Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Quando la musica è memoria

Una scuola per diventare canta-storie

In Italia si sente spesso ripetere che il nostro Paese, o il nostro popolo, sarebbero privi di memoria collettiva, storica e civile. Ma non voglio addentrami nel terreno politico e nemmeno in una disquisizione generale sulla memoria, limitandomi ad alcuni spunti che riguardano la musica e una particolare tradizione, quella dei cantastorie.

 

La pratica di mettere in musica e in spettacolo fatti, eventi storici o microstorici oppure biografie di personaggi rimasti nella memoria popolare non è solo del nostro Paese, ma certamente in Italia ha trovato una diffusione ampia, che si è protratta sino agli anni ottanta e che in qualche caso è ancora viva. Peraltro, se tutti pensano, quando si parla di cantastorie, a quelli siciliani,  la loro presenza è stata molto più ampia, tanto che esistono documentazioni audio e video anche per regioni come il Piemonte e la Lombardia, in quest’ultimo caso soprattutto per il grande lavoro di Bruno Pianta.
Chiediamoci cosa cantavano i cantastorie. Ogni fatto che poteva rimanere nello spirito e muovere la sensibilità popolare poteva essere oggetto di un canto. Per fare qualche esempio, i cantastorie di Pavia costruirono una cantata sulla tragedia di Mattmark (Svizzera) del 30 agosto 1965 in cui perirono ottantotto operai, di cui cinquantasei italiani. Una sciagura seconda solo, per numero di vittime, a quella di Marcinelle del 1956. Ma cantarono anche la storia di redenzione di Luciano  Lutring, “il solista del mitra” e testimoniarono di molti altri fatti, non curandosi, a volte, di romanzarli per renderli più adatti al loro pubblico. Talvolta, infine, cantarono storie verosimili, ma in realtà inventate, adatte a colpire lo spirito e il cuore popolare: madri snaturate (già presenti nella cultura canzonettistica con Balocchi e profumi), gesta di giovani eroi  ecc.

“MUSICA POPOLARE ITALIANA – GLI ULTIMI CANTASTORIE” a cura di Roberto Leydi – Anni ’60 – YouTube

In Sicilia, il cantastorie Cicciu Busacca cantò la storia di Turiddu Carnivali, giovane onesto ammazzato dalla mafia e dai potenti, come anche molte storie di emigrazione, collaborando per i testi delle sue canzoni anche con il grande poeta Ignazio Buttitta. Altro importante cantastorie siciliano fu Orazio Strano

“ I CANTASTORIE” – a cura di Nanni De Stefani – Prima Parte – maggio 1988 – YouTube ,

“ I CANTASTORIE” – a cura di Nanni De Stefani – Seconda Parte – maggio 1988 – YouTube.

Sempre siciliano, è da ricordare Franco Trincale, che ha operato  tuttavia soprattutto a Milano dando a volte un taglio esplicitamente politico alle sue canzoni, come nel caso della strage di Piazza Fontana e dell’uccisione dell’anarchico Pinelli o prendendosi beffe del questore  Marcello Guida,  al quale, nel 1970, durante una visita a Milano, il presidente Pertini si rifiutò di stringere la mano riconoscendovi uno dei suoi aguzzini a Ventotene.  Anche Trincale non ha mai mancato di cantare la storia dell’emigrazione interna italiana e diversi suoi canti riguardano quel frangente storico  molto importante. In continuità con Trincale si pone oggi Mauro Geraci, attualmente docente di Antropologia all’università di Palermo  ma anche cantastorie di piazza.

FRANCO TRINCALE OGGI Antroday 18 2 23 Sesto S Giovanni – YouTube.

Nelle diverse situazioni in cui hanno operato, i cantastorie sono stati i cronisti del mondo popolare, ma anche testimoni di memoria in un primo tempo attraverso i loro “fogli volanti” con le parole delle canzoni e in seguito con delle audiocassette in cui le stesse erano registrate. La presenza dei fogli volanti era significativa, poiché segna, secondo Roberto Leydi, che la separazione tra cultura orale e scritta non era più cosi netta.

In base alle considerazioni che ho espresso, appare conseguente che un’associazione consacrata proprio alla memoria in tutte le sue forme, come la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, abbia deciso di proporre, tra le sue opportunità formative una Scuola per chi volesse diventare canta-storie.
Come è facile immaginare e leggere nel comunicato allegato non si tratta di un’ improbabile operazione  di recupero  integrale della figura del cantastorie tradizionale, che non si formava peraltro   in scuole e corsi, bensì del progetto di creare operatori “di memoria” che a partire da una biografia, autobiografia, evento di storia orale (o trascritta) che riguarda un borgo o una città o un evento storico o microstorico, lo sappiano trasmettere in forma scenica in diverse comunità,  piazze, borghi, scuole, centri sociali, luoghi di cura. Egualmente, che sappiano farsi promotori e animatori di gruppi per la messa in scena di storie nei medesimi contesti.
Il riferimento alla tradizione dei cantastorie è quindi pertinente soprattutto al passaggio e alla conservazione di memoria, alla valorizzazione delle storie di vita e della cultura orale o trascritta e alla creazione di momenti di spettacolo  nell’ambito di comunità.
Si tratta di una delle tante possibili applicazioni dell’approccio autobiografico all’esperienza e alla pratica musicale che ha peraltro dimostrato la sua validità anche nella pedagogia della musica, sostenuta anche da diverse pubblicazioni (si rimanda ad es. al volume Specchi Sonori. Identità e autobiografie musicali).
Dal punto di vista educativo la discussione si articola su due diversi versanti, che riguardano il primo gli insegnanti e il secondo gli studenti, estendendosi ovviamente ai metodi d’insegnamento/apprendimento e alla riflessione sugli stessi. Per quanto riguarda gli insegnanti, il ripercorrere le tappe della propria formazione, il percorso compiuto negli studi, le relazioni vissute con gli insegnanti e i compagni, infine le motivazioni delle scelte effettuate durante quegli anni permette di affrontare consapevolmente il proprio lavoro. Ciò significa saper impostare una relazione positiva con gli studenti, evitare di ripetere errori che hanno provocato incidenti formativi e danni musicali e umani. Infine,  progettare non solo gli obiettivi da raggiungere ma anche  percorsi che siano motivanti  da  seguire, fatto quest’ultimo purtroppo ancora poco frequente nelle istituzioni formative.  Dal punto di vista degli studenti, invece, l’approccio autobiografico consente di riflettere sui percorsi compiuti, sulle proprie attitudini e inclinazioni, sulle scelte più opportune da compiere. I due versanti del lavoro autobiografico, il primo riguardante gli insegnanti, il secondo gli studenti, s’incontrano in quel terreno comune che sono le pratiche riflessive che ormai da anni sono all’ordine del giorno della pedagogia musicale più accorta.

La pratica di mettere in musica e in spettacolo fatti, eventi storici o microstorici oppure biografie di personaggi rimasti nella memoria popolare non è solo del nostro Paese, ma certamente in Italia ha trovato una diffusione ampia, che si è protratta sino agli anni ottanta e che in qualche caso è ancora viva. Peraltro, se tutti pensano, quando si parla di cantastorie, a quelli siciliani,  la loro presenza è stata molto più ampia, tanto che esistono documentazioni audio e video anche per regioni come il Piemonte e la Lombardia, in quest’ultimo caso soprattutto per il grande lavoro di Bruno Pianta.
Chiediamoci cosa cantavano i cantastorie. Ogni fatto che poteva rimanere nello spirito e muovere la sensibilità popolare poteva essere oggetto di un canto. Per fare qualche esempio, i cantastorie di Pavia costruirono una cantata sulla tragedia di Mattmark (Svizzera) del 30 agosto 1965 in cui perirono ottantotto operai, di cui cinquantasei italiani. Una sciagura seconda solo, per numero di vittime, a quella di Marcinelle del 1956. Ma cantarono anche la storia di redenzione di Luciano  Lutring, “il solista del mitra” e testimoniarono di molti altri fatti, non curandosi, a volte, di romanzarli per renderli più adatti al loro pubblico. Talvolta, infine, cantarono storie verosimili, ma in realtà inventate, adatte a colpire lo spirito e il cuore popolare: madri snaturate (già presenti nella cultura canzonettistica con Balocchi e profumi), gesta di giovani eroi  ecc.

“MUSICA POPOLARE ITALIANA – GLI ULTIMI CANTASTORIE” a cura di Roberto Leydi – Anni ’60 – YouTube

In Sicilia, il cantastorie Cicciu Busacca cantò la storia di Turiddu Carnivali, giovane onesto ammazzato dalla mafia e dai potenti, come anche molte storie di emigrazione, collaborando per i testi delle sue canzoni anche con il grande poeta Ignazio Buttitta. Altro importante cantastorie siciliano fu Orazio Strano

“ I CANTASTORIE” – a cura di Nanni De Stefani – Prima Parte – maggio 1988 – YouTube ,

“ I CANTASTORIE” – a cura di Nanni De Stefani – Seconda Parte – maggio 1988 – YouTube.

Sempre siciliano, è da ricordare Franco Trincale, che ha operato  tuttavia soprattutto a Milano dando a volte un taglio esplicitamente politico alle sue canzoni, come nel caso della strage di Piazza Fontana e dell’uccisione dell’anarchico Pinelli o prendendosi beffe del questore  Marcello Guida,  al quale, nel 1970, durante una visita a Milano, il presidente Pertini si rifiutò di stringere la mano riconoscendovi uno dei suoi aguzzini a Ventotene.  Anche Trincale non ha mai mancato di cantare la storia dell’emigrazione interna italiana e diversi suoi canti riguardano quel frangente storico  molto importante. In continuità con Trincale si pone oggi Mauro Geraci, attualmente docente di Antropologia all’università di Palermo  ma anche cantastorie di piazza.

FRANCO TRINCALE OGGI Antroday 18 2 23 Sesto S Giovanni – YouTube.

Nelle diverse situazioni in cui hanno operato, i cantastorie sono stati i cronisti del mondo popolare, ma anche testimoni di memoria in un primo tempo attraverso i loro “fogli volanti” con le parole delle canzoni e in seguito con delle audiocassette in cui le stesse erano registrate. La presenza dei fogli volanti era significativa, poiché segna, secondo Roberto Leydi, che la separazione tra cultura orale e scritta non era più cosi netta.

In base alle considerazioni che ho espresso, appare conseguente che un’associazione consacrata proprio alla memoria in tutte le sue forme, come la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari, abbia deciso di proporre, tra le sue opportunità formative una Scuola per chi volesse diventare canta-storie.
Come è facile immaginare e leggere nel comunicato allegato non si tratta di un’ improbabile operazione  di recupero  integrale della figura del cantastorie tradizionale, che non si formava peraltro   in scuole e corsi, bensì del progetto di creare operatori “di memoria” che a partire da una biografia, autobiografia, evento di storia orale (o trascritta) che riguarda un borgo o una città o un evento storico o microstorico, lo sappiano trasmettere in forma scenica in diverse comunità,  piazze, borghi, scuole, centri sociali, luoghi di cura. Egualmente, che sappiano farsi promotori e animatori di gruppi per la messa in scena di storie nei medesimi contesti.
Il riferimento alla tradizione dei cantastorie è quindi pertinente soprattutto al passaggio e alla conservazione di memoria, alla valorizzazione delle storie di vita e della cultura orale o trascritta e alla creazione di momenti di spettacolo  nell’ambito di comunità.
Si tratta di una delle tante possibili applicazioni dell’approccio autobiografico all’esperienza e alla pratica musicale che ha peraltro dimostrato la sua validità anche nella pedagogia della musica, sostenuta anche da diverse pubblicazioni (si rimanda ad es. al volume Specchi Sonori. Identità e autobiografie musicali).
Dal punto di vista educativo la discussione si articola su due diversi versanti, che riguardano il primo gli insegnanti e il secondo gli studenti, estendendosi ovviamente ai metodi d’insegnamento/apprendimento e alla riflessione sugli stessi. Per quanto riguarda gli insegnanti, il ripercorrere le tappe della propria formazione, il percorso compiuto negli studi, le relazioni vissute con gli insegnanti e i compagni, infine le motivazioni delle scelte effettuate durante quegli anni permette di affrontare consapevolmente il proprio lavoro. Ciò significa saper impostare una relazione positiva con gli studenti, evitare di ripetere errori che hanno provocato incidenti formativi e danni musicali e umani. Infine,  progettare non solo gli obiettivi da raggiungere ma anche  percorsi che siano motivanti  da  seguire, fatto quest’ultimo purtroppo ancora poco frequente nelle istituzioni formative.  Dal punto di vista degli studenti, invece, l’approccio autobiografico consente di riflettere sui percorsi compiuti, sulle proprie attitudini e inclinazioni, sulle scelte più opportune da compiere. I due versanti del lavoro autobiografico, il primo riguardante gli insegnanti, il secondo gli studenti, s’incontrano in quel terreno comune che sono le pratiche riflessive che ormai da anni sono all’ordine del giorno della pedagogia musicale più accorta.

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