Musicheria. La rivista digitale di educazione al suono e alla musica

Passo da questa piazza tutti i giorni e non sapevo che…

Sara Maino

Laboratori di ascolto attivo del paesaggio umano e culturale del Trentino

Contributo presentato in occasione del Convegno di Urbino, “I saperi dall’ascolto: percorsi educativi nel paesaggio sonoro”- 26 settembre – 1 ottobre 2022.
FKL | Associazione CSMDB | Università degli Studi di Urbino Carlo Bo.

 

Noi tutti costruiamo nel tempo il nostro paesaggio sonoro, così come il nostro gusto musicale e la capacità di ascoltare l’altro. Educare all’ascolto ha una forte valenza formativa: costituisce un obiettivo non solo disciplinare ma anche educativo in senso lato.
Nei laboratori didattici di ecologia acustica sviluppati in Trentino e in varie regioni italiane con Portobeseno e, più recentemente, anche con il Centro Studi Judicaria di Tione, utilizzo metodi, tecniche ed esercizi che prevedono la registrazione dei suoni ambientali per affinare l’orecchio di allieve e allievi alla raccolta delle biografie narrate di una Comunità.
L’educazione all’ascolto della musica e della parola passa attraverso un percorso di allenamento, attenzione e riconoscimento degli stimoli sonori dell’ambiente. Essi offrono lo spunto per narrare la propria esperienza di esplorazione del contesto e contribuiscono a fondare la memoria, individuale e collettiva.

Sara Maino

Fig. 1 Laboratorio Ascolto Nomi, Vallalagarina 2022

 

La filosofia dell’ascolto dei percorsi didattici particolarmente riferiti alla dimensione del paesaggio sonoro prevede un approccio pratico, esperienziale.
In questa pratica, l’oggetto dell’ascoltatore è costituito dai suoni ambientali di un luogo, così come dalle sue storie, dai racconti delle persone incarnati nelle sfumature dei loro timbri, ma anche dalla morfologia stessa del paesaggio. Tutto inizia dal saper ascoltare e dal saper vedere.
Entrare in contatto con un luogo significa, primariamente, mettersi in relazione: adattarsi, disporsi senza dominare; significa porsi in una relazione attenta, aperta e reciproca, dove colui che ascolta viene assorbito armonicamente nel paesaggio e al tempo stesso ne determina le sue caratteristiche con il suo atteggiamento. Tale consapevolezza favorisce una più affinata dimensione ascoltante, che sottende anche il saper trarre ispirazione da ciò che ci circonda. Ascoltare per comprendere. Si parla del recupero di un’arte smarrita, perché racchiude anche l’ascolto del mondo interiore.
Come educatrice nel corso degli ultimi vent’anni ho interagito con circa quattromila allieve e allievi di ogni età. Bambini, giovani, anziani percorrono insieme il territorio, lo riscoprono, lo osservano ascoltandolo, in un incontro intergenerazionale diretto alla ricostruzione della propria storia di cui diventano protagonisti attivi e custodi.
Le pratiche legate alla dimensione del suono e dell’oralità fungono da strumenti di relazione per attivare un ascolto più consapevole e attento in grado di risvegliare e catalizzare energie creative.
Con questo intervento intendo presentare l’evoluzione della didattica, applicata o derivante dall’indagine sui suoni ambientali, nel corso dei laboratori che conduco in qualità di esperta presso diversi istituiti comprensivi del Trentino, lavorando per due organizzazioni:

– il festival Portobeseno[i], sito in Vallagarina che estende la sua attività all’Altopiano di Folgaria e Lavarone, Rovereto, Alto Garda, progetto di ricerca sullo studio del paesaggio sonoro e delle sue applicazioni in campo didattico e artistico, che curo assieme a Davide Ondertoller da diciotto anni;
– il Centro studi Judicaria[ii] di Tione, associazione culturale dedita alla ricerca, allo studio e alla pubblicazione degli aspetti storici, artistici e ambientali delle Valli Giudicarie, che presta un’attenzione particolare al mondo della scuola programmando percorsi e laboratori negli istituti di ogni ordine e grado del vasto territorio di competenza (i Comuni delle Valli Giudicarie, della Valle dei Laghi, dell’Alto Garda e Ledro e di parte dell’altopiano della Paganella) con l’intervento dei propri esperti sulle diverse tematiche e discipline.

La presentazione verte sul racconto delle esperienze didattiche mostrando come le attività collegate allo studio del paesaggio sonoro, delle sue caratteristiche, e l’esplorazione ambientale sono a tutti gli effetti una formazione propedeutica in grado di generare stupore e conoscenza per l’approfondimento interdisciplinare dei programmi scolastici, entrando a pieno titolo nei percorsi di educazione alla cittadinanza, sempre più richiesti dai docenti. In questo senso, si riscontra un bisogno emergente di partecipazione ai laboratori di ascolto e di ecologia acustica anche da parte degli adulti, con una crescente richiesta di formazione specifica.
E così, per quanto concerne la scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado[iii]: nei progetti “Ascolto e invento e Ascolto e narro”, nell’ambito delle proposte di geografia, paesaggio, ambiente, sono offerti laboratori di allenamento all’ascolto e rafforzamento delle capacità di concentrazione e di relazione, con giochi ed esercizi dedicati, uscite sul territorio per scoprire, registrare i suoni ambientali con strumenti tecnico-digitali, lavoro in classe, creazione di mappe con la rappresentazione grafica e con l’associazione di suoni, colori e parole; i laboratori di “Toponomastica attiva: Ascolto di terre”, per una conoscenza del territorio a partire dalle fonti scritte e orali con l’ascolto delle testimonianze; “Laboratorio di erbe spontanee”, per imparare a riconoscere le erbe edibili a partire dall’ascolto ambientale e da un’osservazione più consapevole; “Garda sounds”, UPT Scuola per le professioni per il terziario di Arco; per gli adulti i laboratori “Suono immagini e le immagini suonano”, “Identità sonore”; per i bambini e le bambine “Narrare Besenello”, “Chiaroscuro Volano”, “Microstorie del commercio Folgaria”, “Ascolto Nomi”, con la raccolta di testimonianze ed interviste, archivi digitali, brevi testi e storie sonorizzate, riguardanti il materiale che le generazioni del passato consegnano alla storia sonora del proprio contesto di vita.
È con la cifra dello stupore, che mi è propria sin dall’infanzia, con la quale mi sono dedicata ai percorsi educativi che conduco ormai da quindici anni, soprattutto nell’ambito del progetto Portobeseno, di cui sono co-curatrice.
Portobeseno è un progetto annuale che confluisce in un festival, giunto alla sua diciottesima edizione. Nato a Calliano in Alta Vallagarina è una fucina di sperimentazioni artistiche e didattiche nell’ambito del paesaggio sonoro, delle memorie di comunità e della Rete. Dalla gente a Internet e ritorno. Dal 2005 ideiamo e produciamo decine di progetti culturali educativi spettacoli installazioni performance selezionando luoghi significativi e inusuali: dal castello di Beseno al territorio circostante, abbracciandolo interamente; abbiamo realizzato anche interventi specifici nel resto d’Italia, presso scuole, associazioni e festival.

Fig. 2 Laboratorio Ascoltare Besenello 2022

Percorsi educativi

I percorsi educativi realizzati nell’ambito del progetto Portobeseno sono attivi dal 2009. Si è partiti con l’esplorazione del territorio dell’Alta Vallagarina e dai Comuni di Calliano, Besenello e Volano in collaborazione con l’IC Alta Vallagarina. Si sono estesi negli anni a molte Comunità del Trentino Orientale e Occidentale,  Altopiano di Luserna e Folgaria, della Vigolana, delle Giudicarie, Alto Garda e in altre province e città italiane, da Roma a Padova.
I laboratori, che rientrano in un’ottica di educazione alla cittadinanza, iniziano con l’esplorazione dei suoni dell’ambiente di un territorio per imparare a conoscere, riconoscerli, abitare e custodire. E anche interpretare.
Il percorso contempla diverse pratiche di ascolto: dagli esercizi sensoriali, passeggiate di suoni, al soundscaping con registratori digitali e cuffie, di cui sono protagonisti attivi i bambini e le bambine che diventano ricercatori dell’ascolto e della raccolta del serbatoio sonoro del proprio luogo.
Pratiche che si ispirano agli studi di Murray Schaefer, inventore del paesaggio sonoro, e di Hildegard Westerkamp, artista e ricercatrice sull’infinitamente piccolo e sulla nostra disponibilità verso il mondo, sulla dimensione psicologica e psicoaudiofonologica.

Fig. 3 Still frame dal documentario “I custodi dei suoni”, 2017

 

Per quale motivo diamo così importanza a questa relazione col suono? Perché è una relazione di spazio. E con il proprio corpo. Ascoltare attivamente un luogo ci porta a un ampliamento di orizzonti. A un ascolto profondo, secondo la ricercatrice e musicista Pauline Oliveros.

Scoperte in un dialogo tra insegnante e allievi.
Domanda: «Come stai dopo aver ascoltato i suoni intorno a noi?»
Risposte: «Sono più libera», «Mi sento rilassata», «Mi sento bene».
Domanda: «Com’è il tuo spazio interiore ora?»
Risposte: «Grande».
Domanda: «Perché prima com’era?»
Risposte: «Piccolo», «Compresso».

 

Le fasi

I percorsi di ascolto si svolgono in diverse fasi. Contemplano un approccio laboratoriale, maieutico, quindi socratico, non giudicante, accogliente e focalizzato su quello stupore che stimola la conoscenza. Stupore del potersi guardare, senza preoccupazione, ascoltare dentro e intorno, al banco, nell’aula, dentro la  scuola, dentro un paese, per capire come suona.
E si comincia così a capire, investigare, indagare i suoni di un territorio, le impronte sonore che possano nutrirci, renderci più consapevoli del paesaggio in cui siamo immersi, di come reagiamo ad esso e di come noi influenziamo quel paesaggio stesso, un paesaggio umano, culturale.
Dopo questa fase di “pulizia dell’orecchio” e attivazione dell’ascolto, si procede alla fase registrazione dei suoni ambientali. Il lavoro è organizzato in piccoli gruppi, fondamentale per potersi dedicare bene oggi, sempre in collaborazione con i docenti: significa prestando  attenzione a tutti – perché siamo in un laboratorio dove si sperimenta – ed è necessario il tempo di farlo.
Questa fase stimola la collaborazione tra pari: ci si passa il registratore di mano in mano, si impara pensando/sentendo dove/come puntare il microfono cosa registrare e perché, utilizzando una tabella per la catalogazione.
In aula si giunge alla fase di rielaborazione, in cui si esercita il pensiero critico e immaginativo sui suoni selezionati e registrati, di cui sei diventato custode. Prevede un riascolto per riconoscere e identificare la voce dei luoghi; anche quella divertente: le macchinette del caffè, i suoni di un tombino, della lavanderia, della pioggia, del torrente e di una fontana: tutto il mondo suona!
Sono utilizzate parole chiave per significare emozioni, immagini non stereotipate, per riconoscere l’unicità della persona e favorire la sua espressione.

Fig. 4 Laboratorio Inventare Dro, 2016

 

La voce dei luoghi

Si riconosce la voce dei luoghi, senza giudizio, per accogliere gli stimoli immaginativi di un ascolto sinestesico. In questo modo si attiva la produzione di disegni elaborati cartelloni in gruppo con diversi materiali, la creazione di testi per i ragazzi di medie e superiori.

La rielaborazione assume uno spazio significativo.
«Ho imparato ad ascoltare! #emozione» Giulio 8 anni.
«Ci sono un sacco di suoni meravigliosi attorno a noi, soprattutto gli #uccellini!» Dioniso e Lisa.
«Ho imparato a immaginare nuove cose #bellezza» Thomas e Timothy.

Imparare ad ascoltare “meravigliandosi” è imparare a risvegliare tutti i sensi.
Afferma nel suo blog Annamaria Testa, saggista esperta di creatività e di comunicazione: «Sperimentare la meraviglia può essere un’esperienza illuminante, nella misura in cui obbliga chi la sperimenta a ristrutturare i propri schemi mentali e cognitivi (è il processo che Piaget definisce accomodamento[iv].
E prosegue: «La meraviglia può essere suscitata da un’ampia varietà di stimoli la cui unica caratteristica comune è portarci a farci sentire parte di “qualcosa di più grande”».
A sostegno di ciò, ricordo l’affermazione di un partecipante al laboratorio “Toponomastica attiva” di Daré, in Val Rendena, organizzato dal Centro studi Judicaria, che ho svolto nel 2021:
«Mah… passo tutti i giorni da qui e non sapevo che qui ci fosse…»
Ecco la conoscenza e consapevolezza di ciò che ci circonda.

Fig. 5 Laboratorio “Ascolto di terre”, 2021

 

In che modo questo allenamento abitua la mente a diventare attiva, competente e responsabilmente critica verso le complessità del mondo, secondo quanto afferma la filosofa Martha Nussbaum[v]?
In che modo può fungere da stimolo e diventare motore/catalizzatore di relazioni (intra e interpersonali)?
Vediamo di rispondere.
Queste sono le fasi propedeutiche di percorsi educativi che ci portano dentro i luoghi, utilizzando concetti di geografia ed etnografia sonora: territorio-paesaggio-comunità-testimone. Come in un ideale imbuto cognitivo o con una meravigliosa lente di ingrandimento puntiamo ora la nostra attenzione verso l’elemento umano del paesaggio.
Dopo questa attivazione dell’ascolto si passa alla fase progettuale della ricerca, la ricerca dentro la comunità, collegata alla memoria della gente.
È tempo di intervistare.
Questi laboratori “didattici” che rendono allievi e allieve ascoltatori attivi, risvegliati, si configurano anche come attività socioculturali, finalizzate alla raccolta e alla custodia della memoria della gente, e sottendono un fine educativo preciso, che è quello di attivare relazioni tra generazioni diverse e lontane tra loro, di far incontrare mondi che oggi si vogliono tenere ben separati, in compartimenti stagni: il mondo degli anziani, delle persone fragili, di chi non ha voce.
Soprattutto i giovani. E di serbare, custodire e amplificare le loro storie.
Gli incontri tra persone di età diverse avvengono spesso in luoghi pubblici, come le piazze, o nelle case della gente, la disposizione dei protagonisti assume sovente la forma del cerchio, perché è quella più democratica ed è accogliente, d’abbraccio, rilascia una sensazione che i nordici definiscono con hygge, benessere, qualcosa che fa stare bene.
È la forma del filò, del racconto.

Fig. 6 Laboratorio Narrare il territorio, 2011 

 

I temi

Dal 2020 presto la mia attività di esperta nelle scuole primarie anche per il Centro studi Judicaria[vi] di Tione, associazione culturale dedita alla ricerca, allo studio e alla pubblicazione degli aspetti storici, artistici e ambientali delle Valli Giudicarie, Chiese, Rendena, Alto Garda e Valli del Sarca.
Alla consueta proposta di percorsi di riconoscimento dei suoni ambientali si è affiancata la ricerca della conoscenza orale delle erbe spontanee del territorio con la raccolta di informazioni sul campo condotta insieme ai bambini e alle bambine intervistando le persone anziane.
Con Portobeseno, la progettazione che coinvolge le scuole abbraccia diversi altri temi: le radici delle attività di cooperazione, le fragilità umane, le pari opportunità, i sogni delle generazioni, memorie della guerra, i rifugi, mappe di narrazioni sensibili, chiaroscuri di tempi pandemici; raccolta di microstorie del commercio, storie di imprenditorialità e di realizzazione legate anche agli stereotipi di genere, al successo personale, ma soprattutto ai sogni della gente, per poter trarre forza dalle persone, dalle loro strategie e, al tempo stesso, condividere tempo e storia, formare micro-comunità di ascolto dialogante. Questo l’obiettivo principale.
Un tipo di apprendimento attivo che prevede l’adesione a u un tipo di pensiero e ragionamento critico che trae le sue origini lontane in Socrate, e si fonda sulla sensibilità empatica[vii] scrive ancora Nussbaum.

 

Le biografie narrate

Sono Narrazioni della vita quotidiana. Per Paolo Jedlowski narrazione significa «Mettere storie in comune. Le storie sarebbero rappresentazioni di sequenze di eventi, di azioni».[viii]

Mettere queste storie in comune significa farsi compagni di viaggio[ix], consolidare una comunità.
Scrive Jedlowski: «Raccontare è come portare a compimento la propria vita mostrandola a un altro. La difficoltà di raccontare può essere avvertita come una “deficienza dell’essere”, come una lacuna che è il destinatario a consentire di colmare: non è in gioco semplicemente la volontà di stabilire un contatto con altri, ma di condividere in profondità il proprio mondo, di vedere riconosciuta la propria voce e, con essa, la propria esistenza e la propria sensibilità. Narrare infatti è mettere in comune con gli altri una storia, costruendo i primi elementi di un mondo comune nel momento in cui vengono superati i confini che delimitano la nostra singolarità».[x]

Le allieve e gli allievi ascoltano le interviste da cui emergono ricorsività, tratti distintivi comuni, parole chiave, emozioni, concetti e pensieri raccontati da quel testimone su quel particolare tema, in cui potersi rispecchiare, riconoscere.

 

Le storie quindi ci accompagnano per mano

In questa fase ragazze e ragazzi, bambine e bambini hanno un ruolo sempre attivo perché sono protagonisti della ricerca, nella formulazione delle domande e nella creazione di un questionario da sottoporre ai testimoni, nella ricerca delle persone.
Sono collaboratori, reporter, cronisti, soundscaper di comunità, si passano i registratori in modo disciplinato imparando a collaborare senza grandi problemi.
Quando indossano le cuffie c’è lo stupore.

Fig. 7 Laboratorio Narrare il territorio, 2010

 

C’è quando affido la macchina fotografica, quando si affidano i ruoli di intervistatori e registratrici.
Come si supera il problema dell’attenzione? Spesso assegnando una responsabilità, che diventa un ruolo. Esci dal tuo stereotipo e assumi lo stupore di diventare altro, altro da te. Ti sposti di lato a osservare: osservare le tue possibilità, cosa può fare il tuo corpo, osservare gli altri. E in questo momento c’è la sorpresa, accadono scoperte, passi il confine che pensavi impossibile varcare.
Questa operazione che sembrava irrealizzabile fino a poco prima è un salto energetico, un salto culturale. L’ascolto è presente, lo stupore circola, le storie si narrano.

 

In classe e fuori, poi

Da Internet alla gente. Una volta in aula accade la rielaborazione che conduciamo con un nuovo sguardo: dalla raccolta in comunità del racconto si passa alla restituzione di comunità. Poiché tutto quello che è ascoltato nel grembo della collettività, anche temporanea, viene ripensato e, va reintrodotto per promuovere cortocircuiti rispetto al presente, iniezioni di fiducia, speranza, ricordi, memoria di luoghi e persone, emozioni.
Come? Attraverso degli storytelling guidati, rappresentazioni sceniche, multimediali, dove gli stessi protagonisti della raccolta sono invitati assieme ai testimoni a raccontare la loro esperienza dello stare insieme dentro un progetto di scuola attiva nel territorio.[xi]

Fig. 8 Laboratorio Narrazione sensibili, 2018

 

Archivi

Non è soltanto l’unico modo per farsi portavoce di un lavoro dentro il territorio: Portobeseno da anni organizza e archivia sul web tutte le testimonianze raccolte: circa ottanta narrazioni in Alta Vallagarina nella forma di clip di foto, suoni e racconti orali; ci sono anche documentari video e audio; la forma preferita è la playlist di narrazioni sonore su siti creative commons tutte mappate on line.
Lo scopo è restituire la forma della vibrazione della voce con documenti fotografici e disegni di fantasia, in cui si dà spazio all’intervista narrativa audio, al racconto, perché quella vibrazione sonora, che ha già raggiunto la sfera percettiva degli allievi, è emozione; e, anche in questo senso diventa relazione e memoria affettiva.
All’attivo Portobeseno vanta decine di progetti territoriali realizzati, dalla Vallagarina all’Alto Garda alle Valli Giudicarie, e a Rovereto, anche molto complessi che costituiscono anche chiavi di rete con altri stakeholders come le cooperative sociali e le associazioni territoriali.
I progetti sono sostenuti e finanziati dai Comuni del territorio e da enti pubblici, dalla Provincia Autonoma di Trento, regione, Bim, da bandi come quelli di Fondazione Caritro, dalle Casse Rurali, e contribuiscono a costruire un grande archivio in Rete frutto anche di volontariato.
Tutte le storie sono qui custodite, così come le mappature sonore, i percorsi,  i processi di apprendimento, che vengono documentati e restituiti alla comunità anche sul web.

Fig. 9 Mappa progetto Narrazioni sensibili, 2018

 

Conclusione

Giungo alla conclusione portando la testimonianza di Miria insegnante di Daré della Val Rendena nei nuovi percorsi che conduco per il Centro Studi Judicaria di Tione:
«“Ascolto di terre. Toponomastica attiva” è stato un progetto dalle mille sfumature. Dalla presentazione un progetto con finalità ben precise, ma pronto ad aprirsi e capace di cogliere gli stimoli dati dall’ambiente e dai ragazzi. È piaciuto a tutti aprire le finestre della classe, quelle finestre che apriamo quotidianamente… ma quel giorno ci hanno chiesto di stare in ascolto e di rappresentare le nostre sensazioni. Qualcuno mi ha chiesto: ”Che cosa dobbiamo disegnare?”
Difficile per qualche alunno lasciarsi guidare da ciò che sentiva, rappresentare qualcosa di “non confezionato”, che non rientrasse nel giusto/sbagliato. Questo mi fa riflettere. Ipotesi, parole, osservazioni, manipolazione, suoni: i bambini hanno tessuto insieme questi fili per realizzare alcuni elaborati, tutti con una loro storia e un perché. All’inizio mi sembrava difficile, forse un po’ azzardato (le solite preoccupazioni di noi insegnanti) e invece la loro creatività e la loro spontaneità li hanno guidati a scrivere una storia, con il disegno e non solo, impegnando i cinque sensi. Natura è la porta, laboratorio è la chiave per aprirla. Non serve altro. La nostra scuola è immersa in paesaggi fantastici che, grazie a progetti come questo, i bambini imparano a conoscere e apprezzare. I testimoni che hanno raccontato la vita del nostro territorio hanno lasciato il segno e la curiosità di scoprire la storia dei luoghi in cui viviamo, perché la storia non è passato sterile, ma “fertile” presente.

Un ottimo lavoro, raggiunto grazie alla collaborazione di tutti; e come sempre i bambini sanno sorprenderci. È storia che va fatta riemergere dalla sabbia della modernizzazione, della digitalizzazione, della globalizzazione. Sta a noi insegnare alle nuove generazioni ad aprire gli occhi e voler cogliere le esperienze offerte dalla natura.»[xii]

Un lavoro da compiere insieme, da progettare con gli insegnanti, per un sostegno reciproco, nutriente, sinergico, ma anche insieme a tutta una comunità educante e viva.

 

Bio

Sara Maino è un’artista multimediale professionista, autrice, poetessa e performer, filmmaker e regista con esperienze internazionali. Lavora nell’ambito performativo, teatrale e video, e nel campo della formazione. Esperta di didattica e di narrazione del territorio, lavora dal 2009 con scuole ed enti in tutta Italia e ora anche in Belgio (Bruxelles, 2022).
È specializzata nell’ideazione e nella conduzione di laboratori didattici di ecologia acustica, in cui incrocia le pratiche dell’ascolto e del field recording sonoro con le memorie orali della gente. I laboratori sono focalizzati sulla pratica del suono e sulla registrazione dei paesaggi sonori come strumenti di relazione e di una educazione all’ascolto più consapevole. Una ricerca che conduce dal 2009 anche con il progetto Portobeseno, festival di sperimentazione tra paesaggi sonori e della memoria, di cui è co-curatrice. Dal 2010 collabora con il Centro Studi Judicaria di Tione per progetti di ricerca sulla memoria e pubblicazioni, spettacoli di divulgazione ambientale e storica; dal 2020 in qualità di formatrice nelle scuole della Judicaria.
Ha realizzato laboratori e produzioni artistiche collaborando con festival ed enti nazionali (tra cui Portobeseno, Montagne Racconta, Interferenze, Avellino), scuole di ogni ordine e grado, università, in tutta Italia e all’estero (Mani Lit Fest Grecia 2021), fondazioni (FBK, Ahref, Museo Storico in Trento). Selezionata per residenze d’artista presso Rad’Art project 2014 (FC), Medea Electronique (Koumaria, Grecia 2016) dove ha sviluppato progetti su Suono e Comunità.
Dopo il diploma conseguito presso il Liceo Linguistico di Riva del Garda, gli studi in Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, segue corsi di formazione alla Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari e al Centro PsicoPedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti. Attualmente iscritta alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Trento. Approfondisce la propria formazione artistica con drammaturghi, scrittori, attori, registi, sceneggiatori e artisti di calibro internazionale.
Ha lavorato per la RAI, per l’Università Luiss Guido Carli di Roma, per la Scuola Musicale AllegroModerato di Milano in qualità di regista, autrice ed esperta multimediale su progetti radiofonici, televisivi e MOOC; con Format Centro di produzioni audiovisive di Trento per un documentario sulla malattia mentale girato negli USA (2011); con il regista Renato Morelli per la produzione di documentari (Sardegna 2015, Georgia 2018). Ha ricevuto il Premio per la miglior fotografia Festival RNAB 2021 (Brasile) con il film corto Elegia marina, il Primo premio Lucca Video Contest (2011) per un corto dedicato al Lago di Garda.
Ha collaborato con la Scuola Musicale Alto Garda come regista e performer su multiculturalismo e integrazione e in progetti di alternanza scuola-lavoro coinvolgendo il Liceo A. Maffei di Riva del Garda.
Come regista e sound artist, progetta e realizza installazioni multimediali, spettacoli, performance di comunità e restituzioni creative mescolando diversi format e media.
Convegni e giornate di studio nazionali e internazionali a cui ha partecipato:

  • Corso Didattica della geografia e educazione al paesaggio, Università di Padova 2022
  • Rassegna RIU Suono e Fotografia, Rimini 2018
  • Rencontres Architecture Musique Ecologie, Svizzera 2017
  • Institute of Musicology, Belgrado 2016
  • Simposi Internazionali FKL Forumklanglandschaft sul Paesaggio Sonoro:
    • Catania 2016
    • castello di Beseno, Trentino 2015
    • Firenze 2014
    • Progetto Rad’Art, Mercato Saraceno (FC) 2015
    • Germania 2013
    • Firenze, Tempo Reale 2011
Bibliografia

Libri

  • Murray Schafer, R. (1985), Il paesaggio sonoro, Milano-Lucca, Ricordi LIM.
  • Nussbaum M., (2011), Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Bologna, Il Mulino.
  • Romano, A. (2021), Musica e psiche, Milano, Raffaello Cortina Editore.

Internet

  • Màdera, R. (2015), Lo spirito universale della narrazione”, https://www.doppiozero.com/lo-spirito-universale-della-narrazione
  • Corradi Fiumara, G. (2013), Filosofia dell’ascolto, http://informa.comune.bologna.it/iperbole/media/files/filosofia_dellascolto_fiumara.pdf
  • Accademia, O. (2017), Per una filosofia dell’ascolto, https://accademiaopera.it/per-una-filosofia-dellascolto/
  • Oliveros, P. (2006), A Composer’s sound practice e Deep listening, https://edisciplinas.usp.br/pluginfile.php/4122519/mod_resource/content/0/Deep Listening A Composers Sound Practice by Pauline Oliveros.pdf e https://www.deeplistening.rpi.edu/deep-listening/
  • Quinz, A. (2014), Portobeseno e i suoi primi dieci anni: lavorare con i suoni per essere più consapevoli di sé e del mondo, https://franzmagazine.com/2014/06/20/portobeseno-e-suoi-primi-10-anni-lavorare-con-suoni-per-essere-piu-consapevoli-di-se-e-del-mondo/
  • Grandi, L. (2000), Storie comuni. Recensione, https://www.fondazionesancarlo.it/recensione/storie-comuni/
  • Testa, A. (2021), Nuovo e utile. Teorie e pratiche della creatività, https://nuovoeutile.it/meraviglia-science-of-awe/

Inedito

– Frizzi, M. (2022), Testimonianza di un insegnante, report.

Multimedia

– Carrieri, G. (2017), I custodi dei suoni, filmato HD


Note

[i] https://www.portobeseno.it/blog/

[ii] https://www.judicaria.it/

[iii] http://www.saramaino.it/laboratori/

[iv] https://nuovoeutile.it/meraviglia-science-of-awe/

[v] Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Martha Nussbaum, Il Mulino 2011, p.35

[vi] https://www.judicaria.it/

[vii] Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Martha Nussbaum, Il Mulino 2011, p.35

[viii] Lo spirito universale della narrazione, Romano Màdera ,14 Agosto 2015 Doppiozero

[ix] https://www.docsity.com/it/storie-comuni-jedlowski/5238638/

[x] https://www.fondazionesancarlo.it/recensione/storie-comuni/

[xi] https://www.portobeseno.it/blog/?page_id=8050

[xii] Testimonianza di Miria Frizzi, insegnante scuola primari di Daré (TN)

La filosofia dell’ascolto dei percorsi didattici particolarmente riferiti alla dimensione del paesaggio sonoro prevede un approccio pratico, esperienziale.
In questa pratica, l’oggetto dell’ascoltatore è costituito dai suoni ambientali di un luogo, così come dalle sue storie, dai racconti delle persone incarnati nelle sfumature dei loro timbri, ma anche dalla morfologia stessa del paesaggio. Tutto inizia dal saper ascoltare e dal saper vedere.
Entrare in contatto con un luogo significa, primariamente, mettersi in relazione: adattarsi, disporsi senza dominare; significa porsi in una relazione attenta, aperta e reciproca, dove colui che ascolta viene assorbito armonicamente nel paesaggio e al tempo stesso ne determina le sue caratteristiche con il suo atteggiamento. Tale consapevolezza favorisce una più affinata dimensione ascoltante, che sottende anche il saper trarre ispirazione da ciò che ci circonda. Ascoltare per comprendere. Si parla del recupero di un’arte smarrita, perché racchiude anche l’ascolto del mondo interiore.
Come educatrice nel corso degli ultimi vent’anni ho interagito con circa quattromila allieve e allievi di ogni età. Bambini, giovani, anziani percorrono insieme il territorio, lo riscoprono, lo osservano ascoltandolo, in un incontro intergenerazionale diretto alla ricostruzione della propria storia di cui diventano protagonisti attivi e custodi.
Le pratiche legate alla dimensione del suono e dell’oralità fungono da strumenti di relazione per attivare un ascolto più consapevole e attento in grado di risvegliare e catalizzare energie creative.
Con questo intervento intendo presentare l’evoluzione della didattica, applicata o derivante dall’indagine sui suoni ambientali, nel corso dei laboratori che conduco in qualità di esperta presso diversi istituiti comprensivi del Trentino, lavorando per due organizzazioni:

– il festival Portobeseno[i], sito in Vallagarina che estende la sua attività all’Altopiano di Folgaria e Lavarone, Rovereto, Alto Garda, progetto di ricerca sullo studio del paesaggio sonoro e delle sue applicazioni in campo didattico e artistico, che curo assieme a Davide Ondertoller da diciotto anni;
– il Centro studi Judicaria[ii] di Tione, associazione culturale dedita alla ricerca, allo studio e alla pubblicazione degli aspetti storici, artistici e ambientali delle Valli Giudicarie, che presta un’attenzione particolare al mondo della scuola programmando percorsi e laboratori negli istituti di ogni ordine e grado del vasto territorio di competenza (i Comuni delle Valli Giudicarie, della Valle dei Laghi, dell’Alto Garda e Ledro e di parte dell’altopiano della Paganella) con l’intervento dei propri esperti sulle diverse tematiche e discipline.

La presentazione verte sul racconto delle esperienze didattiche mostrando come le attività collegate allo studio del paesaggio sonoro, delle sue caratteristiche, e l’esplorazione ambientale sono a tutti gli effetti una formazione propedeutica in grado di generare stupore e conoscenza per l’approfondimento interdisciplinare dei programmi scolastici, entrando a pieno titolo nei percorsi di educazione alla cittadinanza, sempre più richiesti dai docenti. In questo senso, si riscontra un bisogno emergente di partecipazione ai laboratori di ascolto e di ecologia acustica anche da parte degli adulti, con una crescente richiesta di formazione specifica.
E così, per quanto concerne la scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado[iii]: nei progetti “Ascolto e invento e Ascolto e narro”, nell’ambito delle proposte di geografia, paesaggio, ambiente, sono offerti laboratori di allenamento all’ascolto e rafforzamento delle capacità di concentrazione e di relazione, con giochi ed esercizi dedicati, uscite sul territorio per scoprire, registrare i suoni ambientali con strumenti tecnico-digitali, lavoro in classe, creazione di mappe con la rappresentazione grafica e con l’associazione di suoni, colori e parole; i laboratori di “Toponomastica attiva: Ascolto di terre”, per una conoscenza del territorio a partire dalle fonti scritte e orali con l’ascolto delle testimonianze; “Laboratorio di erbe spontanee”, per imparare a riconoscere le erbe edibili a partire dall’ascolto ambientale e da un’osservazione più consapevole; “Garda sounds”, UPT Scuola per le professioni per il terziario di Arco; per gli adulti i laboratori “Suono immagini e le immagini suonano”, “Identità sonore”; per i bambini e le bambine “Narrare Besenello”, “Chiaroscuro Volano”, “Microstorie del commercio Folgaria”, “Ascolto Nomi”, con la raccolta di testimonianze ed interviste, archivi digitali, brevi testi e storie sonorizzate, riguardanti il materiale che le generazioni del passato consegnano alla storia sonora del proprio contesto di vita.
È con la cifra dello stupore, che mi è propria sin dall’infanzia, con la quale mi sono dedicata ai percorsi educativi che conduco ormai da quindici anni, soprattutto nell’ambito del progetto Portobeseno, di cui sono co-curatrice.
Portobeseno è un progetto annuale che confluisce in un festival, giunto alla sua diciottesima edizione. Nato a Calliano in Alta Vallagarina è una fucina di sperimentazioni artistiche e didattiche nell’ambito del paesaggio sonoro, delle memorie di comunità e della Rete. Dalla gente a Internet e ritorno. Dal 2005 ideiamo e produciamo decine di progetti culturali educativi spettacoli installazioni performance selezionando luoghi significativi e inusuali: dal castello di Beseno al territorio circostante, abbracciandolo interamente; abbiamo realizzato anche interventi specifici nel resto d’Italia, presso scuole, associazioni e festival.

Fig. 2 Laboratorio Ascoltare Besenello 2022

Percorsi educativi

I percorsi educativi realizzati nell’ambito del progetto Portobeseno sono attivi dal 2009. Si è partiti con l’esplorazione del territorio dell’Alta Vallagarina e dai Comuni di Calliano, Besenello e Volano in collaborazione con l’IC Alta Vallagarina. Si sono estesi negli anni a molte Comunità del Trentino Orientale e Occidentale,  Altopiano di Luserna e Folgaria, della Vigolana, delle Giudicarie, Alto Garda e in altre province e città italiane, da Roma a Padova.
I laboratori, che rientrano in un’ottica di educazione alla cittadinanza, iniziano con l’esplorazione dei suoni dell’ambiente di un territorio per imparare a conoscere, riconoscerli, abitare e custodire. E anche interpretare.
Il percorso contempla diverse pratiche di ascolto: dagli esercizi sensoriali, passeggiate di suoni, al soundscaping con registratori digitali e cuffie, di cui sono protagonisti attivi i bambini e le bambine che diventano ricercatori dell’ascolto e della raccolta del serbatoio sonoro del proprio luogo.
Pratiche che si ispirano agli studi di Murray Schaefer, inventore del paesaggio sonoro, e di Hildegard Westerkamp, artista e ricercatrice sull’infinitamente piccolo e sulla nostra disponibilità verso il mondo, sulla dimensione psicologica e psicoaudiofonologica.

Fig. 3 Still frame dal documentario “I custodi dei suoni”, 2017

 

Per quale motivo diamo così importanza a questa relazione col suono? Perché è una relazione di spazio. E con il proprio corpo. Ascoltare attivamente un luogo ci porta a un ampliamento di orizzonti. A un ascolto profondo, secondo la ricercatrice e musicista Pauline Oliveros.

Scoperte in un dialogo tra insegnante e allievi.
Domanda: «Come stai dopo aver ascoltato i suoni intorno a noi?»
Risposte: «Sono più libera», «Mi sento rilassata», «Mi sento bene».
Domanda: «Com’è il tuo spazio interiore ora?»
Risposte: «Grande».
Domanda: «Perché prima com’era?»
Risposte: «Piccolo», «Compresso».

 

Le fasi

I percorsi di ascolto si svolgono in diverse fasi. Contemplano un approccio laboratoriale, maieutico, quindi socratico, non giudicante, accogliente e focalizzato su quello stupore che stimola la conoscenza. Stupore del potersi guardare, senza preoccupazione, ascoltare dentro e intorno, al banco, nell’aula, dentro la  scuola, dentro un paese, per capire come suona.
E si comincia così a capire, investigare, indagare i suoni di un territorio, le impronte sonore che possano nutrirci, renderci più consapevoli del paesaggio in cui siamo immersi, di come reagiamo ad esso e di come noi influenziamo quel paesaggio stesso, un paesaggio umano, culturale.
Dopo questa fase di “pulizia dell’orecchio” e attivazione dell’ascolto, si procede alla fase registrazione dei suoni ambientali. Il lavoro è organizzato in piccoli gruppi, fondamentale per potersi dedicare bene oggi, sempre in collaborazione con i docenti: significa prestando  attenzione a tutti – perché siamo in un laboratorio dove si sperimenta – ed è necessario il tempo di farlo.
Questa fase stimola la collaborazione tra pari: ci si passa il registratore di mano in mano, si impara pensando/sentendo dove/come puntare il microfono cosa registrare e perché, utilizzando una tabella per la catalogazione.
In aula si giunge alla fase di rielaborazione, in cui si esercita il pensiero critico e immaginativo sui suoni selezionati e registrati, di cui sei diventato custode. Prevede un riascolto per riconoscere e identificare la voce dei luoghi; anche quella divertente: le macchinette del caffè, i suoni di un tombino, della lavanderia, della pioggia, del torrente e di una fontana: tutto il mondo suona!
Sono utilizzate parole chiave per significare emozioni, immagini non stereotipate, per riconoscere l’unicità della persona e favorire la sua espressione.

Fig. 4 Laboratorio Inventare Dro, 2016

 

La voce dei luoghi

Si riconosce la voce dei luoghi, senza giudizio, per accogliere gli stimoli immaginativi di un ascolto sinestesico. In questo modo si attiva la produzione di disegni elaborati cartelloni in gruppo con diversi materiali, la creazione di testi per i ragazzi di medie e superiori.

La rielaborazione assume uno spazio significativo.
«Ho imparato ad ascoltare! #emozione» Giulio 8 anni.
«Ci sono un sacco di suoni meravigliosi attorno a noi, soprattutto gli #uccellini!» Dioniso e Lisa.
«Ho imparato a immaginare nuove cose #bellezza» Thomas e Timothy.

Imparare ad ascoltare “meravigliandosi” è imparare a risvegliare tutti i sensi.
Afferma nel suo blog Annamaria Testa, saggista esperta di creatività e di comunicazione: «Sperimentare la meraviglia può essere un’esperienza illuminante, nella misura in cui obbliga chi la sperimenta a ristrutturare i propri schemi mentali e cognitivi (è il processo che Piaget definisce accomodamento[iv].
E prosegue: «La meraviglia può essere suscitata da un’ampia varietà di stimoli la cui unica caratteristica comune è portarci a farci sentire parte di “qualcosa di più grande”».
A sostegno di ciò, ricordo l’affermazione di un partecipante al laboratorio “Toponomastica attiva” di Daré, in Val Rendena, organizzato dal Centro studi Judicaria, che ho svolto nel 2021:
«Mah… passo tutti i giorni da qui e non sapevo che qui ci fosse…»
Ecco la conoscenza e consapevolezza di ciò che ci circonda.

Fig. 5 Laboratorio “Ascolto di terre”, 2021

 

In che modo questo allenamento abitua la mente a diventare attiva, competente e responsabilmente critica verso le complessità del mondo, secondo quanto afferma la filosofa Martha Nussbaum[v]?
In che modo può fungere da stimolo e diventare motore/catalizzatore di relazioni (intra e interpersonali)?
Vediamo di rispondere.
Queste sono le fasi propedeutiche di percorsi educativi che ci portano dentro i luoghi, utilizzando concetti di geografia ed etnografia sonora: territorio-paesaggio-comunità-testimone. Come in un ideale imbuto cognitivo o con una meravigliosa lente di ingrandimento puntiamo ora la nostra attenzione verso l’elemento umano del paesaggio.
Dopo questa attivazione dell’ascolto si passa alla fase progettuale della ricerca, la ricerca dentro la comunità, collegata alla memoria della gente.
È tempo di intervistare.
Questi laboratori “didattici” che rendono allievi e allieve ascoltatori attivi, risvegliati, si configurano anche come attività socioculturali, finalizzate alla raccolta e alla custodia della memoria della gente, e sottendono un fine educativo preciso, che è quello di attivare relazioni tra generazioni diverse e lontane tra loro, di far incontrare mondi che oggi si vogliono tenere ben separati, in compartimenti stagni: il mondo degli anziani, delle persone fragili, di chi non ha voce.
Soprattutto i giovani. E di serbare, custodire e amplificare le loro storie.
Gli incontri tra persone di età diverse avvengono spesso in luoghi pubblici, come le piazze, o nelle case della gente, la disposizione dei protagonisti assume sovente la forma del cerchio, perché è quella più democratica ed è accogliente, d’abbraccio, rilascia una sensazione che i nordici definiscono con hygge, benessere, qualcosa che fa stare bene.
È la forma del filò, del racconto.

Fig. 6 Laboratorio Narrare il territorio, 2011 

 

I temi

Dal 2020 presto la mia attività di esperta nelle scuole primarie anche per il Centro studi Judicaria[vi] di Tione, associazione culturale dedita alla ricerca, allo studio e alla pubblicazione degli aspetti storici, artistici e ambientali delle Valli Giudicarie, Chiese, Rendena, Alto Garda e Valli del Sarca.
Alla consueta proposta di percorsi di riconoscimento dei suoni ambientali si è affiancata la ricerca della conoscenza orale delle erbe spontanee del territorio con la raccolta di informazioni sul campo condotta insieme ai bambini e alle bambine intervistando le persone anziane.
Con Portobeseno, la progettazione che coinvolge le scuole abbraccia diversi altri temi: le radici delle attività di cooperazione, le fragilità umane, le pari opportunità, i sogni delle generazioni, memorie della guerra, i rifugi, mappe di narrazioni sensibili, chiaroscuri di tempi pandemici; raccolta di microstorie del commercio, storie di imprenditorialità e di realizzazione legate anche agli stereotipi di genere, al successo personale, ma soprattutto ai sogni della gente, per poter trarre forza dalle persone, dalle loro strategie e, al tempo stesso, condividere tempo e storia, formare micro-comunità di ascolto dialogante. Questo l’obiettivo principale.
Un tipo di apprendimento attivo che prevede l’adesione a u un tipo di pensiero e ragionamento critico che trae le sue origini lontane in Socrate, e si fonda sulla sensibilità empatica[vii] scrive ancora Nussbaum.

 

Le biografie narrate

Sono Narrazioni della vita quotidiana. Per Paolo Jedlowski narrazione significa «Mettere storie in comune. Le storie sarebbero rappresentazioni di sequenze di eventi, di azioni».[viii]

Mettere queste storie in comune significa farsi compagni di viaggio[ix], consolidare una comunità.
Scrive Jedlowski: «Raccontare è come portare a compimento la propria vita mostrandola a un altro. La difficoltà di raccontare può essere avvertita come una “deficienza dell’essere”, come una lacuna che è il destinatario a consentire di colmare: non è in gioco semplicemente la volontà di stabilire un contatto con altri, ma di condividere in profondità il proprio mondo, di vedere riconosciuta la propria voce e, con essa, la propria esistenza e la propria sensibilità. Narrare infatti è mettere in comune con gli altri una storia, costruendo i primi elementi di un mondo comune nel momento in cui vengono superati i confini che delimitano la nostra singolarità».[x]

Le allieve e gli allievi ascoltano le interviste da cui emergono ricorsività, tratti distintivi comuni, parole chiave, emozioni, concetti e pensieri raccontati da quel testimone su quel particolare tema, in cui potersi rispecchiare, riconoscere.

 

Le storie quindi ci accompagnano per mano

In questa fase ragazze e ragazzi, bambine e bambini hanno un ruolo sempre attivo perché sono protagonisti della ricerca, nella formulazione delle domande e nella creazione di un questionario da sottoporre ai testimoni, nella ricerca delle persone.
Sono collaboratori, reporter, cronisti, soundscaper di comunità, si passano i registratori in modo disciplinato imparando a collaborare senza grandi problemi.
Quando indossano le cuffie c’è lo stupore.

Fig. 7 Laboratorio Narrare il territorio, 2010

 

C’è quando affido la macchina fotografica, quando si affidano i ruoli di intervistatori e registratrici.
Come si supera il problema dell’attenzione? Spesso assegnando una responsabilità, che diventa un ruolo. Esci dal tuo stereotipo e assumi lo stupore di diventare altro, altro da te. Ti sposti di lato a osservare: osservare le tue possibilità, cosa può fare il tuo corpo, osservare gli altri. E in questo momento c’è la sorpresa, accadono scoperte, passi il confine che pensavi impossibile varcare.
Questa operazione che sembrava irrealizzabile fino a poco prima è un salto energetico, un salto culturale. L’ascolto è presente, lo stupore circola, le storie si narrano.

 

In classe e fuori, poi

Da Internet alla gente. Una volta in aula accade la rielaborazione che conduciamo con un nuovo sguardo: dalla raccolta in comunità del racconto si passa alla restituzione di comunità. Poiché tutto quello che è ascoltato nel grembo della collettività, anche temporanea, viene ripensato e, va reintrodotto per promuovere cortocircuiti rispetto al presente, iniezioni di fiducia, speranza, ricordi, memoria di luoghi e persone, emozioni.
Come? Attraverso degli storytelling guidati, rappresentazioni sceniche, multimediali, dove gli stessi protagonisti della raccolta sono invitati assieme ai testimoni a raccontare la loro esperienza dello stare insieme dentro un progetto di scuola attiva nel territorio.[xi]

Fig. 8 Laboratorio Narrazione sensibili, 2018

 

Archivi

Non è soltanto l’unico modo per farsi portavoce di un lavoro dentro il territorio: Portobeseno da anni organizza e archivia sul web tutte le testimonianze raccolte: circa ottanta narrazioni in Alta Vallagarina nella forma di clip di foto, suoni e racconti orali; ci sono anche documentari video e audio; la forma preferita è la playlist di narrazioni sonore su siti creative commons tutte mappate on line.
Lo scopo è restituire la forma della vibrazione della voce con documenti fotografici e disegni di fantasia, in cui si dà spazio all’intervista narrativa audio, al racconto, perché quella vibrazione sonora, che ha già raggiunto la sfera percettiva degli allievi, è emozione; e, anche in questo senso diventa relazione e memoria affettiva.
All’attivo Portobeseno vanta decine di progetti territoriali realizzati, dalla Vallagarina all’Alto Garda alle Valli Giudicarie, e a Rovereto, anche molto complessi che costituiscono anche chiavi di rete con altri stakeholders come le cooperative sociali e le associazioni territoriali.
I progetti sono sostenuti e finanziati dai Comuni del territorio e da enti pubblici, dalla Provincia Autonoma di Trento, regione, Bim, da bandi come quelli di Fondazione Caritro, dalle Casse Rurali, e contribuiscono a costruire un grande archivio in Rete frutto anche di volontariato.
Tutte le storie sono qui custodite, così come le mappature sonore, i percorsi,  i processi di apprendimento, che vengono documentati e restituiti alla comunità anche sul web.

Fig. 9 Mappa progetto Narrazioni sensibili, 2018

 

Conclusione

Giungo alla conclusione portando la testimonianza di Miria insegnante di Daré della Val Rendena nei nuovi percorsi che conduco per il Centro Studi Judicaria di Tione:
«“Ascolto di terre. Toponomastica attiva” è stato un progetto dalle mille sfumature. Dalla presentazione un progetto con finalità ben precise, ma pronto ad aprirsi e capace di cogliere gli stimoli dati dall’ambiente e dai ragazzi. È piaciuto a tutti aprire le finestre della classe, quelle finestre che apriamo quotidianamente… ma quel giorno ci hanno chiesto di stare in ascolto e di rappresentare le nostre sensazioni. Qualcuno mi ha chiesto: ”Che cosa dobbiamo disegnare?”
Difficile per qualche alunno lasciarsi guidare da ciò che sentiva, rappresentare qualcosa di “non confezionato”, che non rientrasse nel giusto/sbagliato. Questo mi fa riflettere. Ipotesi, parole, osservazioni, manipolazione, suoni: i bambini hanno tessuto insieme questi fili per realizzare alcuni elaborati, tutti con una loro storia e un perché. All’inizio mi sembrava difficile, forse un po’ azzardato (le solite preoccupazioni di noi insegnanti) e invece la loro creatività e la loro spontaneità li hanno guidati a scrivere una storia, con il disegno e non solo, impegnando i cinque sensi. Natura è la porta, laboratorio è la chiave per aprirla. Non serve altro. La nostra scuola è immersa in paesaggi fantastici che, grazie a progetti come questo, i bambini imparano a conoscere e apprezzare. I testimoni che hanno raccontato la vita del nostro territorio hanno lasciato il segno e la curiosità di scoprire la storia dei luoghi in cui viviamo, perché la storia non è passato sterile, ma “fertile” presente.

Un ottimo lavoro, raggiunto grazie alla collaborazione di tutti; e come sempre i bambini sanno sorprenderci. È storia che va fatta riemergere dalla sabbia della modernizzazione, della digitalizzazione, della globalizzazione. Sta a noi insegnare alle nuove generazioni ad aprire gli occhi e voler cogliere le esperienze offerte dalla natura.»[xii]

Un lavoro da compiere insieme, da progettare con gli insegnanti, per un sostegno reciproco, nutriente, sinergico, ma anche insieme a tutta una comunità educante e viva.

 

Bio

Sara Maino è un’artista multimediale professionista, autrice, poetessa e performer, filmmaker e regista con esperienze internazionali. Lavora nell’ambito performativo, teatrale e video, e nel campo della formazione. Esperta di didattica e di narrazione del territorio, lavora dal 2009 con scuole ed enti in tutta Italia e ora anche in Belgio (Bruxelles, 2022).
È specializzata nell’ideazione e nella conduzione di laboratori didattici di ecologia acustica, in cui incrocia le pratiche dell’ascolto e del field recording sonoro con le memorie orali della gente. I laboratori sono focalizzati sulla pratica del suono e sulla registrazione dei paesaggi sonori come strumenti di relazione e di una educazione all’ascolto più consapevole. Una ricerca che conduce dal 2009 anche con il progetto Portobeseno, festival di sperimentazione tra paesaggi sonori e della memoria, di cui è co-curatrice. Dal 2010 collabora con il Centro Studi Judicaria di Tione per progetti di ricerca sulla memoria e pubblicazioni, spettacoli di divulgazione ambientale e storica; dal 2020 in qualità di formatrice nelle scuole della Judicaria.
Ha realizzato laboratori e produzioni artistiche collaborando con festival ed enti nazionali (tra cui Portobeseno, Montagne Racconta, Interferenze, Avellino), scuole di ogni ordine e grado, università, in tutta Italia e all’estero (Mani Lit Fest Grecia 2021), fondazioni (FBK, Ahref, Museo Storico in Trento). Selezionata per residenze d’artista presso Rad’Art project 2014 (FC), Medea Electronique (Koumaria, Grecia 2016) dove ha sviluppato progetti su Suono e Comunità.
Dopo il diploma conseguito presso il Liceo Linguistico di Riva del Garda, gli studi in Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, segue corsi di formazione alla Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari e al Centro PsicoPedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti. Attualmente iscritta alla Facoltà di Filosofia dell’Università di Trento. Approfondisce la propria formazione artistica con drammaturghi, scrittori, attori, registi, sceneggiatori e artisti di calibro internazionale.
Ha lavorato per la RAI, per l’Università Luiss Guido Carli di Roma, per la Scuola Musicale AllegroModerato di Milano in qualità di regista, autrice ed esperta multimediale su progetti radiofonici, televisivi e MOOC; con Format Centro di produzioni audiovisive di Trento per un documentario sulla malattia mentale girato negli USA (2011); con il regista Renato Morelli per la produzione di documentari (Sardegna 2015, Georgia 2018). Ha ricevuto il Premio per la miglior fotografia Festival RNAB 2021 (Brasile) con il film corto Elegia marina, il Primo premio Lucca Video Contest (2011) per un corto dedicato al Lago di Garda.
Ha collaborato con la Scuola Musicale Alto Garda come regista e performer su multiculturalismo e integrazione e in progetti di alternanza scuola-lavoro coinvolgendo il Liceo A. Maffei di Riva del Garda.
Come regista e sound artist, progetta e realizza installazioni multimediali, spettacoli, performance di comunità e restituzioni creative mescolando diversi format e media.
Convegni e giornate di studio nazionali e internazionali a cui ha partecipato:

  • Corso Didattica della geografia e educazione al paesaggio, Università di Padova 2022
  • Rassegna RIU Suono e Fotografia, Rimini 2018
  • Rencontres Architecture Musique Ecologie, Svizzera 2017
  • Institute of Musicology, Belgrado 2016
  • Simposi Internazionali FKL Forumklanglandschaft sul Paesaggio Sonoro:
    • Catania 2016
    • castello di Beseno, Trentino 2015
    • Firenze 2014
    • Progetto Rad’Art, Mercato Saraceno (FC) 2015
    • Germania 2013
    • Firenze, Tempo Reale 2011
Bibliografia

Libri

  • Murray Schafer, R. (1985), Il paesaggio sonoro, Milano-Lucca, Ricordi LIM.
  • Nussbaum M., (2011), Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Bologna, Il Mulino.
  • Romano, A. (2021), Musica e psiche, Milano, Raffaello Cortina Editore.

Internet

  • Màdera, R. (2015), Lo spirito universale della narrazione”, https://www.doppiozero.com/lo-spirito-universale-della-narrazione
  • Corradi Fiumara, G. (2013), Filosofia dell’ascolto, http://informa.comune.bologna.it/iperbole/media/files/filosofia_dellascolto_fiumara.pdf
  • Accademia, O. (2017), Per una filosofia dell’ascolto, https://accademiaopera.it/per-una-filosofia-dellascolto/
  • Oliveros, P. (2006), A Composer’s sound practice e Deep listening, https://edisciplinas.usp.br/pluginfile.php/4122519/mod_resource/content/0/Deep Listening A Composers Sound Practice by Pauline Oliveros.pdf e https://www.deeplistening.rpi.edu/deep-listening/
  • Quinz, A. (2014), Portobeseno e i suoi primi dieci anni: lavorare con i suoni per essere più consapevoli di sé e del mondo, https://franzmagazine.com/2014/06/20/portobeseno-e-suoi-primi-10-anni-lavorare-con-suoni-per-essere-piu-consapevoli-di-se-e-del-mondo/
  • Grandi, L. (2000), Storie comuni. Recensione, https://www.fondazionesancarlo.it/recensione/storie-comuni/
  • Testa, A. (2021), Nuovo e utile. Teorie e pratiche della creatività, https://nuovoeutile.it/meraviglia-science-of-awe/

Inedito

– Frizzi, M. (2022), Testimonianza di un insegnante, report.

Multimedia

– Carrieri, G. (2017), I custodi dei suoni, filmato HD


Note

[i] https://www.portobeseno.it/blog/

[ii] https://www.judicaria.it/

[iii] http://www.saramaino.it/laboratori/

[iv] https://nuovoeutile.it/meraviglia-science-of-awe/

[v] Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Martha Nussbaum, Il Mulino 2011, p.35

[vi] https://www.judicaria.it/

[vii] Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, Martha Nussbaum, Il Mulino 2011, p.35

[viii] Lo spirito universale della narrazione, Romano Màdera ,14 Agosto 2015 Doppiozero

[ix] https://www.docsity.com/it/storie-comuni-jedlowski/5238638/

[x] https://www.fondazionesancarlo.it/recensione/storie-comuni/

[xi] https://www.portobeseno.it/blog/?page_id=8050

[xii] Testimonianza di Miria Frizzi, insegnante scuola primari di Daré (TN)

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