Intervista ad Anna Rita Addessi
Il libro, oltre a presentare il progetto e alcune di queste sperimentazioni, offre un’interessante riflessione sull’impianto pedagogico di riferimento, la cosiddetta Interazione Riflessiva, e proprio da qui vorremmo partire nel porre alcune domande alla curatrice.
Musicheria. Il paradigma dell’interazione riflessiva, nel cui orizzonte si pone il progetto MIROR e più in generale gli SMIR (Sistemi Musicali Interattivi Riflessivi), presenta un impianto epistemologico a cui hanno direttamente o indirettamente contribuito molti studi di varie discipline scientifiche e ci sembra si ponga oggi tra le innovazioni più interessanti ai fini di un rinnovamento non superficiale della didattica e del pensiero pedagogico musicale contemporaneo, soprattutto nella prima infanzia. Quali sono gli elementi essenziali e irrinunciabili di questo approccio e come il MIROR Project li persegue?
Anna Rita Addessi. Il paradigma dell’interazione riflessiva nasce nell’ambito dell’interazione uomo-macchina, ma il concetto di riflessività ha un’origine antica nella cultura occidentale. Il primo SMIR è nato quindici anni fa per musicisti adulti, ed è stato implementato presso il CSL Computer Science Laboratory-Sony, di Parigi. Nel 2003 abbiamo deciso di sperimentarlo con i bambini. In collaborazione con il CSL, abbiamo svolto lo studio pilota in una scuola materna in provincia di Bologna, e abbiamo osservato che questi sistemi hanno delle forti potenzialità pedagogiche ed espressive. Da qui siamo partiti per elaborare il progetto europeo MIROR e l’idea della piattaforma MIROR, e cioè di una piattaforma che utilizzi il paradigma dell’interazione riflessiva estendendola alle diverse modalità di interazione: musicale, motoria e, ora, anche visiva. Il progetto MIROR ha dato vita a tre applicazioni dedicate rispettivamente all’improvvisazione, alla composizione e alla creatività motoria. Altre applicazioni possono essere implementate. Da un punto di vista tecnologico, gli SMIR sono delle machine-learning che apprendono a suonare dall’utente e che rispondono con una risposta simile all’input dato dall’utente. La priorità è data all’utente, ovvero il sistema risponde quando l’utente finisce di suonare, con un intervallo programmabile (noi abbiamo utilizzato un intervallo di 400ms), la durata della risposta del sistema è simile alla durata dell’ultimo input dell’utente, e se l’utente riprende a suonare il sistema si ferma. Il quadro teorico del paradigma dell’interazione riflessiva è stato costruito passo dopo passo, osservando i bambini interagire con questi sistemi e alla luce dei risultati sperimentali e della letteratura scientifica. Attraverso l’osservazione ho potuto evidenziare alcuni comportamenti umani “riflessivi” che sembrano essere alla base dei processi creativi ed espressivi: l’imitazione, il riconoscimento dell’imitazione, l’alternanza dei turni, la co-regolazione. In particolare, è il principio di ripetizione e variazione ad essere al cuore dell’interazione riflessiva: il bambino suona una tastiera e quando si ferma il sistema risponde generando una risposta musicale che imita e allo stesso tempo varia l’input prodotto dal bambino, come in uno specchio sonoro. E’ esattamente questa co-presenza di ripetizione e variazione che sembra attrarre il bambino stimolando processi creativi e di apprendimento. Si tratta di un processo osservato nella comunicazione umana e musicale e molti autori ne hanno parlato. Ma qui lo troviamo nell’interazione tra i bambini e delle macchine. Abbiamo osservato che i bambini dialogano con il sistema esplorando la tastiera, inventando suoni e frasi musicali, producendo suoni in maniera originale, ascoltando attentamente le proprie produzioni, quelle del sistema e quelle dei propri compagni. Abbiamo osservato che durante l’interazione riflessiva aumenta l’esperienza di flow, ovverossia di quello stato di benessere che è stato teorizzato essere alla base dei processi creativi. L’interazione riflessiva è basata sulla co-regolazione (la macchina e il bambino si adattano l’uno con l’altro), gli obiettivi non sono fissati dalla macchina, né dal bambino, ma da entrambi durante l’interazione stessa. Questi processi sembrano avere le fondamenta fisiologiche e neurobiologiche e allo stesso tempo sociali e culturali nel sistema dei neuroni specchio e in quei meccanismi di “risonanza” descritti da Rizzolatti e in quello che Prinz ha definito “coding system”. Studi recenti nelle neuroscienze musicali stanno mettendo in evidenza i meccanismi neurali e cognitivi che ci permettono di trasformare e manipolare le rappresentazioni musicali già esistenti nella nostra memoria, così come gli aspetti comunicativi dell’interazione musicale e dell’interazione tra musicisti.
Il paradigma di interazione riflessiva nasce nell’ambito degli studi sull’interazione musicale ma nel progetto MIROR ho proposto di estendere il paradigma anche all’ambito dell’esperienza corporea e del movimento. L’idea è quella di costruire un sistema che attraverso spazi sensorizzati “sonorizzi” i movimenti dei bambini, producendo dei suoni che abbiano le stesse qualità dei movimenti dei bambini, in modo che i bambini possano percepire i suoni come un “riflesso”, una “copia” del proprio corpo e dei propri movimenti. E’ una idea fantastica ma non così facile da implementare come si penserebbe, perché occorre far interagire in maniera fruttuosa, saperi, linguaggi e metodi di lavoro tra loro molto diversi, quali quello della computer science, con quelli delle scienze dell’educazione, psicologiche, musicali, artistiche… Siamo riusciti a creare il primo prototipo del MIROR-Body Gesture con i colleghi del Centro Paganini dell’Università di Genova e in collaborazione con il Centro Danza Mousikè di Bologna. Ma su questo versante il lavoro non è finito. Ci stiamo lavorando, con l’idea di estendere l’interazione riflessiva anche alla percezione visiva, con i colleghi del Royal Institute of Technology di Stoccolma, sempre in collaborazione, naturalmente, con il Centro Danza Mousikè di Bologna.
Musicheria. Nella presentazione del progetto fate riferimento ad una certa fascia d’età, anche se in diversi momenti del libro si lascia intendere che un’efficacia nell’approccio pedagogico offerto dall’ interazione riflessiva e di conseguenza degli SMIR sia riscontrabile anche con ragazzi più grandi, pensiamo alle scuole secondarie di I e II grado, agli adulti e nella formazione dei docenti. Cosa vi spinge a credere che una proposta nata e pensata per l’infanzia, come quella presentata nel libro, possa estendersi a buona parte dell’arco di vita delle persone?
A.R. Addessi. Occorre ricordare che il primo SMIR è nato per musicisti adulti, impegnati nella sperimentazione musicale e nella musica jazz. Noi li abbiamo sperimentati con i bambini e ne abbiamo sfruttato e aumentato le potenzialità educative e, con il progetto MIROR, abbiamo implementato dei software educativi per bambini. In questo ambito, oltre che con i bambini, abbiamo condotto sperimentazioni con adulti, studenti universitari, insegnanti e con adolescenti, ed abbiamo visto che il paradigma funziona anche con loro. Un limite che abbiamo osservato, e che rappresenta anche una sfida per la ricerca, è quello delle aspettative dell’adulto che sono spesso organizzate secondo la grammatica tonale, rispetto a quelle dei bambini. Gli SMIR, infatti, sono dei sistemi “agnostici”, non conoscono una grammatica musicale e le loro risposte non sono programmate per essere consistenti da un punto di vista tonale. Questo aspetto può disorientare o non corrispondere alle aspettative tonali, per intenderci, dell’adulto.
Musicheria. MIROR Impro, il prototipo iniziale da cui si sono sviluppate le due successive varianti, prevede in massima sintesi la creazione di un dialogo sonoro basato su alternanze tra un bambino impegnato con uno strumento elettronico in possesso di uscita MIDI (nel libro vengono presentati esperienze con tastiera, batteria elettronica, fino alla possibilità di collegamento di tablet) e un computer. Il sistema informatico, che diventa una sorta specchio virtuale, rileva la proposta musicale del bambino e gliela restituisce con diversi gradi di variazione, secondo le impostazioni predisposte dal docente: dall’assoluta uguaglianza a una forte diversificazione. Questo rispecchiamento più o meno vicino alla proposta originale serve come rilancio continuo per far crescere e sviluppare il processo educativo-formativo musicale.
Pensiamo che molti lettori possano rimanere abbastanza freddi all’idea di una macchina che, in fin dei conti, sostituisce la persona e interagisce col bambino riflettendo, rispecchiando o variando le sue proposte. Come provereste a convincerli che non è così?
A. R. Addessi. Forse il mio obiettivo non è e non è mai stato quello di convincere Ciò che mi interessa, e che ritengo importante, è condividere le mie ricerche e scoperte con la comunità scientifica, con gli insegnanti, con gli studenti, con i genitori. La cosa importante secondo me, è mostrare che il metodo di ricerca utilizzato, sia esso qualitativo o quantitativo, è corretto, e che le ipotesi di lavoro sono motivate da un framework teorico valido, e che le applicazioni funzionano, discutere i risultati e i problemi che emergono. Anche negli studi con i bambini e gli SMIR, l’obiettivo è stato ed è quello di capire se e quando questi sistemi funzionano, individuarne i problemi, risolverli, più che avere delle conferme. Per esempio: le risposte del sistema, fino a che punto riescono a stimolare la creatività dei bambini, rispettano i processi di memorizzazione dei bambini ? A quale età, in quali contesti ? Qual è il paradigma teorico che occorre costruire ?
Quindi, da questo punto di vista, il modo più efficace per condividere con gli altri i risultati delle mie ricerche, a mio parere, è mostrare e analizzare le condotte musicali, espressive, creative, cognitive, motorie, dei bambini mentre dialogano con questi sistemi. Quando mostro i video con i bambini e il sistema, osservo in genere tre tipi di reazione: una reazione eccessivamente positiva, perché è sicuramente divertente osservare i bambini che ridono e si divertono mentre interagiscono con il sistema; una reazione dubbiosa e/o negativa, motivata dal fatto che nell’interazione non compaiono “grammatiche” musicali (che poi significa “tonalità”), e quindi si ha l‘impressione che il bambino non stia imparando nulla, oppure dovuta al fatto che la mediazione dell’adulto sembra non essere necessaria, e questo aspetto suscita timori e perplessità soprattutto tra i pedagogisti. Infine, la terza reazione riguarda la maggior parte delle persone che hanno una reazione di curiosità, si pongono dei problemi, delle domande, “scoprono” la musicalità del bambino, il loro modo di fare musica, di esprimersi e di comunicare con i suoni, vedono le potenzialità di tali sistemi, ed anche i limiti, e hanno a loro volta delle nuove idee per utilizzarli e migliorarli. Diciamo che guardare i bambini interagire con gli SMIR invita a riflettere sulle concezioni implicite che possediamo di “musica”, di “educazione musicale”, di “bambino musicale” e di “tecnologie”, ovviamente.
L’altro modo efficace per condividere i risultati delle mie ricerche è quello di mostrarne i risultati “scientifici” e le applicazioni: nei nostri studi sperimentali abbiamo utilizzato un approccio cosiddetto dei “metodi misti”, combinando dati qualitativi con dati quantitativi, e abbiamo delle evidenze che l’interazione riflessiva con gli SMIR aumenta lo stato di benessere e di flusso, la co-regolazione, la creatività, i tempi di attenzione, le abilità di improvvisazione e di dialogo musicale.
Ancora, un’altra modalità è quella di invitare ad utilizzare questi sistemi in prima persona: l’esperienza di sentirsi “rispecchiati” da una macchina non è stimolante solo per i bambini, ma lo è anche per l’adulto.
Un’altra modalità è quella di invitare, soprattutto gli insegnanti e i genitori, a sperimentare questi sistemi con i bambini, creando dei percorsi didattici e realizzandoli nelle scuole, o in casa, o in altri contesti, di inclusione per esempio.
Infine, spesso la condivisione della ricerca ha dato vita a sua volta a nuove ricerche, con insegnanti, ricercatori, genitori, musicisti. Insomma, fare ricerca insieme significa anche capire meglio questi sistemi e l’interazione dei bambini con questi sistemi.
In definitiva, non vogliamo dare delle ricette assolute. Credo che il problema non sia tecnologie si/tecnologie no: di fatto, i bambini sono già in contatto con le tecnologie, e queste sono già presenti nelle loro vite. Ciò che mi interessa è scoprire con i miei occhi cose nuove, studiare e capire come queste tecnologie interagiscono con i bambini, come creano nuovi stili cognitivi ed espressivi, articolandosi sulle abilità e sulle conoscenze che i bambini già possiedono; ci interessa creare delle tecnologie che abbiano alcune caratteristiche importanti: che mettano, cioè, il bambino al centro dei processi espressivi e di apprendimento, che siano uno strumento che permetta ai bambini di esprimersi con il suono e con il movimento. L’espressione per noi viene prima dell’apprendimento e lo motiva.
Musicheria. Ci permettiamo un’altra riflessione critica, che probabilmente ha a che vedere con la programmazione del sistema e che pensiamo sia già stata sollevata e dibattuta anche all’interno del gruppo di ricerca. Il sistema, per come è stato presentato, consente esclusivamente una situazione di alternanza tra utilizzatore e macchina. L’interplay, inteso come mutua interazione che si sviluppa nella contemporaneità, nella polifonia, così fondamentale nello sviluppo di tutte le musiche improvvisate, nella composizione come nella danza, resta una possibilità negata dal software. Cosa pensate di questo limite?
A. R. Addessi. E’ vero che il modo di interazione più immediato è quello che vede un bambino interagire con uno SMIR seguendo l’alternanza di turni. Questa aspetto si è rivelato fondamentale sia per stimolare i processi creativi sia per i processi di apprendimento. Bisognerebbe rivalutare il fenomeno dell’alternanza dei turni, anche in contesti non virtuali. Per esempio è l’alternanza dei turni che permette al bambino di pochi mesi di intraprendere scambi vocali e giochi sonori con gli adulti che lo circondano. L’alternanza dei turni è uno dei requisiti più importanti per l’implementazione di questi sistemi, ad imitazione del comportamento umano (almeno in alcune culture): io parlo, gli altri mi ascoltano, ad un certo punto mi fermo per far parlare gli altri; se l’altro parla, io resto in silenzio per ascoltare, e mi aspetto che ad un certo punto l’altro si fermi per lasciar parlare me. E’ una regola che i bambini applicano naturalmente quando iniziano a interagire con il sistema, non occorre che venga spiegata. Alcuni studi sperimentali in ambito neuroscientifico hanno evidenziato che l’alternanza dei turni è un meccanismo importante per lo sviluppo dei processi creativi. Noi abbiamo osservato che il meccanismo dell’alternanza dei turni funziona molto bene, soprattutto nella prima fase di apprendimento dell’improvvisazione musicale. Quindi, l’alternanza dei turni rappresenta esattamente uno dei punti di forza degli SMIR e dell’interazione riflessiva e non è un limite. Ed è per questo che nei nostri studi ci siamo concentrati soprattutto su questa modalità di interazione. Di fatto, abbiamo mantenuto l’alternanza dei turni anche nel MIROR-Body Gesture che prevede due modi di interazione: l’alternanza dei turni, e cioè il bambino si muove e quando si ferma il sistema risponde con dei suoni “riflessivi” che ne imitano il movimento, e la contemporaneità, ovvero il sistema produce i suoni “riflessivi” mentre il bambino si sta muovendo. Come potete immaginare, sono due esperienze molto diverse per il bambino, ma ugualmente molto importanti.
Il sistema comunque ha anche delle funzioni polifoniche o di accompagnamento, che l’utente può utilizzare. Ma l’effetto non è lo stesso. Inoltre, si possono organizzare delle sessioni lanciando più SMIR e con il supporto di un expander ottenere un’intera orchestra: non abbiamo ancora fatto esperienze di questo tipo con i bambini, ma lo abbiamo provato noi, nel Laboratorio di Informatica del Dipartimento di Musica dell’Università di Bologna e vi assicuro che è molto divertente e accattivante.
Inoltre, il MIROR-Impro permette di suonare insieme, ovvero più bambini sulla stessa tastiera che interagiscono con il sistema. Abbiamo svolto molte esperienze di questo tipo e abbiamo osservato delle condotte musicali di joint attention, di condivisione dell’esperienza di ascolto e di improvvisazione. Ai bambini piace suonare insieme, in coppia, dialogando con il sistema: inventano nuove idee musicali e “giocano” con il sistema, con questo partner virtuale che non possono vedere ma solo sentire.
Musicheria. Le esperienze applicative nei diversi contesti sperimentali, dal nido alla musicoterapia, dagli interventi nelle scuole alla formazione dei docenti, sono tutte presentate con la massima chiarezza. Si coglie precisione e approfondimento da parte di tutte le ricercatrici e i ricercatori che hanno collaborato al progetto. Questa rigorosità emerge anche nella trasparenza con cui, insieme ai successi e alle soddisfazioni per i risultati ottenuti nell’applicazione della piattaforma, si registrano anche alcune aree di criticità. Forse la più evidente è quella legata alla necessità da parte del docente/educatore presente di sostenere nel tempo la motivazione all’apprendimento. Qui sembrerebbe che la macchina non ce la faccia sempre da sola e sia necessaria una presenza adulta sensibile quanto competente. Come avete affrontato questo problema?
A.R. Addessi. Rispetto all’attenzione e alla motivazione, ciò che abbiamo osservato è che l’interazione riflessiva motiva il bambino a intraprendere il dialogo musicale con il sistema: i tempi di attenzione aumentano se il bambino o i bambini suonano una tastiera con la risposta riflessiva del sistema, cioè i bambini restano a suonare più a lungo. Abbiamo anche osservato che i bambini che suonano con il sistema mostrano tempi di attenzione più lunghi anche quando dialogano non più con il sistema ma con un compagno, rispetto ai bambini che avevano suonato la tastiera senza la risposta del sistema oppure con una risposta completamente diversa, cioè non riflessiva. Questo risultato, oltre a dar prova che non è semplicemente una risposta del sistema a interessare il bambino, ma una risposta “riflessiva”, ci dice che durante l’interazione riflessiva con il sistema il bambino impara a gestire una “relazione” musicale non solo con la macchina ma anche quando non è più la macchina che gli risponde ma un altro bambino, e ne prova piacere perché ha acquisito le abilità per farlo: imitare, essere imitato, rispettare e far rispettare l’alternanza dei turni, variare, variare ancora. Questa sensazione di controllo del dialogo è uno dei comportamenti principali che motivano il bambino a continuare l’interazione e che danno luogo a quello stato emotivo definito flow che secondo la teoria di Csikszentmihalyi è alla base del pensiero creativo. L’intervento dell’adulto quindi, a mio parere, non va tanto nella direzione di motivare il bambino a suonare con il sistema: anzi, se il bambino è stanco di suonare con il sistema, deve essere lasciato libero di smettere. Su questo abbiamo discusso molto con gli altri ricercatori che hanno collaborato al progetto MIROR. A mio parere, il fatto che i bambini ad un certo punto dicano “ok, ho finito”, oppure “sono stanco” è un punto positivo di questo tipo di tecnologie. Si tratta di quel “fattore di distanza” che Bertolini ha definito come una delle condizioni necessarie per le nuove tecnologie nell’ambito dell’educazione estetica dei bambini.
Semmai, l’intervento dell’adulto sta nel saper utilizzare questi sistemi come “dispositivi”, nel senso che questo termine ha nei testi di Delalande, e cioè come uno strumento per motivare la creatività e l’espressività musicale (e motoria) dei bambini. L’interazione riflessiva è un dispositivo, gli SMIR sono dei dispositivi. L’intervento dell’adulto si situa in un’azione di scaffolding e di rilancio: preparare il contesto, il gruppo, settare il sistema, dare degli “argomenti” musicali ai bambini sui quali lavorare, in base ai loro saperi musicali (suoni corti/lunghi, oppure una storia da sonorizzare, ecc.), oppure, nel caso del MIROR-Compo, guidare il bambino nell’interfaccia del sistema, che non è ancora del tutto perfetta per i bambini. Nel volume ci sono molti esempi di “scaffolding” da parte dell’adulto. E importante però che l’adulto, una volta preparato il contesto, lasci che l’interazione riflessiva si sviluppi tra il bambino/i e il sistema, altrimenti l’interazione riflessiva non nasce. I colleghi svedesi dell’Università di Gothenburg che hanno partecipato al progetto MIROR, hanno svolto delle sessioni con la presenza degli insegnanti/ricercatori, i quali, mentre i bambini interagivano con il sistema, davano delle indicazioni o suggerivano delle riflessioni, “mediavano” cioè l’interazione tra i bambini e il MIROR-Impro. Cosa hanno osservato? Che i bambini “non pensavano in suoni”, cioè non dialogavano con i suoni, cosa che invece era stato osservata nelle sessioni senza la mediazione dell’adulto. In realtà, quindi, quando l’adulto media durante l’interazione, è come se, mentre stai parlando con qualcuno confidandogli i tuoi più profondi pensieri, un’altra persona ti suggerisse continuamente nell’orecchio cosa devi fare e dire, e perché…
Musicheria. Rispetto ad altre proposte il parco macchine previsto dal MIROR PROJECT risulta piuttosto amichevole e accessibile anche sul piano dei costi. Che tipo di utilizzo vi piacerebbe prevedere nelle scuole di diverso ordine e grado?
A.R. Addessi. I tipi di utilizzo possono essere tanti e alcuni di questi sono descritti nel volume: dagli asili nido, alla scuola dell’infanzia e scuola primaria, alle scuole di musica. Ci piacerebbe che questi sistemi venissero utilizzati anche in famiglia, o in contesti di inclusione e di musico-terapia, o in centri ricreativi o anche perché no, in centri di accoglienza… Il MIROR-Impro potrebbe essere installato e messo in un angolo, insieme con una tastiera, e i bambini potrebbero andare a suonarlo quando vogliono. Stiamo progettando la realizzazione e la messa in funzione della piattaforma MIROR e cioè di un ambiente virtuale che metta a disposizione degli utenti le applicazioni MIROR, comprese le nuove in via di implementazione come il MIROR-MultiModal, insieme con una serie di strumenti per l’apprendimento/insegnamento e per la ricerca: la guida per l’utente, esempi di pratiche, un data-base di improvvisazioni e composizioni dei bambini, una sezione per documentare i lavori di ricerca in corso, un forum per gli insegnanti e utenti in generale, feedback, pubblicazioni, news ed eventi per diffondere i risultati.
Musicheria. Quali vi sembra siano le carte vincenti di questo progetto, di cui non siamo riusciti a fare cenno in questa intervista, rispetto ad altre proposte di educazione musicale promosse attraverso l’uso della tecnologia informatica?
A.R. Addessi. Innanzi tutto, il paradigma scientifico e cioè l’interazione riflessiva: il progetto MIROR si distingue da tutti gli altri sull’educazione musicale promossa attraverso l’uso delle tecnologie informatiche, perché inaugura un nuovo ed originale tipo di paradigma tecnologico, pedagogico e teorico.
Quindi la metodologia di lavoro: abbiamo utilizzato, fin dall’inizio della collaborazione che ho avuto con il CSL e che è iniziata nel 2003, una metodologia “a spirale” che vede esperti in AI ed esperti di educazione musicale lavorare insieme fin dalla nascita dei sistemi e durante la loro implementazione. I risultati degli esperimenti che i partner psico-pedagogici svolgevano con i bambini venivano sistematicamente tradotti in “requisiti” che venivano di volta in volta immessi nel processo di specificazione dai partner tecnologici per implementare le nuove versioni dei sistemi. Scienze dure e scienze morbide quindi in continuo confronto, sia nei contenuti sia nelle metodologie. Per me in quanto coordinatrice del progetto, questo è stato il punto più difficile da realizzare, perché ci si trova di fronte a problemi di differenze di linguaggio, di pratiche, di metodi, di valori.
Un altro aspetto metodologico di originalità è l’uso dei cosiddetti “metodi misti” ovvero, metodi qualitativi e quantitativi che hanno permesso di coprire lo studio di un ampio ventaglio di esperienze e di dare al progetto sia evidenze statisticamente rilevanti sia osservazioni e riflessioni qualitative e teoriche. Spesso, quando si pensa ai progetti sulle tecnologie didattiche, si pensa alla sperimentazione come uso diffuso e numericamente esteso dei sistemi nelle scuole. Nel progetto MIROR ci siamo occupati sia della parte applicativa, sperimentando in contesti didattici e creativi la funzionalità di tali sistemi, ma anche, anzi in modo molto determinante, degli aspetti psico-cognitivi e affettivi dell’interazione bambino-macchina, con studi esplorativi e sperimentali controllati che hanno analizzato in dettaglio i processi creativi musicali e motori stimolati dall’interazione riflessiva, i tempi di attenzione, lo stato di benessere, i processi di dialogo musicale. La costruzione di un framework teorico del paradigma è stato possibile grazie al percorso intrapreso: dall’osservazione alla sperimentazione alla teorizzazione.
Un aspetto fondamentale è che il progetto MIROR è un progetto europeo di grosse dimensioni del Settimo Programma Quadro, “Cooperation”, uno cioè dei programmi europei riconosciuti dal MIUR come programma di eccellenza. Il progetto, coordinato dall’Università di Bologna, ha visto coinvolti 7 partner europei, tutti centri di ricerca di eccellenza, sia nel campo delle tecnologie sia nel campo dell’educazione musicale e della musicologia sistematica, e circa 15 istituzioni/ricercatori internazionali come membri dell’Advisory Board. I partner erano esperti in tecnologie musicali e del movimento, in psico-pedagogia musicale, e in analisi musicale modellizzata. Il partner israeliano era invece una SME specializzata in software didattici per bambini. E’ impossibile in questa intervista fare i nomi di tutti i partner e le persone coinvolte: una visita al sito ufficiale del progetto è senz’altro utile (www.mirorproject.eu) per capirne l’estensione. In particolare, vorrei sottolineare che gli autori del volume di cui stiamo parlando sono i membri del team di ricerca dell’Università di Bologna, e alcuni membri dell’Advisory Board. Il team di Bologna da me coordinato, ha coinvolto il Project Mangement e gli uffici amministrativi dei progetti europei dell’Università di Bologna, 10 ricercatori, gli insegnanti e centinaia di bambini dei nidi, delle scuole dell’infanzia e primarie della provincia di Bologna, circa 30 studenti universitari, il Centro MousiKè, l’Associazione MusicSpace-Italy, e altre associazioni artistiche del territorio. E’ importante sottolineare che per tre anni, e cioè la durata del progetto, grazie ai fondi del progetto, tutte queste persone hanno potuto lavorare, fare ricerca e formazione.
L’estensione sia interdisciplinare sia geografica e culturale dei partner ha permesso di estendere il progetto dall’Italia e Francia, alla realizzazione di esperienze non solo in molti paesi europei, in particolare in Svezia, Inghilterra, Grecia, Belgio, ma anche in Brasile, negli Stati Uniti, in Asia. I risultati sono conosciuti a livello internazionale, le nostre pubblicazioni vengono citate nei manuali, veniamo invitati a conferenze, workshops, seminari e in nuovi progetti e pubblicazioni. Questo è il primo volume che raccoglie insieme proposte didattiche con le applicazioni MIROR. Ho deciso, insieme con il mio gruppo di ricerca di Bologna, di pubblicarlo prima in italiano, perché il progetto MIROR è nato a Bologna. Il volume sta per essere tradotto e pubblicato anche in inglese, in un e-book.
La prospettiva generale del progetto che ha permesso l’interagire sistematico, sia a livello teorico sia a livello pratico, di tutte queste expertise, è stata quella della musicologia sistematica, dalla quale ha preso il via il coordinamento del progetto. Il progetto MIROR è uno studio sulle tecnologie nell’esperienza musicale, che prende in considerazione differenti aspetti, dalla psicologia, alle scienze cognitive, all’embodied cognition, alle neuroscienze, alla pedagogia e alle computer sciences, passando per l’analisi musicale e l’estetica musicale. Abbiamo cercato di sostenere e di concretizzare l’ipotesi che l’interazione riflessiva sostenga i processi di creatività dei bambini e di apprendimento/insegnamento. Abbiamo proposto che l’idea del “rispecchiamento” e della “riflessività” hanno un’origine antica nella cultura occidentale e che questa idea risuona oggi nelle teorie dell’embodied cognition, il link cioè tra azione e percezione, e nel sistema dei neuroni specchio.
Rispetto ad altri progetti europei ICT-FP7, il MIROR è stato il primo e unico progetto dedicato all’educazione musicale dei bambini nell’ambito della scuola di base. Il fatto che la Commissione Europea abbia deciso di dare un fondo così cospicuo (2 milioni e mezzo di euro) ad un progetto che riguarda una disciplina umanistica e musicale, che riguarda l’insegnamento, l’insegnamento ai bambini molto piccoli, e non nelle scuole di eccellenza musicale ma nella scuola di base, è stato un aspetto incredibilmente positivo e per me il riconoscimento internazionale dato a questo ambito di ricerca. Questo a mio parere è stato un segno di grande intelligenza e apertura da parte della CE. Ciò ha significato una forte selezione scientifica iniziale e un rigoroso controllo in itinere, che ha garantito sempre un’alta qualità scientifica dei risultati. Il progetto ha ottenuto il massimo del punteggio nella valutazione iniziale e alla fine del percorso la valutazione degli esperti nominati dalla CE (Marc Leman, Università di Ghent e Kia Ng, Università di Leeds) e stata rigorosa e più che positiva, riconoscendo l’originalità del progetto MIROR sia nei risultati sia nell’approccio metodologico: “The consortium tested the psychological and pedagogical effectiveness of the Reflexive Interactive Paradigm (RIP) that was implemented in the MIROR technology using a mix of methods that combine both quantitative and qualitative approaches. .. ….They show that an interdisciplinary approach and collaboration between hard and soft sciences is feasible and that the development of technology in a context of psychology-pedagogy can be mutually fruitful.. The project is a landmark in the development of technology enhanced music systems. It serves as a reference and source of inspiration for new initiatives in this research domain.”
Nella mia esperienza come coordinatrice del progetto, ho trovato nella Commissione europea e nei revisori, chiarezza nelle richieste, coerenza nei rapporti e professionalità nella valutazione scientifica. Credo che questo sia stata l’aspetto istituzionale e scientifico più positivo del progetto MIROR.
La preparazione e poi il coordinamento di un progetto di questo livello ha richiesto un lavoro enorme, inimmaginabile per coloro che non lo hanno mai fatto.
D8. Noi purtroppo il sistema non siamo riusciti ad istallarlo su PC. Il software è del 2013 e non è stato aggiornato o forse ci sono altri problemi che non conosciamo. La difficoltà da noi incontrata potrebbe però essere comune a molti lettori; chiediamo quindi se è in previsione un restyling della piattaforma e quando sarà possibile scaricare e provare i software anche sui sistemi operativi più diffusi.
Il progetto MIROR ha prodotto finora tre software e il loro aggiornamento dipende rispettivamente dal Computer Science Laboratory della SONY di Parigi per quanto riguarda il MIROR-Impro e il MIROR-Compo, e dall’Università di Genova per quanto riguarda il MIROR-Body Gesture. Le versioni attualmente disponibili gratuitamente tramite il sito del progetto (www.mirorproject.eu) e il sito della SONY, funzionano su Windows 7.
D9. Nel libro si legge che a breve sarà disponibile un secondo volume che si occuperà ulteriormente dell’inquadramento teorico e sperimentale della ricerca. Siamo molto curiosi, volete sfruttare l’occasione di questa intervista per annunciarlo in modo più preciso del breve cenno fatto nel primo volume?
Sì, grazie. Il volume conterrà una presentazione del quadro teorico del paradigma di interazione riflessiva e gli esperimenti che sono stati svolti con i bambini e gli adulti, a cominciare da quello pilota del 2003. La storia, quindi, delle tecnologie MIROR: dalle prime osservazioni e ipotesi, ai protocolli controllati, dallo studio dell’interazione bambino-macchina, allo studio del contesto educativo ed espressivo. Il testo descriverà le metodologie utilizzate, i protocollo sperimentali realizzati, i dati e le analisi dei dati, ed i risultati specifici di ciascun esperimento. Gli esperimenti sono stati condotti sempre in contesti “naturalistici”, ovvero non in laboratorio. Quindi nelle scuole (nido, infanzia, primaria), nelle scuole di musica e di danza, nelle università. Pur tuttavia, sono stati utilizzati sia metodi qualitativi sia quantitativi, secondo un approccio che è stato definito di “metodi misti”. Questo approccio metodologico, che ha visto coniugati in maniera originale dati qualitativi e quantitativi, scienze dure e scienze morbide, è stato anch’esso un tratto di originalità del progetto e ne ha rappresentato un elemento di successo e di riconoscimento da parte della commissione europea, e il volume intende metterlo in evidenza.
Musicheria. Da parte nostra ti ringraziamo molto per questo contributo che risulta estremamente stimolante e che arricchisce una riflessione e una sperimentazione, quella dell’invenzione musicale di bambine e bambini e di uno sviluppo completo della musicalità infantile, collegato anche ad un utilizzo consapevole delle tecnologie digitali, a cui come Musicheria.net siamo molto attenti, ma che in realtà, ci sembra, non trovi ancora quel riscontro la cui importanza richiederebbe.
A.R. Addessi. Grazie a voi di Musicheria.net, per il vostro interesse e il vostro feedback, per le domande e per averci dedicato questo spazio.