Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Di-Stanze vocali

Antonio Contarino, Federica Di Bella, Gabriele La Magna, Elisa Lantieri, Berenice Maria Monterosso, Gaetano Termini

Progettazione didattica sul paesaggio sonoro della didattica a distanza

Contributo presentato in occasione del Convegno di Urbino, “I saperi dall’ascolto: percorsi educativi nel paesaggio sonoro”- 26 settembre – 1 ottobre 2022.
FKL | Associazione CSMDB | Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.

Nella linea di pensiero pedagogico che mette in evidenza l’importanza di percorsi di conoscenza che privilegiano l’esperienza, il presente lavoro — condotto dagli allievi del biennio del corso di laurea in didattica della musica del Conservatorio “V. Bellini” di Catania — documenta un percorso di ricerca sul paesaggio sonoro della didattica a distanza del periodo della pandemia da Covid 19. Il lavoro ha preso le mosse dalla riflessione intorno agli aspetti del paesaggio sonoro di una classe virtuale. La relazione tra spazio fisico e paesaggio sonoro è strettamente connessa all’azione di chi quei luoghi li abita. In contesto scolastico, la dimensione delle aule, la disposizione dei banchi è teatro di incontro di suoni-segnali, di voci stratificate, di richiami sonori di diversa natura. Leggere il contesto scolastico prestando ad esso ascolto significa porre attenzione alla dimensione del suo paesaggio sonoro.

Autori e autrici di questo contributo sono allievi/e del Corso di Didattica della Musica presso il Conservatorio Vincenzo Bellini di Catania –   Classe di Pedagogia della Musica (Prof.ssa Maria Grazia Bellìa).

Introduzione

Il lavoro che abbiamo condotto è stato quello di porre attenzione al paesaggio sonoro del contesto di apprendimento a distanza, nuovo teatro della relazione educativa: la piattaforma Teams, e con essa nuove regole di partecipazione con i suoi nuovi rituali sonori con cui familiarizzare. Parallelamente mutava il paesaggio sonoro dell’ambiente attorno a noi: un insolito silenzio, una pesante coperta di silenzio puntellata da una rete sonora fatta di sirene di ambulanze a cui facevano da contrappunto i canti di uccelli mentre le case si popolavano di parole, di ansie e di sigle di telegiornali.
Qualcosa di profondamente importante mutava attorno a noi costretti a restare a casa: mutava il paesaggio sonoro, repentinamente. Ci siamo accorti che l’ambiente, privato dei suoni e dei rumori prodotti dall’uomo, riacquistava la sua dimensione così come l’ambiente — in assenza dell’uomo — veniva lentamente ripopolato dagli animali. Anche per questo ci siamo messi in ascolto e lo abbiamo fatto assumendo il punto di vista dell’educatore.
Ripensare al valore dell’ascolto in contesto scolastico assume oggi connotati di una certa rilevanza e urgenza formativa. Rimettere al centro dei processi di formazione l’attenzione allo sviluppo delle capacità di ascolto significa investire nella costruzione di una società democratica popolata da cittadini che sappiano prestare attenzione all’altro, che siano consapevoli che l’ascolto reciproco può generare bellezza e tolleranza.
Parliamo di un tipo di ascolto che si può apprendere e che noi come educatori abbiamo il dovere morale di assumere come meta formativa da raggiungere, ciascuno nei propri contesti di apprendimento e attraverso la propria disciplina. Tornare ad ascoltare, rimettere al centro l’ascolto significa sollecitare l’attenzione di ciascuno al mondo sonoro in cui si trova immerso con la consapevolezza di esserne in parte anche artefici e costruttori. Nella società delle immagini, sviluppare la coscienza che esista un paesaggio sonoro non è cosa immediata e in contesto scolastico dovrebbe diventare oggetto di riflessione per ogni educatore. In accordo al pensiero di Enrico Strobino e Maurizio Vitali, considerare il suono in prospettiva etica ed estetica allarga di molto la prospettiva didattica di coloro che a scuola ‘educano con la musica e alla musica’.
In contesto scolastico – per abitudine, per pigrizia o per inerzia didattica – i percorsi di apprendimento più battuti restano, nella maggior parte dei casi, quelli che introducono gli allievi alla musica attraverso lo studio della sua grammatica. Un approccio di stampo tradizionale che privilegia la teoria trascurando bellamente tutto il fermento sostenuto dalla pedagogia attiva a favore di un approccio alla musica che sia prima pratico e poi teorico. L’esperienza della musica dovrebbe sollecitare l’individuo a costruire una relazione diretta con il mondo dei suoni privilegiando attività di esplorazione, manipolazione e costruzione di essi e con essi.
Ma è davvero possibile cominciare dal suono per far musica? Crediamo fermamente che le pratiche vocali e/o strumentali possano rivelarsi povere se in realtà l’allievo non si senta parte stessa di quella musica che suona. Per questo ci impegniamo ad acquisire buone pratiche didattiche e buone metodologie per far sì che i nostri futuri allievi possano sviluppare un loro gusto estetico musicale, ma anche – e soprattutto – un pensiero compositivo, partendo da ciò che hanno dentro e intorno a loro. A tal proposito abbiamo trovato nel paesaggio sonoro una proposta che ci permette di raggiungere quest’obiettivo.

 

L’idea

 

«E se vi foste trovati oggi al posto degli insegnanti di musica, cosa avreste proposto ai vostri allievi?». È questa la domanda posta dalla nostra docente di pedagogia – la prof. Maria Grazia Bellia – durante la prima lezione sulla piattaforma Teams. Forse per caso, forse perché la pandemia ha colpito anche la creatività e la laboriosa operatività dei docenti, forse perché al primo giorno di didattica a distanza bisognava reinventarsi un approccio didattico o, probabilmente, perché la condivisione di un problema e il coinvolgimento diretto nella risoluzione di esso rende tutti partecipi e attivi. Di fatto, da quella domanda ha preso avvio il percorso che ci ha condotto alla realizzazione del progetto Di-stanze vocali. Come “il sasso nello stagno” di rodariana memoria, quella domanda ha generato nelle menti di ciascuno di noi una serie vertiginosa di ipotesi e non sono tardate ad arrivare proposte progettuali. Da un ricco e animato brainstorming, la proposta che più ha suscitato consensi è stata quella di poter lavorare su ciò che stava accadendo, su ciò che stava stravolgendo le nostre giornate, didattica a distanza compresa. Nei panni di ipotetici docenti di musica alla loro prima lezione a distanza, ci convinceva l’idea di poter coinvolgere i nostri allievi in attività di composizione che potessero essere realizzate a distanza grazie all’uso di editing musicale. Nella prospettiva ipotizzata ci piaceva l’idea di attivare tra i nostri allievi momenti di riflessione sul mondo sonoro che mutava, focalizzando così da educatori al suono e alla musica l’attenzione sul paesaggio sonoro.
Dal momento che il saper far fare, competenza di chi insegna, presuppone un saper fare, l’occasione offerta dalla nostra docente è stata colta come momento formativo, un’occasione di ricerca sul suono e non ultimo un momento per stare uniti e vicini nonostante le di-stanze. Infine, nell’ambito del sapere eravamo da subito consapevoli che il progetto ci avrebbe offerto l’occasione di acquisire conoscenze e abilità nell’ambito dell’uso della tecnologia in contesto didattico. Ci rincuorava il fatto che alcuni tra noi possedevano già conoscenze in questo ambito e di certo da loro avremmo potuto attingere informazioni e consigli per poter apprendere. La proposta che più ha suscitato interesse da parte di tutti è stata – per l’appunto – quella di realizzare uno o più paesaggi sonori concepiti partendo da un ascolto analitico e sintetico della realtà circostante e caratterizzante un preciso momento storico. Mappando, registrando ed elaborando suoni abbiamo trasformato delle tracce in un oggetto musicale, attraverso specifici processi compositivi e precise conoscenze e abilità multimediali. Soddisfatti dell’elaborato, abbiamo scelto di aggiungere anche immagini, foto e/o video che in qualche modo riuscissero a testimoniare, anche visivamente, la realtà che ci circondava, aumentando così il valore evocativo e comunicativo del prodotto che avremmo realizzato, tracciando in questo modo, al di là dell’esperienza didattica aggiunta, un particolare momento storico che ci ha visti tutti coinvolti. Così facendo, abbiamo giocato con “l’occasionalità” della pandemia, divenuta un’opportunità che ci ha messo nelle condizioni di sviluppare un saper fare utile e necessario alla progettazione di azioni del far musica, trovando anche in essa un modo per esorcizzare i sentimenti negativi amplificati nella solitudine delle nostre stanze, provocati dalla distanza fisica e dettati dalle preoccupazioni che scaturivano dalle continue comunicazioni di veri e propri bollettini di guerra e delle immagini che passavano giornalmente sotto i nostri occhi. Vediamo ora nel dettaglio le fasi operative del percorso didattico intrapreso.

 

Le fasi operative

 

La proposta progettuale è stata posta come un problema da risolvere, nella fattispecie bisognava ipotizzare percorsi operativi in un contesto nuovo. L’occasione progettuale da subito si è rivelata un’autentica sfida formativa; di fatto l’attività progettuale ha condotto noi allievi all’acquisizione di nuove competenze attraverso la ricerca delle sonorità di un nuovo ambiente fisico e sonoro. Una volta  deciso di realizzare delle composizioni partendo dal paesaggio sonoro della didattica a distanza, la classe è stata divisa in tre gruppi differenti. È stato possibile condurre un lavoro di gruppo, nonostante la distanza fisica, grazie alle possibilità dateci dalla tecnologia: ci riunivamo, infatti, in videochiamate nella piattaforma di Microsoft Teams. Qui noi allievi abbiamo sviluppato le idee relative allo svolgimento del progetto. La docente, talvolta, prendeva parte alla discussione e alle fasi organizzative, ascoltando le proposte senza mai influenzare il gruppo. L’esigenza di dover mettere assieme “mattoncini sonori” ha motivato noi studenti ad acquisire conoscenze e abilità nell’ambito della tecnologia. La maggior parte di noi, infatti, non aveva mai usato un programma di editing audio e/o video. Ed è in questo momento che nasce un vero e proprio “cantiere di costruzione” della conoscenza: chi aveva già usato programmi editoriali, si metteva a disposizione dei colleghi che si trovavano in difficoltà, chi invece aveva una buona padronanza dei processi compositivi aiutava chi questi processi non li aveva ancora troppo chiari. Successivamente, abbiamo applicato il processo compositivo di scarto, selezione e valutazione del materiale, sfruttando le funzioni del programma di editing musicale Audacity (programma opensource) e rifacendoci al principio di composizione empirica per tentativi ed errori proposta da John Paynter.
Giorno dopo giorno, man mano che le composizioni prendevano vita, ecco che è nata l’idea di aggiungere ai nostri lavori delle immagini o dei video che potessero esprimere meglio ciò che volevamo trasmettere. Assistiamo quindi a quello che Gino Stefani definisce «condotta soundestesica»:  i suoni e i rumori provenienti dal mondo circostante sono diventati per noi simbolo, immaginazione, rappresentazione di situazioni, momenti quotidiani, sensazioni, emozioni ben precise. La nostra insegnante, durante tutta la durata del progetto, ci ha offerto consulenza ma senza dare soluzioni affinché le sue domande avessero una funzione maieutica. Nel contesto globale della pandemia, questo progetto basato sulla Soundscape composition ha aperto una finestra verso la quotidianità domestica, consentendoci di attenzionarne i suoni per realizzare una composizione completamente “home made”: mentre qualcuno lavorava e operava sul computer gli altri seguivano e davano consigli, osservando nel frattempo i processi tecnici del programma utilizzato, per trarne insegnamento. Tutti eravamo in possesso di un registratore interno al telefono e ciascuno di noi ha vissuto una propria esperienza di registrazione ambientale per poi trasferire i file ricavati all’interno del proprio pc. Sono venute in aiuto anche le abilità conseguite nelle altre discipline affrontate durante il percorso di studi: per esempio, in seguito allo studio degli elementi fondamentali della composizione e dell’analisi, abbiamo potuto scegliere la forma musicale da dare al prodotto finale e abbiamo sfruttato i principi compositivi che più sentivamo vicini al nostro gusto personale.

 

La sintesi dei video.

Nel particolare i tre gruppi hanno presentato un aspetto diverso della nuova situazione che si stava vivendo, rileggendola in una chiave del tutto personalizzata:

  • Il gruppo che ha realizzato “Una lezione in dad…ai fornelli!” ha affrontato le difficoltà legate alla didattica a distanza in chiave ironica, quasi a voler esorcizzare la tensione e la paura della situazione pandemica. Con questo spirito ha costruito un paesaggio sonoro i cui diversi elementi, come voci e suoni delle lezioni a distanza, sono stati assemblati per ottenere un prodotto musicale che potesse fare da contraltare alla morte e al dolore che abitava il mondo fuori dalle nostre stanze. L’unico momento di distacco era la cucina, di cui tutti abbiamo scoperto averne un talento durante il lockdown e proprio per questo è stato inserito un elemento che richiamasse i fornelli. Al fine di costruire un prodotto coerente, si è pensato di elaborare il paesaggio sonoro su una lezione (idealizzata) il cui contenuto principale fossero le precauzioni sul contagio. In questo modo, abbiamo estrapolato, dalle lezioni del nostro corso musicale, elementi che potessero in qualche modo coincidere con questa consegna. Inoltre, secondo un preciso pensiero compositivo, si è sviluppata una forma musicale inerente al prodotto finale di cui si possono individuare tre quadri (A, B e C), di cui l’ultimo è la somma dei quadri precedenti, quasi a voler richiamare la lezione in classe in cui alla fine avviene un sunto riepilogativo.

 

 

  • Il materiale di partenza del video “Vicina di-stanza” è stato ottenuto mediante il campionamento di alcune lezioni e degli slogan sulla tormenta mediatica legata alla pandemia. Invece di prepararci ad affrontare la drastica situazione, questi tormentoni hanno alimentato la sensazione di impreparazione complessiva a cui tutti siamo stati assoggettati. Nella classe virtuale di Teams, infatti, la comunicazione di nessuno era immune alle interferenze e i rituali della dad. Quell’impreparazione, indirettamente, mostrava tuttavia anche il lato più umano di ognuno di noi: chi intimorito dall’emergenza, chi infastidito dai problemi di connessione, chi non stimolato per via delle lezioni dietro lo schermo; ognuno aveva qualcosa da raccontare. In questo senso si è anche svolto il lavoro di editing, finalizzato a enfatizzare i suoni – registrati, analizzati e infine scelti – attraverso l’uso di distorsori digitali e l’accumulazione schizofonica di questi. Anche questo caso sono state sfruttate le conoscenze e le abilità di ognuno in ambito compositivo, volte a sottolineare il senso dilagante di estraniamento che viene poi suscitato anche attraverso l’innesto dell’aria “Lascia ch’io pianga” di G. F. Handel (che già di per sé rimanda a sensazioni ed emozioni ben precise).

 

 

  • Il paesaggio sonoro presentato nel video “Dalla folla, al silenzio, dalla natura, alla telecomunicazione” [3] tende a ricreare ed esternare le emozioni vissute durante il lockdown: chi cullato dalla protezione della natura e chi soffocato da città di cemento, deserte. Inizialmente il gruppo cooperativo ha avviato il processo della composizione empirica, sia per entrare in contatto col materiale digitale – mai esplorato fino a quel momento – sia per ricercare una forma musicale adeguata e coerente. Dopo aver scelto e selezionato le singole tracce, il gruppo ha proseguito con «la ricerca della trovata» (cfr. F. Delalande), con l’intenzione di scoprire ed esaltare un motivo musicale avvincente e ricorrente, e che potesse fungere da filo conduttore per l’intero brano. La trovata si è tradotta in un leitmotiv. Questo elemento musicale è stato ricavato dalle manipolazioni e dalle distorsioni digitali delle singole tracce. Esso si contrappone a dei fugaci momenti musicali: brevi istanti di realismo acustico. Così, il leitmotiv, è divenuto il cuore centrale della composizione e in esso sono racchiusi gli elementi più rappresentativi del lockdown: i suoni della sirena delle autoambulanze, professori che parlano a intermittenza e i suoni della natura – il chiocciare delle galline e il cinguettio degli uccelli. Il tutto è accompagnato da un sottofondo musicale, cupo e misterioso, prodotto creativo di un membro del gruppo. La forma musicale a cui il gruppo si è ispirato è una forma aperta che tende ad esaltare il leitmotiv.

 

 

Riflessioni metodologiche

È importante da allievi, ma soprattutto come futuri docenti in formazione, leggere in chiave didattica ogni esperienza progettuale che viviamo all’interno del nostro percorso di studi. Crediamo che in quest’esperienza due siano gli spunti principali su cui soffermarsi: la competenza relazionale e la competenza digitale. Sembra quasi un paradosso che in un periodo in cui tutti abbiamo vissuto nella solitudine e chiusi in casa, degli studenti abbiano potuto comprendere e acquisire il concetto di paesaggio sonoro che per definizione potrebbe rimandare a qualcosa di dinamico, di esterno, di relazionale: questa è stata la vera sfida progettuale, quella di averci condotto ad allargare lo stesso concetto di paesaggio sonoro estendendolo alla ricerca delle sonorità di un nuovo ambiente da interrogare e analizzare. Inoltre, pensiamo che attività didattiche di questo genere mobilitino conoscenze e abilità differenti, attivino la partecipazione di tutti valorizzando le capacità di ciascuno. La proposta progettuale è stata posta come un problema da risolvere: ipotizzare percorsi operativi in un contesto nuovo riuscendo, al tempo stesso, a creare un clima di solidarietà particolare fra i componenti del gruppo come se la costruzione del paesaggio sonoro potesse quasi allontanare da noi l’emozione della paura e trasformarla in un’esperienza estetica e artistica.
Un nuovo spirito di solidarietà ha mosso ciascuno di noi a condividere idee, proposte, abilità e conoscenze e tutto ciò ci ha resi competenti nell’affrontare, attraverso l’esperienza artistica, un problema che era sia didattico che umano. Abbiamo sperimentato “l’orchestrazione delle risorse interne ed esterne per far fronte a un problema” (cfr. Pellerey). Mantenere l’orecchio da bambino, curioso e attivo, è una prerogativa che riguarda e chiama in causa tanto i ragazzi quanto i didatti. Oggi sappiamo che il risveglio della qualità percettiva utile a riconoscere un suono è un processo che potrebbe iniziare anche prima della stessa musica e non semplicemente dopo. È un processo innaturale se si pensa alla figura di un bambino che prima impara a parlare, producendo suoni, e poi a scrivere. L’educazione musicale può partire da qui, da quell’amore per il suono puro che si può lavorare attraverso molteplici direzioni attraverso un approccio globale alla conoscenza. La via del paesaggio sonoro propone un modo creativo e pratico di risvegliare l’orecchio, perché provare a far nascere l’amore per il suono è la condizione iniziale per ascoltare qualsiasi tipo di musica, da quella classica fino a quella di tutti i giorni. In conclusione, crediamo fermamente che le attività digitali consentano non solo di inglobare varie discipline (es. artistiche e umanistiche) ma anche di sviluppare la maggior parte delle competenze chiave europee e soprattutto di favorire, insieme al valore affettivo della musica, le relazioni. Il lavoro sul paesaggio sonoro è riuscito anche in questo obiettivo.

Bibliografia

Mario Castoldi, Progettare per competenze. Progettare per competenze. Strumenti e percorsi,Carrocci Editore, 2011 (rist. 2020).

François Delalande, Le condotte Musicali, Comportamenti e motivazioni del fare e ascoltare musica, Clueb, Bologna, 1993.

John Paynter, Suono e struttura (ed. it.), EDT, Torino, 1996.

Michele Pellerey, Le competenze individuali e il portfolio, La nuova Italia, Firenze, 2004, in M. Castoldi, Progettare per competenze. Strumenti e percorsi, p. 22.

Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1973.

Introduzione

Il lavoro che abbiamo condotto è stato quello di porre attenzione al paesaggio sonoro del contesto di apprendimento a distanza, nuovo teatro della relazione educativa: la piattaforma Teams, e con essa nuove regole di partecipazione con i suoi nuovi rituali sonori con cui familiarizzare. Parallelamente mutava il paesaggio sonoro dell’ambiente attorno a noi: un insolito silenzio, una pesante coperta di silenzio puntellata da una rete sonora fatta di sirene di ambulanze a cui facevano da contrappunto i canti di uccelli mentre le case si popolavano di parole, di ansie e di sigle di telegiornali.
Qualcosa di profondamente importante mutava attorno a noi costretti a restare a casa: mutava il paesaggio sonoro, repentinamente. Ci siamo accorti che l’ambiente, privato dei suoni e dei rumori prodotti dall’uomo, riacquistava la sua dimensione così come l’ambiente — in assenza dell’uomo — veniva lentamente ripopolato dagli animali. Anche per questo ci siamo messi in ascolto e lo abbiamo fatto assumendo il punto di vista dell’educatore.
Ripensare al valore dell’ascolto in contesto scolastico assume oggi connotati di una certa rilevanza e urgenza formativa. Rimettere al centro dei processi di formazione l’attenzione allo sviluppo delle capacità di ascolto significa investire nella costruzione di una società democratica popolata da cittadini che sappiano prestare attenzione all’altro, che siano consapevoli che l’ascolto reciproco può generare bellezza e tolleranza.
Parliamo di un tipo di ascolto che si può apprendere e che noi come educatori abbiamo il dovere morale di assumere come meta formativa da raggiungere, ciascuno nei propri contesti di apprendimento e attraverso la propria disciplina. Tornare ad ascoltare, rimettere al centro l’ascolto significa sollecitare l’attenzione di ciascuno al mondo sonoro in cui si trova immerso con la consapevolezza di esserne in parte anche artefici e costruttori. Nella società delle immagini, sviluppare la coscienza che esista un paesaggio sonoro non è cosa immediata e in contesto scolastico dovrebbe diventare oggetto di riflessione per ogni educatore. In accordo al pensiero di Enrico Strobino e Maurizio Vitali, considerare il suono in prospettiva etica ed estetica allarga di molto la prospettiva didattica di coloro che a scuola ‘educano con la musica e alla musica’.
In contesto scolastico – per abitudine, per pigrizia o per inerzia didattica – i percorsi di apprendimento più battuti restano, nella maggior parte dei casi, quelli che introducono gli allievi alla musica attraverso lo studio della sua grammatica. Un approccio di stampo tradizionale che privilegia la teoria trascurando bellamente tutto il fermento sostenuto dalla pedagogia attiva a favore di un approccio alla musica che sia prima pratico e poi teorico. L’esperienza della musica dovrebbe sollecitare l’individuo a costruire una relazione diretta con il mondo dei suoni privilegiando attività di esplorazione, manipolazione e costruzione di essi e con essi.
Ma è davvero possibile cominciare dal suono per far musica? Crediamo fermamente che le pratiche vocali e/o strumentali possano rivelarsi povere se in realtà l’allievo non si senta parte stessa di quella musica che suona. Per questo ci impegniamo ad acquisire buone pratiche didattiche e buone metodologie per far sì che i nostri futuri allievi possano sviluppare un loro gusto estetico musicale, ma anche – e soprattutto – un pensiero compositivo, partendo da ciò che hanno dentro e intorno a loro. A tal proposito abbiamo trovato nel paesaggio sonoro una proposta che ci permette di raggiungere quest’obiettivo.

 

L’idea

 

«E se vi foste trovati oggi al posto degli insegnanti di musica, cosa avreste proposto ai vostri allievi?». È questa la domanda posta dalla nostra docente di pedagogia – la prof. Maria Grazia Bellia – durante la prima lezione sulla piattaforma Teams. Forse per caso, forse perché la pandemia ha colpito anche la creatività e la laboriosa operatività dei docenti, forse perché al primo giorno di didattica a distanza bisognava reinventarsi un approccio didattico o, probabilmente, perché la condivisione di un problema e il coinvolgimento diretto nella risoluzione di esso rende tutti partecipi e attivi. Di fatto, da quella domanda ha preso avvio il percorso che ci ha condotto alla realizzazione del progetto Di-stanze vocali. Come “il sasso nello stagno” di rodariana memoria, quella domanda ha generato nelle menti di ciascuno di noi una serie vertiginosa di ipotesi e non sono tardate ad arrivare proposte progettuali. Da un ricco e animato brainstorming, la proposta che più ha suscitato consensi è stata quella di poter lavorare su ciò che stava accadendo, su ciò che stava stravolgendo le nostre giornate, didattica a distanza compresa. Nei panni di ipotetici docenti di musica alla loro prima lezione a distanza, ci convinceva l’idea di poter coinvolgere i nostri allievi in attività di composizione che potessero essere realizzate a distanza grazie all’uso di editing musicale. Nella prospettiva ipotizzata ci piaceva l’idea di attivare tra i nostri allievi momenti di riflessione sul mondo sonoro che mutava, focalizzando così da educatori al suono e alla musica l’attenzione sul paesaggio sonoro.
Dal momento che il saper far fare, competenza di chi insegna, presuppone un saper fare, l’occasione offerta dalla nostra docente è stata colta come momento formativo, un’occasione di ricerca sul suono e non ultimo un momento per stare uniti e vicini nonostante le di-stanze. Infine, nell’ambito del sapere eravamo da subito consapevoli che il progetto ci avrebbe offerto l’occasione di acquisire conoscenze e abilità nell’ambito dell’uso della tecnologia in contesto didattico. Ci rincuorava il fatto che alcuni tra noi possedevano già conoscenze in questo ambito e di certo da loro avremmo potuto attingere informazioni e consigli per poter apprendere. La proposta che più ha suscitato interesse da parte di tutti è stata – per l’appunto – quella di realizzare uno o più paesaggi sonori concepiti partendo da un ascolto analitico e sintetico della realtà circostante e caratterizzante un preciso momento storico. Mappando, registrando ed elaborando suoni abbiamo trasformato delle tracce in un oggetto musicale, attraverso specifici processi compositivi e precise conoscenze e abilità multimediali. Soddisfatti dell’elaborato, abbiamo scelto di aggiungere anche immagini, foto e/o video che in qualche modo riuscissero a testimoniare, anche visivamente, la realtà che ci circondava, aumentando così il valore evocativo e comunicativo del prodotto che avremmo realizzato, tracciando in questo modo, al di là dell’esperienza didattica aggiunta, un particolare momento storico che ci ha visti tutti coinvolti. Così facendo, abbiamo giocato con “l’occasionalità” della pandemia, divenuta un’opportunità che ci ha messo nelle condizioni di sviluppare un saper fare utile e necessario alla progettazione di azioni del far musica, trovando anche in essa un modo per esorcizzare i sentimenti negativi amplificati nella solitudine delle nostre stanze, provocati dalla distanza fisica e dettati dalle preoccupazioni che scaturivano dalle continue comunicazioni di veri e propri bollettini di guerra e delle immagini che passavano giornalmente sotto i nostri occhi. Vediamo ora nel dettaglio le fasi operative del percorso didattico intrapreso.

 

Le fasi operative

 

La proposta progettuale è stata posta come un problema da risolvere, nella fattispecie bisognava ipotizzare percorsi operativi in un contesto nuovo. L’occasione progettuale da subito si è rivelata un’autentica sfida formativa; di fatto l’attività progettuale ha condotto noi allievi all’acquisizione di nuove competenze attraverso la ricerca delle sonorità di un nuovo ambiente fisico e sonoro. Una volta  deciso di realizzare delle composizioni partendo dal paesaggio sonoro della didattica a distanza, la classe è stata divisa in tre gruppi differenti. È stato possibile condurre un lavoro di gruppo, nonostante la distanza fisica, grazie alle possibilità dateci dalla tecnologia: ci riunivamo, infatti, in videochiamate nella piattaforma di Microsoft Teams. Qui noi allievi abbiamo sviluppato le idee relative allo svolgimento del progetto. La docente, talvolta, prendeva parte alla discussione e alle fasi organizzative, ascoltando le proposte senza mai influenzare il gruppo. L’esigenza di dover mettere assieme “mattoncini sonori” ha motivato noi studenti ad acquisire conoscenze e abilità nell’ambito della tecnologia. La maggior parte di noi, infatti, non aveva mai usato un programma di editing audio e/o video. Ed è in questo momento che nasce un vero e proprio “cantiere di costruzione” della conoscenza: chi aveva già usato programmi editoriali, si metteva a disposizione dei colleghi che si trovavano in difficoltà, chi invece aveva una buona padronanza dei processi compositivi aiutava chi questi processi non li aveva ancora troppo chiari. Successivamente, abbiamo applicato il processo compositivo di scarto, selezione e valutazione del materiale, sfruttando le funzioni del programma di editing musicale Audacity (programma opensource) e rifacendoci al principio di composizione empirica per tentativi ed errori proposta da John Paynter.
Giorno dopo giorno, man mano che le composizioni prendevano vita, ecco che è nata l’idea di aggiungere ai nostri lavori delle immagini o dei video che potessero esprimere meglio ciò che volevamo trasmettere. Assistiamo quindi a quello che Gino Stefani definisce «condotta soundestesica»:  i suoni e i rumori provenienti dal mondo circostante sono diventati per noi simbolo, immaginazione, rappresentazione di situazioni, momenti quotidiani, sensazioni, emozioni ben precise. La nostra insegnante, durante tutta la durata del progetto, ci ha offerto consulenza ma senza dare soluzioni affinché le sue domande avessero una funzione maieutica. Nel contesto globale della pandemia, questo progetto basato sulla Soundscape composition ha aperto una finestra verso la quotidianità domestica, consentendoci di attenzionarne i suoni per realizzare una composizione completamente “home made”: mentre qualcuno lavorava e operava sul computer gli altri seguivano e davano consigli, osservando nel frattempo i processi tecnici del programma utilizzato, per trarne insegnamento. Tutti eravamo in possesso di un registratore interno al telefono e ciascuno di noi ha vissuto una propria esperienza di registrazione ambientale per poi trasferire i file ricavati all’interno del proprio pc. Sono venute in aiuto anche le abilità conseguite nelle altre discipline affrontate durante il percorso di studi: per esempio, in seguito allo studio degli elementi fondamentali della composizione e dell’analisi, abbiamo potuto scegliere la forma musicale da dare al prodotto finale e abbiamo sfruttato i principi compositivi che più sentivamo vicini al nostro gusto personale.

 

La sintesi dei video.

Nel particolare i tre gruppi hanno presentato un aspetto diverso della nuova situazione che si stava vivendo, rileggendola in una chiave del tutto personalizzata:

  • Il gruppo che ha realizzato “Una lezione in dad…ai fornelli!” ha affrontato le difficoltà legate alla didattica a distanza in chiave ironica, quasi a voler esorcizzare la tensione e la paura della situazione pandemica. Con questo spirito ha costruito un paesaggio sonoro i cui diversi elementi, come voci e suoni delle lezioni a distanza, sono stati assemblati per ottenere un prodotto musicale che potesse fare da contraltare alla morte e al dolore che abitava il mondo fuori dalle nostre stanze. L’unico momento di distacco era la cucina, di cui tutti abbiamo scoperto averne un talento durante il lockdown e proprio per questo è stato inserito un elemento che richiamasse i fornelli. Al fine di costruire un prodotto coerente, si è pensato di elaborare il paesaggio sonoro su una lezione (idealizzata) il cui contenuto principale fossero le precauzioni sul contagio. In questo modo, abbiamo estrapolato, dalle lezioni del nostro corso musicale, elementi che potessero in qualche modo coincidere con questa consegna. Inoltre, secondo un preciso pensiero compositivo, si è sviluppata una forma musicale inerente al prodotto finale di cui si possono individuare tre quadri (A, B e C), di cui l’ultimo è la somma dei quadri precedenti, quasi a voler richiamare la lezione in classe in cui alla fine avviene un sunto riepilogativo.

 

 

  • Il materiale di partenza del video “Vicina di-stanza” è stato ottenuto mediante il campionamento di alcune lezioni e degli slogan sulla tormenta mediatica legata alla pandemia. Invece di prepararci ad affrontare la drastica situazione, questi tormentoni hanno alimentato la sensazione di impreparazione complessiva a cui tutti siamo stati assoggettati. Nella classe virtuale di Teams, infatti, la comunicazione di nessuno era immune alle interferenze e i rituali della dad. Quell’impreparazione, indirettamente, mostrava tuttavia anche il lato più umano di ognuno di noi: chi intimorito dall’emergenza, chi infastidito dai problemi di connessione, chi non stimolato per via delle lezioni dietro lo schermo; ognuno aveva qualcosa da raccontare. In questo senso si è anche svolto il lavoro di editing, finalizzato a enfatizzare i suoni – registrati, analizzati e infine scelti – attraverso l’uso di distorsori digitali e l’accumulazione schizofonica di questi. Anche questo caso sono state sfruttate le conoscenze e le abilità di ognuno in ambito compositivo, volte a sottolineare il senso dilagante di estraniamento che viene poi suscitato anche attraverso l’innesto dell’aria “Lascia ch’io pianga” di G. F. Handel (che già di per sé rimanda a sensazioni ed emozioni ben precise).

 

 

  • Il paesaggio sonoro presentato nel video “Dalla folla, al silenzio, dalla natura, alla telecomunicazione” [3] tende a ricreare ed esternare le emozioni vissute durante il lockdown: chi cullato dalla protezione della natura e chi soffocato da città di cemento, deserte. Inizialmente il gruppo cooperativo ha avviato il processo della composizione empirica, sia per entrare in contatto col materiale digitale – mai esplorato fino a quel momento – sia per ricercare una forma musicale adeguata e coerente. Dopo aver scelto e selezionato le singole tracce, il gruppo ha proseguito con «la ricerca della trovata» (cfr. F. Delalande), con l’intenzione di scoprire ed esaltare un motivo musicale avvincente e ricorrente, e che potesse fungere da filo conduttore per l’intero brano. La trovata si è tradotta in un leitmotiv. Questo elemento musicale è stato ricavato dalle manipolazioni e dalle distorsioni digitali delle singole tracce. Esso si contrappone a dei fugaci momenti musicali: brevi istanti di realismo acustico. Così, il leitmotiv, è divenuto il cuore centrale della composizione e in esso sono racchiusi gli elementi più rappresentativi del lockdown: i suoni della sirena delle autoambulanze, professori che parlano a intermittenza e i suoni della natura – il chiocciare delle galline e il cinguettio degli uccelli. Il tutto è accompagnato da un sottofondo musicale, cupo e misterioso, prodotto creativo di un membro del gruppo. La forma musicale a cui il gruppo si è ispirato è una forma aperta che tende ad esaltare il leitmotiv.

 

 

Riflessioni metodologiche

È importante da allievi, ma soprattutto come futuri docenti in formazione, leggere in chiave didattica ogni esperienza progettuale che viviamo all’interno del nostro percorso di studi. Crediamo che in quest’esperienza due siano gli spunti principali su cui soffermarsi: la competenza relazionale e la competenza digitale. Sembra quasi un paradosso che in un periodo in cui tutti abbiamo vissuto nella solitudine e chiusi in casa, degli studenti abbiano potuto comprendere e acquisire il concetto di paesaggio sonoro che per definizione potrebbe rimandare a qualcosa di dinamico, di esterno, di relazionale: questa è stata la vera sfida progettuale, quella di averci condotto ad allargare lo stesso concetto di paesaggio sonoro estendendolo alla ricerca delle sonorità di un nuovo ambiente da interrogare e analizzare. Inoltre, pensiamo che attività didattiche di questo genere mobilitino conoscenze e abilità differenti, attivino la partecipazione di tutti valorizzando le capacità di ciascuno. La proposta progettuale è stata posta come un problema da risolvere: ipotizzare percorsi operativi in un contesto nuovo riuscendo, al tempo stesso, a creare un clima di solidarietà particolare fra i componenti del gruppo come se la costruzione del paesaggio sonoro potesse quasi allontanare da noi l’emozione della paura e trasformarla in un’esperienza estetica e artistica.
Un nuovo spirito di solidarietà ha mosso ciascuno di noi a condividere idee, proposte, abilità e conoscenze e tutto ciò ci ha resi competenti nell’affrontare, attraverso l’esperienza artistica, un problema che era sia didattico che umano. Abbiamo sperimentato “l’orchestrazione delle risorse interne ed esterne per far fronte a un problema” (cfr. Pellerey). Mantenere l’orecchio da bambino, curioso e attivo, è una prerogativa che riguarda e chiama in causa tanto i ragazzi quanto i didatti. Oggi sappiamo che il risveglio della qualità percettiva utile a riconoscere un suono è un processo che potrebbe iniziare anche prima della stessa musica e non semplicemente dopo. È un processo innaturale se si pensa alla figura di un bambino che prima impara a parlare, producendo suoni, e poi a scrivere. L’educazione musicale può partire da qui, da quell’amore per il suono puro che si può lavorare attraverso molteplici direzioni attraverso un approccio globale alla conoscenza. La via del paesaggio sonoro propone un modo creativo e pratico di risvegliare l’orecchio, perché provare a far nascere l’amore per il suono è la condizione iniziale per ascoltare qualsiasi tipo di musica, da quella classica fino a quella di tutti i giorni. In conclusione, crediamo fermamente che le attività digitali consentano non solo di inglobare varie discipline (es. artistiche e umanistiche) ma anche di sviluppare la maggior parte delle competenze chiave europee e soprattutto di favorire, insieme al valore affettivo della musica, le relazioni. Il lavoro sul paesaggio sonoro è riuscito anche in questo obiettivo.

Bibliografia

Mario Castoldi, Progettare per competenze. Progettare per competenze. Strumenti e percorsi,Carrocci Editore, 2011 (rist. 2020).

François Delalande, Le condotte Musicali, Comportamenti e motivazioni del fare e ascoltare musica, Clueb, Bologna, 1993.

John Paynter, Suono e struttura (ed. it.), EDT, Torino, 1996.

Michele Pellerey, Le competenze individuali e il portfolio, La nuova Italia, Firenze, 2004, in M. Castoldi, Progettare per competenze. Strumenti e percorsi, p. 22.

Gianni Rodari, Grammatica della fantasia, Einaudi, Torino, 1973.

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