Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Essere in musica

Elementi per una pedagogia della musica

Il saggio allegato è tratto da: Teresa Camellini, Elita Maule, Mario Piatti, Maurizio Pisati, Giuseppe Porzionato, Annibale Rebaudengo, Prove e saggi sui saperi musicali. Ricercare per insegnare, ETS, Pisa 2003.

Tenendo come sottofondo le questioni presentate nell’introduzione, sono stati scelti tre ambiti di riflessione che, a mio avviso, possono fornire alcune coordinate di riferimento per chi desidera approfondire il proprio pensare e il proprio agire nel campo della pedagogia musicale. Ovviamente i tre ambiti costituiscono solo uno dei tanti modi possibili di descrivere alcune regioni del vasto territorio della pedagogia della musica. Inoltre, i tre ambiti non vanno letti secondo un criterio di successione logica, ma piuttosto, come oggi si usa dire, con un’attenzione ai possibili intrecci ipertestuali, dal momento che i diversi aspetti presentano alcune interfacce; per questo, per esempio, non ha senso parlare di modelli di programmazione senza tenere conto della strutturazione dei cicli scolastici o delle condizioni operative (spazi, attrezzature, materiali, ecc.), o, anche, non possiamo riconsiderare i fondamenti del sapere musicale senza agganciare questo sapere alle metodologie e alle didattiche specifiche. I tre ambiti scelti sono:

  1. le pratiche musicali e i vissuti che nelle diverse realtà socioculturali di oggi sono connotati da molteplicità di esperienze, di forme, di funzioni; si potrebbe dire che vogliamo guardare e ascoltare la realtà con occhi e orecchi socio-antropologici;
  2. i contesti formativi in cui ciascuno e ciascuna di noi apprende, elabora, manipola le proprie conoscenze-competenze, costruendo la propria identità musicale sulla base di bisogni, motivazioni, condizionamenti, scambi, relazioni educative; e i sistemi scolastici, con i diversi elementi che compongono la loro struttura: dalle disposizioni normative oggi particolarmente rivolte al decentramento e all’autonomia didattica e organizzativa, alla valorizzazione delle cosiddette risorse (anche musicali) del territorio per la costruzione di sistemi formativi integrati; dai diversi modelli di programmazione e progettazione educativa e didattica, alle scelte relative ai contenuti di apprendimento/insegnamento;
  3. infine, le professioni educative (musicali), ambito che comporta una riflessione sui diversi livelli di formazione (di base, iniziale, in servizio); sulla molteplicità di funzioni e di ruoli richiesti dall’evolversi della situazione socioculturale, nonché economica; sui contenuti formativi che rimettono in gioco stereotipi disciplinari e competenze professionali.

Si è preferito non appesantire il testo con note e citazioni dirette (se non in qualche caso), rimandando i lettori a quegli autori e alle loro opere che in particolare mi hanno aiutato a capire e/o ad approfondire i diversi aspetti dei problemi e degli argomenti esposti. Ciascuno potrà crearsi i propri percorsi di lettura e di ricerca (attraverso un possibile gioco di rimandi da un testo all’altro, da una bibliografia all’altra) nel caso voglia sviluppare i temi qui presentati. Ma oltre ai libri citati, credo di essere debitore del bello e del buono di queste pagine anche alle colleghe, ai colleghi, alle allieve e agli allievi con i quali ho condiviso l’avventura delle Scuole di Didattica della Musica dei Conservatori di Venezia, Castelfranco Veneto e La Spezia. Al contrario, mi assumo totalmente la responsabilità dei limiti di questo contributo; ma per questo confido sulla benevolenza di chi legge.

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