Considerazioni sul tema musica-emozioni
Nell’allegato si propone anche un gioco-esercizio che può attivare una discussione e una ricerca in gruppo.
Mente e cuore
Potrebbe essere una affermazione banale dire che la musica suscita emozioni, che l’ascolto o la pratica musicale attivano in noi stati d’animo particolari, o ancora che cantando e suonando si esprimono, si manifestano e si comunicano anche i nostri sentimenti. Nell’esperienza quotidiana di tutti è cosa comune l’ascolto di musica di vario genere e con motivazioni le più differenti, mentre tutte le situazioni sembrano convergere verso la ricerca dello star bene, del provare una sensazione di appagamento, sia fisico che mentale, e nessuno è totalmente indifferente ad almeno qualche tipo di musica. Pratiche musicali ed esperienze emotive sembrano quindi un binomio inscindibile.
Nel suo ponderoso saggio su “La mente musicale. Psicologia cognitivista della musica”, lo studioso John A. Sloboda sostiene che “il motivo per cui la maggior parte di noi prende parte ad attività musicali, componendo, eseguendo, o semplicemente ascoltando, è dato dal fatto che la musica è capace di suscitare in noi stessi delle emozioni profonde e significative. Sono emozioni che possono andare da un ‘puro’ godimento estetico per un costrutto sonoro, alla gioia o alla disperazione, che la musica a volte evoca o sostiene, al semplice sollievo dalla monotonia, dalla noia, dalla depressione, che le esperienze musicali quotidiane possono fornire. […] Se i fattori emotivi sono fondamentali per l’esistenza della musica, diventa allora sul piano della ricerca psicologica fondamentale chiedersi come la musica riesce a influire sulle persone. […] Una persona può capire la musica che ode senza esserne commossa, ma se ne è commossa, deve allora essere passata attraverso quella fase cognitiva che implica la formazione di una rappresentazione interna astratta o simbolica della musica. La natura di tale rappresentazione interna, e le cose che consente alla persona di fare con la musica, sono l’argomento centrale della psicologia cognitivista della musica” (Sloboda 1988, pp. 23-26).
Ovviamente il rapporto musica-emozioni può essere indagato e osservato utilizzando anche altri approcci psicologici oltre a quello cognitivista, ma non è questo l’oggetto di queste riflessioni. Si vuole qui semplicemente richiamare il fatto che comunque i processi e gli stati emotivi sono caratterizzati proprio da una profonda integrazione tra eccitazione fisica ed elaborazione mentale e cognitiva degli stimoli. Anche se nel linguaggio comune si associano principalmente le emozioni al ‘cuore’, è la nostra mente che elabora gli stimoli sensoriali, li trasforma in sentimenti/emozione e ci induce a tradurla in comportamento che comprende diverse modalità espressive delle emozioni stesse (mimiche, vocali, gestuali, verbali), secondo i vari modelli culturali appresi. Non è un caso quindi che si sia indagato approfonditamente sulla nostra intelligenza emotiva. David Goleman ha pubblicato un libro che ha proprio questo titolo (Goleman 1996): secondo questo autore il termine emozione si riferisce a “un sentimento e ai pensieri, alle condizioni psicologiche e biologiche che lo contraddistinguono, nonché a una serie di propensioni ad agire. Vi sono centinaia di emozioni con tutte le loro mescolanze, variazioni, mutazioni e sfumature. In effetti le parole di cui disponiamo sono insufficienti a significare ogni sottile variazione emotiva”, e lo stesso autore propone uno schema in cui riporta i termini che indicano le cosiddette emozioni primarie (collera, tristezza, paura, gioia, amore, sorpresa, disgusto, vergogna), accompagnati da una serie di termini che indicano le possibili variazioni (per gioia, ad es. Goleman indica: felicità, godimento, sollievo, contentezza, beatitudine, diletto, divertimento, fierezza, piacere sensuale, esaltazione, estasi, gratificazione, soddisfazione, euforia, capriccio e, al limite estremo, entusiasmo maniacale).
Emozioni e processi cognitivi sono strettamente connessi, e da tempo ormai c’è concordanza sul fatto che un apprendimento è tanto più significativo quanto più è anche carico di partecipazione emotiva ed affettiva: “L’emozione si infiltra nei processi e nelle attività cognitive come il liquore iin una pasta dolce. Li gonfia e li imbeve di sé condizionando profondamente le scelte e modificandone fluidità e potenza” (Cancrini 1974). Anche l’apprendimento musicale, quindi, sarà tanto più efficace e duraturo quanto più si coniugheranno mente e cuore, sensibilità emotive e informazioni tecniche, conoscenza razionale e passione.
Nel considerare i vari aspetti della relazione musica-emozione, è importante sottolineare, con Gabrielsson, l’opportunità di una “… distinzione fra: a) il riconoscere l’espressione emotiva della musica; b) l’essere emotivamente influenzati dalla musica. Questi due casi dovrebbero essere visti come poli estremi di un continuum che si estende dal semplice riconoscimento dell’espressione musicale al coinvolgimento emotivo intenso e personale. Per esempio, si può sentire una marcia funebre e riconoscerla come espressione di tristezza (dolore), senza affatto sentirsi tristi” (Gabrielsson 1994, p. 90).
Riconoscere l’espressione emotiva della musica implica l’attivazione di tutte quelle operazioni che rientrano nel campo della costruzione dei significati e della interpretazione, questione molto complessa e ampia che qui sarebbe vana pretesa sintetizzare anche in poche righe. Se ne farà qualche cenno nel paragrafo successivo, rimandando per approfondimenti, soprattutto a quegli studi semiologici che anche recentemente hanno preso in considerazione proprio la relazione musica-significato-emozioni (Meyer 1992, Imberty 1986 e 1991, Stefani 1996a, Marconi 2001), cercando di elaborare qualche risposta alle seguenti domande: che cosa avviene quando sentiamo che un brano musicale è triste o gioioso? Quali elementi della musica (melodia, ritmo, struttura armonica, tonalità, ecc.) determinano l’attribuzione di significato e suscitano in noi una certo stato d’animo?
In ogni caso è opportuno sottolineare il fatto che dovremmo pensare alla emozione-in-musica come a un tutt’uno, evitando di pensare che le emozioni siano qualcosa di generale che poi si applicano ai vari contesti. E’ quanto sostiene con forza Gino Stefani che alla domanda “Si danno emozioni specificamente musicali?”, risponde così: “Alcuni psicologi lo negano: ed è logico, perché ciò che essi osservano nell’interazione è il polo ‘emozione’, prescindendo dal ‘musicale’, che risulta essere semplicemente un ‘contesto’. Ma che cosa diranno all’ascoltatore il quale sente come assolutamente unica e irriducibile e intraducibile l’emozione che la sua musica preferita gli procura? partire dalla definizione generale della (o di una) emozione e poi applicarla – per quanto si può – all’esperienza musicale è un percorso deduttivo certamente legittimo; ma, a rigore, esso serve primariamente e soprattutto a verificare le teorie psicologiche; può gettare luce sull’esperienza Emozione-in-Musica, ma può anche distorcerla, in quanto non la assume nella sua complessità internazionale” (Stefani 1996b, pp. 58-59).
‘Mi mancano le parole…’
Nella nostra vita quotidiana non capita spesso di poter o dover ‘parlare’ delle nostre emozioni, e ancor meno capita di parlare delle nostre emozioni musicali. Anche tra i musicisti questo argomento molto spesso è tabù, o anche solo semplicemente viene relegato nella sfera della soggettività. Forse è anche per questo che talvolta sembra che manchino le parole per descrivere le nostre emozioni in musica. Può quindi apparire anche non strano che in un libro che si presenta come ricognizione scientifica degli studi sulle emozioni (D’Urso e Trentin 1992) sia praticamente assente qualsiasi riferimento al rapporto musica-emozioni.
D’altra parte, come sottolineano due psicologi, “l’inadeguatezza del linguaggio ad esprimere le diverse componenti dell’esperienza emozionale, ad eccezione di un particolare tipo di linguaggio, quello poetico e artistico, ha fatto sì che una gran parte dello studio delle emozioni si concentrasse sull’analisi del comportamento non verbale e, in particolare, sull’espressione facciale. Occorre precisare che il rapporto esistente tra linguaggio ed emozioni non è univoco, ma rispecchia differenti funzioni comunicative: attraverso il linguaggio si può esprimere in maniera diretta un’emozione che si sta provando o che si ritiene di provare, oppure si può definire, fornire un’etichetta ad uno stato emotivo vissuto. Solo raramente l’espressione verbale di un’emozione coincide con la sua denominazione: più spesso il processo di etichettamento comporta una comunicazione sulle emozioni piuttosto che una comunicazione diretta. […] La difficoltà che si prova ad esprimere con parole le proprie emozioni risiede, quindi, nella discrepanza tra l’emozione esperita e il suo etichettamento” (Ricci Bitti e Caterina 1990, pp. 54-55).
Nel considerare il rapporto musica-emozioni nello specifico della estrinsecazione verbale delle nostre esperienze, può essere utile tenere in considerazione la distinzione di Gabrielsson sopra citata: la possibilità di riconoscere in un brano musicale una certa caratteristica emotiva e il provare effettivamente una specifica emozione correlata a un determinata esperienza musicale.
Il riconoscimento dell’espressione emotiva della musica è stato indagato attraverso procedure che, dopo l’ascolto di brani musicali di vario genere e stile, invitano gli ascoltatori a esplicitare con aggettivi qual è, secondo loro, il carattere emotivo di ciascun brano (ciò che viene denominato di solito come ‘differenziale semantico’).
A proposito di quanto fin qui illustrato, è possibile fare una esperienza, meglio se condotta in piccolo gruppo. Tale esperienza va vissuta come un gioco-esercizio, e non ha la pretesa di dimostrare scientificamente alcunché. Può essere vista come occasione stimolo per iniziare a discutere tra amici di questo problema. Il ‘gioco’ è descritto in TAV. 1 (cfr. allegato dell’articolo).
L’altro aspetto indicato da Gabrielsson, lo studio delle emozioni effettivamente provate ascoltando o facendo musica, risulta più complesso, in quanto non è possibile usare procedure che possono inibire o condizionare le reazioni emotive. Si può procedere quindi con la registrazione delle reazioni fisiologiche durante l’attività (ritmo cardiaco, pressione sanguigna, respiro, ecc.), se si ritiene che questi elementi siano indici affidabili dell’esperienza. Secondo Gabrielsson, “nonostante una lunga tradizione di ricerca, i risultati non giungono ancora a conclusioni definitive, principalmente perché la connessione tra reazioni fisiologiche ed esperienze emotive è tutt’altro che chiara. Diverse risposte non-verbali, come il movimento indotto dalla musica, la danza, il disegno e la pittura sono difficili da interpretare in modo coerente e ci sono solo pochi esempi di tali studi” (cit. p. 90). Si può allora investigare sulle emozioni effettivamente provate utilizzando le descrizioni verbali prodotte dai soggetti implicati nell’esperienza. Dalle ricerche condotte da Gabrielsson, mirate a studiare le intense esperienze emotive della musica e a cercare di chiarire alcuni fattori relativi alle interazioni tra musica, ascoltatore e situazione, è emersa la possibilità di analizzare con particolari tecniche le descrizioni verbali dei soggetti al fine di far emergere le differenziazioni o le convergenze di reazione emotiva, e si è confermata la capacità della musica di rappresentare ed evocare una vasta gamma di emozioni, in correlazione alle caratteristiche del soggetto e agli specifici elementi delle diverse situazioni in cui avviene l’esperienza.
L’educazione emotiva
Se, come si è cercato di illustrare sopra per sommi capi, il rapporto tra le pratiche musicali e le esperienze emotive è inscindibile, possiamo chiederci quale spazio venga dato alle emozioni-in-musica nelle pratiche educative e formative, non solo in quelle scolastiche, ma anche nelle esperienze di educazione degli adulti. La risposta è quasi scontata: (quasi) niente. Le ragioni di questa assenza sono molteplici, e non è questa la sede per analizzarle. Qualche tentativo di riflettere sul rapporto educazione – musica –emozioni venne fatto nel VI convegno di pedagogia della musica tenutosi ad Assisi nel 1996 (cfr. gli atti in Piatti 1996). In quella sede sono stati discussi alcuni punti significativi di come integrare e sviluppare nei processi formativi anche le emozioni-in-musica. L’ambito di riferimento era prevalentemente quello scolastico, ma le riflessioni e gli orientamenti emersi si prestano anche ad una applicazione a contesti di formazione degli adulti. Si segnalano in particolare alcuni interventi (oltre quello di Stefani già citato). Franca Ferrari ha sostenuto l’interesse e l’importanza di due problemi metodologici. “a) come far emergere e valorizzare, in un gruppo classe, i vissuti emotivi con/e intorno alla musica dei partecipanti al gruppo; b) come mettere in comune questi vissuti emotivi, squisitamente individuali, scoprendovi ciò che unisce oltre a ciò che divide”. Attraverso il prendere la parola sulla musica, ciascuno con la propria competenza e valorizzando il proprio vissuto, è possibile estrinsecare i propri vissuti emotivi, confrontandoli con quelli di altri, per cogliere l’ampiezza e la ricchezza che ogni esperienza musicale suscita in ciascuno e nel gruppo. Questo permette, come è emerso anche dall’esperienza di un laboratorio condotto da Maurizio Disoteo, di sviluppare la consapevolezza di sé, rafforzando e chiarendo anche i molteplici tratti della propria identità. In ogni caso, il lavoro su musica ed emozioni può ampliarsi e articolarsi in un ricco ventaglio di possibilità, come è stato esemplificato dal laboratorio condotto da Maurizio Spaccazocchi: dalla ricerca e lo studio dell’espressione emotiva presente nella musica, all’analisi delle diverse condotte emotive e della relazione esistente, durante gli stati emotivi, fra l’oggetto musica e il soggetto; dalle considerazioni sull’importanza non solo dell’oggetto musica ma anche dei contesti dell’esperienza musicale (sia di ascolto che di produzione), alla analisi della forma, della durata, delle caratteristiche mutevoli degli stati emotivi durante l’esperienza musicale; dalle pratiche musicali (suonare, cantare, ballare, ascoltare) che propongono percezioni e coinvolgimenti diversi sul piano emotivo, alle manifestazioni delle emozioni attraverso varie forme espressive (gesto, parola, grafica, ecc.).
Una vasta gamma, quindi, di idee e proposte che, sviluppate ed esemplificate anche in alcuni laboratori svoltisi durante il convegno stesso, hanno messo in luce il profondo interesse e la sicura valenza formativa di un lavoro di approfondimento su musica ed emozioni, pur nella consapevolezza che tanti aspetti rimangono ancora da esplorare.
La musique
La musique souvent me prend comme une mer!
Vers ma pale étoile,
sous un plafond de brume ou dans un vaste éther,
je mets à la voile;
la poitrine en avant et les poumons gonflés
comme de la toile,
j’escalade le dos des folts amoncelés
que la nuit me voile ;
je sens vibrer en moi toute les passions
d’un vaisseau qui souffre,
le bon vent, la tempête et ses convulsions
sur l’immense gouffre
me bercent. D’autres fois, colme plat, gran miroir
de mon désespoir!
La musica
Come un mare la musica sovente mi rapisce! / E inalbero la vela sotto nebbiosa volta o nell’azzurro verso la mia pallida stella./ Petto in avanti, come vela gonfio, scavalco dei gran flutti accavallati le creste, che la notte mi nasconde./ In me sento vibrare affetti opposti come una vela che patisce./ Il vento che l’asseconda ed i convulsi strappi della tempesta sull’immenso abisso mi cullano./ Altre volte, poi, bonaccia: grande specchio della mia disperazione!
C. Baudelaire, “La musica”, in I fiori del male, Feltrinelli, Milano 1982.
Bibliografia
– Cancrini Luigi (1974), Bambini ‘diversi’ a scuola, Boringhieri, Torino.
– D’Urso Valentina, Trentin Rosanna (1992), Sillabario delle emozioni, Giuffrè, Milano.
– Gabrielsson Alf (1994), “Intense esperienze emotive con la musica”, in Progetto Uomo-Musica, n. 5, PCC, Assisi.
– Goleman Daniel (1996), Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano (ed. or. 1995).
– Imberty Michel (1986), Suoni Emozioni Significati. Per una semantica psicologica della musica, CLUEB, Bologna.
– Id. (1991), “Psicologia dell’emozione e dell’espressività musicale”, in beQuadro, n. 42-43, aprile-settembre.
– Marconi Luca (2001), Musica Espressione Emozione, CLUEB, Bologna.
– Meyer Leonard B. (1992), Emozione e significato della musica, Il Mulino, Bologna (ed. or. 1956).
– Piatti Mario (1996) (a cura di), Educazione, musica, emozioni, Edizioni Musicali PCC, Assisi.
– Ricci Bitti Pio E., Caterina Roberto (1990), “La comunicazione delle emozioni”, in: Ammanniti M., Dazzi N. (a cura di) (1990), Affetti. Natura e sviluppo delle relazioni interpersonali, Laterza, Bari.
– Sloboda John A. (1988), La mente musicale. Psicologia cognitivista della musica, Il Mulino, Bologna (ed. or. 1985).
– Stefani Gino (1996a), Intense emozioni in musica, CLUEB, Bologna.
– Id. (1996b), “Ricerca comune al DAMS di Bologna”, in Piatti 1996.
Potrebbe essere una affermazione banale dire che la musica suscita emozioni, che l’ascolto o la pratica musicale attivano in noi stati d’animo particolari, o ancora che cantando e suonando si esprimono, si manifestano e si comunicano anche i nostri sentimenti. Nell’esperienza quotidiana di tutti è cosa comune l’ascolto di musica di vario genere e con motivazioni le più differenti, mentre tutte le situazioni sembrano convergere verso la ricerca dello star bene, del provare una sensazione di appagamento, sia fisico che mentale, e nessuno è totalmente indifferente ad almeno qualche tipo di musica. Pratiche musicali ed esperienze emotive sembrano quindi un binomio inscindibile.
Nel suo ponderoso saggio su “La mente musicale. Psicologia cognitivista della musica”, lo studioso John A. Sloboda sostiene che “il motivo per cui la maggior parte di noi prende parte ad attività musicali, componendo, eseguendo, o semplicemente ascoltando, è dato dal fatto che la musica è capace di suscitare in noi stessi delle emozioni profonde e significative. Sono emozioni che possono andare da un ‘puro’ godimento estetico per un costrutto sonoro, alla gioia o alla disperazione, che la musica a volte evoca o sostiene, al semplice sollievo dalla monotonia, dalla noia, dalla depressione, che le esperienze musicali quotidiane possono fornire. […] Se i fattori emotivi sono fondamentali per l’esistenza della musica, diventa allora sul piano della ricerca psicologica fondamentale chiedersi come la musica riesce a influire sulle persone. […] Una persona può capire la musica che ode senza esserne commossa, ma se ne è commossa, deve allora essere passata attraverso quella fase cognitiva che implica la formazione di una rappresentazione interna astratta o simbolica della musica. La natura di tale rappresentazione interna, e le cose che consente alla persona di fare con la musica, sono l’argomento centrale della psicologia cognitivista della musica” (Sloboda 1988, pp. 23-26).
Ovviamente il rapporto musica-emozioni può essere indagato e osservato utilizzando anche altri approcci psicologici oltre a quello cognitivista, ma non è questo l’oggetto di queste riflessioni. Si vuole qui semplicemente richiamare il fatto che comunque i processi e gli stati emotivi sono caratterizzati proprio da una profonda integrazione tra eccitazione fisica ed elaborazione mentale e cognitiva degli stimoli. Anche se nel linguaggio comune si associano principalmente le emozioni al ‘cuore’, è la nostra mente che elabora gli stimoli sensoriali, li trasforma in sentimenti/emozione e ci induce a tradurla in comportamento che comprende diverse modalità espressive delle emozioni stesse (mimiche, vocali, gestuali, verbali), secondo i vari modelli culturali appresi. Non è un caso quindi che si sia indagato approfonditamente sulla nostra intelligenza emotiva. David Goleman ha pubblicato un libro che ha proprio questo titolo (Goleman 1996): secondo questo autore il termine emozione si riferisce a “un sentimento e ai pensieri, alle condizioni psicologiche e biologiche che lo contraddistinguono, nonché a una serie di propensioni ad agire. Vi sono centinaia di emozioni con tutte le loro mescolanze, variazioni, mutazioni e sfumature. In effetti le parole di cui disponiamo sono insufficienti a significare ogni sottile variazione emotiva”, e lo stesso autore propone uno schema in cui riporta i termini che indicano le cosiddette emozioni primarie (collera, tristezza, paura, gioia, amore, sorpresa, disgusto, vergogna), accompagnati da una serie di termini che indicano le possibili variazioni (per gioia, ad es. Goleman indica: felicità, godimento, sollievo, contentezza, beatitudine, diletto, divertimento, fierezza, piacere sensuale, esaltazione, estasi, gratificazione, soddisfazione, euforia, capriccio e, al limite estremo, entusiasmo maniacale).
Emozioni e processi cognitivi sono strettamente connessi, e da tempo ormai c’è concordanza sul fatto che un apprendimento è tanto più significativo quanto più è anche carico di partecipazione emotiva ed affettiva: “L’emozione si infiltra nei processi e nelle attività cognitive come il liquore iin una pasta dolce. Li gonfia e li imbeve di sé condizionando profondamente le scelte e modificandone fluidità e potenza” (Cancrini 1974). Anche l’apprendimento musicale, quindi, sarà tanto più efficace e duraturo quanto più si coniugheranno mente e cuore, sensibilità emotive e informazioni tecniche, conoscenza razionale e passione.
Nel considerare i vari aspetti della relazione musica-emozione, è importante sottolineare, con Gabrielsson, l’opportunità di una “… distinzione fra: a) il riconoscere l’espressione emotiva della musica; b) l’essere emotivamente influenzati dalla musica. Questi due casi dovrebbero essere visti come poli estremi di un continuum che si estende dal semplice riconoscimento dell’espressione musicale al coinvolgimento emotivo intenso e personale. Per esempio, si può sentire una marcia funebre e riconoscerla come espressione di tristezza (dolore), senza affatto sentirsi tristi” (Gabrielsson 1994, p. 90).
Riconoscere l’espressione emotiva della musica implica l’attivazione di tutte quelle operazioni che rientrano nel campo della costruzione dei significati e della interpretazione, questione molto complessa e ampia che qui sarebbe vana pretesa sintetizzare anche in poche righe. Se ne farà qualche cenno nel paragrafo successivo, rimandando per approfondimenti, soprattutto a quegli studi semiologici che anche recentemente hanno preso in considerazione proprio la relazione musica-significato-emozioni (Meyer 1992, Imberty 1986 e 1991, Stefani 1996a, Marconi 2001), cercando di elaborare qualche risposta alle seguenti domande: che cosa avviene quando sentiamo che un brano musicale è triste o gioioso? Quali elementi della musica (melodia, ritmo, struttura armonica, tonalità, ecc.) determinano l’attribuzione di significato e suscitano in noi una certo stato d’animo?
In ogni caso è opportuno sottolineare il fatto che dovremmo pensare alla emozione-in-musica come a un tutt’uno, evitando di pensare che le emozioni siano qualcosa di generale che poi si applicano ai vari contesti. E’ quanto sostiene con forza Gino Stefani che alla domanda “Si danno emozioni specificamente musicali?”, risponde così: “Alcuni psicologi lo negano: ed è logico, perché ciò che essi osservano nell’interazione è il polo ‘emozione’, prescindendo dal ‘musicale’, che risulta essere semplicemente un ‘contesto’. Ma che cosa diranno all’ascoltatore il quale sente come assolutamente unica e irriducibile e intraducibile l’emozione che la sua musica preferita gli procura? partire dalla definizione generale della (o di una) emozione e poi applicarla – per quanto si può – all’esperienza musicale è un percorso deduttivo certamente legittimo; ma, a rigore, esso serve primariamente e soprattutto a verificare le teorie psicologiche; può gettare luce sull’esperienza Emozione-in-Musica, ma può anche distorcerla, in quanto non la assume nella sua complessità internazionale” (Stefani 1996b, pp. 58-59).
‘Mi mancano le parole…’
Nella nostra vita quotidiana non capita spesso di poter o dover ‘parlare’ delle nostre emozioni, e ancor meno capita di parlare delle nostre emozioni musicali. Anche tra i musicisti questo argomento molto spesso è tabù, o anche solo semplicemente viene relegato nella sfera della soggettività. Forse è anche per questo che talvolta sembra che manchino le parole per descrivere le nostre emozioni in musica. Può quindi apparire anche non strano che in un libro che si presenta come ricognizione scientifica degli studi sulle emozioni (D’Urso e Trentin 1992) sia praticamente assente qualsiasi riferimento al rapporto musica-emozioni.
D’altra parte, come sottolineano due psicologi, “l’inadeguatezza del linguaggio ad esprimere le diverse componenti dell’esperienza emozionale, ad eccezione di un particolare tipo di linguaggio, quello poetico e artistico, ha fatto sì che una gran parte dello studio delle emozioni si concentrasse sull’analisi del comportamento non verbale e, in particolare, sull’espressione facciale. Occorre precisare che il rapporto esistente tra linguaggio ed emozioni non è univoco, ma rispecchia differenti funzioni comunicative: attraverso il linguaggio si può esprimere in maniera diretta un’emozione che si sta provando o che si ritiene di provare, oppure si può definire, fornire un’etichetta ad uno stato emotivo vissuto. Solo raramente l’espressione verbale di un’emozione coincide con la sua denominazione: più spesso il processo di etichettamento comporta una comunicazione sulle emozioni piuttosto che una comunicazione diretta. […] La difficoltà che si prova ad esprimere con parole le proprie emozioni risiede, quindi, nella discrepanza tra l’emozione esperita e il suo etichettamento” (Ricci Bitti e Caterina 1990, pp. 54-55).
Nel considerare il rapporto musica-emozioni nello specifico della estrinsecazione verbale delle nostre esperienze, può essere utile tenere in considerazione la distinzione di Gabrielsson sopra citata: la possibilità di riconoscere in un brano musicale una certa caratteristica emotiva e il provare effettivamente una specifica emozione correlata a un determinata esperienza musicale.
Il riconoscimento dell’espressione emotiva della musica è stato indagato attraverso procedure che, dopo l’ascolto di brani musicali di vario genere e stile, invitano gli ascoltatori a esplicitare con aggettivi qual è, secondo loro, il carattere emotivo di ciascun brano (ciò che viene denominato di solito come ‘differenziale semantico’).
A proposito di quanto fin qui illustrato, è possibile fare una esperienza, meglio se condotta in piccolo gruppo. Tale esperienza va vissuta come un gioco-esercizio, e non ha la pretesa di dimostrare scientificamente alcunché. Può essere vista come occasione stimolo per iniziare a discutere tra amici di questo problema. Il ‘gioco’ è descritto in TAV. 1 (cfr. allegato dell’articolo).
L’altro aspetto indicato da Gabrielsson, lo studio delle emozioni effettivamente provate ascoltando o facendo musica, risulta più complesso, in quanto non è possibile usare procedure che possono inibire o condizionare le reazioni emotive. Si può procedere quindi con la registrazione delle reazioni fisiologiche durante l’attività (ritmo cardiaco, pressione sanguigna, respiro, ecc.), se si ritiene che questi elementi siano indici affidabili dell’esperienza. Secondo Gabrielsson, “nonostante una lunga tradizione di ricerca, i risultati non giungono ancora a conclusioni definitive, principalmente perché la connessione tra reazioni fisiologiche ed esperienze emotive è tutt’altro che chiara. Diverse risposte non-verbali, come il movimento indotto dalla musica, la danza, il disegno e la pittura sono difficili da interpretare in modo coerente e ci sono solo pochi esempi di tali studi” (cit. p. 90). Si può allora investigare sulle emozioni effettivamente provate utilizzando le descrizioni verbali prodotte dai soggetti implicati nell’esperienza. Dalle ricerche condotte da Gabrielsson, mirate a studiare le intense esperienze emotive della musica e a cercare di chiarire alcuni fattori relativi alle interazioni tra musica, ascoltatore e situazione, è emersa la possibilità di analizzare con particolari tecniche le descrizioni verbali dei soggetti al fine di far emergere le differenziazioni o le convergenze di reazione emotiva, e si è confermata la capacità della musica di rappresentare ed evocare una vasta gamma di emozioni, in correlazione alle caratteristiche del soggetto e agli specifici elementi delle diverse situazioni in cui avviene l’esperienza.
L’educazione emotiva
Se, come si è cercato di illustrare sopra per sommi capi, il rapporto tra le pratiche musicali e le esperienze emotive è inscindibile, possiamo chiederci quale spazio venga dato alle emozioni-in-musica nelle pratiche educative e formative, non solo in quelle scolastiche, ma anche nelle esperienze di educazione degli adulti. La risposta è quasi scontata: (quasi) niente. Le ragioni di questa assenza sono molteplici, e non è questa la sede per analizzarle. Qualche tentativo di riflettere sul rapporto educazione – musica –emozioni venne fatto nel VI convegno di pedagogia della musica tenutosi ad Assisi nel 1996 (cfr. gli atti in Piatti 1996). In quella sede sono stati discussi alcuni punti significativi di come integrare e sviluppare nei processi formativi anche le emozioni-in-musica. L’ambito di riferimento era prevalentemente quello scolastico, ma le riflessioni e gli orientamenti emersi si prestano anche ad una applicazione a contesti di formazione degli adulti. Si segnalano in particolare alcuni interventi (oltre quello di Stefani già citato). Franca Ferrari ha sostenuto l’interesse e l’importanza di due problemi metodologici. “a) come far emergere e valorizzare, in un gruppo classe, i vissuti emotivi con/e intorno alla musica dei partecipanti al gruppo; b) come mettere in comune questi vissuti emotivi, squisitamente individuali, scoprendovi ciò che unisce oltre a ciò che divide”. Attraverso il prendere la parola sulla musica, ciascuno con la propria competenza e valorizzando il proprio vissuto, è possibile estrinsecare i propri vissuti emotivi, confrontandoli con quelli di altri, per cogliere l’ampiezza e la ricchezza che ogni esperienza musicale suscita in ciascuno e nel gruppo. Questo permette, come è emerso anche dall’esperienza di un laboratorio condotto da Maurizio Disoteo, di sviluppare la consapevolezza di sé, rafforzando e chiarendo anche i molteplici tratti della propria identità. In ogni caso, il lavoro su musica ed emozioni può ampliarsi e articolarsi in un ricco ventaglio di possibilità, come è stato esemplificato dal laboratorio condotto da Maurizio Spaccazocchi: dalla ricerca e lo studio dell’espressione emotiva presente nella musica, all’analisi delle diverse condotte emotive e della relazione esistente, durante gli stati emotivi, fra l’oggetto musica e il soggetto; dalle considerazioni sull’importanza non solo dell’oggetto musica ma anche dei contesti dell’esperienza musicale (sia di ascolto che di produzione), alla analisi della forma, della durata, delle caratteristiche mutevoli degli stati emotivi durante l’esperienza musicale; dalle pratiche musicali (suonare, cantare, ballare, ascoltare) che propongono percezioni e coinvolgimenti diversi sul piano emotivo, alle manifestazioni delle emozioni attraverso varie forme espressive (gesto, parola, grafica, ecc.).
Una vasta gamma, quindi, di idee e proposte che, sviluppate ed esemplificate anche in alcuni laboratori svoltisi durante il convegno stesso, hanno messo in luce il profondo interesse e la sicura valenza formativa di un lavoro di approfondimento su musica ed emozioni, pur nella consapevolezza che tanti aspetti rimangono ancora da esplorare.
La musique
La musique souvent me prend comme une mer!
Vers ma pale étoile,
sous un plafond de brume ou dans un vaste éther,
je mets à la voile;
la poitrine en avant et les poumons gonflés
comme de la toile,
j’escalade le dos des folts amoncelés
que la nuit me voile ;
je sens vibrer en moi toute les passions
d’un vaisseau qui souffre,
le bon vent, la tempête et ses convulsions
sur l’immense gouffre
me bercent. D’autres fois, colme plat, gran miroir
de mon désespoir!
La musica
Come un mare la musica sovente mi rapisce! / E inalbero la vela sotto nebbiosa volta o nell’azzurro verso la mia pallida stella./ Petto in avanti, come vela gonfio, scavalco dei gran flutti accavallati le creste, che la notte mi nasconde./ In me sento vibrare affetti opposti come una vela che patisce./ Il vento che l’asseconda ed i convulsi strappi della tempesta sull’immenso abisso mi cullano./ Altre volte, poi, bonaccia: grande specchio della mia disperazione!
C. Baudelaire, “La musica”, in I fiori del male, Feltrinelli, Milano 1982.
Bibliografia
– Cancrini Luigi (1974), Bambini ‘diversi’ a scuola, Boringhieri, Torino.
– D’Urso Valentina, Trentin Rosanna (1992), Sillabario delle emozioni, Giuffrè, Milano.
– Gabrielsson Alf (1994), “Intense esperienze emotive con la musica”, in Progetto Uomo-Musica, n. 5, PCC, Assisi.
– Goleman Daniel (1996), Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano (ed. or. 1995).
– Imberty Michel (1986), Suoni Emozioni Significati. Per una semantica psicologica della musica, CLUEB, Bologna.
– Id. (1991), “Psicologia dell’emozione e dell’espressività musicale”, in beQuadro, n. 42-43, aprile-settembre.
– Marconi Luca (2001), Musica Espressione Emozione, CLUEB, Bologna.
– Meyer Leonard B. (1992), Emozione e significato della musica, Il Mulino, Bologna (ed. or. 1956).
– Piatti Mario (1996) (a cura di), Educazione, musica, emozioni, Edizioni Musicali PCC, Assisi.
– Ricci Bitti Pio E., Caterina Roberto (1990), “La comunicazione delle emozioni”, in: Ammanniti M., Dazzi N. (a cura di) (1990), Affetti. Natura e sviluppo delle relazioni interpersonali, Laterza, Bari.
– Sloboda John A. (1988), La mente musicale. Psicologia cognitivista della musica, Il Mulino, Bologna (ed. or. 1985).
– Stefani Gino (1996a), Intense emozioni in musica, CLUEB, Bologna.
– Id. (1996b), “Ricerca comune al DAMS di Bologna”, in Piatti 1996.