Intervista ad Augusta Dall’Arche
Lo spazio fuori di noi, vince e traduce le cose*
* RAINER MARIA RILKE, Poème L’Arbre, giugno 1924, tradotto da Claude Vigée, pubblicato sulla rivista «Les Lettres», voi. IV, nn. 14-15-16, p. 13.
Il suono è un fenomeno fisico, non un oggetto. Per esistere ha bisogno di una sorgente, cioè di un corpo vibrante e di un mezzo elastico di propagazione in cui le onde possano viaggiare.
La qualità dell’esperienza di ascolto è strettamente legata al luogo, alla sua conformazione, agli oggetti che lo “abitano”, e quindi al percorso che l’onda sonora compie, partendo dalla sorgente, attraversando il mezzo elastico, per giungere al nostro apparato uditivo.
Nella progettazione, organizzazione e realizzazione di eventi musicali si dà, forse, poca importanza alla scelta e all’allestimento dello spazio ospitante la performance. Il luogo designato per un concerto, invece, ospita i suoni e le musiche, modellandoli acusticamente, facendoli riverberare, amplificandoli, e divenendo, a sua volta, strumento musicale.
In quali modi si può valorizzare e promuovere la diffusione della musica, anche prendendo in considerazione spazi nuovi o poco consueti? Si può andare oltre il concetto di performance musicale che, spesso, vede in contrapposizione la figura dell’interprete e quella del pubblico? È possibile offrire al pubblico adeguate esperienze per la fruizione di opere musicali?
Per provare a dare una risposta a questi interrogativi, ho rivolto alcune domande alla professoressa Augusta Dall’Arche, docente di Pedagogia Musicale presso il Conservatorio “Umberto Giordano” di Foggia, protagonista e promotrice dei due eventi musicali oggetto di questa intervista.
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