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Fantastica armonia

Redazione

Intervista a Gian-Luca Baldi

 
Parlare di “armonia” in musica può significare molte cose, e forse, per qualcuno, per quanto riguarda il piano teorico e tecnico, può sembrare superfluo, se già nel 1946, Ettore Pozzoli, nella prefazione al suo “Metodo d’armonia” scriveva: «I metodi di Armonia comparsi finora nel campo didattico musicale sono tanto numerosi, tanto diffusi ed apprezzati, da far ritenere vano, superfluo, ogni lavoro del genere che venga alla luce ai giorni nostri». La ricerca, le riflessioni e le proposte che Gian-Luca Baldi ha sintetizzato nel suo libro “Grammatica dell’Armonia Fantastica. Appunti e interludi” (che abbiamo già presentato in Musicheria.net https://www.musicheria.net/2013/05/05/grammatica-dellarmonia-fantastica/) non sono certamente superflue e arricchiscono il panorama editoriale offerto a chi intende approfondire il tema. Al libro citato si è aggiunto il volume “Grammatica dell’Armonia Fantastica. Quaderni di lavoro” (Anicia, Roma, 2014). Ci è sembrata particolarmente interessante l’introduzione del volume che pubblichiamo in allegato, ringraziando l’Autore per la disponibilità, e al quale abbiamo rivolto alcune domande.

Musicheria: Quali sono le caratteristiche dei “Quaderni di lavoro” per la tua “Grammatica dell’Armonia Fantastica” e in che cosa si diversificano dai tradizionali manuali di armonia?

Gian-Luca Baldi: Chiarisco prima di tutto che il secondo volume della Grammatica dell’armonia fantastica non è assolutamente un manuale di armonia. Questo non significa però che ritenga inutile un manuale simile, al contrario. C’è una necessità urgente di un nuovo testo di armonia, nuovo nell’impostazione e nel modo di vedere le cose. Intendo che sarebbe bello assistere oggi ad un’operazione simile a quella che fecero il Piston negli anni Quaranta ed il Persichetti negli anni Sessanta, ma forse ancor di più come il De Tinctoris nel Quattrocento e lo Zarlino nel Cinquecento. Avremmo cioè bisogno di teorici che ci aiutassero a guardare alla molteplicità dell’esistente e che lo sapessero sintetizzare e divulgare. in libri nuovi, nuovi nel pensiero e nell’atteggiamento didattico. Purtroppo molti miei colleghi considerano l’armonia una lingua morta, al pari del Greco antico e del Latino, e questo crea il dubbio che i manuali che abbiamo a disposizione siano più che sufficienti all’unico fine di ripetere sempre e solo quelle vecchie regole trite e ritrite. Ma anche ammesso che l’armonia sia davvero defunta (ed io non lo credo affatto) resterebbe un problema con i materiali di lavoro. Alla luce del nuovo pensiero pedagogico, di cui a volte mi sembra non sia arrivata nemmeno una goccia nei conservatori, i materiali di lavoro andrebbero completamente ripensati anche per l’armonia del passato…
Comunque, per tornare all’idea di un nuovo manuale – e a quanto mi risulti a partire dall’anno 2000 nessuno si è più cimentato in un’impresa simile (l’Harmony textbook di Elliot Carter è soltanto una raccolta di schizzi del lavoro personale del compositore, il libro della Armelin propone il lavoro didattico di un grande insegnante padovano come Coltro, ma dà alle stampe un lavoro fatto e pensato diversi decenni orsono, quando si era ancora nel XX secolo…) – il tentare un’operazione simile è senza dubbio un’impresa improba e difficilissima. Per questa ragione non credo che sarà un singolo libro ad intraprenderla, ma un insieme di tentativi, errori e ripensamenti, che alla fine, negli anni, produrranno il terreno fertile ed adatto per la nascita di un simile, nuovo, manuale. Speriamo di non dover aspettare vent’anni!
In questa prospettiva, io ho cercato di dare un piccolo contributo, con un testo che vuole semplicemente affiancare i manuali esistenti, non sostituirli. Qualunque testo si scelga, e ce ne sono tanti e buoni (senza mai dimenticare che il ruolo fondamentale spetta ancora oggi al ‘maestro’), il mio libro può aiutare a mettere insieme alcune facoltà che generalmente vengono tenute separate nei cammini didattici tradizionali, e soprattutto a portarle avanti con pari dignità ed attenzione. E’ questo il senso del titolo dell’introduzione: Con le dita, con le orecchie, con la mente e con il cuore. C’è un aspetto tattile nell’apprendimento della musica e dell’armonia, che i jazzisti conoscono bene, e c’è l’aspetto uditivo, vittima a volte di qualche pregiudizio. Come l’idea che chi cominci a studiare la composizione debba scrivere unicamente a tavolino senza ricorrere all’ausilio del pianoforte. Ma finché l’ orecchio interno non è pienamente sviluppato, c’è bisogno di una verifica costante, di tornare continuamente alla fonte sonora. E c’è bisogno del cuore. Inteso però in un senso esteso e complesso. Come quell’insieme inestricabile di sentimenti, pensieri, sogni e desideri che ci portano a trovare un senso in quello che facciamo e che studiamo. Se veniamo costretti ad una ‘castrazione affettiva’ nel momento in cui ci avviciniamo allo studio dell’armonia e della composizione, perché dobbiamo meccanicamente applicare delle regole di una lingua morta, oltre a subire una violenza senza giustificazione alcuna, soffriamo anche di una pratica estremamente dannosa per l’apprendimento stesso, perché l’essere umano, privato del senso e dei sentimenti, rende il peggio di sé…
In conclusione, il mio libro cerca di mettere insieme queste quattro facoltà, il tatto e l’udito, la ragione e l’affettività, attraverso una serie di ‘Quaderni’, 15 per l’esattezza, ciascuno dei quali è una diversa proposta che mette insieme la pratica alla tastiera, la frequentazione di esempi tratti dal repertorio della musica classica trascritti e semplificati per pianoforte, e tante altre cose; un modo cioè di toccare, annusare, ascoltare, pensare e sentire l’armonia. Che viene completato da una serie di inviti all’ascolto in diversi repertori (dalla classica contemporanea, al pop, dalla musica per cinema al musical), da una tabella estremamente ricca e comprensiva di tutti gli accordi (dalle diadi a quelli di 23°), e dalla serie di Mondi fantastici di cui parlerò tra poco.

Musicheria: Nell’Introduzione tu scrivi: «Queste proposte di lavoro alla tastiera non sono rivolte solo a chi ha già familiarità col pianoforte, al contrario. Questi Quaderni sono pensati per acquisire contemporaneamente familiarità col pianoforte e con l’armonia. Non importa quale sia la capacità di ciascuno di mettere le mani sul pianoforte. Perchè il fine non è quello di “eseguire”, ma di leggere. Due atteggiamenti molto diversi». Potresti chiarire questa diversità?

Gian-Luca Baldi
: La capacità di leggere a prima vista, che appare innata in alcuni (pochi fortunati) non ha veramente molto a che fare con la tecnica pianistica. Ha bisogno senza dubbio di una base minima di studio del pianoforte, ma poi le capacità richieste riguardano non il giusto modo di mettere un dito, la velocità, la forza, bensì la il saper trovare i tasti giusti con le dita, mentre gli occhi sono tutti impegnati a leggere la tastiera, e soprattutto a saper comprendere quello che si ha davanti velocissimamente e a sintetizzarlo all’istante. E’ una capacità che sta più nella nostra testa che non nelle mani. E ha a che fare anche un po’ con l’improvvisazione. Col tempo le mie poche e misere capacità pianistiche si sono ridotte quasi a zero, ma contemporaneamente la mia capacità di lettura è andata crescendo… non importa che l’impostazione della mano sia sbagliata, che le diteggiature siano messe a caso, la cosa essenziale è un ‘feeling’ del tutto particolare nel trasmettere alle dita in tempo reale quello che si coglie della partitura, nel capire quello che si ha davanti. Non possiamo diventare tutti pianisti, ma imparare a ‘leggiucchiare’ di tutto a prima vista è indispensabile ad un musicista…

Musicheria: Al libro è allegato il fascicolo “Ventuno Mondi di un’Astronomia Fantastica”, micronarrazioni collegate alle Miniature per pianoforte contenute nella seconda parte del libro. Che funzione hanno in relazione all’immaginazione e alle emozioni, due elementi che tu poni alla base della tua ricerca?

Gian-Luca Baldi: Le miniature pianistiche nascono dal contatto con i miei allievi. Dal giocare con gli intervalli, dal proporre idee nuove, come il ‘tempo spezzato’ o il tempo ‘liquido’, con le dissonanze gentili, dal lavorare con forme molto brevi per invitarli a comporre, a variare, a trasformare. Per spingerli senza timori sulla strada della composizione. E per questo andrebbero giudicate prima di tutto nel contesto più ampio del progetto didattico. Tuttavia in alcune di esse sono riuscito ad esprimere anche la mia poetica, la mia ricerca personale, e quindi ne sono soddisfatto anche come compositore.
Il legame con i Mondi fantastici invece – miniature letterarie, sette delle quali erano apparse già nel primo volume – desidera spezzare un tabù che è ancor oggi radicato profondamente nella musica contemporanea e nella didattica: che la musica possa avere dei colori emotivi, che abbia a che fare con le emozioni. Nel corso delle presentazioni dei miei libri mi sono reso conto di quanto ancora oggi, tutte le volte che si parla di emozioni e musica, di fantasia, ci sia qualcuno che scatta in piedi come se si bestemmiasse. Resta un argomento delicatissimo ed intoccabile. Ed in questo, mi dispiace dirlo, siamo rimasti almeno trent’anni indietro… Un libro come The Handbook of Music and Emotions (2009) di Patrick e Sloboda, che sta in parte alla base del mio libro seguente – Cronodiànoia o del realismo interiore – Proposte per la musica del XX secolo – raccoglie decine e decine di saggi a cura di scienziati delle più diverse discipline, e mette credo un punto definitivo su questo tabù. Nel momento in cui il suono nasce, delle emozioni si provocano in noi. E’ inevitabile, è giusto, è meraviglioso direi. E veramente l’aveva già detto la filosofa Susan Langer nel 1950… Ignorarlo o rifiutarlo, è ingiustificabile al giorno d’oggi. Di conseguenza qualsiasi percorso didattico non può fare a meno di prendere in considerazione questa semplice verità e soprattutto non può fare a meno di tener conto del mondo interiore dell’allievo, della sua emotività, delle sue peculiarità. Rispetto, attenzione, cura, ascolto e anche amore: queste sono le doti principali di un percorso di apprendimento. Sembra scontato, ma in un mondo nel quale i didatti più famosi scambiano l’insegnamento con lo stupro e la clonazione, evidentemente scontato non lo è poi tanto…
Collegando le miniature pianistiche a quelle letterarie cerco di mescolare suono, poesia e fantasia, emozione e introspezione, porto una dimensione di gioco e in un certo senso infantile negli studi superiori musicali, facendo mia una delle tesi di Rodari – non dimentichiamo che è da lui e dalla sua Grammatica della fantasia che nasce tutto il mio lavoro – cioè quella di portare sorriso e leggerezza anche nello studio ‘delle matematiche severe’.
Questi 21 Mondi fantastici e 21 miniature pianistiche rappresentano, senza dubbio, uno degli aspetti più delicati del libro, a mio avviso più innovativi, ma anche più esposto a dubbi, critiche e perplessità.
Sono consapevole di essermi esposto notevolmente con questa operazione, ma a quattro anni dall’uscita del libro devo dire che più che i riscontri negativi mi ha stupito la mancanza di curiosità. Come compositore e come insegnante sono portato a cercare continuamente quello che esce di nuovo e a leggere e studiare il più possibile. La mia era una proposta, magari provocatoria, per rilanciare una riflessione generale sulla didattica e sul pensiero compositivo oggi. Se fossi stato un mio collega e fosse uscito un libro del genere, l’avrei senza dubbio acquistato e poi magari fatto a pezzi… Quindi mi sarei magari aspettato mail al veleno e insulti. Al contrario, non mi sembra che ci sia stato praticamente uno dei miei oltre duecento colleghi di composizione che abbia acquistato il libro, tranne i miei amici più stretti. Mi sembra che in questo momento venga meno la voglia di cercare, di sperimentare, di capire, siamo tante monadi chiuse in noi stessi. Ed in fondo la colpa non è nemmeno del tutto nostra. Viviamo in un mondo che ci ignora e ci disistima, quindi impariamo a fare da soli, a percorrere un cammino solitario e dopo tanti anni si diventa più insensibili al mondo esterno, meno curiosi. Oggi si procede a vista, in solitaria, per stanchezza e disillusione, mentre al contrario, mai come oggi, abbiamo bisogno di confrontarci, di discutere, di pensare…
Tuttavia vorrei concludere con una nota positiva e sottolineare come la forza del pensiero di Rodari è davvero straordinaria. Era il 2012 quando uscì il primo volume, della Grammatica dell’Armonia fantastica, ed io ero appena arrivato al conservatorio di Castelfranco Veneto. Qui ho messo a frutto le idee nate in quel libro e, attraverso dei laboratori, concepito questo secondo volume. In qualche modo queste idee hanno avuto il loro effetto se, a sei anni di distanza, e grazie anche a dei colleghi straordinari, le nostre classi di composizione si sono riempite e quest’anno abbiamo avuto 24 domande di ammissione. Così tante non le ricordavo nemmeno negli anni d’oro di un conservatorio grande come quello di Bari. Questi ragazzi avvertono un’atmosfera diversa, sentono la cura, il rispetto, la libertà. Non avrei potuto chiedere di meglio, e ringrazio Gianni Rodari ed il suo genio…
 

>>> In allegato l’indice del volume

 

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