Una fiaba per fare musica
Alla fine degli anni settanta e ai primi ottanta del secolo scorso si sono moltiplicate iniziative finalizzate al potenziamento dell’insegnamento della musica nelle scuole, fino ai nuovi programmi della scuola media (1979) e alla elaborazione di nuove proposte per nuovi programmi nella scuola elementare (1985). In quegli anni accanto al rinnovamento dei libri di testo della scuola media sono stati pubblicati numerosi libri e sussidi didattici rivolti alla scuola dell’infanzia e primaria, con proposte mirate alla valorizzazione di tutti i suoni e i rumori del paesaggio sonoro attraverso anche l’uso di storie. Tra queste pubblicazioni buon successo ebbe il volume Rumorino e Mago Silenzio di Loredano Matteo Lorenzetti (Edizioni Ricordi, 1981). Da anni introvabile, il volume è stato recentemente ripubblicato con una nuova veste grafica ed alcuni aggiornamenti presso le Edizioni ECO.
In occasione dell’uscita del volume abbiamo rivolto a Lorenzetti alcune domande.
Musicheria: Da tanti anni lei si occupa di educazione musicale, argomento che è stato oggetto di tante sue ricerche e riflessioni pedagogiche e psicologiche, dei suoi insegnamenti universitari e delle sue attività nel campo della musicoterapia. Quali cambiamenti ritiene siano avvenuti sul piano culturale e sociale per quanto riguarda l’educazione musicale e in genere l’educazione alle arti?
Loredano Matteo Lorenzetti: Può sembrare eccessivo attribuire al progressivo avanzamento tecnologico un mutamento di paradigma culturale e sociale. Tuttavia, in metà secolo, si è assistito a una crescente crisi dei fondamenti concettuali delle differenti forme del sapere. E dei modi d’esprimere e trasmettere la conoscenza. Evoluzione e trasformazione che, in aggiunta, a metà degli anni ’80 (1986) ha risentito notevolmente dell’ingresso di Internet e del Web nel nostro Paese. Da allora, si può dire, che vi sia stata una svolta epocale e un cambiamento epistemologico, che ha interessato la stessa concezione di comunicazione, di relazione, di percezione della realtà. Ciò influenzando l’etica e l’estetica del conoscere e dell’apprendere. E’ indubbio che vi siano stati vantaggi notevoli sul piano educativo musicale e dell’arte, potendo disporre di mezzi virtuali utili alla didattica. Ma più in generale si è trattato d’una presa di coscienza della necessità di nuovi metodi d’apprendimento – anche grazie all’innovazione portata dalla ricerca nel settore della psicologia dell’apprendimento e dell’educazione – adeguati alla trasformazione culturale e sociale avvenuta. E’ mia convinzione, come ho sempre scritto, che l’educazione, come tutta la conoscenza, riguardi il tema dell’estetica e dell’etica. Dell’immaginazione e della poesia dell’esistenza che hanno il compito d’aiutare la persona a essere autenticamente se stessa e declinare la propria esistenza in un progetto e destino di bellezza. Ora il problema che si pone ai nostri giorni è quello di comprendere, valutare, significare questo cambiamento e questo iper-tecnologismo – fortemente indirizzato a un’implementazione modificante, addirittura, stili cognitivi, comportamentali, estetici, valoriali, esistenziali (tralasciando altre importanti e fondamentali dimensioni culturali e sociali) – per non subirlo e, al contrario, renderlo mezzo di soccorso alla realizzazione di sé.
M.: Cosa l’ha spinto a rielaborare Ruomorino e Mago Silenzio e perchè ritiene ancora attuale il libro dopo oltre trentacinque anni dalla sua pubblicazione?
L.M.L.: Quello che in tutti i tempi ha sempre affascinato, in maniera molto efficace il pensare del bambino, è la fiaba. La disposizione del bambino alla narrazione è connaturata alla sua capacità immaginativa e fantasiosa. La storia di Rumorino e Mago Silenzio è un ‘tramite’ per catturare l’attenzione e promuovere ideazioni, immedesimazione, invenzioni. Rendendo il bambino protagonista – anche grazie alle schede-gioco che accompagnano il testo – della propria scoperta del mondo dei rumori, dei suoni, del ritmo. L’attualità di questo strumento didattico, per un’educazione musicale di base, risiede sia nella possibilità d’impiego in ambito familiare, sia scolastico, sia del tempo libero e ludico. Ma ancora più funzionale è la dimensione animativa immaginativo-inventiva che l’adulto può ricavarne al fine d’affiancare il bambino nelle sue proposte elaborative della narrazione. Tornando al quesito precedente, i modelli, i materiali didattici e i sussidiari oggi impiegati in ambito educativo, in parte, risentono d’una carenza d’attivazione delle condotte immaginali e, in parte, dal muovere da quella che ho chiamato la proposta del bambino che si oppone alla logica della risposta del bambino. Modalità, questa, ancora piuttosto presente nei processi di strutturazione dell’apprendimento e nella sua nella valutazione. Questo libro è orientato non alla spiegazione d’elementi di base della musica, bensì a dispiegare un’elaborazione deduttiva, personale, di conoscenze in forme giocose, divertenti, che possono appassionare i bambini. E il piacere è una dimensione – da sempre – particolarmente motivante l’apprendere.
M.: Quali consigli o suggerimenti darebbe a chi oggi si appresta a diventare insegnante e insegnante di musica nei vari ordini di scuola?
L.M.L.: Temo che ciascuno debba fare esperienza secondo la propria formazione e le circostanze che deve affrontare. Però vi sono alcune considerazioni che possono fungere da principi irrinunciabili: il rispetto e la sacralità di ciascuna persona e della sua unicità, irripetibilità, autonomia, libertà di pensare fare essere, costruire il proprio modo d’apprendere e di declinare la propria identità e personalità. Maria Montessori invitava l’adulto ad ascoltare un’esigenza del buon sviluppo del bambino e d’un apprendere efficace, con l’espressione: “Aiutami a fare da solo”. Il che vuole anche dire: dammi fiducia; lasciami svolgere qualsiasi compito secondo i miei tempi; non sostituirti a me in nessun pensiero e comportamento, ma fungi da Io-ausiliario e sostenente; adopera nel rapporto educativo la logica della scoperta della conoscenza, piuttosto che la formale sua trasmissione; concedimi la massima libertà esplorativa, anziché la disciplina del ‘si fa così’; lasciami agire in modo personale affinché possa mantenere e rafforzare la mia originalità. In altri termini la semplice condizione di riconoscimento e di rispetto della dignità e della diversità d’ogni persona di qualsiasi età, a qualsiasi cultura appartenga, qualsiasi sia la sua condizione. Già mettere in pratica solo questi principi mi sembra un ottimo avvio d’un piano educativo, tralasciando parecchio altro. L’atto educativo incide nel futuro della cosiddetta famiglia universale. La responsabilità dell’educatore sta nel non soffocare il nuovo e la novità di cui è portatore ogni bambino. Più si va a uniformare le persone, più s’impiegano criteri che vanno nella direzione di favorire schemi di pensiero, di visione unica (il tanto citato pensiero unico, dal francese pensée unique) della realtà, dei valori, delle scelte, degli orientamenti dei gusti e via di seguito, più si negano le differenze soggettive. E la vitalità, le energie, le possibilità di cambiamento insite nel nuovo che il bambino è e provoca vengono respinte e spente.
Senza andare oltre, benché l’argomento sia importante e intrigante, vorrei citare conclusivamente ancora alcune frasi significative (tratte dal libro Il bambino in famiglia) della nostra pedagogista marchigiana Maria Montessori sulla dignità umana, sulla personalità e la creatività, sulla bellezza d’ogni persona: “La dignità umana deriva dal sentimento della propria indipendenza”; il bambino, come tutti gli esseri umani “ha una personalità tutta sua” e “porta con sé la bellezza e la dignità dello spirito creatore”. Inoltre dal concepimento del piccolo d’uomo, e per tutta la vita, la persona va considerata come “un’opera d’arte della natura”, il cui compito primo ed essenziale è “la formazione della vita interiore”. Erich Fromm, nell’opera Dalla parte dell’uomo, sostiene che il compito principale nella vita di ognuno è dare alla luce se stesso. Allora appare chiaro che il principale compito dei genitori e degli educatori è pure quello di favorire il bambino nel dare alla luce se stesso, permettendo a ciascun bambino d’intraprendere la via verso se stesso, la propria autenticità, la propria arte d’inventarsi, interpretarsi, vivere. Cioè permettere di dare voce alla voce interiore che anima e guida la vita di ciascuno.