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Valutare un’improvvisazione musicale

Un percorso di ricerca in ambito formativo

In questo articolo analizzerò varie teorie sulla valutazione dell’improvvisazione, senza l’intento di esaurire la vasta letteratura disponibile sull’argomento. Piuttosto, desidero condividere il mio personale percorso di ricerca su questo tema. Infine, presenterò la mia prospettiva, che ritengo significativa per la valutazione dell’improvvisazione musicale in ambito formativo, con possibili applicazioni anche negli studi estetici e musicologici.

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Il valore dell’improvvisazione 

Molti studiosi ritengono che l’improvvisazione rappresenti il nesso fra la sfera pratica e l’arte[1]. Bertinetto sostiene che “La pratica dell’improvvisazione esemplifica l’esercizio stesso della creatività artistica, il confronto tra l’artista e la sorpresa delle forme e dei materiali con cui lavora, così come il nesso con la capacità ingegnosa e sperimentale di riformulare problemi, progetti e criteri in modi inediti, reinventandoli nel corso della prassi, per cercare di offrire soluzioni efficaci in termini di rapporto tra costi e benefici e tra rischi e risultati”[2]. In questo senso l’improvvisazione è capace di conciliare posizioni apparentemente distanti sull’esperienza estetica, sul valore dell’arte come esperienza umana e sulle ricerche antropologiche, sociologiche e psicologiche che guardano più da vicino la produzione artistica come un fattore umano, sociale e culturale. Il ruolo e il valore dell’improvvisazione “risiede nel suo fondamentale contributo alle pratiche umane, alla loro connessione genetica con l’arte come “sapere come fare” e alla costituzione estetico-valutativa dell’arte come quel particolare fare creativo che inventa le sue norme nel fare”[3].
L’improvvisazione musicale è una declinazione dell’improvvisazione nel suo senso più generale. Fra le pratiche che la riguardano vi è anche quella dell’apprendimento dell’improvvisazione stessa, un ambito che comunemente rientra nell’educazione musicale. Tale pratica può essere svolta a vari livelli d’istruzione scolastica, dalla scuola di base fino alle scuole a indirizzo musicale di tipo professionalizzante. Della valutazione in ambito formativo mi occuperò da ora in avanti.

La valutazione nell’educazione musicale

Uno dei problemi ancora aperti e deficitari di una soluzione soddisfacente è quello della valutazione di un’improvvisazione nel contesto dell’educazione musicale: “challenges in improvisation pedagogy may concern aspects such as deficiency in teacher qualifications, assessment requirements, and tensions between contrasting pedagogical purposes, values, and ideologies”[4]. Nella letteratura pedagogica sull’improvvisazione musicale, raramente si trovano teorie sviluppate appositamente per rispondere a questa esigenza. Più spesso, l’argomento viene trattato in modo frammentario attraverso riflessioni sparse, senza un adeguato approfondimento.
In generale, si riconosce che la difficoltà a definire dei criteri di valutazione generali nel caso dell’improvvisazione determina la sua esclusione dai curricula formativi degli studenti di musica: “Musical activities in general, and specifically creative ones, which potentially have open ends and unpredictable, individual results, do not  necessarily conform to assessment based on predefined criteria of learning outcomes. This feature, which might be seen as improvisation’s main force, may nevertheless lead to an exclusion from curricula”[5].

Vari punti di vista

Vi sono svariati approcci che tentano di affrontare il problema:

  • Alcuni intendono valutare le capacità improvvisative a partire da esercizi precostituiti (che corrisponde, ad esempio, alla pratica valutativa di molti metodi di studio dell’improvvisazione jazzistica). Alcuni pedagogisti criticano questo sistema di valutazione dell’improvvisazione musicale poiché contraddice la caratteristica fondamentale dell’improvvisazione, ovvero l’imprevedibilità delle sue soluzioni che quindi non possono essere previste né usate come modelli per stabilire criteri generali di valutazione.
  • Alcuni ritengono che l’improvvisazione permetta di apprendere aspetti difficili da valutare oggettivamente, come l’espressività, l’azione e la capacità di risposta: “Developing qualities like expressiveness, agency and responsiveness (EAR) in a music class can be of immense value, especially in today’s education system, which privileges documentation and the assessment of measurable outcomes”[6].
  • Alcuni pensano che i criteri di valutazione siano inutili e dannosi poiché inficiano l’autenticità dell’esecuzione: “At this conservatoire, the assessment criteria could be characterised as flexible and non-specific; criteria were not set, and there were no demands on specific skills to be mastered. As the judgements of the examiners could not follow a prescribed framework, the assessment criteria needed to be subjectively negotiated in the jury”[7].
  • Altri evitano di dare giudizi valutativi per concentrarsi sull’analisi e sulla descrizione dell’agire improvvisativo: “I tried to steer us away from critical or evaluative comments about the improvisation and more toward description and analysis”[8] e preferiscono fare domande del tipo “Cosa hai sentito?”, “Cosa non hai potuto sentire?”, “Quali pattern ti sono sembrati idonei?”, “Quali sono i ruoli che ogni musicista ha assunto?”, “Quali sono le implicazioni sociali dell’improvvisazione?”.
  • Altri includono nella valutazione elementi che oltrepassano la sfera propriamente esecutiva[9] e si considera importante per la valutazione la partecipazione (discutere e rispondere alle domande), oppure fare ricerche sul rapporto fra l’improvvisazione e il proprio strumento musicale, scrivere un saggio, presentare un’idea per la performance finale e infine la stessa performance finale.
  • In altri casi l’aspetto esecutivo è secondario se non addirittura escluso dalla valutazione: “For many teachers, including myself, the focus for grades tends to shift to attendance, participation, mental presence, and effort, over more traditional types of assessment such as performance quality or examinations”[10].
Improvvisazione e creatività

La valutazione dell’improvvisazione viene spesso intrecciata a quella della creatività. In questo settore vi sono molti studi interessanti. Webster sostiene che il pensiero creativo in musica è un’entità misurabile e definibile[11]. Il testo di Webster è collegato alle precedenti ricerche di Guilford, Vaughan e Gordon. Egli misura la creatività musicale di bambini da 0 a 6 anni attraverso dieci sessioni di improvvisazione controllata di 20-25 minuti.
Un altro lavoro interessante per capire lo sviluppo delle teorie sulla valutazione è il testo di Running “Creativity research in music education: a Review (1980-2005)”[12]. I testi ai quali si sono ispirate molte teorie successive sono Torrance: “The Torrance Tests of Creative Thinking”[13] e Guilford (1971): “The Analisys of intelligence”[14].
Gorder “Divergent Production Abilities as Constructs of Musical Creativity”[15] riparte da Torrance e Guilford ed esamina le capacità divergenti quali la scioltezza (produzione di idee musicali da informazioni musicali fornite), flessibilità (produzione di idee musicali che enfatizzano i cambiamenti nel carattere musicale come dallo staccato al legato), originalità (produzione di idee musicali che enfatizzano concetti musicali che non sono comuni), elaborazione (produzione di idee musicali che enfatizzano i dettagli o complessità) e qualità (produzione di idee musicali musicalmente desiderabili) tra studenti di musica strumentale.
Due sono le linee di ricerca intorno alla creatività, quelle che la considerano dal punto di vista del prodotto, e quelle che la considerano dal punto di vista del processo.  Possiamo includere tra i punti di vista anche quello della performance che tenta di unire i punti di vista del prodotto e del processo.
Amabile (1983)[16] pensa che osservatori esperti possono valutare indipendentemente un prodotto creativo e attraverso l’analisi di questo prodotto è possibile estrapolare una valutazione che sia la sintesi attendibile delle precedenti (valutazione consensuale). Priest (2001)[17] impiega anche lui un metodo di valutazione consensuale.
Dal punto di vista del processo, Cecilia Wang (1985)[18] analizza la fluidità e l’immaginazione nei fanciulli usando il Torrance Tests of Creative Thinking. L’affidabilità del test è argomento dell’articolo di Baltzer (1988)[19]. Egli conclude che esso è un buon test per misurare la creatività.
Dal punto di vista della performance, Madura (1996)[20] ha elaborato una serie di elementi di valutazione per il canto jazz (ciò che pare rilevante è l’esperienza jazzistica, la conoscenza della teoria jazzistica e la capacità imitativa). Vi sono infine altri studi come, ad esempio, Eisenberg and Thompson (2003)[21] che utilizzano i criteri di complessità, creatività, buona tecnica e piacevolezza generale ma senza dare specifici criteri valutativi. Gordon (2012)[22] sostiene che per saper ben creare e improvvisare è necessario avere una buona capacità di ascolto (audiation). Tali potenzialità possono essere verificate con i suoi test attitudinali: Primary Measures of Music Audiation (Gordon 1979)[23], Intermediate Measures of Music Audiation (Gordon 1982)[24], and Musical Aptitude Profile (Gordon 1995)[25]. In particolare, per l’improvvisazione, egli prevede due test: Harmonic Improvisation Readiness Record (1998a)[26] e Rhythm Improvisation Readiness Record (1998b)[27]. Gordon (2000)[28] conclude che “perhaps only the readiness to learn to improvise can be taught; improvisation itself must be learned[29]”.
Colwell (2004)[30] si auspica che la valutazione del prodotto e quella del processo possano dialogare. Azzara (2002)[31] ha raccomandato ai futuri ricercatori di continuare a esaminare il processo di improvvisazione e l’inclusione dell’improvvisazione nei curricula di educazione musicale. Allo stesso modo, Odena (2012) raccomanda ai ricercatori di esaminare la creatività musicale attraverso quattro temi: differenziare i bisogni personali, il contesto ambientale per la creatività, il processo creativo e valutare il prodotto creativo[32]. Stringham (2010)[33] ha riferito che l’improvvisazione e la composizione sono “elementi significativi di un’educazione musicale completa”.
Un altro testo interessante è quello di Azzara: Assessment of Improvisation in Music[34]. Secondo Azzara valutare è assegnare un valore a qualcosa, una misurazione (oggettiva) oppure una valutazione (soggettiva). Gli insegnanti di musica di solito valutano l’ascolto, il canto, i movimenti, l’esecuzione, la creatività, l’improvvisazione, la lettura, la composizione, la comprensione, la capacità di interpretare e analizzare la musica[35]. D’altra parte, la presenza dell’improvvisazione nell’educazione scolastica non è ancora chiara. In generale, chi insegna musica deve stabilire obiettivi, metodi, tecniche di insegnamento e valutazioni. In un curriculum musicale che abbraccia la creatività, gli studenti improvvisano per imparare la musica, imparare a improvvisare la musica e improvvisare la musica per imparare[36]. Il tentativo di Azzara è quello di stabilire una scala di valutazione dell’improvvisazione musicale basata su alcune dimensioni: Improvvisazione, ritmo, espressività, e progressione armonica.
Di seguito i suoi criteri di valutazione:

Improvvisazione

  • esegue una varietà di idee correlate e riutilizza il materiale nel contesto della forma generale (quindi la performance contiene elementi di unità e varietà).
  • dimostra lo sviluppo motivico attraverso sequenze tonali e ritmiche.
  • dimostra un uso efficace del silenzio.
  • dimostra una comprensione della tensione e del rilascio attraverso la risoluzione delle note nel contesto della progressione armonica.
  • abbellisce le note ed esegue variazioni di temi

Ritmo

  1. esegue ritmi individuali senza senso ritmico
  2. dimostra complessivamente il senso ritmico
  3. impiega vari schemi ritmici contrastanti senza un senso di sviluppo ritmico motivico
  4. inizia a sviluppare e mettere in relazione idee ritmiche in alcune frasi
  5. stabilisce ritmicamente un assolo coeso; sviluppa motivi ritmici nel contesto della forma generale

Espressività

  • dimostra il senso dell’interazione musicale (ad esempio, il dialogo melodico da solo o il dialogo musicale tra performers).
  • dimostra una comprensione della dinamica
  • dimostra una comprensione dello stile musicale e timbriche
  • dimostra un senso di adeguata articolazione
  • dimostra una comprensione del fraseggio appropriato

Progressione armonica

  1. esegue correttamente la prima e / o l’ultima nota
  2. esegue correttamente tutti i patterns in riferimento ad un solo ambito armonico (tonica)
  3. esegue correttamente tutti i patterns in riferimento ad un ambito armonico (tonica) e alcuni pattern rispetto ad altri ambiti armonici
  4. esegue correttamente i patterns in due ambiti armonici
  5. esegue correttamente tutti i patterns rispetto alle funzioni armoniche di Tonica, Sottodominante e Dominante

 

Secondo Azzara la valutazione aiuta l’insegnante a conoscere a fondo le esigenze degli studenti e a migliorare la loro istruzione. L’improvvisazione è fondamentale per la valutazione degli apprendimenti, gli studenti hanno l’opportunità di dimostrare capacità di pensiero di ordine superiore. L’improvvisazione e la sua valutazione consentono all’insegnante di affrontare le differenze fra i vari studenti. Inoltre, propone che l’improvvisazione sia inserita nei curricula degli studenti in modo significativo. Egli ritiene che l’apprendimento di un ampio repertorio faciliti la memorizzazione di modelli grazie ai quali sviluppare le proprie idee musicali.
In generale gli studi sembrano indicare la priorità dell’orecchio rispetto all’occhio (Watson 2010[37] lo stabilisce per quanto riguarda l’apprendimento del jazz), suonare a orecchio è prioritario rispetto al suonare leggendo. Secondo Ernst (1953)[38], prima che i bambini possano tradurre i simboli musicali in suoni, devono avere (1) un adeguato vocabolario tonale e ritmico sviluppato da un vasto repertorio di canzoni in vari stili ritmici che introducono numerosi schemi tonali di base; (2) il senso della tonalità e la capacità di rispondere alla progressione dei gradi tonali; (3) la capacità di sentire e rispondere all’accento, alla pulsazione e al ritmo melodico; (4) esperienze nel mettere in relazione suoni musicali con simboli musicali, l’ordine di tali esperienze è dapprima sempre dall’orecchio all’occhio.
Un testo interessante sull’argomento è quello di Martin Fautley: Assessment in music education[39]. Egli si pone domande su cosa sia giusto valutare (valutare è impossibile? Gli elementi della valutazione sono infiniti?), che ruolo ha l’insegnante (il giudizio dell’insegnante è soggettivo? Possiamo valutare solo questioni tecniche?) e infine che tipo di valutazione occorre fare (formativa/valutativa, processo/prodotto, quantitativa/qualitativa, a basata sull’insegnante o sull’allievo).
Fautley sostiene che valutare non significa dare il voto o classificare, che non bisogna separare l’insegnamento dalla valutazione e, infine, che il rapporto fra insegnante e allievo è stretto: durante la lezione l’insegnante fa molte valutazioni informali che consentono alla lezione di svilupparsi e agli allievi di progredire[40].
Sul rapporto fra valutazione formativa e sommativa chiarisce che tutto dipende dall’uso che facciamo dei dati, attenzione quindi a non far diventare la valutazione formativa un insieme di valutazioni sommative (tramite test o compiti). La valutazione formativa necessita di feedback continui con l’allievo, verbali o scritti finalizzati al miglioramento e alla pianificazione futura del lavoro da fare[41]. Trasformare una valutazione formativa in una serie di mini-valutazioni sommative non consente allo studente di crescere. Egli riferisce un detto: “un maiale non ingrassa a pesarlo spesso”, è inutile valutare frequentemente un allievo trascurando di insegnare, confondendo la valutazione formativa con il testing. Non dimentichiamo che spesso il dato valutativo in musica è anch’esso musicale[42].
Egli suggerisce di valutare usando soltanto i commenti (comment only), una tecnica che si dimostra efficace[43]. Inoltre, è importante commentare il lavoro piuttosto che giudicare la persona, è più costruttivo per la motivazione e l’apprendimento[44].

Fautley indica infine una serie di ambiti in cui uno studente può migliorare l’apprendimento della musica[45]:

  • generativo: idee originali (composizione e improvvisazione)
  • performativo: abilità nel suonare uno strumento o cantare
  • percettivo: ascoltare, apprezzare, valutare
  • rappresentazionale: rappresentare simbolicamente la musica
Improvvisazione e improvvisazioni

È innegabile che l’agire improvvisativo permea molte pratiche artistiche e in particolare numerose pratiche musicali. La didattica musicale non può non tener conto dei vari ambiti in cui la pratica improvvisativa si inserisce. Si insegna l’improvvisazione barocca, quella legata alla musica contemporanea, l’improvvisazione jazzistica e quella free. Inoltre, l’improvvisazione si ritrova in molte pratiche musicali che riguardano la composizione musicale, l’ascolto e la dimensione del paesaggio sonoro. La questione della valutazione dell’agire improvvisativo si complica e richiede un’attenzione particolare altrimenti si corre il rischio di definire modelli di valutazione che ambiscono all’universalità ma che in realtà sono esemplari di specifici ambiti e pratiche improvvisative. Ad esempio, un sistema di valutazione come quello di Azzara è incisivo in un contesto di musica tonale, in cui le categorie della melodia, del ritmo, dell’armonia e dell’organizzazione formale tipica del sistema musicale tonale è chiara; ma cosa accade in contesti musicali in cui manca una scansione temporale definita, in cui vi è la co-presenza di varie temporalità, in cui la suddivisione formale non risponde alle categorie “fraseologiche” tipiche dei sistemi tonali? Apprendere ad improvvisare significa talvolta esplorare, e in questa fase ciò che si impara è funzionale alla scoperta dell’inaspettato che in ogni momento viene rimesso in discussione. Non vi sono quindi forme o schemi consolidati da raggiungere e memorizzare ma è il processo stesso che mostra la sua virtuosità rispetto alle varie acquisizioni. Che cosa valutare in questo caso, i risultati o il percorso? Entrambe le cose e in che rapporto?

Ipotesi per un concetto di valutazione dell’improvvisazione musicale

Dunque, è possibile stabilire criteri di valutazione di una pratica, quella improvvisativa, che prescindano dalle specifiche declinazioni che questo agire assume? Bertinetto considera la specificità dell’improvvisazione “nel modo in cui mostra lo sviluppo autopoietico della normatività in tempo reale mediante l’interplay tra performer così come il rapporto tra performer e pubblico, ma anche attraverso l’interazione adattiva ed exattiva sia tra gli artisti e le forme e i materiali artistici che adoperano sia tra gli artisti e la situazione sociale e culturale della performance”[46].
A partire dal concetto di autopoiesi e di trasformatività della norma possiamo ritenere la valutazione come quel dispositivo che esplicita la differenza che intercorre fra l’applicazione della norma e la sua trasformazione. Valutare significa mettere in luce i comportamenti e le loro peculiarità per comprendere il processo autopoietico dell’agire improvvisativo. Questi comportamenti rappresentano il tentativo dello studente di applicare una norma e di modificarla al tempo stesso, di considerare nuovi materiali e di sottoporli nuovamente al processo autopoietico. Quali strumenti usano gli studenti per preservare gli elementi scelti e cosa, invece, trasformano? E quali strategie adottano per modificare il materiale musicale mantenendo al contempo alcune costanti? In definitiva, valutare significa considerare il modo in cui linearità e nonlinearità caratterizzano il decorso temporale. Certi comportamenti consentono all’improvvisatore di tenere alcuni elementi, altri di modificarli garantendo la loro tenuta. L’applicazione della norma esemplifica la costanza dell’agire e dunque poggia su temporalità nonlineari. L’improvvisatore cumula eventi che sottostanno a principi comuni. La trasformazione della norma si svolge in un tempo lineare che dipende dalla successione degli eventi e dalle relazioni che intercorrono fra ciò che precede e ciò che segue. La co-presenza di temporalità lineari e nonlineari è ciò che consente alla norma di tenere nel cambiamento. In definitiva, la valutazione interessa il processo autopoietico specifico dell’agire improvvisativo e ne porta alla luce le caratteristiche lineari e  nonlineari.

Gli ambiti di valutazione

La valutazione si applica a) all’improvvisatore nei confronti del proprio agire, b) si applica all’improvvisatore in rapporto agli altri improvvisatori e infine c) all’improvvisatore in rapporto al pubblico. In ciascuno di questi ambiti si attua il processo improvvisativo ed è possibile riconoscere le norme (e la loro evoluzione) che costituiscono l’agire improvvisativo del performer. In sede valutativa è fondamentale considerare tutti e tre questi ambiti e specificare dei criteri di valutazione secondo la seguente forma:

  • quali sono gli elementi che l’improvvisatore ha tenuto e quali ha modificato
  • per ciascun elemento cosa rimane costante e cosa cambia
  • quali strategie improvvisative consentono al performer di tenere costanti alcuni elementi
  • quali strategie improvvisative consentono al performer di cambiare alcuni elementi
Un esempio di scheda valutativa: improvvisazione per due performer, un trombettista e un pianista

Ambito a): L’improvvisatore nei confronti del proprio agire

Quali materiali musicali (pulsazione, suoni, timbri) sono stati conservati e quali trasformati?
In che modo l’improvvisatore ha bilanciato ripetizione e variazione?
Quali strutture o idee musicali hanno funzionato come punti di riferimento durante l’improvvisazione?
Quali mutamenti si sono verificati nel corso dell’esecuzione e come hanno influito sulla coerenza dell’agire musicale?
Quali tecniche o strategie ha adottato per mantenere la coerenza interna del discorso musicale? (es. motivi ricorrenti, sviluppo tematico, pattern)
Quali espedienti improvvisativi ha utilizzato per trasformare il materiale musicale senza perdere coesione?

Ambito b): L’improvvisatore in rapporto all’altro improvvisatore (interplay e co-creazione)

In che modo il trombettista ha interagito con il pianista? (es. risposta diretta, imitazione, contrasto)
Il dialogo è stato equilibrato o uno dei due strumenti ha prevalso?
Come il trombettista ha adattato il proprio materiale in risposta alle proposte del pianista?
Si sono verificati momenti di sincronia e di divergenza intenzionale?
Quale tipo di forma emergente si è sviluppata nell’interplay? (es. narrazione lineare, struttura ciclica, tessitura aperta)
Il trombettista ha contribuito alla costruzione di una macro-struttura coesa?

Ambito c): L’improvvisatore in rapporto al pubblico e al contesto

L’improvvisazione ha mantenuto un’energia comunicativa percepibile?
Quali elementi (dinamica, gestualità, pause) hanno favorito il coinvolgimento del pubblico?
Come l’improvvisatore ha giocato con la tensione musicale e la risoluzione?
Quali momenti hanno creato sorpresa o attesa nel pubblico?
L’improvvisazione ha rispecchiato le caratteristiche dello spazio performativo?
Ci sono state interazioni con l’ambiente sonoro circostante?

Considerazioni finali

  • L’improvvisatore ha mostrato consapevolezza della trasformatività della norma?
  • Come ha bilanciato linearità e non linearità temporale?
  • Quali tratti distintivi caratterizzano il suo approccio autopoietico all’improvvisazione?
Conclusione

Molte delle teorie analizzate in questo articolo definiscono la valutazione in relazione a specifici aspetti delle pratiche improvvisative. Pur risultando efficaci nei contesti in cui vengono applicate, non riescono a cogliere pienamente la diversità di tali pratiche. La mia proposta prende spunto dalla specificità della pratica improvvisativa per come è stata descritta dal filosofo Alessandro Bertinetto, ovvero come quella pratica che nel fare mette in atto le proprie norme e le modifica al tempo stesso, ovvero inventa le regole del proprio fare. La valutazione si innesta su questa specificità e prende forma come un dispositivo che individua le differenze fra la norma e le sue trasformazioni. Nel rapporto fra ciò che rimane costante e ciò che si modifica è possibile stabilire dei criteri di valutazione utili in ogni pratica improvvisativa.

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Note

[1] Cfr, A. Bertinetto, A. Martinengo (eds.), Re-thinking Creativity. Creativity between Art and Philosophy, special issue of “Tropos”, 4/2 (2011).

[2] A. Bertinetto, Valore e autonomia dell’improvvisazione. Tra arti e pratiche, Kaiak. A Philosophical Journey, 3 (2016): Improvvisazione, p.13.

[3] Ibidem p.13.

[4] Expanding the Space for Improvisation Pedagogy in Music, Taylor and Francis. Edizione del Kindle, p.6.

[5] Idem p.3.

[6] C. Larsson, A Deweyan take on improvisation as an experience, in Expanding the Space for Improvisation Pedagogy in Music, Taylor and Francis. Edizione del Kindle, p.76.

[7] Johansen, G.G., Seven steps to heaven? An epistemological exploration of learning in jazz improvisation, from the perspective of expansive learning and horizontal development, in Expanding the Space for Improvisation Pedagogy in Music, Taylor and Francis. Edizione del Kindle, p.246.

[8] Wilén, S., The play of vocal actors, Exploring performative agency through opera improvisation, in Improvisation and Music Education, Routledge Studies in Music Education, Taylor and Francis. Edizione del Kindle, p.33.

[9] Cfr. Improvisation and Music Education, Routledge Studies in Music Education, p.35.

[10] Ladano K., 4 Free Improvisation and Performance Anxiety in Musicians, in Improvisation and Music Education, Routledge Studies in Music Education p. 53-54.

[11] Webster, P. R. 1992. “Research on Creative Thinking in Music: The Assessment Literature.” In Handbook of Research on Music Teaching and Learning, edited by R. Colwell, New York, Oxford University Press, 266–280.

[12] Running, D. J. 2008. “Creativity Research in Music Education: A Review (1980–2005).” Update: Applications of Research in Music Education 27 (1).

[13] Torrance, E. P. 1966. The Torrance Tests of Creative Thinking. Princeton, NJ: Personal Press.

[14] Guilford, J. P., and R. Hoepfner. 1971. The Analysis of Intelligence. New York: McGraw-Hill.

[15] Gorder, W. 1980. “Divergent Production Abilities as Constructs of Musical Creativity.” Journal of Research in Music Education 28 (1).

[16] Amabile, T. M. 1983. The Social Psychology of Creativity. New York: Springer-Verlag.

[17] Priest, T. 2001. “Using Creativity Assessment Experience to Nurture and Predict Compositional Creativity.” Journal of Research in Music Education 49 (3): 245–257.

[18] Wang, C. 1985. “Measures of Creativity in Sound and Music.” Unpublished manuscript.

[19] Baltzer (1988) “A validation study of a measure of musical creativity”, Journal of Research in Music Education, 36, 232-249.

[20] Madura, P. D. 1996. “Relationships among Vocal Jazz Improvisation Achievement, Jazz Theory Knowledge, Imitative Ability, Musical Experience, Creativity, and Gender.” Journal of Research in Music Education 44 (3): 252–267.

[21] Eisenberg, J., and W. F. Thompson, 2003. “A Matter of Taste: Evaluating Improvised Music.” Creativity Research Journal 15 (2–3): 287–296.

[22] Gordon, E. E. 2012, Learning Sequences in Music: A Contemporary Music Learning Theory, Chicago: GIA Publications.

[23] Gordon, E. E. 1979, Primary Measures of Music Audiation, Chicago: GIA Publications.

[24] Gordon, E. E. 1982, Intermediate Measures of Music Audiation, Chicago: GIA Publications.

[25] Gordon, E. E. 1995, Musical Aptitude Profile, Chicago: GIA Publications.

[26] Gordon, E. E. 1998°, Harmonic Improvisation Readiness Record, Chicago: GIA Publications.

[27] Gordon, E. E. 1998b, Rhythm Improvisation Readiness Record, Chicago: GIA Publications.

[28] Gordon, E. E. 2000, Studies in Readiness for Harmonic and Rhythmic Improvisation, GIML Monograph III. Chicago: GIA Publications.

[29] “Forse può essere insegnata solo la prontezza ad imparare ad improvvisare; l’improvvisazione stessa deve essere appresa”.

[30] Colwell, R. 2004, “Evaluation in the Arts Is Sheer Madness.” ARTSPRAXIS 1: p. 1-12.

[31] Azzara, C. D. 2002, “Improvisation.” In The New Handbook of Research on Music Teaching and Learning, edited by R. Colwell and C. Richardson, New York: Oxford University Press, p.171-187.

[32] Odena, O. 2012, Musical Creativity: Insights from Music Education Research. Burlington, VT: Ashgate Publishing Company, p.206.

[33] Stringham, D. A. 2010, “Improvisation and Composition in a High School Instrumental Music Curriculum.” PhD diss., University of Rochester.

[34] Azzara C., H. S. Halden, Assessment of Improvisation in Music, 2016, DOI:10.1093/oxfordhb/9780199935321.013.103.

[35] Ibidem, p.2.

[36] Cfr, Campbell, P. S. 2009, “Learning to Improvise Music, Improvising to Learn Music.” In Musical Improvisation: Art, Education, and Society, edited by G. Solis and B. Nettl, Champaign: University of Illinois Press, 119-142.

[37] Watson, K. E. 2010, “The Eects of Aural versus Notated Instructional Materials on Achievement and Self-Eicacy in Jazz Improvisation.” Journal of Research in Music Education 58 (3), p. 240-259.

[38] Ernst, K. D. 1953. “The Place of Reading in the Elementary Music Program.” Music Educators Journal 39 (3), p. 26-28

[39] M. Fautley, Assessment in Music Education, Oxforfd Music Education, 2010.

[40] Ibidem p.4.

[41] Ibidem p.20.

[42] Ibidem p.63.

[43] Afferma anche che insegnare la notazione svincolandola dalla percezione può essere pericoloso perché porta il ragazzo a fare scelte che vanno oltre le proprie competenze (entrando in contraddizione con la sua percezione) p.35

[44] Ibidem p.22.

[45] Ibidem p72.

[46] A. Bertinetto, Valore e autonomia dell’improvvisazione. Tra arti e pratiche, Kaiak. A Philosophical Journey, 3 (2016): Improvvisazione, p.13.

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