Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Laboratorio MUSICA – Cap. 1

Storia e contenuti della rivista mensile pubblicata tra il 1979 e il 1982 e diretta da Luigi Nono

 

Alcuni gruppi musicali fiorentini nel corso del 1978 costituirono un coordinamento, sostenuti dall’Arci locale. Partecipavo al coordinamento come gruppo TRIA (allora suonavo con Paolo Lotti e Guido Bresaola); durante un incontro qualcuno lanciò l’idea di produrre una rivista, cercando di coinvolgere realtà anche di altre regioni. In occasione del convegno La didattica musicale tra iniziative di base e intervento delle istituzioni che si tenne dal 14 al 17 settembre 1978 a Venezia, promosso dall’Arci nazionale[1], il coordinamento fiorentino lanciò la proposta anche ad altri gruppi: fu così che nacque Laboratorio Musica. Durante i primi mesi del 1979 da parte dell’Arci nazionale (proprietaria e editrice della testata tramite la Cooperativa Nuova Comunicazione) fu messa a punto la struttura organizzativa per la diffusione della rivista in edicola, mentre il comitato di redazione organizzò la programmazione del primi numeri.

Col n. 1 Luigi Nono accettò di dirigere la rivista. Le pubblicazioni cessarono col n. 31, Aprile 1982.

Pensando di fare cosa utile – la rivista è praticamente introvabile – intendo pubblicare alcuni materiali di Laboratorio Musica, a partire dalle copertine e dagli indici.

Iniziamo quindi dal n. 0, uscito come supplemento a Notizie Arci del 15 gennaio 1979. Nel file allegato sono riportate la copertina, la presentazione e l’editoriale in cui si sottolineano le finalità e i contenuti dell’iniziativa: «Laboratorio Musica vuole offrire materiali e indicazioni per qualche possibile risposta al “che fare con la musica?”. Questo il problema di fondo che sostiene la struttura interna della rivista e ne individua il taglio metodologico: un fare che significa anche esprimere (e/o anticipare?) una serie di tendenze della realtà sociale; richiedere una maggiore e più cosciente partecipazione alle scelte; ricercare nuovi modi di espressione e comunicazione per uno sviluppo della creatività presente in ogni persona».

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[1] Al sottoscritto venne affidata la cura redazionale degli atti. L’unica copia dattiloscritta del materiale rivisto e corretto, inviata alla redazione milanese della rivista, girò per qualche tempo negli uffici, sparendo alla fine in qualche cassetto, se non in qualche cestino. Peccato, perché ci furono interventi importanti sia sul versante dell’analisi culturale e politica sia su quello più specifico della didattica musicale relativa alle scuole di musica e all’educazione musicale scolastica. Particolarmente significativa fu la relazione introduttiva di Marcello Ruggeri dell’Arci nazionale, che, partendo da una analisi della situazione politico-legislativa, affrontava il tema della qualità dell’attività didattica ed educativa delle Scuole Popolari di Musica e la loro potenzialità aggregativa, nella prospettiva di una riforma delle attività musicali sul piano istituzionale e politico, con riferimento anche al decentramento e alle attribuzioni delle Regioni e degli Enti locali, nonché con le trasformazioni in atto nel mondo della scuola. Aspetti specifici furono poi discussi sulla base delle relazioni di Vincenzo Canonico, Gualtiero Bertelli, Gino Stefani, Boris Porena, Bruno Tommaso, Franco Fabbri, Mario Baroni e Rossana Dalmonte, Giovanni Piazza e Maria Elena Garcia, Domenico Cardone. Tra i documenti distribuiti ai partecipanti al seminario, conservo ancora diversi testi riguardanti gli aspetti organizzativi e didattici delle Scuole Popolari di Musica presentati dal Testaccio di Roma (con anche un contributo di Giovanna Marini su Come nasce uno spettacolo alla scuola di Testaccio) e da L’Orchestra di Milano, oltre che da alcuni Cam (Centri di Attività Musicale), in particolare del Veneto. Questi ultimi, come risulta da un articolo tratto da Realismo, n. 15, marzo 1977 e fatto circolare in quella occasione, si ponevano l’obiettivo di «… creare, nel campo musicale, dei centri di attività e di produzione che vivano direttamente a contatto con le masse popolari e i giovani in particolare. […] Caratteristica di questi centri sarà quella di fornire strumenti culturali e tecnico-musicali che, rifiutando l’ottica oggi prevalente della formazione di un ascoltatore più critico, preparino le masse all’iniziativa diretta in campo musicale, ribaltando il rapporto passivo tuttora esistente tra produzione musicale e ascolto».

 

 

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