggiava all’epoca nelle cattedrali gotiche.

Analizzati gli strumenti musicali citati opportunamente da Dante, si è passati ai canti intonati nella Commedia, partendo da quelli dolcissimi ma profani e ancora legati al mondo terrestre di Casella «Amor che ne la mente mi ragiona» (12) che irretisce Virgilio, le anime dei purganti e lo stesso Dante nel secondo canto del Purgatorio, e della sirena, «femmina balba» (13), che appare in sogno a Dante e con il suo suadente e pericoloso canto, rappresentante la sapientia mundi, affascina e attrae Ulisse in persona (14), approdando poi al canto sereno di vari personaggi come Matelda nel Purgatorio «una donna soletta che si gia/ e cantando e scegliendo fior da fiore/ ond’era pinta tutta la sua via » (15) e nel Paradiso Piccarda Donati  «Così parlommi, e poi cominciò ‘Ave/ Maria’ cantando, e cantando vanio/ come per acqua cupa cosa grave» (16), versi in cui notiamo la ripetizione chiastica nel verso di cantando e gli straordinari effetti stilistici seguiti, e Giustiniano, il quale si sottrae alla vista di Dante, intonando un inno di gloria a Dio in uno stile solenne, reso più elevato dall’impasto di parole latine, tipiche della liturgia cristiana, e di voci ebraiche, evidenziate dalla posizione in rima «Osanna, sanctus Deus sabaòth,/ superillustrans claritate tua/ felices ignes horum malacòth!» (17).

Ci sono poi i canti all’unisono, primo fra tutti nel canto II del Purgatorio «In exitu Isräel de Aegypto’/cantavan tutti insieme ad una voce/con quanto di quel salmo è poscia scripto» (18), salmo intonato dalle anime purganti che arrivano sul «vasello snelletto e leggero» (19) dell’angelo nocchiero o il salmo «Miserere» eseguito «a verso a verso» (20) dalle anime dei morti violentemente nel canto V del Purgatorio, e il «Salve Regina», intonato da tutte le anime dell’antipurgatorio o solo da quelle che occupano la valle nel canto VII (21). Interessanti poi tutte le testimonianze di canti polifonici disseminati nel Paradiso che durante le lezioni online sono state sviscerate e commentate ampiamente ai ragazzi, per mettere in risalto la fusione di suoni diversi al fine di generare un’unica, perfetta armonia, ormai completamente depurata di qualsiasi pesantezza terrena.

L’analisi di tutto questo materiale ci ha permesso di  mettere in risalto la distanza tra la dolcezza e la concordia dei canti intonati nel Purgatorio, la sublime, ineffabile armonia musicale del Paradiso e i lamenti feroci, le grida disperate, i rumori stridenti, opprimenti e assordanti dell’Inferno.

 

Ideazione e organizzazione del lavoro sonoro sulla Commedia

Terminato il percorso di studio con il teatro La Fenice, alcuni studenti, pur soddisfatti delle lezioni dal punto di vista teorico, hanno espresso tutta la loro perplessità e la loro ansia, taluni addirittura la loro contrarietà di fronte all’attività richiesta, consistente nella realizzazione di un percorso sonoro per il quale, a loro dire, le lezioni non avevano offerto indicazioni concrete. I ragazzi obiettavano altresì di non frequentare un liceo musicale, di non avere alcuna cognizione degli strumenti musicali analizzati né alcuna competenza in campo musicale, a eccezione di due/tre studenti.

A questo punto, è subentrata la mia azione. Occorreva, infatti, rassicurare i ragazzi e, partendo dalla considerazione della straordinaria capacità della Commedia di ispirare generazioni di artisti,  mostrare l’eccezionalità del lavoro richiesto e la peculiarità nonché la necessità di tener conto non solo dei suoni musicali ma anche di tutti gli altri suoni di cui si parla nella Divina Commedia. Ai ragazzi insomma spettava il compito inedito di riscrivere la Divina Commedia attraverso i suoni, attingendo al ricchissimo patrimonio sonoro intorno a loro a cui mai avrebbero pensato.

Nella realizzazione del percorso mi è stato utile rimarcare quanto ribadito costantemente nei due anni di studio dell’opera dantesca condotti nella classe, ossia da un lato la straordinaria rilevanza dei suoni nella Divina Commedia, dall’altro l’importanza conferita alla voce nell’incontro con i vari personaggi.

È emblematica a tal proposito la prima impressione destata nel pellegrino nel terzo canto, una volta varcata la soglia dell’Inferno. Pur attingendo al modello virgiliano (22), infatti, Dante se ne distacca e riporta l’impressione che i suoni infernali evocano in lui attraverso una sapiente gradazione delle parole, «sospiri, pianti e alti guai» (23) poi ancora «diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d’ira, voci alte e fioche, e suon di man con elle» (24), conferendo all’Aldilà in cui si trova un tragico senso dell’orrore proprio grazie agli effetti sonori.

Ancora nel quinto canto Dante, superato il giudice Minosse ed entrato nel secondo cerchio, quello dei lussuriosi, con cui inizia l’Inferno vero e proprio, è colpito principalmente nel senso dell’udito e solo successivamente nella vista: «Or incomincian le dolenti note/ a farmisi sentire; or son venuto/ là dove molto pianto mi percuote./ Io venni in loco d’ogne luce muto,/ che mugghia come fa mar per tempesta,/ se da contrari venti è combattuto» (25).

E ancora nel nono canto l’arrivo improvviso e misterioso del Messo celeste è annunciato da notazioni uditive ridondanti, concrete e di grande effetto sia per Dante pellegrino sia per noi lettori:

 

E già venìa su per le torbide onde/un fracasso d’un suon, pien di spavento,/per cui tremavano amendue le sponde,/non altrimenti fatto che d’un vento/impetüoso per li avversi ardori,/che fier la selva e sanz’alcun rattento/li rami schianta, abbatte e porta fori;/dinanzi polveroso va superbo,/e fa fuggir le fiere e li pastori (26).

 

Al principio del sedicesimo canto inoltre la separazione ancora lontana tra settimo e ottavo cerchio viene rimarcata dal rimbombo dell’acqua che all’inizio sembra simile al ronzio che emettono le api dentro gli alveari (27), poi col proseguire del cammino diviene di tale intensità da rendere difficile la comunicazione (28), infine risuona in modo tale da assordare (29). Le percezioni uditive diventano dunque spia del percorso fisico di Dante, ne rivelano gli spostamenti, il progredire del cammino, i cambiamenti di scena.

D’altra parte, nel Paradiso l’armonia delle sfere celesti, che Dio tempera e discerne, insieme all’intensità della luminosità accende in Dante un desiderio non mai sentito con tanta acutezza (30).

Che gli elementi sonori siano fondamentali per Dante non solo per delineare ambienti e scene ma anche per caratterizzare dannati e anime è pertanto del tutto evidente, come attestano i passi sopra citati.

Riguardo poi all’importanza conferita alla voce, Mandel’stam nell’opera Conversazione su Dante sottolinea come «Dalla voce Dante stabilisce la provenienza e il carattere di un uomo, così come la medicina del suo tempo diagnosticava in base al colore delle urine» (31).

Cogliamo l’esattezza di questa affermazione nel canto X «La tua loquela ti fa manifesto/ di quella nobil patrïa natio,/ a la qual forse fui troppo molesto» (32), parole queste che Farinata, senza ancora essere apparso con la sua figura statuaria, rivolge a Dante, intento a parlare con il suo maestro, e che escono improvvise da un’arca tra quelle numerose che affollano il sesto cerchio; parole che rivelano come dalla favella, dal modo di parlare, dalla pronuncia si riesca agevolmente a risalire all’identità geografica di una persona.

Anche il conte Ugolino d’altra parte riconosce la provenienza fiorentina di Dante dalla loquela:

«Io non so chi tu se’ né per che modo/ venuto se’ qua giù; ma fiorentino/ mi sembri veramente quand’io t’odo» (33).

Persino il riconoscimento di Casella nel secondo canto del Purgatorio avviene proprio grazie alla percezione uditiva. Dante infatti riconosce l’amico Casella solo dopo averlo sentito parlare, solo dopo aver sentito la sua voce, mentre l’abbraccio precedente era stato unicamente un gesto affettuoso in risposta al «sì grande affetto» (34) dimostrato da quell’anima.

Se da un lato tutto questo confermava il potere conferito al suono dallo stesso Dante e rientrava tra le conoscenze della classe, dall’altro tuttavia non stemperava affatto l’ansia, non fugava le esitazioni, le titubanze dei ragazzi né dissolveva i timori di fronte alla concretezza del lavoro richiesto.

Era necessaria un’operazione diversa, atta a fornire agli studenti indicazioni pragmatiche e risolutive. A questo punto, mi sono venute in soccorso le conoscenze acquisite, i preziosi suggerimenti raccolti durante il workshop Open Field Recording. Durante il mese di marzo, infatti, avevo seguito a distanza il workshop Open Field Recording, le cui lezioni, tutte rigorosamente online, mi avevano offerto l’occasione di apprendere molto di un ambito a me non familiare e di cogliere vari stimoli. Per me era stato arduo seguire le lezioni perché i relatori erano esperti del suono, parlavano a un uditorio perlopiù competente sul piano tecnico o comunque con una certa pratica di registrazione del suono alle spalle e operavano in contesti completamente diversi dal mio, tuttavia quelle lezioni, tutte le indicazioni pratiche sulla registrazione dei suoni all’aperto, field recording, sulle differenze nella registrazione dei suoni al chiuso, e inoltre gli ascolti proposti, le precisazioni sui rischi di catturare rumori indesiderati durante la registrazione e su come evitare certi inconvenienti (indossare scarpe e vestiti adatti per evitare rumori indesiderati) o i consigli sull’organizzazione e la catalogazione dei file audio mi sono serviti moltissimo e mi hanno permesso di guidare i miei studenti con consapevolezza ed efficacia.

Una delle lezioni che mi ha colpito di più è stata quella relativa all’immersive cities di Nicola di Croce ed Enrico Coniglio che hanno indagato una città a me molto cara, Venezia, da un punto di vista sonoro, per raccontare le atmosfere tipiche del tessuto urbano e rappresentare anche la ricchezza degli scambi linguistici, nel tentativo di abbattere gli stereotipi che offuscano la città, dandone un’immagine parziale. Così, dall’ascolto del loro viaggio sui canali veneziani, è scaturita in me l’idea della riproduzione sonora della nave di Caronte e della navicella dell’angelo nocchiero che i ragazzi avrebbero potuto abbastanza agevolmente effettuare nei canali che attraversano la nostra città, Treviso (potevamo contare anche su un alunno che pratica canoa e quindi avere più tipi di riprese sia statiche, perché colte da un punto fermo dell’argine del fiume, sia dinamiche, perché effettuate da un’imbarcazione in movimento).

Il primo passaggio per la realizzazione del nostro lavoro consisteva nell’avere chiaro in mente lo scopo, ossia creare una riproduzione sonora dell’oltretomba dantesco intellegibile dai bambini di quinta elementare.

Il secondo passaggio richiedeva la selezione dei canti, dei brani, dei percorsi narrativi, dei personaggi più rappresentativi e più atti, secondo la sensibilità dei ragazzi, ad essere traslitterati in una riscrittura sonora. In questa fase, si rendevano necessari le mie indicazioni metodologiche e i miei suggerimenti circa l’opportunità di integrare segmenti narrativi incautamente rimossi, il mio supporto riguardo la realizzabilità di una traslitterazione sonora per i passi selezionati, finalizzata a  una riproduzione che non stravolgesse il testo dantesco ma, rispettandolo, ne mettesse in evidenza le caratteristiche e le peculiarità in modo originale e creativo.

In questa fase, ci siamo resi conto che la traslitterazione sonora della terza cantica, il Paradiso, non ancora affrontata nello studio in classe, si rivelava troppo difficile da sviluppare e da realizzare per i ragazzi. Per intraprendere infatti un processo di riscrittura di un testo letterario, occorre innanzitutto conoscerlo e poi individuarne i brani e gli squarci più adatti a una riproposizione in questo caso sonora. Per creare una composizione sonora del Paradiso, le scelte non sarebbero state confrontate e condivise dai ragazzi e poi sottoposte alla mia revisione ma imposte in modo unilaterale da me che avrei scelto canti, passaggi narrativi e personaggi, senza alcuna possibilità di evocare negli studenti rappresentazioni sonore e attivare un processo attivo e consapevole. Abbiamo quindi abbandonato l’ambiziosa idea di proporre una versione sonora dell’intero poema, rinviando all’anno successivo la preparazione di un file audio della terza cantica, solo a studio del Paradiso completato.

Individuate le cantiche su cui lavorare, l’Inferno e il Purgatorio, siamo finalmente approdati alla terza fase, quella riguardante la riflessione sulla scelta del suono da creare ex novo o da registrare, per riprodurre un determinato passaggio narrativo o per ricreare un certo contesto, e, infine, in dipendenza delle modalità scelte, abbiamo valutato l’ambiente di registrazione, ambiente chiuso/aperto e la tipologia di registrazione statica, dinamica o mista.

I ragazzi, in principio molto scettici circa la possibilità della resa sonora di un testo scritto e per giunta complesso e straordinariamente composito come la Divina Commedia, hanno iniziato a effettuare registrazioni sonore di alcuni passi selezionati dapprima con qualche indugio, poi con un certo divertito interesse verso l’operazione che io richiedevo e che loro ritenevano assai bizzarra, infine con sempre maggiore coinvolgimento e convinzione. In questa fase ho finalmente potuto ammirare la creatività e l’originalità degli studenti, le loro idee e le loro entusiasmanti proposte che li vedevano protagonisti e attivi artefici del loro percorso di apprendimento.

Io cercavo di accogliere le loro proposte con slancio ed entusiasmo e nel contempo di infervorare a mia volta con le idee che mi venivano in mente e che proponevo loro, destando talvolta delle perplessità mitigate dalla curiosità, talaltra approvazioni corroborate da un vivo e compiaciuto interesse. In tutti i casi, non mi limitavo ad avanzare proposte, ma sollevavo dubbi e sollecitavo domande atte a comprendere la realizzabilità dei percorsi sonori ipotizzati oppure stimolavo i ragazzi a pensare ai suoni in grado di riprodurre un particolare segmento narrativo della Divina Commedia e in grado di essere fruiti e compresi da un pubblico di giovanissimi. Era mio intento infatti che il lavoro nascesse dalla convergenza dei miei stimoli con la loro progettazione e la loro creatività.

A questo punto, i ragazzi hanno cominciato a prendere gusto alla ricerca, a imparare, studiare, ripassare, accostare passi scritti a ipotetiche ricostruzioni sonore, divertendosi ed entusiasmandosi. La ricerca di suggestioni sonore è diventata centrale, peculiare nel percorso di apprendimento e gli studenti hanno cominciato ad affinare l’immaginario acustico, ad accostare i suoni ascoltati durante il giorno a passi o a personaggi danteschi, a ricostruire mentalmente dal punto di vista sonoro scene e passaggi, a registrare suoni naturali o artificiali a loro familiari, ma prima di allora mai presi in considerazione e mai pienamente ascoltati.

La quarta fase richiedeva la comparazione in classe tra i suoni registrati su una stessa scena o su uno stesso personaggio da differenti studenti e la selezione del suono apprezzato maggiormente. In questa fase, io, pur avendo delle mie personali preferenze, ho taciuto, non ho espresso pareri e ho lasciato che i ragazzi scegliessero le registrazioni autonomamente, in piena libertà e autonomia, senza influenzarli.

La quinta fase è consistita nel montaggio dei suoni selezionati, di quelli che, pur scelti, andavano privati di una parte, in modo che la loro lunghezza risultasse appropriata al contesto nel quale dovevano essere posti, e di un’eventuale pulizia e/o miglioramento dei suoni.

Questa fase è stata interamente gestita dai ragazzi, i quali poi hanno sottoposto a me il prodotto finito per la revisione e la successiva approvazione.

Nella fase conclusiva di revisione sono stata piuttosto esigente e ho richiesto ai ragazzi di apportare numerose modifiche e integrazioni al lavoro svolto, esortandoli a un maggior rigore e a una ricostruzione sonora ben ponderata, coerente con il testo e il pensiero di Dante.

Il lavoro, come si può immaginare, ci ha impegnato moltissimo: occorre infatti partire da una lettura attenta, analitica, scrupolosa della Commedia e poi rielaborare le idee che affiorano, accogliere le modifiche atte a migliorare, operare le integrazioni necessarie, ricercare e condividere soluzioni e tutto questo lavorando a ritmi sostenuti. Abbiamo investito tanto tempo durante le lezioni e lavorato anche in modalità asincrona tramite le mail. I ragazzi al termine del lavoro si sono dichiarati soddisfatti, perché l’attività ha messo in luce la qualità di tutti nelle varie fasi, ha consentito di affinare le competenze sociali e di cooperative learning e ha permesso di affrontare e superare difficoltà di tipo pratico.

Malgrado il lavoro non possa essere considerato di pregio sul piano tecnico, considerate l’inesperienza mia e dei ragazzi nella tecnica di registrazione del suono e la mancanza di strumentazione audio di alto livello, il percorso è stato molto interessante, perché ha permesso a tutta la classe di partecipare attivamente, ha coinvolto tutti gli studenti, valorizzando anche le diversità e le qualità di ciascuno nelle varie fasi e ha reso centrali e protagonisti ragazzi che di norma non lo sono. Posso pertanto affermare che questo percorso è stato per gli studenti un’occasione per aprirsi a nuove modalità di apprendimento, uno stimolo a scoprire altre forme di studio e affinare le proprie competenze tecniche, un incentivo a promuovere l’ideazione, la progettazione, la realizzazione non scisse dai contenuti culturali e una straordinaria occasione per approfondire l’opera di Dante e soprattutto scoprire la ricchezza del paesaggio sonoro che ci circonda.

Moltissimi i compositori che si sono ispirati alle figure più tragiche dell’Inferno: tra i tanti ricordiamo Riccardo Zandonai, la cui Francesca da Rimini, tragedia in quattro atti sui versi di Gabriele D’Annunzio acconciati a libretto da Tito Ricordi con l’assenso del Vate pescarese, è uno dei pochi lavori che sopravvive alla sua epoca; poi la Francesca da Rimini di Saverio Mercadante, il cui libretto porta la firma di Felice Romani che si rifà alla tragedia di Silvio Pellico, composta tra il 1813 e il 1815, e la cui prima esecuzione assoluta, a causa di un destino avverso, è stata rappresentata solo nel luglio 2016 a Martina Franca; quindi la cantata per voce e pianoforte sul XXXIII canto dell’Inferno, scritta da Gaetano Donizetti nel 1826; e Gianni Schicchi, opera comica in un atto composta da Giacomo Puccini su libretto di Giovacchino Forzano, solo per citare alcune opere italiane oltre a quelle di musicisti stranieri, tra cui spiccano Franz Liszt, Petr Tchaikovskij e Sergej Rachmaninov.


Note

1.Boccaccio, Trattatello in laude di Dante a cura di Luigi Sasso, Garzanti, p. 13 I red. 21-22

2.Una sommaria ricostruzione della storia della ricezione della Commedia in Alberto Casadei, Dante Storia avventurosa della Divina Commedia dalla selva oscura alla realtà aumentata, Il Saggiatore 2020, pp. 145-186; interessanti sul tema anche il testo di Lucia Battaglia Ricci, Dante per immagini Dalle miniature trecentesche ai giorni nostri, Einaudi 2018.

3.Moltissimi i compositori che si sono ispirati alle figure più tragiche dell’Inferno: tra i tanti ricordiamo Riccardo Zandonai, la cui Francesca da Rimini, tragedia in quattro atti sui versi di Gabriele D’Annunzio acconciati a libretto da Tito Ricordi con l’assenso del Vate pescarese, è uno dei pochi lavori che sopravvive alla sua epoca; poi la Francesca da Rimini di Saverio Mercadante, il cui libretto porta la firma di Felice Romani che si rifà alla tragedia di Silvio Pellico, composta tra il 1813 e il 1815, e la cui prima esecuzione assoluta, a causa di un destino avverso, è stata rappresentata solo nel luglio 2016 a Martina Franca; quindi la cantata per voce e pianoforte sul XXXIII canto dell’Inferno, scritta da Gaetano Donizetti nel 1826; e Gianni Schicchi, opera comica in un atto composta da Giacomo Puccini su libretto di Giovacchino Forzano, solo per citare alcune opere italiane oltre a quelle di musicisti stranieri, tra cui spiccano Franz Liszt, Petr Tchaikovskij e Sergej Rachmaninov.

4.Dante, Inferno, canto XXII, vv. 1-12

5.Dante, Op. cit., canto XXX, vv. 49-51

6.Dante, Op. cit., canto XXX, vv. 100-103

7.Dante, Op. cit., canto XXXI, vv. 12-15

8.Dante, Op. cit., canto XXXI, vv. 16-18

9.Dante, Paradiso, canto XIV, vv. 118-126

10.Dante, Op. cit., canto XX, vv. 22-27

11.Dante, Purgatorio, canto IX vv. 139-145

12.Dante, Op. cit., canto II, v. 112

13.Dante, Op. cit., canto XIX, v. 7

14.Dante, Op. cit., canto XIX, vv. 16-24

15.Dante, Op. cit., canto XXVIII vv. 40-42

16.Dante, Paradiso, canto III vv. 121-123

17.Dante, Op. cit., canto VII, vv. 1-3

18.Dante, Purgatorio, canto II, v. 46-48

19.Ibidem, v. 41

20.Dante, Purgatorio, canto V, vv. 22-24

21.Dante, Op.cit., canto VII, vv. 82-84

22.Virgilio, Eneide VI, vv. 557-558

23.Dante, Inferno, canto III, v. 22

24.Ibidem, vv. 25-27

25.Dante, Op.cit., canto V, vv. 25-30

26.Dante, Op.cit., canto IX, vv. 64-72

27.Dante, Op.cit., canto XVI, vv. 1-3

28.Dante, Op.cit., canto XVI, vv. 91-93

29.Dante, Op.cit., canto XVI, vv. 103-105

30.Dante, Paradiso, canto I, vv. 76-84

31.Osip Mandel’štam, Conversazione su Dante, Adelphi Edizioni, p. 90

32.Dante, Inferno, canto X, v. 25-27

33.Dante, Inferno, canto XXXIII, v. 10-12

34.Dante, Purgatorio, canto II v. 77

 

 

Durante l’anno scolastico 2021/22 nella quarta superiore del liceo dove insegno, ho lavorato sul sonoro, partendo dalle suggestioni offerte da un progetto sonoro di PCTO, Après une lecture de Dante: gli scenari musicali della Divina Commedia, proposto dal Teatro La Fenice di Venezia in collaborazione con l’Ufficio Scolastico provinciale di Treviso e da realizzarsi unicamente mediante otto incontri online.

Il percorso ha offerto agli studenti la possibilità di approfondire la figura di Dante musicus come ascoltatore e testimone della musica del suo tempo e, attraverso l’analisi di passi scelti dalle tre cantiche, di riconoscere quale importante ruolo la dimensione sonora rivesta all’interno dell’ambientazione scenografica del poema. Il progetto prevedeva al termine delle lezioni l’ideazione di un itinerario musicale sulla Commedia indirizzato ai bambini della scuola primaria.

Il percorso è stato molto interessante e ha permesso a tutti di approfondire il ruolo primario rivestito dalla musica nella vita di Dante e di conseguenza nel suo poema. Siamo partiti dalla collocazione geografica, Firenze, dalla condizione economica e sociale della famiglia d’origine, dagli studi condotti, dalla formazione musicale, dal ruolo primario rivestito dalla musica nell’educazione di un giovane dell’età medievale. Le arti liberali, infatti, costituivano durante il Medioevo il percorso di studio per chi non si dedicava alle arti meccaniche e comprendevano la grammatica, la retorica e la dialettica (il Trivio); l’aritmetica, la geometria, la musica, l’astronomia (il Quadrivio).

Proprio in riferimento a questo tema, Boccaccio, primo autorevole commentatore della Commedia dantesca, nel celeberrimo Trattatello in laude di Dante ci riferisce che il Sommo Poeta «tutta la sua puerizia con istudio continuo diede alle liberali arti, e in quelle mirabilmente divenne esperto» (1). Lo stesso Boccaccio precisa che Dante si dilettò molto in suoni e canti durante la sua giovinezza, testimoniandoci dunque quanto la musica sia stata importante nella sua vita.

Non si può certamente negare che la musica sia confluita nel suo capolavoro, anzi sarebbe opportuno ripensare il viaggio di Dante non solo come una ricerca della retta via illuminata dalla grazia divina, bensì come un itinerario che, attraverso i tre regni dell’oltretomba, conduce Dante dalle tragiche grida dell’Inferno all’armonia musicale che si effonde nel Paradiso.

Nel corso dei secoli, in particolare per tutto il Trecento, il Quattrocento, nella prima metà del Cinquecento e poi dal Settecento fino ai nostri giorni (2) numerosi artisti, affascinati dal poema dantesco, hanno ritratto, delineato i tre regni dell’oltretomba, lasciandoci opere pregevoli e originali: dalle miniature agli affreschi, dalle xilografie ai fumetti, dal cinema al teatro, in molti hanno tentato di mettere in scena la loro Commedia, ma nessuno ne ha proposto una rilettura in modalità sonora.

Eppure, come la Voragine infernale di Botticelli (Firenze, 1445 – 1510), raffigurante l’inferno a forma di imbuto rovesciato creato dalla caduta dal Paradiso di Lucifero, che si può riconoscere conficcato nel lago ghiacciato Cocito al termine del regno infernale, mostra l’importanza conferita all’illustrazione dall’artista e ci offre una splendida visione generale dell’Inferno, in grado di aiutare il lettore ad orientarsi rispetto alla geografia di questo regno dell’aldilà, altrettanto si potrebbe fare con una proposta di tipo sonoro, atta a ricostruire le tappe e i luoghi del viaggio dantesco mediante le informazioni ricavate dai riferimenti sonori copiosamente disseminati da Dante stesso nell’opera.

Sandro Botticelli, Voragine infernale, 1480-95. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana

 

Il viaggio nella Commedia intrapreso con la classe, infatti, ha messo in risalto come Dante abbia conferito grande attenzione alla sfera sonora, come l’Inferno sia luogo di dannazione e, dal punto di vista sonoro, di suoni sgradevoli, strazianti, inquietanti, disumani, il Purgatorio sia luogo di purificazione e di canto all’unisono, il Paradiso centro di perfezione e di polifonia.

Se poi da un lato nell’Inferno la musica è pressoché assente, dall’altro sono una miriade i suoni evocati dal poeta per descrivere le tenebre e il rabbioso dolore delle anime dannate.

La musica invece diventa sempre più presente nell’ascesa lungo i sentieri del Purgatorio e soprattutto nei cieli estatici del Paradiso. Nondimeno è stato proprio l’Inferno, e soprattutto la tragicità di alcune figure che incrociano il cammino del poeta in questa cantica, a fornire il terreno più fertile alla creazione musicale nei secoli scorsi (3).

Non sarebbe allora possibile o più propriamente doveroso cominciare ad affiancare alla copiosa tradizione di tradurre la Commedia in immagini visive una riscrittura generale dell’opera a partire dai suoni?

L’occasione per un ambizioso lavoro in tal senso ci è stata offerta dal Teatro “La Fenice” grazie al PCTO di cui ho prima parlato. Durante le lezioni online sono stati progressivamente presentati ai ragazzi gli strumenti musicali citati nel Poema dantesco, di cui riporto alcuni esempi: trombe, campane, tamburi e la cennamella (4), antico strumento a fiato, simile alla zampogna, composto di canne e usato negli eserciti, citato insieme agli altri strumenti per richiamare le azioni militari e gli esercizi per le feste e i tornei segnalati dal concorso di segnalazioni visive e uditive e adoperato in chiave parodica da Dante per ricollegarsi al cul di Barbariccia; il liuto nel canto XXX, a cui è paragonato il ventre di un dannato, falsario di moneta, maestro Adamo «Io vidi un, fatto a guisa di leuto/ pur ch’elli avesse avuta l’anguinaia/ tronca da l’altro che l’uomo ha forcuto» (5), affetto da idropisia, malattia che determina un enorme gonfiore del ventre e che pertanto sembrerebbe ricordare la cassa armonica di questo antico strumento musicale; sempre nello stesso contesto le percosse a opera di un altro dannato, il greco Sinone (indispettito per il fatto di essere stato nominato), sul ventre di maestro Adamo producono un suono simile a quello di un tamburo, «quella (l’epa croia) sonò come fosse un tamburo» (6); l’olifante, presente nel XXXI canto dell’Inferno «ma io senti’ sonare un alto corno,/ tanto ch’avrebbe ogne tuon fatto fioco,/che, contra sé la sua via seguitando, dirizzò li occhi miei tutti ad un loco»(7), il cui suono alto (attribuito per ipallage a corno) a paragone del quale il rumore del tuono sembrerebbe fioco, attrae l’attenzione di Dante e richiama alla mente del pellegrino il suono dell’olifante di uno degli episodi più famosi dell’epica medievale, la rotta di Roncisvalle «Dopo la dolorosa rotta, quando/ Carlo Magno perdé la santa gesta,/ non sonò sì terribilmente Orlando» (8); quindi la giga, strumento musicale a corde e l’arpa, non molto dissimile da quella moderna, strumenti descritti come in grado di produrre suoni soavi, «dolce tintinno», e usati come termini di paragone in una similitudine tendente a manifestare una melodia che rapiva in estasi Dante, senza che riuscisse a intendere il senso dell’inno, a eccezione delle parole Resurgi e Vinci (9); la cetra e la zampogna, utilizzate sempre come termini di confronto per descrivere il mormorio indistinto che sale attraverso il collo dell’aquila e diviene voce quando esce dal becco, nel cielo di Giove, il sesto, quello degli spiriti giusti, nel canto XX del Paradiso (10). In quest’ultimo caso, la precisione con cui è indicata la formazione del suono sui due strumenti sembra convalidare l’ipotesi di un Dante esperto di musica; l’organo, infine, presente nel canto IX del Purgatorio nella forma plurale «organi»(11), a indicare lo strumento a tastiera e canne che oggi tutti conosciamo e che troneggiava all’epoca nelle cattedrali gotiche.

Analizzati gli strumenti musicali citati opportunamente da Dante, si è passati ai canti intonati nella Commedia, partendo da quelli dolcissimi ma profani e ancora legati al mondo terrestre di Casella «Amor che ne la mente mi ragiona» (12) che irretisce Virgilio, le anime dei purganti e lo stesso Dante nel secondo canto del Purgatorio, e della sirena, «femmina balba» (13), che appare in sogno a Dante e con il suo suadente e pericoloso canto, rappresentante la sapientia mundi, affascina e attrae Ulisse in persona (14), approdando poi al canto sereno di vari personaggi come Matelda nel Purgatorio «una donna soletta che si gia/ e cantando e scegliendo fior da fiore/ ond’era pinta tutta la sua via » (15) e nel Paradiso Piccarda Donati  «Così parlommi, e poi cominciò ‘Ave/ Maria’ cantando, e cantando vanio/ come per acqua cupa cosa grave» (16), versi in cui notiamo la ripetizione chiastica nel verso di cantando e gli straordinari effetti stilistici seguiti, e Giustiniano, il quale si sottrae alla vista di Dante, intonando un inno di gloria a Dio in uno stile solenne, reso più elevato dall’impasto di parole latine, tipiche della liturgia cristiana, e di voci ebraiche, evidenziate dalla posizione in rima «Osanna, sanctus Deus sabaòth,/ superillustrans claritate tua/ felices ignes horum malacòth!» (17).

Ci sono poi i canti all’unisono, primo fra tutti nel canto II del Purgatorio «In exitu Isräel de Aegypto’/cantavan tutti insieme ad una voce/con quanto di quel salmo è poscia scripto» (18), salmo intonato dalle anime purganti che arrivano sul «vasello snelletto e leggero» (19) dell’angelo nocchiero o il salmo «Miserere» eseguito «a verso a verso» (20) dalle anime dei morti violentemente nel canto V del Purgatorio, e il «Salve Regina», intonato da tutte le anime dell’antipurgatorio o solo da quelle che occupano la valle nel canto VII (21). Interessanti poi tutte le testimonianze di canti polifonici disseminati nel Paradiso che durante le lezioni online sono state sviscerate e commentate ampiamente ai ragazzi, per mettere in risalto la fusione di suoni diversi al fine di generare un’unica, perfetta armonia, ormai completamente depurata di qualsiasi pesantezza terrena.

L’analisi di tutto questo materiale ci ha permesso di  mettere in risalto la distanza tra la dolcezza e la concordia dei canti intonati nel Purgatorio, la sublime, ineffabile armonia musicale del Paradiso e i lamenti feroci, le grida disperate, i rumori stridenti, opprimenti e assordanti dell’Inferno.

 

Ideazione e organizzazione del lavoro sonoro sulla Commedia

Terminato il percorso di studio con il teatro La Fenice, alcuni studenti, pur soddisfatti delle lezioni dal punto di vista teorico, hanno espresso tutta la loro perplessità e la loro ansia, taluni addirittura la loro contrarietà di fronte all’attività richiesta, consistente nella realizzazione di un percorso sonoro per il quale, a loro dire, le lezioni non avevano offerto indicazioni concrete. I ragazzi obiettavano altresì di non frequentare un liceo musicale, di non avere alcuna cognizione degli strumenti musicali analizzati né alcuna competenza in campo musicale, a eccezione di due/tre studenti.

A questo punto, è subentrata la mia azione. Occorreva, infatti, rassicurare i ragazzi e, partendo dalla considerazione della straordinaria capacità della Commedia di ispirare generazioni di artisti,  mostrare l’eccezionalità del lavoro richiesto e la peculiarità nonché la necessità di tener conto non solo dei suoni musicali ma anche di tutti gli altri suoni di cui si parla nella Divina Commedia. Ai ragazzi insomma spettava il compito inedito di riscrivere la Divina Commedia attraverso i suoni, attingendo al ricchissimo patrimonio sonoro intorno a loro a cui mai avrebbero pensato.

Nella realizzazione del percorso mi è stato utile rimarcare quanto ribadito costantemente nei due anni di studio dell’opera dantesca condotti nella classe, ossia da un lato la straordinaria rilevanza dei suoni nella Divina Commedia, dall’altro l’importanza conferita alla voce nell’incontro con i vari personaggi.

È emblematica a tal proposito la prima impressione destata nel pellegrino nel terzo canto, una volta varcata la soglia dell’Inferno. Pur attingendo al modello virgiliano (22), infatti, Dante se ne distacca e riporta l’impressione che i suoni infernali evocano in lui attraverso una sapiente gradazione delle parole, «sospiri, pianti e alti guai» (23) poi ancora «diverse lingue, orribili favelle, parole di dolore, accenti d’ira, voci alte e fioche, e suon di man con elle» (24), conferendo all’Aldilà in cui si trova un tragico senso dell’orrore proprio grazie agli effetti sonori.

Ancora nel quinto canto Dante, superato il giudice Minosse ed entrato nel secondo cerchio, quello dei lussuriosi, con cui inizia l’Inferno vero e proprio, è colpito principalmente nel senso dell’udito e solo successivamente nella vista: «Or incomincian le dolenti note/ a farmisi sentire; or son venuto/ là dove molto pianto mi percuote./ Io venni in loco d’ogne luce muto,/ che mugghia come fa mar per tempesta,/ se da contrari venti è combattuto» (25).

E ancora nel nono canto l’arrivo improvviso e misterioso del Messo celeste è annunciato da notazioni uditive ridondanti, concrete e di grande effetto sia per Dante pellegrino sia per noi lettori:

 

E già venìa su per le torbide onde/un fracasso d’un suon, pien di spavento,/per cui tremavano amendue le sponde,/non altrimenti fatto che d’un vento/impetüoso per li avversi ardori,/che fier la selva e sanz’alcun rattento/li rami schianta, abbatte e porta fori;/dinanzi polveroso va superbo,/e fa fuggir le fiere e li pastori (26).

 

Al principio del sedicesimo canto inoltre la separazione ancora lontana tra settimo e ottavo cerchio viene rimarcata dal rimbombo dell’acqua che all’inizio sembra simile al ronzio che emettono le api dentro gli alveari (27), poi col proseguire del cammino diviene di tale intensità da rendere difficile la comunicazione (28), infine risuona in modo tale da assordare (29). Le percezioni uditive diventano dunque spia del percorso fisico di Dante, ne rivelano gli spostamenti, il progredire del cammino, i cambiamenti di scena.

D’altra parte, nel Paradiso l’armonia delle sfere celesti, che Dio tempera e discerne, insieme all’intensità della luminosità accende in Dante un desiderio non mai sentito con tanta acutezza (30).

Che gli elementi sonori siano fondamentali per Dante non solo per delineare ambienti e scene ma anche per caratterizzare dannati e anime è pertanto del tutto evidente, come attestano i passi sopra citati.

Riguardo poi all’importanza conferita alla voce, Mandel’stam nell’opera Conversazione su Dante sottolinea come «Dalla voce Dante stabilisce la provenienza e il carattere di un uomo, così come la medicina del suo tempo diagnosticava in base al colore delle urine» (31).

Cogliamo l’esattezza di questa affermazione nel canto X «La tua loquela ti fa manifesto/ di quella nobil patrïa natio,/ a la qual forse fui troppo molesto» (32), parole queste che Farinata, senza ancora essere apparso con la sua figura statuaria, rivolge a Dante, intento a parlare con il suo maestro, e che escono improvvise da un’arca tra quelle numerose che affollano il sesto cerchio; parole che rivelano come dalla favella, dal modo di parlare, dalla pronuncia si riesca agevolmente a risalire all’identità geografica di una persona.

Anche il conte Ugolino d’altra parte riconosce la provenienza fiorentina di Dante dalla loquela:

«Io non so chi tu se’ né per che modo/ venuto se’ qua giù; ma fiorentino/ mi sembri veramente quand’io t’odo» (33).

Persino il riconoscimento di Casella nel secondo canto del Purgatorio avviene proprio grazie alla percezione uditiva. Dante infatti riconosce l’amico Casella solo dopo averlo sentito parlare, solo dopo aver sentito la sua voce, mentre l’abbraccio precedente era stato unicamente un gesto affettuoso in risposta al «sì grande affetto» (34) dimostrato da quell’anima.

Se da un lato tutto questo confermava il potere conferito al suono dallo stesso Dante e rientrava tra le conoscenze della classe, dall’altro tuttavia non stemperava affatto l’ansia, non fugava le esitazioni, le titubanze dei ragazzi né dissolveva i timori di fronte alla concretezza del lavoro richiesto.

Era necessaria un’operazione diversa, atta a fornire agli studenti indicazioni pragmatiche e risolutive. A questo punto, mi sono venute in soccorso le conoscenze acquisite, i preziosi suggerimenti raccolti durante il workshop Open Field Recording. Durante il mese di marzo, infatti, avevo seguito a distanza il workshop Open Field Recording, le cui lezioni, tutte rigorosamente online, mi avevano offerto l’occasione di apprendere molto di un ambito a me non familiare e di cogliere vari stimoli. Per me era stato arduo seguire le lezioni perché i relatori erano esperti del suono, parlavano a un uditorio perlopiù competente sul piano tecnico o comunque con una certa pratica di registrazione del suono alle spalle e operavano in contesti completamente diversi dal mio, tuttavia quelle lezioni, tutte le indicazioni pratiche sulla registrazione dei suoni all’aperto, field recording, sulle differenze nella registrazione dei suoni al chiuso, e inoltre gli ascolti proposti, le precisazioni sui rischi di catturare rumori indesiderati durante la registrazione e su come evitare certi inconvenienti (indossare scarpe e vestiti adatti per evitare rumori indesiderati) o i consigli sull’organizzazione e la catalogazione dei file audio mi sono serviti moltissimo e mi hanno permesso di guidare i miei studenti con consapevolezza ed efficacia.

Una delle lezioni che mi ha colpito di più è stata quella relativa all’immersive cities di Nicola di Croce ed Enrico Coniglio che hanno indagato una città a me molto cara, Venezia, da un punto di vista sonoro, per raccontare le atmosfere tipiche del tessuto urbano e rappresentare anche la ricchezza degli scambi linguistici, nel tentativo di abbattere gli stereotipi che offuscano la città, dandone un’immagine parziale. Così, dall’ascolto del loro viaggio sui canali veneziani, è scaturita in me l’idea della riproduzione sonora della nave di Caronte e della navicella dell’angelo nocchiero che i ragazzi avrebbero potuto abbastanza agevolmente effettuare nei canali che attraversano la nostra città, Treviso (potevamo contare anche su un alunno che pratica canoa e quindi avere più tipi di riprese sia statiche, perché colte da un punto fermo dell’argine del fiume, sia dinamiche, perché effettuate da un’imbarcazione in movimento).

Il primo passaggio per la realizzazione del nostro lavoro consisteva nell’avere chiaro in mente lo scopo, ossia creare una riproduzione sonora dell’oltretomba dantesco intellegibile dai bambini di quinta elementare.

Il secondo passaggio richiedeva la selezione dei canti, dei brani, dei percorsi narrativi, dei personaggi più rappresentativi e più atti, secondo la sensibilità dei ragazzi, ad essere traslitterati in una riscrittura sonora. In questa fase, si rendevano necessari le mie indicazioni metodologiche e i miei suggerimenti circa l’opportunità di integrare segmenti narrativi incautamente rimossi, il mio supporto riguardo la realizzabilità di una traslitterazione sonora per i passi selezionati, finalizzata a  una riproduzione che non stravolgesse il testo dantesco ma, rispettandolo, ne mettesse in evidenza le caratteristiche e le peculiarità in modo originale e creativo.

In questa fase, ci siamo resi conto che la traslitterazione sonora della terza cantica, il Paradiso, non ancora affrontata nello studio in classe, si rivelava troppo difficile da sviluppare e da realizzare per i ragazzi. Per intraprendere infatti un processo di riscrittura di un testo letterario, occorre innanzitutto conoscerlo e poi individuarne i brani e gli squarci più adatti a una riproposizione in questo caso sonora. Per creare una composizione sonora del Paradiso, le scelte non sarebbero state confrontate e condivise dai ragazzi e poi sottoposte alla mia revisione ma imposte in modo unilaterale da me che avrei scelto canti, passaggi narrativi e personaggi, senza alcuna possibilità di evocare negli studenti rappresentazioni sonore e attivare un processo attivo e consapevole. Abbiamo quindi abbandonato l’ambiziosa idea di proporre una versione sonora dell’intero poema, rinviando all’anno successivo la preparazione di un file audio della terza cantica, solo a studio del Paradiso completato.

Individuate le cantiche su cui lavorare, l’Inferno e il Purgatorio, siamo finalmente approdati alla terza fase, quella riguardante la riflessione sulla scelta del suono da creare ex novo o da registrare, per riprodurre un determinato passaggio narrativo o per ricreare un certo contesto, e, infine, in dipendenza delle modalità scelte, abbiamo valutato l’ambiente di registrazione, ambiente chiuso/aperto e la tipologia di registrazione statica, dinamica o mista.

I ragazzi, in principio molto scettici circa la possibilità della resa sonora di un testo scritto e per giunta complesso e straordinariamente composito come la Divina Commedia, hanno iniziato a effettuare registrazioni sonore di alcuni passi selezionati dapprima con qualche indugio, poi con un certo divertito interesse verso l’operazione che io richiedevo e che loro ritenevano assai bizzarra, infine con sempre maggiore coinvolgimento e convinzione. In questa fase ho finalmente potuto ammirare la creatività e l’originalità degli studenti, le loro idee e le loro entusiasmanti proposte che li vedevano protagonisti e attivi artefici del loro percorso di apprendimento.

Io cercavo di accogliere le loro proposte con slancio ed entusiasmo e nel contempo di infervorare a mia volta con le idee che mi venivano in mente e che proponevo loro, destando talvolta delle perplessità mitigate dalla curiosità, talaltra approvazioni corroborate da un vivo e compiaciuto interesse. In tutti i casi, non mi limitavo ad avanzare proposte, ma sollevavo dubbi e sollecitavo domande atte a comprendere la realizzabilità dei percorsi sonori ipotizzati oppure stimolavo i ragazzi a pensare ai suoni in grado di riprodurre un particolare segmento narrativo della Divina Commedia e in grado di essere fruiti e compresi da un pubblico di giovanissimi. Era mio intento infatti che il lavoro nascesse dalla convergenza dei miei stimoli con la loro progettazione e la loro creatività.

A questo punto, i ragazzi hanno cominciato a prendere gusto alla ricerca, a imparare, studiare, ripassare, accostare passi scritti a ipotetiche ricostruzioni sonore, divertendosi ed entusiasmandosi. La ricerca di suggestioni sonore è diventata centrale, peculiare nel percorso di apprendimento e gli studenti hanno cominciato ad affinare l’immaginario acustico, ad accostare i suoni ascoltati durante il giorno a passi o a personaggi danteschi, a ricostruire mentalmente dal punto di vista sonoro scene e passaggi, a registrare suoni naturali o artificiali a loro familiari, ma prima di allora mai presi in considerazione e mai pienamente ascoltati.

La quarta fase richiedeva la comparazione in classe tra i suoni registrati su una stessa scena o su uno stesso personaggio da differenti studenti e la selezione del suono apprezzato maggiormente. In questa fase, io, pur avendo delle mie personali preferenze, ho taciuto, non ho espresso pareri e ho lasciato che i ragazzi scegliessero le registrazioni autonomamente, in piena libertà e autonomia, senza influenzarli.

La quinta fase è consistita nel montaggio dei suoni selezionati, di quelli che, pur scelti, andavano privati di una parte, in modo che la loro lunghezza risultasse appropriata al contesto nel quale dovevano essere posti, e di un’eventuale pulizia e/o miglioramento dei suoni.

Questa fase è stata interamente gestita dai ragazzi, i quali poi hanno sottoposto a me il prodotto finito per la revisione e la successiva approvazione.

Nella fase conclusiva di revisione sono stata piuttosto esigente e ho richiesto ai ragazzi di apportare numerose modifiche e integrazioni al lavoro svolto, esortandoli a un maggior rigore e a una ricostruzione sonora ben ponderata, coerente con il testo e il pensiero di Dante.

Il lavoro, come si può immaginare, ci ha impegnato moltissimo: occorre infatti partire da una lettura attenta, analitica, scrupolosa della Commedia e poi rielaborare le idee che affiorano, accogliere le modifiche atte a migliorare, operare le integrazioni necessarie, ricercare e condividere soluzioni e tutto questo lavorando a ritmi sostenuti. Abbiamo investito tanto tempo durante le lezioni e lavorato anche in modalità asincrona tramite le mail. I ragazzi al termine del lavoro si sono dichiarati soddisfatti, perché l’attività ha messo in luce la qualità di tutti nelle varie fasi, ha consentito di affinare le competenze sociali e di cooperative learning e ha permesso di affrontare e superare difficoltà di tipo pratico.

Malgrado il lavoro non possa essere considerato di pregio sul piano tecnico, considerate l’inesperienza mia e dei ragazzi nella tecnica di registrazione del suono e la mancanza di strumentazione audio di alto livello, il percorso è stato molto interessante, perché ha permesso a tutta la classe di partecipare attivamente, ha coinvolto tutti gli studenti, valorizzando anche le diversità e le qualità di ciascuno nelle varie fasi e ha reso centrali e protagonisti ragazzi che di norma non lo sono. Posso pertanto affermare che questo percorso è stato per gli studenti un’occasione per aprirsi a nuove modalità di apprendimento, uno stimolo a scoprire altre forme di studio e affinare le proprie competenze tecniche, un incentivo a promuovere l’ideazione, la progettazione, la realizzazione non scisse dai contenuti culturali e una straordinaria occasione per approfondire l’opera di Dante e soprattutto scoprire la ricchezza del paesaggio sonoro che ci circonda.

Moltissimi i compositori che si sono ispirati alle figure più tragiche dell’Inferno: tra i tanti ricordiamo Riccardo Zandonai, la cui Francesca da Rimini, tragedia in quattro atti sui versi di Gabriele D’Annunzio acconciati a libretto da Tito Ricordi con l’assenso del Vate pescarese, è uno dei pochi lavori che sopravvive alla sua epoca; poi la Francesca da Rimini di Saverio Mercadante, il cui libretto porta la firma di Felice Romani che si rifà alla tragedia di Silvio Pellico, composta tra il 1813 e il 1815, e la cui prima esecuzione assoluta, a causa di un destino avverso, è stata rappresentata solo nel luglio 2016 a Martina Franca; quindi la cantata per voce e pianoforte sul XXXIII canto dell’Inferno, scritta da Gaetano Donizetti nel 1826; e Gianni Schicchi, opera comica in un atto composta da Giacomo Puccini su libretto di Giovacchino Forzano, solo per citare alcune opere italiane oltre a quelle di musicisti stranieri, tra cui spiccano Franz Liszt, Petr Tchaikovskij e Sergej Rachmaninov.


Note

1.Boccaccio, Trattatello in laude di Dante a cura di Luigi Sasso, Garzanti, p. 13 I red. 21-22

2.Una sommaria ricostruzione della storia della ricezione della Commedia in Alberto Casadei, Dante Storia avventurosa della Divina Commedia dalla selva oscura alla realtà aumentata, Il Saggiatore 2020, pp. 145-186; interessanti sul tema anche il testo di Lucia Battaglia Ricci, Dante per immagini Dalle miniature trecentesche ai giorni nostri, Einaudi 2018.

3.Moltissimi i compositori che si sono ispirati alle figure più tragiche dell’Inferno: tra i tanti ricordiamo Riccardo Zandonai, la cui Francesca da Rimini, tragedia in quattro atti sui versi di Gabriele D’Annunzio acconciati a libretto da Tito Ricordi con l’assenso del Vate pescarese, è uno dei pochi lavori che sopravvive alla sua epoca; poi la Francesca da Rimini di Saverio Mercadante, il cui libretto porta la firma di Felice Romani che si rifà alla tragedia di Silvio Pellico, composta tra il 1813 e il 1815, e la cui prima esecuzione assoluta, a causa di un destino avverso, è stata rappresentata solo nel luglio 2016 a Martina Franca; quindi la cantata per voce e pianoforte sul XXXIII canto dell’Inferno, scritta da Gaetano Donizetti nel 1826; e Gianni Schicchi, opera comica in un atto composta da Giacomo Puccini su libretto di Giovacchino Forzano, solo per citare alcune opere italiane oltre a quelle di musicisti stranieri, tra cui spiccano Franz Liszt, Petr Tchaikovskij e Sergej Rachmaninov.

4.Dante, Inferno, canto XXII, vv. 1-12

5.Dante, Op. cit., canto XXX, vv. 49-51

6.Dante, Op. cit., canto XXX, vv. 100-103

7.Dante, Op. cit., canto XXXI, vv. 12-15

8.Dante, Op. cit., canto XXXI, vv. 16-18

9.Dante, Paradiso, canto XIV, vv. 118-126

10.Dante, Op. cit., canto XX, vv. 22-27

11.Dante, Purgatorio, canto IX vv. 139-145

12.Dante, Op. cit., canto II, v. 112

13.Dante, Op. cit., canto XIX, v. 7

14.Dante, Op. cit., canto XIX, vv. 16-24

15.Dante, Op. cit., canto XXVIII vv. 40-42

16.Dante, Paradiso, canto III vv. 121-123

17.Dante, Op. cit., canto VII, vv. 1-3

18.Dante, Purgatorio, canto II, v. 46-48

19.Ibidem, v. 41

20.Dante, Purgatorio, canto V, vv. 22-24

21.Dante, Op.cit., canto VII, vv. 82-84

22.Virgilio, Eneide VI, vv. 557-558

23.Dante, Inferno, canto III, v. 22

24.Ibidem, vv. 25-27

25.Dante, Op.cit., canto V, vv. 25-30

26.Dante, Op.cit., canto IX, vv. 64-72

27.Dante, Op.cit., canto XVI, vv. 1-3

28.Dante, Op.cit., canto XVI, vv. 91-93

29.Dante, Op.cit., canto XVI, vv. 103-105

30.Dante, Paradiso, canto I, vv. 76-84

31.Osip Mandel’štam, Conversazione su Dante, Adelphi Edizioni, p. 90

32.Dante, Inferno, canto X, v. 25-27

33.Dante, Inferno, canto XXXIII, v. 10-12

34.Dante, Purgatorio, canto II v. 77

 

 

Vuoi leggere l'articolo completo? Effettua il login

Materiali PDF
Materiali audio
Materiali video