Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Un “bell” flash mob

Anna Jacassi

Un’esperienza con oasi di silenzio

La scuola secondaria di I grado “Gaudenzio Ferrari” di Vercelli ha proposto alla città un’idea scaturita dal lavoro che gli alunni stanno svolgendo, con la scrivente docente di Musica: porre attenzione al paesaggio sonoro, così mutato in questo drammatico periodo. Ho invitato i miei alunni delle classi prime e seconde a dedicarsi qualche “oasi di silenzio” e ad inviarmi le loro osservazioni. Certa proprietà e ricchezza di linguaggio, nei loro scritti, fa ipotizzare aiuti adulti, ma che bello pensare ai genitori che si mettono, anche loro, in ascolto! Sono “entrata”, così, nelle loro case e nei loro pensieri.

In questa involontaria clausura, ci si apre ad una più fine percezione, ad esperienze sinestetiche: “il balcone è una valvola di sfogo: esco e sento gli uccellini cantare, i profumi a cui prima non prestavo attenzione, il rumore della pioggia e il cielo grigio; ho perfino imparato a riconoscere il rumore dei diversi camion dell’immondizia”.

È comune la sensazione che manchi qualcosa: “l’assenza più sconvolgente è quella delle voci umane”.

E che imperi il silenzio: “tutto è più silenzioso”. Un silenzio:
– che rasserena: “adoro che la sera riesco ad addormentarmi con facilità, perché sento solo silenzio”, “un rumoroso silenzio ovattato che suscita in me tranquillità e calma”;
– che turba, è fuori posto: “un silenzio innaturale”, “un mondo strano”, “un silenzio molto strano”, “chi abita nei paesi, come me, nota poche variazioni, ma nota un silenzio strano persino qui”, “non amo per niente il troppo silenzio, capisco in mezzo ad un bosco, in una biblioteca, in una chiesa, al cimitero, ma così è troppo”, “questa situazione mi frastorna”.

I rumori rappresentano un’appartenenza: “il silenzio, che da una parte mi piace perché mi rilassa, a volte mi rattrista perché mi piacerebbe sentire il rumore della mia strada, cioè la normalità che a volte mi manca”.
Eppure il silenzio si riempie: “abituati come siamo ai rumori, questo inatteso silenzio permette di percepire un paesaggio sonoro urbano diverso”.
La riduzione del rumore causato dai motori evidenzia i suoni che, pur facendo parte sempre del nostro mondo acustico, vengono nascosti o “dimenticati”.

È emerso un vissuto fatto di:
– suoni di casa, che offrono abbracci sicuri: “appena in piedi sento il rumore dell’acqua nel bollitore e la voce del giornalista che legge le notizie alla radio; più tardi c’è il rumore dell’aspirapolvere o della lavatrice e le notifiche del tablet o del cellulare”, “il brusio dell’hard disk”, “il ticchettio dei passi del mio coniglietto”;
– suoni dei vicini, che solleticano la curiosità, ma danno un po’ fastidio: “sento i loro passi, la musica che mette il figlio, l’aspirapolvere e le urla quando litigano”;
– suoni inquietanti: molto più frequenti le sirene delle ambulanze che “rompono il silenzio” e “non segnalano nulla di bello”;
– suoni della natura, che risultano scoperti e vengono riscoperti. Come i versi degli uccelli che (incredibile!) sono tanti e così diversi l’uno dall’altro: “sento i primi grilli che friniscono”, “il cinguettio degli uccelli prima era coperto dal rumore dei motori”, “nulla, solo qualche uccellino”, “ho sentito gli uccelli cantare: erano tanti!”.

E poi le campane, che mappano le abitazioni dei miei alunni: “si possono sentire suoni che prima non si sentivano o si sentivano poco, ad esempio le campane”, “in lontananza il suono di una campana”, “le campane di San Paolo”, “le campane di Santa Maria Maggiore”, “le campane del Duomo”.
E si rifletteva sul suono delle campane, al quale ora i ragazzi fanno più attenzione, e di come il suono del metallo sia considerato sacro in molte religioni in tutto il mondo: scaccia i brutti pensieri, scandisce il tempo, invita alla preghiera e alla meditazione, segna la festa…
Abbiamo detto della consuetudine per cui, nella settimana che precede la Pasqua, le campane debbano tacere per poi “risvegliarsi” a nuova vita nel giorno di festa.
Così è maturata l’idea di coinvolgere tutti in un “BELL FLASH MOB“. Attenzione è stata posta nell’informarci sugli usi nelle diverse religioni. Nella pratica dell’Islam, ad esempio, non si utilizza il metallo, ma è importante, mi hanno detto, che gli strumenti siano “aperti” e non “chiusi. I coperchi e le padelle potevano andar bene. L’iniziativa è stata comunicata attraverso il sito d’istituto, i social, gli organi di stampa e i media locali e sono state diffuse le seguenti istruzioni:
BELL FLASH MOB. Quando, cosa e come si fa:
– Domenica 12 aprile (Pasqua). Alle ore 12 suoneranno tutte le campane della città (e anche nei paesi) e noi inizieremo con loro, proseguendo fino a quando faranno silenzio (qualche minuto).
– Suoneremo oggetti di metallo risonanti, per moltiplicare il suono delle campane. Non dobbiamo fare tanto rumore, ma produrre un piacevole effetto. Videoregistriamoci per documentare l’evento.
– Occorre avere due o tre oggetti di metallo risonanti (in grado di fare un suono prolungato e “armonioso”, possibilmente).
Devono essere sorretti con una mano o con un sostegno, ma lasciati liberi di risuonare: se qualcosa li tocca, il suono si ferma!
Colpiamoli con precisione e gentilezza con un apposito battente o con le nocche delle dita, con un cucchiaio di legno, con una matita o una penna: provate l’esito e scegliete il migliore.
E lasciamoli risuonare… Lasciamo almeno due secondi fra un suono e l’altro dello stesso strumento, ma, nel frattempo, possiamo percuotere l’altro o gli altri: il risultato dovrebbe essere quello delle campane, un “din, don, dan”.
E quel giorno le campane del Duomo di Vercelli, su nostra richiesta e per gentile concessione dell’Arcidiocesi, hanno risuonato per tredici minuti.
Abbiamo coperto un’area che usciva dalla città e che si estendeva da Olcenengo a Stroppiana, a Motta de’ Conti e che, con qualche contributo, arrivava fino a Santhià, Morano Po e ad Alessandria!
Con Luna Iemmola, amica studentessa all’Accademia “Albertina” in grado di usare il software “Adobe Premiere Pro”, ho curato il montaggio dei numerosissimi video ricevuti, bilanciandone i volumi. Nel video spero di aver dato risalto all’impegno e alla creatività dei miei alunni, che a volte hanno coinvolto anche le famiglie, nella ricerca di materiali e di tecniche.
Ora i ragazzi stanno registrando il canto degli uccelli e tentano di imitarli con strumenti, voci, oggetti, fischi. Stanno rielaborando le tracce con vari programmi di editing audio per farne, poi, un’unica composizione. La ricerca continua.

>>> video in allegato

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